IL CLUB DEGLI AMICI (Capitolo III – Il Club degli Amici prende vita)

suntopless

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Di seguito il terzo capitolo (di sedici) de "Il Club degli Amici".

Dopo l’estenuante lavoro preparatorio di cui mi ero fatto carico quasi da solo eravamo pronti per iniziare. Ero stato talmente preso dall’organizzazione negli ultimi tempi che non avevamo avuto più il tempo di parlare di noi con Yoko, delle nostre sensazioni, paure, ma soprattutto se, anche dopo tutto questo casino della creazione del club, eravamo ancora entrambi convinti di proseguire nel nostro cammino di apertura del nostro rapporto sessuale ad altri soggetti. Eravamo ad un punto di non ritorno superato il quale nulla sarebbe più stato uguale a prima. Riuscimmo soltanto l’ultima sera prima della prima riunione del club a confrontarci, a scambiarci le nostre opinioni, i nostri timori, ma anche i nostri sogni, sensazioni. Scopammo di brutto e per un bel po’ della notte. Era evidente che eravamo entrambi ipereccitati.
La sera seguente ci preparammo per bene, si trattava della prima riunione del club, nessuno penso avrebbe voluto sfigurare, e ci recammo alla villa. Io avevo indossato un bell’abito, sobrio ma elegante al tempo stesso, sicuramente comodo. Yoko invece aveva comprato un vestito appositamente. Un bellissimo abito scuro lungo con una bella scollatura davanti che prometteva grandi cose sul suo bellissimo seno e soprattutto con tutta la schiena scoperta, segno evidente che aveva deciso di non indossare il reggiseno. Parcheggiammo come tutti gli altri fuori la villa: c’era tanto spazio libero, la zona non era tanto frequentata. Citofonammo e sentimmo la voce di Maria. Ormai entrati nel nostro ruolo non dicemmo i nostri veri nomi ma ci facemmo riconoscere pronunciando la nostra parola d’ordine al cui segnale il cancello della villa si aprì.
Accedemmo seguendo la segnaletica che per la prima volta avevamo deciso di mettere per indicare il percorso da seguire e ci recammo ad una delle entrate, quella ufficiale. Non ero, almeno così mi sembrava, tanto emozionato. A breve avremmo fatto quello che fino a qualche tempo prima neanche lontanamente pensavamo di fare eppure mi sembrava tutto naturale. Pochi gradini ed accedemmo ad una capiente veranda e di lì accedemmo alla veranda attigua, molto più grande, adibita a spogliatoio. L’avevamo sistemata per benino con armadietti, panche, separé, specchi. Ma non lo utilizzammo perché come primo incontro avevamo stabilito che ci saremmo incontrati normalmente, vestiti. Dallo spogliatoio accedemmo quindi al salone, un grande salone dove già a guardarsi intorno si poteva capire che cosa eravamo andati a fare lì tutti quanti: c’erano diverse poltrone, diversi divani di varia grandezza, diversi letti (i letti normalmente non stanno nei saloni!) di varia grandezza e forma. A differenza delle volte successive erano stati preparati anche dei tavoli con dei dessert e delle cose da bere, per inaugurare il club.
Da buoni padroni di casa, per quella sera così ci reputavamo, eravamo arrivati per primi. Gli altri comunque non tardarono ad arrivare. Nel regolamento del resto era chiaramente scritto che l’accesso al club era consentito soltanto per un’ora terminata la quale Maria non apriva più a nessuno. Come in una qualsiasi festicciola si formarono alcuni gruppetti, si parlava del più e del meno: era vietato, assolutamente vietato, come prescritto dal regolamento, parlare della vita che avevamo al di fuori del club, così come era vietato parlare del proprio lavoro e di politica. Tutti argomenti vietati perché possibili micce di eventuali dissapori o chiari segnali di riconoscibilità, anche e soprattutto perché segnali di stili di vita ed appartenenza a determinati ceti sociali. Lì dentro dovevamo essere tutti uguali: non dovevano esistere differenze di sesso, di razza, di credo, di censo o altro. Eravamo lì tutti per lo stesso identico scopo: la ricerca del piacere per sé e per gli altri. Non dovevano esistere, ed in effetti feci in modo che non esistessero, nemmeno differenze di età, di bellezza o cose simili. Tra gli associati avevamo di tutto un po’. La maggior parte apparteneva ad una classe media, magari impiegatizia, come il sottoscritto, ma avevamo anche dei professionisti, dei commercianti, degli imprenditori. La maggior parte aveva un’età ricompresa