Racconto di fantasia Io e mia sorella (XIX) - Al ristorante

pollicino1

"Level 8"
Da 10 Anni su Phica.net
Élite Fase 3
Messaggi
22,585
Punteggio reazione
22,606
Punti
139
Posizione
Lazio
1. Premessa.

Come tutti gli anni, l'estate era per me e per Giorgia il periodo dell’anno in cui riuscivamo a vivere al meglio la nostra spiccata vena esibizionistica: ci si vestiva più leggeri (soprattutto mia sorella…) e c'erano più possibilità di uscire fuori ad attirare l'attenzione di “fortunati” ammiratori.
Lei sembrava ancora più bella di quanto non lo fosse già di suo, ed io morivo dalla voglia di condividere la sua sensualità con ignari maschi a cui avrebbe offerto quanto meno lo spettacolo del suo fisico procace.

Ebbene, un giorno, dopo un amplesso travolgente, mentre eravamo a letto a riprendere le energie, Giorgia mi disse:
- "Sai, ho letto che sabato inaugurano un nuovo ristorante, molto alla moda, qui vicino... Che dici, ci andiamo?".

Eravamo alla ricerca di nuove idee per le nostre porcate, e così cogliemmo al volo quell'occasione...

2. Preparativi.

Quando finalmente il Sabato sera giunse, trovò Giorgia che era in fibrillazione… Io non ero da meno, e quando dopo essersi fatta una doccia rigenerante lei rientrò nella nostra camera da letto, mi trovò seduto in poltrona che giocherellavo con alcuni suoi indumenti.

Allora, la guardai sogghignando, e le dissi:
- “Per andare al ristorante, penso che questa minigonna e questa camicetta trasparente siano l’ideale… Insieme, ovvio, agli stivali che ti ho regalato l’altro giorno! Ma senza biancheria intima…”.
Mia sorella mi guardò, e reagendo al mio risolino con uno altrettanto perverso, fingendosi sconvolta ribattè:
- “Ma non sarà troppo spinto? Mi stai chiedendo di vestirmi da vera troia! Non me la sento di entrare in un locale al pubblico senza slip e reggiseno e con una gonna così corta!“.
Non la lasciai nemmeno finire di parlare e – dandole un sonoro schiaffo che lei sapeva far parte di una “recita” – replicai di nuovo:
- “Sorellina, ma tu SEI una troia!“.
Giorgia, allora, calatasi ormai definitivamente nella parte accettò di buon grado quel ruolo:
- “Come vuoi… Ma stasera sarai tu a guidare le danze!”.

Quindi si sfilò l’accappatoio per iniziare a vestirsi come io le avevo ordinato, ma la bloccai immediatamente:
- “Aspetta… Lascia che mi ecciti ancora un po’ alla vista del tuo corpo… Avvicinati…”.
Le misi le mani sui fianchi, risalendo su fino a lambire quelle tettone che ad ogni occasione era come se fosse la prima volta che vedevo, e finii per esserne perdutamente rapito…
Accostai il suo busto alle mie narici, e respirai a pieni polmoni l’odore della sua pelle: era un effluvio che avrei riconosciuto pure bendato tra un milione di femmine, che mi stordiva! Meccanicamente, mentre me ne stavo così accomodato, discesi fin sul suo pancino… Un altro punto nevralgico che sentivo fremere, come ogni volta che lei percepiva il calore del mio tocco che si posava su di lei…
Allargai il palmo della mano e scesi ancora, fino a perdermi tra il pelo riccioluto che nascondeva il monte di venere: era bagnatissima là sotto, ma non volevo che esplodesse proprio ora in uno dei suoi proverbiali orgasmi, doveva resistere, per dare il meglio di sé al locale…
Lasciai la presa su quel corpo di cui mi sentivo Signore incontrastato ogni giorno di più, e le ordinai:
- “Ora vestiti, troia…”.

Giorgia mi obbedì, cosciente che quella sera avrei ideato per lei la più arrapante delle situazioni: d’altronde, grazie anche alla sua stazza che non passava mai inosservata e al suo fascino, mi fu tutto facile...

