bisex, 36 anni, milano. nudo per voi

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nell'alto dei cieli
la mia prima volta con un uomo. la condivido con tutti voi. un ricordo splendido.

eravamo stati in un pub, fino a notte fonda. a fumare, scherzare, ridere, sparare cazzate, qualcuno pure a ruttare (non mancava mai il presunto campione mondiale di rutti capace di sciorinare l'intera formazione della nazionale di calcio). una serata come tante in una calda serata in cui noi studentelli anziché tapparci a casa a studiare bighellonavamo della grossa.

con noi c'era la mia fidanzata di allora, che però mi chiese di essere riportata a casa presto perché “Il ciclo la uccideva” (in realtà non aveva nessun ciclo, è che con i miei amici e compagni d'appartamento non si divertiva per niente). riportatala a casa e sbrogliate le moine d'ordinanza (“buona notte, ti amo”, “sì, ti amo anch'io, pensami”, “sì, ti penserò, amore, amami”, “amami anche tu, ti amo” e via sbrodolando) tornai al pub. oh dio, a lei avevo detto “naah, vado a casa anch'io, domattina devo studiare”, ma voi sapete mantenere un segreto, no?

tornai al pub e scoprii che doveva esserci stata un'epidemia di cicli mestruali: tutte le ragazze erano andate a casa, eravano rimasti io e patrick.

patrick era uno dei mie tre coinquilini. era soprannominato “la strega della casa” perché teneva dietro ai conti di tutte le bollette, cucinava da dio, lavava sempre i piatti e s'incazzava come una iena se non pulivamo o lasciavamo del casino in giro (cioè sempre: eravamo dei veri merdoni). noi ce lo tenevamo stretto anche perché aveva amiche splendide, ogni sera ne portava una a casa, tutte studentesse del suo paese, la più brutta sembrava scarlett johansson, solo più bella. e noi qualcuna di queste ragazze ce la passammo per benino. patrick no, perchè era gay. molto gay.

a nessuno di noi importavano i gusti sessuali di patrick, come a lui non importavano i nostri. lui però non sapeva che in qualche modo io ero attratto da lui. e lo ero dal primo momento che entrò a casa nostra, con quel suo italiano un po’ così (non che il mio fosse migliore, ai tempi,eh?), piuttosto simile a quello dell'inspecteur Clouseau (diceva davvero robe esilaranti “onche”, “stonza”, “quondo”, “fiat ponda”, etc - e noi a dirgli: dai provaci: ANCHE, STANZA, QUANDO, PANDA. niente da fare. lui ci sentiva una “o”). avevo - e ho - moltissimi amici gay, andavo perfino a ballare ai gay pride in tutt'italia, per cui pensavo che il mio interesse fosse più per il “suo mondo” che per lui. e invece a me piaceva lui perché patrick non era bello.

patrick era bellissimo.

quando girava per casa a torso nudo sembrava di vedere passare un dio greco. era perfetto. il fervente casalingo, il cuoco provetto, l'amico di fighe stupende che di tanto in tanto la davano a me e agli altri coinquilini, mi attraeva. e io ovviamente non lo davo a vedere. e non lo diedi a vedere fino a quella sera. mi sedetti vicino a lui, nel pub, e io lo zio e patrick attaccammo a bere SUL SERIO.

io e patrick tornammo a casa a piedi, quasi barcollando, e tra una risata e l'altra intercalavamo discorsi e boiate in tre o quattro lingue diverse, trovandoci d'accordo su un sacco di cose delle quali non avevamo mai parlato prima. e nonostante l'ubriachezza, mi accorsi che era anche infinitamente più intelligente e brillante di quanto sembrasse. ci ritrovammo sul divano in camera mia con due ulteriori birre in mano, finché non gli fui addosso e all'improvviso lo baciai.

CHE. CAZZO. STA. SUCCEDENDO.

stavo facendo tutto io. gli rovistavo l'interno della bocca con la mia lingua, mentre le mie mani gli toglievano la camicia, per accarezzargli quei suoi pettorali e quel suo guscio di tartaruga che aveva al posto dell'addome. lui era impietrito dalla sorpresa, mi lasciò fare. fummo nudi entrambi, e lì fui io a impietrirmi: non sapevo più cosa fare. mi ritrovai davanti il suo pene, eretto, e anche piuttosto grosso. non avevo mai visto un pene così da vicino. a dire il vero non avevo mai neanche baciato o toccato un uomo!

