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Prendo una pausa dal racconto su Elena per un omaggio a una coppia che ci ha regalato momenti di grande eccitazione in questi giorni

Carmen e le sue "strane voglie"
La guardavo, di sottocchio, col rischio di affettarmi un dito mentre tagliavo a fette la carne sul freddo bancone di marmo. Carmen, la donna più desiderata del quartiere. Guardavo le sue labbra carnose, valorizzate da un rossetto rosso che le rendeva quasi volgari, oscene. E immaginavo quanto sarebbe stato bello toccarle, baciarle, morderle… quanto sarebbe stato bello che pian piano avvolgessero l’asta di carne che, prepotente, pulsava contro il banco macelleria.
“Ecco qua! 400 grammi di fettina di vitello freschissima”. Mi ringraziò con un sorriso che mi sciolse l’anima. Bella, bellissima. Irraggiungibile, pensai tra me e me. Una dea del genere avrà già un fidanzato, un marito, un uomo che goda di quel sorriso, di quelle labbra carnose, del suo corpo formoso e eccitante.

Qualche giorno dopo, riecco l’apparizione. Ci avevo visto giusto, stavolta era accompagnata dal suo uomo. Proprio una bella coppia, pensai, prima che il mio sguardo venisse attirato dalla profonda scollatura della sua canotta nera che rivelava un seno generoso, florido, pieno. Per scendere poi sulle sue lunghe gambe, toniche sotto dei jeans chiari. Ai piedi degli stivaletti col tacco. Indugiai forse un momento di troppo su quel ben di Dio. Scoperto nel giro di qualche secondo da un uomo che al contrario di quanto potessi pensare mi guardò e sorrise mentre la sua donna guardava distrattamente lo schermo del cellulare. Un sorriso allo stesso tempo timido e complice. Evidentemente l’immaginazione iniziava a farmi strani scherzi. L’uomo ordinò diversi tagli di carne. Iniziai a affettare con colpi secchi e decisi che sembrarono ridestare la signora. Mentre lui si chinava a prendere delle mozzarelle dal banco frigorifero sentii gli occhi di lei puntati addosso, attenti a soppesare l’energia con cui svolgevo meticolosamente il mio lavoro. Approfittai della distrazione del marito e sbirciai ancora quelle bocce enormi. Anche stavolta troppo insistentemente. “Amore” – disse – “se non ti spiace prendo anche la salsiccia per stasera, lo sai quanto mi piace”, facendomi l’occhiolino.
La situazione iniziava a farsi morbosamente eccitante. Sembrava quasi che anche loro stessero traendo un sottile piacere da questo gioco di sguardi. Sembravano abituati, con lui consapevole e compiaciuto di girare con a fianco una donna per cui ci sarebbe voluto un porto d’armi e lei ben felice di essere guardata, spogliata dagli sguardi famelici di uomini sconosciuti. Abituata a stuzzicare le voglie più strane e perverse, ad attizzare le fantasie più volgari e indicibili. Per lasciarli in bianco, a quanto pare. Pagarono e se ne andarono e io fissai quel culo maestoso sculettare fino a quando insieme, mano nella mano, svoltarono l’angolo. Beato lui.