tra i 35 ed i 50 anni, ma anche qui avevamo delle eccezioni. Alcune coppie erano decisamente over 50, in alcune addirittura il lui della coppia era over 60. Di contro avevamo una coppia di sposini, entrambi di 24 anni. Benestanti, gioiosi, sempre allegri e soprattutto entrambi belli: la bellezza è sicuramente una parente stretta della giovinezza! Ed a proposito di bellezza, dentro al club non esistevano belli o brutti: avevamo alcuni uomini ed alcune donne che sembravano decisamente belli, altri che sembravano un po’ brutti, magari con un po’ di pancetta. Una coppia era formata da due persone decisamente in carne, ai limiti dell’obesità, ma poco importava. Non dovevamo certo innamorarci di qualcuno, eravamo lì con i nostri rispettivi coniugi, eravamo lì con un unico scopo: dare e ricevere piacere in qualsiasi modo purché consenzienti!
Io e Yoko, da facenti funzione di padroni di casa, del resto ero l’unico che conosceva tutti, in qualità di amministratore del club, ci spostavamo in continuazione da un gruppo ad un altro cercando di mettere i nostri ospiti il più possibile a loro agio.
Ci avvicinammo a due coppie che sembravano essere più in confidenza di altre. Subito ci informarono dell’esistenza di un problema, di un grosso problema. Il lui di una coppia era fratello della lei dell’altra coppia! Si erano associati uno all’insaputa dell’altra. Avevo visto gli stessi cognomi, ma non me ne ero curato più di tanto, anche perché il loro era un cognome molto comune in città e non ero minimamente andato all’idea che potessero essere parenti. In effetti avevamo tra i soci altre due coppie di parenti, ma ne eravamo consapevoli tutti, sia io che le due coppie. Due sorelle mi avevano contattato con la stessa e-mail chiedendo informazioni e quando si trattò di doverci incontrare vollero venire a trovarmi insieme, con i rispettivi mariti: erano quindi tutti e quattro coscienti di quello che stavano facendo! Ma questo caso sembrava essere diverso. Dissi chiaramente loro che per me, e per il club che rappresentavo, non c’era alcun tipo di problema. Potevano restare se volevano, oppure andare via, tirarsi indietro. Una coppia oppure entrambe potevano decidere di andare via e per quanto di mia competenza non ci sarebbero stati problemi: avrei immediatamente restituito la quota intera di iscrizione ed amici più di prima! Cominciarono a discutere mentre Yoko ed io eravamo ancora con loro, anzi ci trattennero quasi come fossimo dei giudici.
Silvia, era questo il nome della sorella, rivolgendosi a me esordì: “Io non sono certo una santarellina, mio marito qui presente può testimoniare! Ma vengo da una famiglia che ci ha educato in modo piuttosto chiuso, una famiglia molto cattolica. Figurati che nonostante la lievissima differenza d’età mai mio fratello Gino, nemmeno da ragazzini, mi ha vista svestita, figuriamoci nuda. Così come neanch’io ho mai visto lui se non sempre vestito.”
“Ma che c’entra questo?” rispose Gino e proseguì “Che c’entra la nostra educazione di famiglia? Siamo qui entrambi per un chiaro e definito motivo. Io non disturberò te e spero che tu faccia altrettanto con me!”
“Sì che c’entra! Anche se staremo tu da una parte ed io da un’altra capiterà che io ti veda nudo e che anche tu mi veda nuda! E magari affaccendati in qualcosa evidentemente abbastanza spinto! Ed io non voglio! Non è mai successo e vorrei che non accadesse mai!”
“Beh, se dobbiamo proprio essere sinceri e dirci tutta la verità quello che tu affermi non è del tutto vero!”
“Cosa non è vero?”
“Non è vero che non ti ho mai vista nuda!”
“Cosa?”
“Sai, da ragazzo, quando i primi pruriti cominciavano a nascere, non potevo certo fare a meno di spiarti quando ti cambiavi oppure quando andavi in bagno, magari a fare una doccia. E grazie a questi momenti avevo del buon materiale per chiudere gli occhi e dare sfogo a tutte le mie giovanili pulsioni!” confessò Gino
“Porco, sei un porco!” Silvia adesso sembrava alquanto arrabbiata.
Per fortuna in quel mentre Maria, autorizzata solo per quella sera ad accedere nel salone della villa durante l’orario degli incontri, venne a chiamarmi e mi trasse in salvo! Ovviamente trascinai con me la povera Yoko che altrimenti sarebbe rimasta invischiata in quella discussione di famiglia che adesso si stava anche allargando ai rispettivi coniugi di Silvia e Gino, finora rimasti in un sorprendente silenzio.