OH. CAZZO: STA. SUCCEDENDO.

lui, dolcemente, con una dolcezza che non pensavo esistesse, prese il comando della situazione, mi baciò lui, dappertutto, e quando arrivo lì (e per “lì” intendo proprio “lì”), sperimentai - rullo di tamburi - qualcosa di supremo. io, sdraiato a pancia in su, a guardare il lampadario che oscillava (non era il terremoto, era l'alcool nelle mie vene) e la sua testa tra le mie gambe. amai così tanto quel momento che avrei voluto non finisse più. finché lui non si spostò. non capii un cazzo, so solo che mi trovai il suo bacino all'altezza della mia testa. sentivo ancora la sua bocca dove era prima, quindi intuii trattarsi di un sessantanove.

TERRORE. NON SAPEVO COSA FARE.

gli accarezzai l'interno cosce, gli toccai il culo, forse gli infilai anche un dito dentro con le mie pericolose unghie da chitarrista, provai a baciargli una palla, ma sapevo che dovevo fare quel passo. quel passo dopo il quale non ci sarebbe più stato un ritorno. glielo presi in bocca. e probabilmente fui un disastro. non sapevo come si faceva. dove si metteva la lingua? e quel liquidino che ogni tanto sentivo uscire dalla sua uretra, che dovevo farne? e se avesse eiaculato? e se mi fosse venuto un conato di vomito? e se mi avesse scoreggiato in faccia? (beh questo già la mia ragazza lo aveva fatto più volte, con tanto di “opps, scusa, ho la colite spastica”. adesso che ci penso aveva davvero una scusa per tutto!)

PANICO.

avevo anche il collo bloccato, non sapevo più che fare. lui mi aiutò spostandosi: finimmo entrambi su un fianco, io ebbi il collo più libero e cercai di darmi da fare, ma capii che non lo stavo facendo bene. anzi. capii che l'unica cosa che mi era piaciuta in quel momento era stata baciarlo e farmi succhiare da lui. il suo pisello sarà anche stato esteticamente bello ma averlo in bocca mi stava dando solo disagio. sempre più disagio man mano che i minuti passavano. patrick si staccò, si alzò, armeggiò con qualcosa, tornò da me. si sdraiò accanto a me e tornò a baciarmi. erano baci bellissimi, dolcissimi, mentre mi accarezzava i capelli, il collo, le braccia, i fianchi, le cosce. quello che non fu bellissimo era il sapore dei suoi baci: un misto di birra, sigaretta e qualcosa che intuii essere roba che poco prima era fuoriuscita dal mio pene. lui si mise a sedere sul letto e disse

“TI VOGLIO. FACCIAMO L'AMORE?”

cazzo. non disse “scopiamo”. e neanche “ci inculiamo un po’?” disse “facciamo l'amore?” ed era una domanda. una proposta. e avevo pochi secondi per decidere, lì, nudo, eccitato come una bestia, impaurito come mai prima, mentre la parte etero del mio cervello mi diceva

SEI FROCIO.

il punto di non ritorno era già stato e mi sentii csuperato. gli dissi: “sì. ma sappi che è la prima volta per me”. e mi sentii imbarazzato. incredulo. felice. terrorizzato. bloccato. dolcemente prigioniero di una cosa totalmente nuova. tirai su la testa, vidi con cosa aveva armeggiato poco prima. un condom. e la mia parte etero urlava ancora più forte

SCAPPA! COSTUI STA PER INCULARTI!

me ne fregai. doveva succedere. volevo sapere, volevo conoscere, volevo capire, volevo provare. feci per girarmi, lui mi disse: “no. rimani dove sei”. rimasi a pancia in su. lui mi aprì le gambe, e armeggiò non so come e non so con cosa attorno al mio sedere. avevo una paura folle ma dovevo fidarmi, lasciarmi andare, assolutamente. chiusi gli occhi, stringendoli fortissimo, così forte da vedere sullo schermo delle mie palpebre chiuse stelle stelline e saturno. sentii chiaramente che lui mi fu sopra. era la posizione del missionario! “ma come? non scopano alla pecorina?”, pensai. evidentemente no. domanda stupidissima. e sentii che lui era GIA’ dentro di me. forse aveva usato del lubrificante, forse era stato l'essere più delicato del mondo, ma di certo ci sapeva fare, mi penetrava lentamente, mentre il mio pene, che era rimasto eretto fin dal principio, gli scivolava su e giù contro la pancia.