3. Ultimi “controlli” al parcheggio.

Presi la macchina e ci dirigemmo al locale…
Arrivati al parcheggio, la feci scendere e le diedi un'ultima occhiata: era davvero stuzzicante con quel vestiario così al limite dell’indecente, perfetta per adescare qualsiasi maschio, ma sul momento decisi di aggiungere un altro pò di pepe a quel "quadretto"... Le aprii un paio di bottoni della camicetta, in modo che anche la parte inferiore della coppa dei seni fosse assolutamente ben visibile, lasciando coperte soltanto le grosse areole e i capezzoli già turgidi; poi, presi lo spacco della minigonna che era sistemato sui fianchi e lo ruotai centralmente, di modo che quando camminava si poteva intuire l'assenza delle mutandine.
Giorgia, sempre stando al mio gioco, fece la vergognosa e mi disse:
- "Dove vuoi arrivare? Così sarò lo scandalo della serata!".

Ero orgoglioso di lei, come quei giovani che mostrano agli amici la macchina nuova fiammante da provare insieme... E pure la mia “fuoriserie”, pur non essendo “nuova”, era sempre invidiata da tutti…
Per di più, lo stivale nero a mezza coscia contribuiva ad esaltare la sua sensualità, convogliando ogni sguardo proprio lì nel mezzo del suo palpitante "interesse".

4. Un cameriere in prova.

Finalmente eravamo pronti: ci avviammo verso l'ingresso, e lì fummo accolti da un ossequioso metre, il quale ci condusse al tavolo che avevo prenotato.
Facemmo le nostre ordinazioni, e poco dopo si presentò un cameriere con gli antipasti.
Li servì – come da etichetta – stando alle nostre spalle, e quando si piegò sul piatto di Giorgia, il dorso della sua mano finì per sfiorare la morbida tetta di mia sorella.
Era molto giovane – avrà avuto si e no 20 anni – ed era stato preso in prova da pochi giorni... Imbarazzatissimo, e preoccupato che noi reclamassimo presso il proprietario del locale – non finiva mai di scusarsi, al che mia sorella – stanca di tutte quelle cortesie – tagliò corto:
- "Guarda che non è successo proprio niente, sono io ad essere troppo abbondante!".
E lui, ancor più pronto ad assumersi la responsabilità dell’errore, replicò:
- "Ma che dice signora!, suo marito è davvero un uomo fortunato!".
Abbassò lo sguardo, e indietreggiando senza voltarsi, ci lasciò alle nostre pietanze.

Tornò poi a servirci il primo e poi il secondo, e qui accadde un nuovo "imprevisto" (che la mia maiala aveva sicuramente architettato, senza dirmelo, già prima di uscire di casa): mentre il cameriere stava servendo a Giorgia un contorno di olive snocciolate che si preannunciavano davvero squisite, lei fece in modo che una di queste le scivolasse dentro la camicetta, tra il solco delle mammelle...
Il ragazzo, confuso più che mai, avrebbe voluto scomparire, e la mia troia iniziò a ridere a crepapelle.
Io, finsi di non aver capito cosa fosse accaduto, e le domandai con l’innocenza di un bimbo:
- "Giorgia, che succede?".
E lei, con assoluta naturalezza, facendomi anche un cenno di intendimento con gli occhi, rispose:
- "Mi è caduta una oliva in mezzo alle tette, e adesso non so come fare...".
Allora io guardai il cameriere e gli chiesi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo:
- "Sia gentile, la aiuti a recuperare questa benedetta l'oliva...".