Per un po’ di giorni nessuno dei due passò dalla mia macelleria. Una sera, verso orario di chiusura, venne lui da solo. “Ciao, stavo per chiudere ma per te e la tua bella signora sono sempre a disposizione!”. Non sapevo ancora cosa stesse per succedere. “In realtà non sono venuto a comprare nulla”, mi rispose. “So che quello che ti sto per dire potrà sembrarti assurdo. L’altro giorno ti ho visto, ho visto come stavi praticamente scopando mia moglie con gli occhi. E non l’ho visto solo io. Carmen sa perfettamente di essere una bomba erotica, spesso e volentieri si veste da zoccola per attirare gli sguardi degli uomini. Fino a oggi però si è sempre fermata a questo. Ma tu hai un modo diverso di guardarla, non sei uno dei soliti bavosi. L’hai sconvolta, si sentiva penetrata nella sua intimità. Appena siamo tornati a casa mi è praticamente saltata addosso e mentre la penetravo mi disse che sarebbe stato bello se in quel momento ci fossi stato anche il macellaio ad aprirle il culo mentre la teneva per i fianchi con quelle braccia forti”. Rimasi di sasso, non poteva essere vero. Ma tirai fuori la mia notoria faccia tosta: “Buon per voi, ma mi sembra un po’ sadico venirmelo a raccontare senza darmi l’occasione di partecipare”. “Se ne può parlare. Amo Carmen più della mia stessa vita e farei di tutto per renderla felice. Inoltre, da tempo desideravo una situazione del genere. Solo che non lo sapevo o forse mi rifiutavo di crederlo. Mentre ne parlavamo, però, ho provato una eccitazione diversa al solo pensiero di lei scopata da un altro. Però le condizioni le dettiamo noi: non in casa, non nel nostro letto, non in albergo”. “Non è una puttana” aggiunse, quasi a voler convincere prima di tutto sé stesso. “Dove e quando” mi limitai a chiedere, la salivazione quasi azzerata. “Tra due ore, Viale Raffaello dopo la pompa di benzina. Troverai una Twingo nera parcheggiata nello spiazzo”.
Abbassai la saracinesca, passai a casa a lavare via il sudore di una giornata di lavoro. Arrivai convinto ancora di star vivendo in una fantasia erotica. Eppure, la Twingo era lì. Parcheggiai poco distante. La porca non aveva resistito alla tentazione di iniziare a scaldarsi, la trovai che pompava di gusto il cazzo del suo uomo. Rimasi quasi incantato ad ammirare il suo ritmico andare su e giù lungo il bastone di carne, con una dovizia e un’esperienza degne della più consumata delle troie. Oltre alle solite labbra rosso fuoco, ammirai il suo vestitino tirato leggermente su fino a rivelare quel pezzo di carne che separa la stoffa dell’abito dalla balza delle autoreggenti. Iniziai ad accarezzarmi il cazzo che, come una molla, era scattato sull'attenti e premeva contro i pantaloni fino quasi a far male. I porci tenevano aperti i finestrini, si sentivano distintamente i sospiri di lui appoggiato quasi esanime al poggiatesta e i gemiti soffocati di lei alternati a dei risucchi che sembravano dover svuotare l’uomo da un momento all'altro. Così avvenne. Era il momento giusto per entrare in gioco.

“Guarda guarda che bella coppietta e che bell'abbigliamento da zoccola che tiene la signora”. Il suo viso si alzò e trovò pronto il mio cazzo ad aspettarla appena fuori dal finestrino. Non se lo fece ripetere due volte e si fiondò sul mio arnese con una foga quasi animalesca. Non mi sbagliavo affatto, sembrava di essere stati risucchiati da un’idrovora. Le labbra attaccate come una ventosa al mio cazzo, le dita che iniziavano a sgrillettare con delicatezza il suo fiore ancora nascosto da un eccitantissimo micro-perizoma nero. Mentre mi gustavo la sua bella bocca di rosa, incrociai lo sguardo con il suo uomo. “Grazie” gli sillabai in silenzio. Quella cagna mi stava spompinando divinamente. Le bloccai la testa, iniziai a scoparle la bocca. Faceva dei rumori osceni mentre glielo piantavo in gola fino alle palle. “Esci da quest’auto, lurida mignotta, che ti riempio la figa di cazzo fino a farti urlare”. Mmmmmmh, non vedo l’ora” fu la sua risposta. Scese, quasi come un automa. Una bambola gonfiabile a mia completa disposizione. “Spogliati puttana, fammi vedere bene quel bel culo da troia sfondata. Lo voglio leccare”. Rimase con addosso il perizoma, le autoreggenti e delle scarpe col tacco rosse. Una visione che avrebbe resuscitato un morto. “A pecora, troia” le ordinai. Sottomessa, si poggiò con la pancia sul cofano dell’auto. Da dietro potevo finalmente ammirare il suo culo perfetto inglobare il perizoma, le sue cosce da cavallona vogliosa di sesso. Nel frattempo lo spettacolino offerto dalla sua zoccola aveva condotto il suo uomo a una nuova erezione. Non diceva nulla, continuava solo a segarsi, felice che il suo destino di cornuto si fosse compiuto.
Lei era un lago, la trovai fradicia quando la mia mano scostò il perizoma. Impazzii. Glielo strappai di dosso e la bloccai di forza tra me e la macchina. La presi per la coda alta che raccoglieva i suoi lunghi capelli corvini e la guardai in quegli occhi di brace stravolti dal piacere: “adesso fai vedere al tuo uomo come lo fai diventare cornuto, zoccolona. Ti scopo allo sfinimento, così impari a andare in giro a fare la arrizzacazzi”. “Sì, ti prego falloooo. Aprimi in due, spaccami il culoooooo… Fammi godere come una troia”. Mi inginocchiai ai suoi piedi, guardai dal basso il suo culo stagliarsi prepotente su quelle gambe meravigliose che mi precipitai a leccare da sopra quelle calze. Lei era un gemito unico: “guarda amoreee, guarda come mi sta facendo godere questo porcoooh”… sospirò di piacere quando la mia lingua iniziò a roteare sul suo clitoride gonfio, a penetrare quelle labbra vogliose di sesso. Le bloccai le mani dietro la schiena e le infilai di prepotenza il mio cazzo in quella figa ormai rovente. Mugolò. “Cazzo sì, così mi sfondiiii… che bello, continua, non fermarti…”. La sua figa aveva completamente stretto il mio cazzo… notevole, per quanto era sfondata. “Quanti cazzi hai preso in vita tua puttana? Dimmelo”. Mi staccai da lei, i suoi umori facevano brillare il mio cazzo alla luce fioca dei lampioni. “Dimmelo, troia… tanto lo sa anche lui quanto sei zoccola!”. “Tantiiii, meno di quelli che avrei voluto. Io vorrei sempre essere scopata, usata come un buco per i porci che mi guardano… ti prego ridammelo, fammi godere… trattami come una puttana ma voglio venire ancoraaaah”. “In ginocchio, lurida cagna… fai vedere al tuo cornuto come sei brava con quella bocca da pompinara che hai”. Non se lo fece ripetere. Era meravigliosa, accucciata mentre leccava, segava, ingoiava il cazzo fino alle palle. Dopo qualche minuto la presi in braccio e la infilai ancora. Ormai lei aveva un orgasmo dopo l’altro, la troia adorava sentirsi riempita da un cazzo di uno sconosciuto.