aprii gli occhi. lo vidi in faccia. cazzo che bello che era. si muoveva dentro di me standosene in ginocchio a occhi chiusi. i suoi capelli biondo scuro gli erano finiti in faccia, era sudato fradicio e d'una bellezza selvaggia. non credevo ai miei occhi, al mio corpo, non credevo a quella stanza, a quella sera, non credevo a nulla. allungai una mano per rendermi conto: il suo pene era dentro al mio sedere. ed era talmente dentro che capii finalmente cosa fosse quella pacchetta che sentivo contro le natiche: i suoi testicoli che arrivavano a toccarle. stava facendo una cosa che IO non avevo mai avuto il coraggio di fare con le ragazze che avevo avuto: mi stava penetrando in profondità.

ECCO. STA SUCCEDENDO. ORA.

la cosa strana: non mi stava facendo male. era piacevole, anche se non più di tanto. lui mi era dentro e intanto mi baciava con sei metri di ingua dicendomi delle robe in francese, mi stringeva tra le sue bellissime braccia, e la cosa in sé era bella, ne stavo apprezzando la bellezza intrinseca. eravamo due esseri umani impegnati a fare sesso, o forse come aveva detto lui fare l'amore. era qualcosa di nuovo, di inedito, che concettualmente mi piaceva. ma solo concettualmente. a un tratto, mi bloccai, continuando a lasciarlo fare, anche perché la sua espressione era di felicità. l'alcool forse stava calando nel mio sangue, o forse qualcosa era successo nella mia testa. mi resi conto che starmene così passivo, sì, era carino, era nuovo, era inedito, ma deludente. c'era qualcosa che era deludente.

lui venne. patrick mi si buttò addosso come preso da convulsioni. e mi chiesi: cazzo, ma faccio anch'io così quando vengo? questa cosa durò un sacco. lui poi si scostò, e si sdraiò a pancia in giù accanto a me. sudato. ansimante. sorridente. bellissimo. e nudo. completamente nudo.

gli guardai il culo. un culo magro ma muscoloso, sudatissimo. e stupendo. ok forse non bello come un bel culo di donna, ma bello. allungai la mia mano e iniziai a toccarlo. e capii. cercai i condom. ne tirai fuori uno, lo indossai e con sua grande sorpresa gli fui sopra.

una parte di me, non so più quale,era lì a dirmi - e la sentivo perfettamente: SEI PROPRIO UN MASCHIO DI MERDA.

se lui mi aveva trattato con estrema dolcezza, delicatamente, tanto da non farmi nemmeno accorgere del fatto che mi aveva penetrato, io feci tutto il contrario: gli aprii le cosce, gli feci tirare su il bacino e gli fui dentro in un amen. sentii il suo respiro mozzarsi. il suo corpo vibrare. mi aspettai un “fermati, aspetta, mi fai male”, e giuro che se mi avesse detto così mi sarei fermato. ma non disse null'altro se non:

“sì.”

lo scopai selvaggiamente, tenendogli le natiche divaricate per vedere me stesso dentro di lui. i miei testicoli sbattevano contro i suoi e questo mi fece anche un po’ male, ma il tutto era stupendo. sentivo contrarsi tutto quanto intorno al mio pene, probabilmente gli stavo facendo un gran male. allungai la mano sotto la sua pancia rischiando di lussarmi qualche spalla, il suo pene era tornato in erezione. mi girai verso lo specchio e finalmente vidi la scena. ci vidi. due ragazzi, completamente nudi, che scopano. già allora miope, socchiusi gli occhi per vedere meglio, perché l'incredulità la stava ancora facendo da padrona. vidi davvero due corpi maschili che facevano sesso. era una scena che pochi anni prima mi avrebbe fatto schifo.