Il giovane avvicinò tremante un dito al generoso ma solido décolleté di mia sorella, la quale lo afferrò lesta per il polso incoraggiandolo a scendere in profondità. Gli sollevò il volto con un dito, e guardandolo fisso negli occhi gli bisbigliò:
-"Tranquillo, hai semaforo verde, me le toccano tutti...".
Poi, con un colpo deciso del busto, spostò l'oliva fin sulla punta del capezzolo...
Stefano (così si chiamava il ragazzo), prese coraggio ed iniziò la “ricerca”, guidato da Giorgia che gli fece ispezionare accuratamente tutto il suo torace.
Alla fine, quando si ritenne soddisfatta e sentì che i capezzoli erano diventati duri da farle male, richiamò il cameriere alla realtà, dicendogli:
- "Oddio, mi sa che si è andata a infilare sul capezzolo... Vedi un po’ tu...".
Stefano era eccitatissimo, e mentre estraeva l'olivetta birichina dalla tetta, approfittò per dare una fugace stretta alla mammella di Giorgia.
Io intanto scesi con lo sguardo sulla patta dei pantaloni di servizio di lui, e vi notai un rigonfiamento inconfondibile.

Chiedendo ancora scusa (ma forse, avrebbe voluto ringraziare dell’inaspettata occasione avuta quella sera), il cameriere se ne andò, ed io guardai mia sorella e vidi nei suoi occhi scintillare un pensiero che presagiva altre forti emozioni...
E infatti, mi disse, con un falso quanto ben calcolato disappunto:
- "Accipicchia, mi si è macchiata la camicetta... Chissà se qui hanno qualcosa da metterci su...".

Afferrai al volo il suo piano, e subito chiamai il capo cameriere, il quale ci inviò di nuovo Stefano (era ciò che volevamo, ndr), che riconoscente per quanto ricevuto in precedenza da mia sorella le disse:
- "Signora, se cortesemente mi segue negli spogliatoi, lì abbiamo tutto il necessario...".
Giorgia incrociò nuovamente il mio sguardo e da finta timida rilanciò:
- "Io da sola non vado con un estraneo… Marco, mi accompagni?".

Ci muovemmo tutti e tre verso il camerino; e quando fummo dentro, e Stefano prese un barattolo di borotalco e stava per versarlo sull'indumento macchiato, mia sorella gli sorrise e gli intimò:
- "Aspetta, così fai meglio...".
Seduta su una poltroncina, in un attimo allentò gli ultimi bottoni rimasti chiusi della camicetta e se la tolse completamente, rimanendo tette al vento e lasciando il ragazzo quasi folgorato da quella visione, tanto che dall’emozione gli cadde di mano tutto il barattolo di borotalco.

Giorgia era ormai partita, e chissà cosa aveva ancora in mente, fatto sta che domandò di nuovo al cameriere:
- "Guarda, ho le tette bagnate, sarebbe meglio che prima le asciughi".
Mentre io chiusi a chiave la porta, lo fece inginocchiare dinanzi a se e si versò il borotalco sulle sue splendide "gemelle" che stavano perfettamente ritte a dispetto della forza di gravità...
Il giovane, preso un asciugamano, afferrò una mammella alla volta e diligentemente le asciugò.
La sorellina era sensibilissima al tocco dei capezzoli, e così più Stefano li sfiorava e più lei si bagnava tra le cosce…

A un certo punto, io vidi che i suoi umori stavano formando un piccolo ma succulento laghetto che si raccoglieva a terra tra i due…
Stefano non se ne era ancora reso conto o forse non sapeva cosa fosse, e quindi fu lei a prendere ancora una volta l’iniziativa:
- “Oh, che vergogna…”.
Non specificò meglio il senso della “problematica”, lasciando al ragazzo piena libertà d’azione; ma poiché questi era davvero un principiante, lo invitò delicatamente:
- “Su, lecca, ci sono uomini che farebbero follie per il mio succo!”
E mentre lui si chinava ad assaggiare quella prelibata linfa, Giorgia di pari passo cominciò ad aprire le gambe fino all’inverosimile, sollevando la minigonna fino ai fianchi e mettendo in bella mostra la sua pelosa.
Stefano pareva apprezzare il sapore di quel liquido, ma rimanendo a testa bassa non si era ancora accorto della fica che aveva a pochi centimetri dal capo.
Così, io non mi trattenni più e quasi gli urlai:
- “Ragazzo, guarda che c’è di meglio!”.
Mia sorella, restando in quella posa ginecologica, mi guardò e si mise a ridere, richiamando l’attenzione di Stefano che – alzando di poco lo sguardo – si trovò dinanzi lo spettacolo che gli avevo preannunciato.
Restò come fulminato, più di quanto non lo fosse stato alla vista della sua 5 misura…
“Possibile che uno a 20 anni non sappia maneggiare una femmina?”, mi dissi.
Percui, mentre era ancora in ginocchio, ipnotizzato, gli slacciai i pantaloni calandogli gli slip.
Con mia sorpresa, vidi che aveva tra le gambe un palo di tutto rispetto, almeno 20 centimetri, largo, nodoso e con delle palle gonfie pronte ad eruttare il loro contenuto dentro Giorgia se non si fosse sentito inibito dalla mia presenza…