Li lasciammo quindi a discutere lì tutti e quattro piuttosto animatamente: la situazione e soprattutto le rivelazioni di Gino avevano surriscaldato i loro animi.
Maria mi informò che ben prima dell’orario ultimo fissato per l’ingresso al locale tutti gli associati erano arrivati. Ne fui contento: mi piace la puntualità!
Mi diedi un po’ di coraggio e con una voce più alta richiamai l’attenzione dei presenti.
“Signore e Signori, dovrei dire gentilissime Amiche e gentilissimi Amici, vi comunico che tutti i soci sono in questo momento presenti al primo incontro della nostra neonata associazione. Sono molto contento! Molti di voi sapranno, perché ne abbiamo più volte parlato per e-mail, quanto impegno e quanta fatica è costata la creazione del club, ma per fortuna siamo riusciti ad oltrepassare ogni problema, ogni ostacolo. Il funzionamento del club per grandi linee lo conosciamo tutti, ne abbiamo già parlato sul nostro sito, ma anche di presenza. Ovviamente tutto può essere migliorato e siamo ben disposti ad accogliere ogni proposta finalizzata al miglioramento ed al corretto funzionamento del club. Ok, ok! Vedo già Yoko, mia moglie, che mi guarda male! Come mio solito, quando inizio a parlare non finisco più! Ci conosceremo meglio con il passare del tempo! Chiudo quindi immediatamente proclamando ufficialmente la nascita de Il Club deli Amici e lascio libertà d’azione ad ognuno di voi!”
Seguì un breve nonché scontato applauso e mi accorsi che in realtà quello era il momento più difficile della vita della nostra creatura. Pochi attimi mi bastarono per capire che difficilmente qualcuno avrebbe rotto il ghiaccio ed allora presi io l’iniziativa.
Di nuovo ad alta voce “In qualità di amministratore del club ritengo doveroso da parte mia cominciare a riscaldare l’ambiente. Yoko, per piacere, vogliamo cominciare noi?”
La presi per mano e la portai con me vicino ad un grande lettone rotondo che si trovava in mezzo al salone. Adesso sì che ero veramente emozionato: c’eravamo quasi!
“Sei pronta Yoko?” dissi ad alta voce, ma in realtà le mie parole erano dirette solo a lei e sottintendevano tutta una serie di altre domande del tipo: “Vuoi ancora farlo?” “Sei davvero convinta?” “Sei pronta a dare il via a questa nostra nuova vita che ci porterà a fare cose che fino a poco tempo prima nemmeno pensavamo?” “Vuoi tirarti indietro?”
Ma Yoko, la nuova Yoko, ostentando sicurezza e con un fare elegante e fiero alzò delicatamente un braccio fino a portare la mano dietro la nuca e con un dito, un solo e semplice dito, diede vita contemporaneamente al club ed alla nuova lei: premette un gancio e al rumore di un flebile clic la parte superiore del suo bel vestito le scivolò giù scoprendo il bellissimo seno. Strabuzzai gli occhi, sia per la visione del suo splendido seno che per tutta la scena alla quale avevo appena assistito. In pochi istanti feci scivolare a terra la mia giacca, la cravatta e la camicia e la adagiai sul letto. Cominciammo ad amoreggiare lì, davanti a tutti. Un lieve brusio di approvazione si impadronì del salone e da quel momento ognuno si sentì libero di fare quel che voleva. Con la propria compagna o con un’altra a caso.
E’ inutile dire che scopammo come dei matti. Eravamo inondati dalle nostre emozioni ed eccitatissimi. Eravamo talmente presi che più volte facemmo l’amore, sempre lì, sempre sullo stesso letto. Stanchi, dopo non so quante scopate, ci alzammo, guardammo intorno e notammo che non c’era socio che non fosse impegnato con qualcuno o più di qualcuno. La sera sembrava svilupparsi secondo quanto avevamo progettato e sperato. Il Club degli Amici adesso era una realtà.
L’unica nota stonata della serata, alla fine, fummo io e Yoko. Avevamo creato tutto questo casino con lo scopo di provare a fare sesso con altre persone. Da soli, in compagnia, poco importava. L’importante era realizzare quello che da diverso tempo era diventata un’ossessione per noi. Ed invece, a fine serata, ci rendemmo conto che non avevamo fatto sesso se non soltanto tra noi. Certo, davanti a tutti, eravamo stati noi ad inaugurare il locale, ma non era quello che avevamo previsto.
Di ritorno a casa, era già quasi mattina, ne discutemmo in macchina e ci ridemmo pure su. “Sarà sicuramente per la prossima volta!” ci dicemmo entrambi.

CONTINUA . . .

Capitolo IV
 
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