Ma io volevo ancora altro, volevo il suo culo. “Dai, segaiolo… vieni qui a farti fare un bel lavoretto di bocca mentre io monto la tua vacca come si deve”. Scese dall'auto e lei si gettò sul suo cazzo offrendo il suo buchino più stretto alle mie voglie. La sculacciai, dandole della ciuccia cazzi e della sgualdrina. Le leccai il culo, sputando due o tre volte per lubrificare bene l’entrata e iniziando ad abituarla con una, due, tre dita. “Amore perdonami, sono una zoccola ma ti amooo… grazie, sto godendo come mai in vita miaaaa… che bello avere due cazzi tutti per meeeeeeeeeeeeeeeeeeeeh”. Le sue parole si troncarono mentre la mia cappella si faceva strada, quasi a secco, tra le sue morbide chiappe. “Sì porco, inculami. Incula la tua zoccolona con quel bel cazzone duro”.
Quasi come se ci fossimo coordinati e, complici, stantuffavamo insieme Carmen, ormai ridotta a un pezzo di carne bollente completamente alla nostra mercé. Lei urlava assatanata. Ne voleva ancora un altro. Voleva sentirsi piena in tutti i buchi. Con la coda dell’occhio vidi un guardone dietro un albero del viale che,segandosi, stava girando un video di quell'incontro bollente. Tenni la cosa per me, mi eccitava ancora di più… in fondo la vacca non era l’unica esibizionista del gruppo.
Il ritmo si face sempre più incalzante. Dopo qualche minuto lui riversò per la seconda volta il suo piacere nella bocca, sul viso e tra i capelli della sua donna. Lei leccò tutto il possibile, da vera troia assatanata. Io imperversai ancora per qualche minuto in quel culo meraviglioso, dei colpi squassanti le percuotevano l’intestino. “Dai maiale, vieni. Sborra la tua puttanella nel culooooo…”. Venni, inondando completamente quel culo che tanto avevo desiderato.
Ci ricomponemmo, per quanto possibile. Lei tornò verso l’auto con la sborra in parte seccata sul viso e in parte che le colava copiosa tra le cosce macchiando il nylon delle sue autoreggenti. Io mi feci regalare il suo perizoma come trofeo di una serata da ricordare. Lui fece per accendere il motore, ancora sconvolto dalle emozioni vissute in quella serata.

“Ci vediamo in negozio”, urlai mentre l’auto si allontanava nella notte.
 

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