Non potevo lasciare la mia amata a bocca asciutta e disperdere quel succo inutilmente, così – per metterlo a suo agio – mi denudai pure io e gli dissi:
- “Stefano, non hai mai ancora scopato, vero? Tranquillo, non lo saprà nessuno, ma devi farmi un piacere: mia sorella vuole essere goduta dentro da te”.
Lui rimase un attimo interdetto, non so se più per la mia richiesta o per il fatto che eravamo fratello e sorella…

5. Che sorpresa per Giorgia!

Mia sorella iniziò – non senza qualche difficoltà – a manovrargli l’attrezzo per portarlo al punto giusto, e quasi parlando a se stessa, disse:
- “Caspita, ora capisco perché alla tua età sei ancora vergine: questa è proprio una brutta fimosi… Ma a me, nessun cazzo ha mai resistito… Riuscirò lo stesso a scapocchiarti fino in fondo!”

Non aveva nessuna intenzione, infatti, di mettersi dentro quel glande enorme, tutto coperto… Voleva sentire tutto…
Così, fece stendere Stefano a terra, con l’asta in tiro che svettava verso il cielo, e con pollice ed indice di entrambe le mani – posizionati sull’orifizio del prepuzio che appariva quasi chiuso – cominciò a scendere verso il basso…
Sentiva quella pelle tirare, ma essendo infermiera, Giorgia sapeva come effettuare quelle “manovre”.
Sulla bocca del ragazzo si dipinse una smorfia di dolore, al che mia sorella – rassicurante – gli disse:
- “Stai sereno, anche se non sarà semplice e ti farò un po’ male, alla fine sarà tutto fuori”.
Rendendosi conto che così sarebbe stato impossibile scapocchiarlo, mia sorella prese il pene del cameriere e pian piano iniziò a farlo lubrificare. Lo avvertì di quello che stava per fargli:
- “Adesso ti libererò il glande fino a che non verrà tutto fuori, e anche se ti farò male non mi fermerò”.
Grazie alla lubrificazione crescente, la pelle del prepuzio scorreva sempre più indietro ed iniziava a intravedersi un pò della punta del glande.
Ma a un certo punto, più Giorgia procedeva e più si faceva faticoso scoperchiare il resto.
Stefano cominciava ad avere un piccolo fastidio, e rivolto a mia sorella esclamò:
- “Ahi!, mi fa male!”.
Ma Giorgia non diede peso a quel grido di aiuto, e ribattè:
- “Non mi importa, non vedo l’ora di vedere la tua capocchia gonfia tutta per intero…”.
E continuò l’operazione, scendendo con più forza fino a quando il ragazzo sentì davvero un dolore lancinante: la testa del pene era quasi tutta fuori, e con l’ultimo strappo venne fuori completamente.
Il giovane urlò di nuovo, cercando con la sua mano di bloccare le mani di Giorgia, ma lei immediatamente glielo impedì con una analoga manovra e gli disse:
- "Calmati, è scappellato al massimo… Ora l’importante è che lo tieni con la pelle tutta abbassata più tempo possibile".
Lo fece restare circa 20 minuti in questa posizione, poi la troia, con la cappella bella gonfia, mettendogli una mano sotto ai testicoli, la ricoprì e la tirò fuori di nuovo con un colpo deciso, tanto che rischiò di rompergli il frenulo…
Ma andò tutto bene… E quando mia sorella decise che era finalmente “pronto”, lo strinse forte e ci si calò sopra fino a quando la giovane cappella non andò a picchiare contro l’utero.
Allora, gli prese le mani e se le appoggiò sulle tette, facendogli capire che voleva che gliele strizzasse affinchè lei potesse godere di più.
Purtroppo, il giovane inesperto non le avrebbe dato quelle magiche sensazioni che provava con me, ma l’idea che stava sverginando un maschio le procurò una scarica di libidine tale da far scivolare dentro di lei, senza alcun problema, quel cazzo che era ormai incredibilmente turgido.