ancora incredulo, guardai sotto di me. tirai fuori il mio pene, mi assicurai che il condom fosse propriamente sistemato e penetrai patrick nuovamente, più e più volte come a voler confermare che stava succedendo davvero. e ad ogni penetrazione lui approvava con frasi in francese che non ho mai avuto la tentazione di chiedergli cosa volessero dire. ad ogni penetrazione andavo sempre più in profondità, come a rimarcare l'importanza di quello che stava accadendo.

a quel punto dentro al mio cervello non c'era più nessuna voce etero. c'ero io che venivo, venivo e venivo. e non smettevo più. il mio cuore batteva a mille, mi sentii pulsare le arterie dappertutto, il mio pene era inghiottito in quel corpo scultoreo, la mia anima era libera, non c'era più il bene, non c'era più il male, e dio era già morto fin dai tempi dei nomadi, mentre una brezza fresca entrava dalla finestra e sul mio cellulare piovevano messaggini su messaggini:

“sei già a casa, amore?”

“ehi! tu! perché non mi rispondi?”

“amorino mio, sei già a letto?”

“fai bei sogni amore, ricordati che sei mio”

…sensi di colpa, nessuno. avevo appena felicemente perso la mia seconda verginità. senza sapere che di lì a poco ne avrei persa una terza, che nemmeno sapevo che esistesse. ma intanto, lì per lì, sfinito e distrutto, sudato come un cavallo, mi godevo l'abbraccio di patrick che all'improvviso si alzò a sedere sul letto, si guardò attorno e disse

“accidenti che casino che abbiamo fatto! presto, mettiamo tutto a posto”

“cazzo patrick, sono le quattro!!!”

eh beh. la strega della casa era la strega della casa. anche nudo e con un condom ancora appeso al pisello.
 
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aligi1

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Che dire, una storia dolce e bellissima, ho un pò di invidia perché la mia prima volta non fu cosi romantica. bravissimo!!!!!
 
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la vita nuova.

io e patrick rimanemmo giorni e giorni in silenzio, senza sapere cosa dirci. io continuavo a stare con la mia mestruatissima ragazza e lui continuava a fare la strega della casa. e volutamente non creammo occasioni per rimanere da soli, parlare un po’.

accadde poi che gli altri due coinquilini partirono per le vacanze: io e patrick saremmo rimasti soli per un mese intero. la mia ragazza era partita coi suoi, e man mano che la data del nostro rimanercene finalmente soli si avvicinava, tra me e lui si creava un gioco di sguardi, un’intesa, un tacito accordo, tra il mio lasciare cenere di sigaretta per terra e il suo incazzarsi, tra una cena d’appartamento e una serata al pub o a ballare in qualche centro sociale.

lentamente iniziò il nostro rapporto clandestino. per tacito accordo, io e lui diventammo amanti. probabilmente era la soluzione meno complicata, più interessante, meno pericolosa. quando rimanemmo completamente da soli in quell’appartamento, fu la scoperta di un mondo. rimanemmo nudi per una settimana intera, uscendo di casa solo per andare a fare la spesa o a qualche festa di laurea o di compleanno (durante una di queste feste con mia grande sorpresa e sconcerto qualcuno mi disse: “hey! ma tu e patrick vi siete fidanzati? siete arrivati che sembrate una coppia” e io: “certo! ci inchiappettiamo da qualche settimana” - e tutti giù a ridere. se avessi detto che era la verità non mi avrebbe creduto nessuno).

tra una scopata e l'altra, mi fece vedere un sacco di film francesi degli anni ‘50 e ‘60: roba psicologica, poetica, profonda, intensa. uno più bello dell’altro. mi introdusse a certa musica del novecento che ignoravo completamente, tipo francis poulenc (un genio assoluto). facevamo sesso in ogni stanza della casa: a volte era lui a fare la prima mossa, altre ero io a “rapirlo” mentre stava facendo qualcosa, tipo cucinare o pulire il bagno. senza mai parlare di quello che facevamo assieme, senza mai dargli un nome. anche nei mesi successivi, quando l’appartamento riprese a brulicare di gente, amici, fidanzate, zii e gente bizzarra, ci bastava un’occhiata per metterci d’accordo sul dove (camera mia o camera sua), sul quando (al mio rotorno a casa dopo una serata con la mia ragazza, oppure al suo ritorno da qualche cineforum o qualche conferenza su jung o freud o roba del genere) e sul come.