6. Doppia deflorazione.

Il cameriere in prova non poteva vedere cosa stava succedendo, dato che Giorgia gli era montata sopra dandogli le spalle, cosicchè mia sorella – vedendomi nudo e con l’uccello in mano – mi fece cenno di avvicinarmi ed indicò lo sfintere di Stefano.
La mia vacca immobilizzò il giovane tenendoselo dentro e stringendogli i polsi, mentre io (dopo essermi bagnato la cappella) appoggiavo il glande sul suo buco anale.
Stefano, capì istantaneamente le nostre intenzioni, e mi intimò:
- “No, ti prego, lì non lo voglio!”.
Ma Giorgia lo zittì:
- “Taci, vedrai che ti piacerà!”.
Allora, presi un pò degli umori di cui era sempre ben fornita, e ci lubrificai lo sfintere del ragazzo, un magnifico rosone fatto di grinze scure e stimolanti.
Gli feci ondeggiare davanti agli occhi il pene che tra poco avrebbe perforato il suo intestino, e lui – avvilito ma senza offrir più resistenze – mi supplicò:
- “Per favore, fai piano, non vorrei sentire troppo male”.
Mi faceva quasi tenerezza, e gli replicai:
- “Non preoccuparti, adesso te lo metto nel culo, ma come senti dolore avvertimi, ti prometto che mi fermerò”.
Confortato, si rasserenò un poco facendomi cenno che potevo cominciare.
Stava giungendo quell’ineluttabile attimo, e lo sfintere del ragazzo si contraeva e si rilassava ritmicamente.
Lo volevo sodomizzare ad ogni costo, lo volevo possedere… ma non volevo fargli male.

E siccome, nonostante i miei tentativi, il suo ano era troppo secco per essere trafitto senza dolore per entrambi, mi guardai intorno e vidi un vasetto di nutella.
Ne raccolsi un pò con le punte di due dita, e gliela spalmai giocando con il suo sfintere.
Poi, gli allargai le natiche per leccargli quel buchino che si era fatto tanto dolce: cercai di introdurci anche la lingua, ma era ancora troppo stretto, e così ripresi a spalmare nuova nutella sul buco e a stimolargli la mucosa per farla cedere.
Poi, lo avvertii:
- “Stefano, ci siamo… Rilassati, e fai respiri profondi, ma non contrarre lo sfintere… Adesso, proverò a entrare…”.

Poggiai la cappella sul suo orifizio tenendogli contemporaneamente le chiappe spalancate, e cominciai a premere con forza crescente, lasciando Stefano senza respiro.
L’asta era durissima, e spinsi con tutta la forza che avevo sui lombi, Quindi, Qmentre lui stringeva i denti e il mio glande faticosamente si dava da fare per farsi strada come un ariete.
A un certo punto, lui emise un gemito soffocato di dolore e mi scongiurò:
- “Fermati!”.
Assecondai la sua richiesta per qualche istante, per far assuefare la sua apertura al mio palo, ma poi ripresi a scendere, incessantemente, centimetro dopo centimetro.

Mi sfilai completamente e gli infilai dentro mezzo pollice, rigirandolo, per tastare la situazione; poi lo reinserii, e dissi tra me e me:
- “Se riesco a far entrare tutta la cappella, è fatta”.
Aumentai la pressione, mentre l’apertura si dilatava oscenamente, e parve quasi si spaccasse in due.
Quel buchino era il mio “premio”, ed io ero deciso a conquistarlo.
Stefano cercava di assecondarmi, e – nonostante avesse gli occhi bagnati di lacrime dal dolore – cominciava a godere al solo pensiero che il suo intestino mi stava avvolgendo come una calza:
- “Marco, non fermarti, è così eccitante averti dentro, che le mie viscere stanno diventando un tutt’uno con te!”.
Incitato in quel modo, applicai una pressione poderosa al culo di quel ragazzo, il quale fu categorico:
- “Stasera voglio sentirmelo tutto dentro”.

Le resistenze del suo retto stavano per essere scardinate: un’altra vigorosa spinta, e finalmente la cappella era passata!
Cominciai allora a stantuffare con dei colpi micidiali, inoltrandomi sempre di più in quell’ano che mi inghiottiva, fino a quando non sentii i miei testicoli sbattere contro i suoi.

Mi lasciai andare, e riversai dentro quel budello una gran quantità di sborra calda.
I fiotti del mio sperma strariparono nel ventre del giovane, come se gli avessi fatto un clistere; lo sentii tremare, e poco dopo udii Giorgia dirgli:
- “Sborraaaa, Stefano… che sto per venire anch’io!”.

Avevamo goduto tutti e tre all’unisono: io dentro Stefano, Stefano dentro Giorgia, e Giorgia… grazie a noi due!

Uscii da lui e constatai che il suo buco del culo era rosso fuoco… Colava come una cascata, privato da quel “tappo” di carne che era il mio cazzo, e anche mia sorella aveva un torrente impetuoso che le sgorgava tra le cosce.

La presi per mano e la feci mettere a bocca aperta sotto al culo del cameriere, mentre io – con le labbra a ventosa sulle sue labbra vaginali – accoglievo dentro di me un misto di sperma e succhi dei due…

Eravamo stanchissimi, ma decisi ugualmente di premiare Stefano che aveva fatto godere entrambi.
- “Giorgia, voltati e mettiti alla pecorina”, dissi a mia sorella.
E al cameriere:
- “Puntalo sul suo culo, e non uscire prima di essere venuto…”.

Esausti, in un bagno di umori e di seme, mia sorella ebbe ancora una curiosità, e disse a Stefano:
- "Fammi vedere, mentre ti pompavo mi è sembrato che avessi il filetto un pò corto...".
Glielo riprese in mano che era ormai moscio, l'ideale per ritrarre completamente e con facilità il prepuzio ed estendere al massimo il frenulo. Con una mano strinse la capocchia, mentre con il pollice dell'altra tese la pelle del prepuzio per massaggiarlo: era sensibilissima, e in men che non si dica il ragazzo eiaculò ancora...
Giorgia, constatò pure la presenza di un leggero rivolo di sangue, a dimostrazione della parziale rottura di quel tessuto troppo breve.
Gli disse:
- "Abbiamo rotto il filetto, ragazzo, ora sei proprio un uomo!".

7. Un lavoro serio o una “particolare” proposta?

Ci rivestimmo tutti e tre, Stefano ripulì per bene il camerino, e infine tornammo in sala.
Erano passate più di due ore da quando ci eravamo allontanati con la scusa del borotalco, il ristorante era ormai vuoto e noi non avevamo più voglia di proseguire la nostra cena: ci eravamo abbondantemente sfamati con quel ragazzotto imberbe.

Purtroppo, il proprietario – che non aveva partecipato alle nostre evoluzioni erotiche – richiamò Stefano per la prolungata assenza:
- "Ma dove ti eri cacciato? Hai lasciato i tuoi colleghi in mezzo a questo casino! Sei licenziato!".
In effetti, la parola "casino" era quella più appropriata: avevamo fatto di tutto e di più...