durò circa due anni, e molte delle sere che trascorsero in quei due anni io le passavo con lui. potevo anche avere passato ore a letto con la mia miss mestruata che, una volta tornato a casa, sapevo di poter entrare in camera di patrick, scivolare tra le sue lenzuola e trovarlo già nudo e pronto a me, che mi diceva: “cazzo. sai di LEI. che schifo!” e mi mandava diritto a farmi una doccia, incurante delle mie proteste. nessuno nell’appartamento - che pure era un porto di mare, sempre piena di gente che andava e veniva - si accorse mai di nulla, finché la ragazza di uno dei nostri coinquilini, che in piena notte, ubriaca persa, scambiò la porta della mia stanza per quella del bagno, la aprì e ci sorprese sul più bello di un sessantanove. riuscì solo a dire “uh oh, scusate, sono la solita imbranata”. il giorno dopo fece finta di niente, ma poi mi prese per mano e mi disse: “che belli che eravate. spero siate felici assieme.” incredibile, mantenne il più rigoroso silenzio su ciò che aveva visto.

la mia mestruatissima fidanzata, nel frattempo, pur non sospettando nulla, doveva avere intuito qualcosa, perché continuava a chiedermi “hey, ma non è che oltre a me vedi qualcun’altra, vero?” oppure “ma io sono l’unica nella tua vita? non è che mi nascondi qualcosa?”. io, con la tranquillità più assoluta: “dai che lo sai: quando la sera torno a casa piombo in camera di patrick, gli tiro giù le mutande e lo inculo a sangue”

“come NO!”, rispondeva lei, “ti ci vedo proprio!” ….eppure era la verità!

un giorno andammo al mare io e patrick, da soli, e senza accordarci prima, giocammo a “fare la coppia”. ci baciammo in pubblico suscitando sguardi di ribrezzo in famiglie e famigliuole timorate di iddio, addirittura camminammo sul lungomare tenendoci per mano. definimmo quel'unica e ultima giornata da coppia gay “il nostro film erotico - sentimentale”, inscenando poi in stazione uno straziante finto addio con lacrime e abbracci da drammone d’altri tempi.

ecco, in quei due anni arrivai a montarmi la testa. avevo a mia disposizione due persone che mi adoravano. lei, miss mestruata, viveva per me. patrick non me lo disse mai, ma era innamorato perso. e io - da bravo pezzo di merda - me ne approfittai largamente: non essendoci probleema di mestruazioni o di peluria bisognosa di ceretta o di mal di testa improvvisi, potevo possederlo anche tutte le sere. ovviamente non accadeva davvero, ma sapere che potevo farlo e sapere che lui non mi avrebbe detto mai no per nessun motivo al mondo era una sensazione pazzesca. potevo attingere affetto, felicità, soddisfazione, sesso, emozioni, trasgressione, cultura, intelligenza da entrambi i mondi. e fu abbastanza crudele, seppur inconscio da parte mia, fare le stesse identiche cose con tutti e due a poche ore di distanza. fare i confronti. paragonare le intensità. dare un voto a tutti e due su ogni aspetto del rapporto sessuale.

fu facile, immediato per me rendermi conto che non amavo né lui né lei. vivevo della felicità che mi davano, sperando che non scoprissero quanto male in realtà mi stessi comportando con entrambi. pian piano feci del mio rapporto con patrick una cosa davvero “a mio piacimento”: lui mi apriva la porta della sua camera e io facevo di lui quel che volevo senza bene e spesso nemmeno aspettare che lui venisse. certe volte mi toglievo il condom per venirgli in bocca o in faccia, come avevo visto fare nei film porno e come la miaragazza non mi avrebbe mai e poi mai permesso di fare. era già successo, ma stavolta non era un gioco tra due persone che fanno sesso. ero io che stabilivo e confermavo la mia predominanza su di lui. ero io che lo possedevo. capitava sempre più di rado che gli concedessi di penetrarmi, o che io facessi sesso orale su di lui. stava diventando “sempre la stessa cosa”. quando lui me lo fece notare me ne vergognai parecchio: accortomi di quanto lo stavo ferendo, iniziai a stare attento a quel che facevo con patrick, col risultato di rendere ogni volta tutto sempre più piatto, scialbo, poco emozionante, fino alla sera in cui - come mai mi era capitato con la mia lei - di fare cilecca. patrick neanche se ne accorse.