Io e mia sorella, che avevamo assistito alla scena, ci sentivamo in un certo senso responsabili dell'accaduto, e avremmo voluto riparare, ma come? Perorare la “causa” con il padrone del locale ci sembrò una soluzione praticamente improduttiva…

Improvvisamente, a Giorgia tornò in mente la proposta che Perla le fece tempo addietro, e cioè di andare a “lavorare” nel suo club privè, e pensò di proporre al ragazzo una cosa del genere.
Dopo una breve telefonata con l’amica, prese da parte il ragazzo e gli disse:
- "È stata tutta colpa nostra se ti hanno licenziato... Mi spiace, sono mortificata... Però, vista la tua bella prestanza, vorrei rimediare... Una nostra cara amica ha un night, e se te la senti potresti guadagnare bei soldi e divertirti...".

Stefano era titubante per la "particolare" proposta, ma alla fine accettò, mentre Perla fu entusiasta della nuova recluta e del lavoro della sua "talent scout".

8. Dubbi e desideri.

Stefano era un ragazzotto inesperto ma non certo sciocco...
Rientrò a casa con la cappella e il culo che gli bruciavano ancora, e passò una notte insonne a ripensare a tutto ciò che gli era accaduto... Era diventato un uomo, aveva fatto sesso per la prima volta come mai si sarebbe immaginato, ma... Era venuto dentro una donna fertile!
E se lei fosse rimasta incinta? Aveva riversato nel suo grembo tanto di quello sperma da ingravidare una giumenta.
Padre alla sua età, senza ancora una sicurezza economica, cosa avrebbero detto i suoi genitori? E come glielo avrebbe spiegato?

Decise di aspettare l'evolversi della situazione, era inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta...
Così fece, ma dopo che era trascorso un mesetto dal "fattaccio" e non avendo avuto più nostre notizie, si risolse a contattarci.

E infatti, un giorno, durante la nostra pausa per il pranzo, ecco che sul cellulare di Giorgia si illumina il suo nome...
Io e mia sorella pensammo subito che volesse notizie per il lavoro che gli avevamo promesso, e dunque Giorgia non esitò a rispondere:
- "Ciao Stefano, come va? Tra un paio di giorni Perla ti dovrebbe chiamare per un colloquio... Ma stai tranquillo, è tutto sistemato...".

Ma il ragazzo, che ci aveva cercato per ben altro motivo, le disse:
- "Ti ringrazio... Ma sai, io ti ho chiamato per... Sì, insomma, è da quando abbiamo scopato che ho questa idea fissa in testa... Ti sono venuto dentro senza preservativo... Capisci?".

Giorgia aveva messo il vivavoce, percui io udii tutto: ci guardammo, e fiutai che quel diavolo di femmina aveva deciso di divertirsi un pò con il giovane pivello.
Gli rispose:
-"Eh, per la verità… Ho continue nausee e un ritardo un pò sospetto...".
Ci fu un silenzio pesante, colmo di panico... Dall’altra parte, si sentiva solo un flebile respiro, ma lui taceva... Infine, preso coraggio, le domando:
- "Che pensi di fare?".
E mia sorella:
- "Se c'è, lo teniamo, che vuoi fare? Ti devi assumere le tue responsabilità, caro!".
E riattaccò immediatamente.

Di nuovo, ci guardammo, mi mise le sue mano sopra le mie, ed entrambi scoppiammo a ridere a crepapelle...
- "È proprio stupido", disse lei.

Poi, cominciò ad armeggiare con la tastiera del suo cellulare: stava inviando un sms a Stefano...
"STAI SERENO, NON SONO INCINTA... ERA UNO SCHERZO... SCUSA".
Lo inviò e poi me lo mostrò. Si fece seria come non l’avevo mai vista, e mi disse:
- "Un figlio lo vorrei davvero, ma solo da te".

Da allora, quel desiderio cominciò a farsi strada dentro di noi, e ogni volta che facevamo l’amore io cercavo di riversare in vagina quanto più seme possibile, e lei di trattenerlo dentro di sé il più possibile.
Ma questa è decisamente un altra storia...

FINE.
 

Top Bottom