una sera patrick mi presentò certi suoi amici che non avevo mai visto. disse loro semplicemente “il mio coinquilino. è un tipo sveglio, moderno, non si scandalizza a uscire con un gruppo di checche” - disse proprio così: checche. pensavo che nessuno usasse più quel termine! gli amici di patrick erano persone pazzesche, dall’intelligenza e dalla cultura spropositata, non c’era argomento che non sviscerassero con acume. era quello che iniziai a chiamare “il circolo letterario”, in cui il meno laureato aveva quattro o cinque master in filosofia orientale o quattro o cinque lingue straniere. io - misero studentucolo da quattro soldi - mi sentivo un po’ pesce fuor d’acqua in quell’ambiente. l’unica cosa di cui potevo discettare con loro senza fare figure di merda era la musica. gli amici di patrick divennero - e sono ancora - miei amici: loro sapevano benissimo di me e lui, ma era gente talmente discreta e di classe che nessuno di loro disse mai nulla, nemmeno dopo anni.

molto meno mi piacquero ALTRE situazioni, nelle quali patrick volle coinvolgermi. entrando una sera con lui in una discoteca, anziché gente che ballava - come normalmente uno si aspetta di vedere - trovai gente nuda che scopava. maschi, femmine e tutto quello che stava in mezzo. io mi voltai verso di lui:

“ma dove CAZZO mi hai portato?”

mi girai e me ne andai lasciandolo lì. non gi rivolsi la parola per settimane, e quando lo feci, gli feci giurare che non mi avrebbe mai più proposto niente del genere.

dopo quella sera tutto si incrinò, per poi spezzarsi quando patrick vide uscire dalla mia camera una ragazza che non era la mia ragazza. patrick esplose in una vera e propria scena di gelosia, una roba talmente isterica che nessuna donna sarebbe mai riuscita a inscenare. facemmo poi la pace, ma sentivo che non avevo più tempo per lui. come si dice, “mi era passata”. e poi l’idea che lui frequentasse posti in cui faceva qualsiasi cosa con chiunque andava davvero contro le mie capacità di comprensione: in realtà quegli episodi furono alibi per iniziare a liberarmi di lui.

l’unica volta che parlammo davvero di noi e di me fu quando patrick, mentre passeggiavamo assieme per la città mi disse:

“tu non sei gay. non lo sarai mai. prima di tutto non hai la sensibiità, l’anima, i gusti di un gay. puoi sforzarti quanto vuoi, ma non lo sei. sei bisessuale” …rimasi di sasso: stava rispondendo alla domanda che mi stavo ponendo da due anni.

“ma qual è la differenza?”, chiesi.

per la prima volta patrick si espresse come uno scaricatore di porto:

“ai gay piace il cazzo. leccarlo, prenderlo in bocca, farsi eiaculare addosso, prenderlo nel culo. ai bisessuali, il cazzo interessa molto relativamente. preferiscono il culo, e fondamentalmente per una sola cosa: entrarci. il culo di chiunque: maschio, femmina, travestito, transgender, poco importa. ebbene, caro mio, tu sei bisex. quando passi da “lei” a me e da me a “lei” è il culo che vuoi, anche se da tutti e due ti sei preso pure tutto il resto.”

dire qualcosa sarebbe stato da completi idioti, per cui tacqui.

finì definitivamente, e in modo assai brusco, quando mi vide per strada con un ragazzo che faceva parte del “circolo letterario”. poco più giovane di patrick, bello quasi come patrick, gay come patrick, innamorato di me come patrick. ci affrontò e disse solo: “me lo aspettavo”.

tornato a casa, trovai sul tavolo di cucina una copia delle chiavi di casa, l’affitto del mese in corso e un biglietto. c’era scritto

“ti ho aperto la gabbia. ora vola libero e felice”

lo rividi solo cinque anni dopo. ma questa è un'altra storia.
 

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