Racconto di fantasia Io e mia sorella (XXIII) – Un istruttivo camposcuola in Perù (II parte)

pollicino1

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6. E l'emancipazione di Venere...

Intanto Manola, etero pura dichiarata, era rimasta sbalordita da quanto una ragazzina alle prime armi aveva saputo fare con la collega…
Anche lei aveva sentito parlare di noi, ma non voleva crederci. Ora, però, si voltò verso di me, tutta accalorata, e mi pregò:
- "Forza, ragazzo, diamoci da fare pure noi! Oltretutto, vedo che a qualcuno ancora piaccio... nonostante l'età!".
Intendeva dire il mio uccello, che a quell’invito di passare all’azione si era di colpo rizzato in un alzabandiera fenomenale…
Io, comunque, mi affrettai a consolarla:
- "Ma certo, signora... Lei è una gran bella donna... E glielo dimostrerò".
Lei, però, non parve essere molto soddisfatta che l’avessi chiamata “signora”, e mi disse:
- "Ok, ok... Però chiamami Manola!".
Poi, guardandomi di nuovo in mezzo alle gambe, vide che l'uccello stava spingendo forte da dentro i boxer, e si fece più esplicita:
- "Marco, voglio fare l'amore... con te... Insomma, voglio che mi scopi forte!".
E guardandomi dritto negli occhi prese a massaggiarmelo da sopra la stoffa…
Le risposi:
- "Non aspetto altro, queste due mi hanno messo addosso un'agitazione...".
Manola, allora, mi prese la mano e se la portò a farmi sentire – sotto al camicione a fiori bianchi e viola – la compattezza dei suoi seni:
- "Senti, aspettano solo di essere massacrati dalle tue mani, e di essere frustati dal tuo cazzo!".
E subito mi baciò con grande passione, facendo scivolare la sua lingua all'interno della mia bocca...
Nel mentre, mi arpionò i glutei con le sue unghie lunghe e colorate, ed io ricambiai il "favore".
Da sopra i jeans attillati, si vedeva un sedere favoloso, enorme e soffice, ed io mi divertii a ripercorrere i contorni del perizoma.
Mi dissi:
- "Una che porta un peri così striminzito deve essere per forza una gran porca...".
E infatti, cominciammo a spogliarci l'un l'altra, e lei fu la prima a rimanere senza veli, o meglio con addosso solo un elegante paio di autoreggenti bianche.

Si alzò in piedi, con una mano sul fianco, e lanciandomi un sorrisetto malizioso mi sfidò:
- "Beh, ti piaccio? Pensi che la mia mercanzia sia abbastanza pregiata per dedicarmi un alzabandiera?".
Ero in estasi, quella donna aveva dei magnifici fianchi larghi, un pancino con un ombelico praticamente perfetto, e solo un accenno di cellulite; e la voce stentò ad uscire dalla mia bocca… Ebbi solo la forza di risponderle:
- "Hai un corpo da modella, e una fantasia da troia… Fatti apposta per peccare..."
Scoppiammo a ridere entrambi, ma mai come in quel momento eravamo seri e concentrati su quello che dovevamo fare.
L'abbracciai, sentendo tutta la rotondità delle sue tette sul mio petto, le carezzai il sedere, e poi subito il punto del suo godimento più profondo, rasato alla perfezione.
In un certo senso, mi dispiacque vederla così, e la immaginai sotto le mani dell’estetista che aveva fatto quello scempio. Io che adoravo il pelo, tanto pelo, al punto che avevo chiesto a Giorgia di non depilarsi mai più! Ma andava bene così, “addosso” a quella femmina era perfetta… Gonfia e meticolosamente rasata!

Manola era un sospiro continuo, mentre io cercavo di prendere tra le labbra i suoi capezzoli, un pò sfuggenti... Mi piaceva quel "gioco" quasi impossibile, perché mi dava la possibilità di addentarle le mammelle, sentendo i miei incisivi penetrare sadicamente fin sotto l'areola.
Scesi, ed iniziai a leccarle le lisce labbra della vagina, mentre lei stava impazzendo stringendomi la testa tra le sue gambe che allargava sempre più.
A un certo punto, mi urlò, sconvolta:
- "Sì… così... Mi fai spaccare il cuore dal piacereeee... Entra, entrami dentro…".
Staccò il suo pube dalla mia bocca affamata, e mi ripeté ancora, quasi come una implorazione:
- "Per favore, ti voglio in fica…".
Quindi, appoggiò le chiappe sul ciglio del materasso – il resto era ancora occupato da quella cinghialotta di mia sorella e dalla vacca di Gertrud – e spalancò le gambe…

Era il segnale di "via libera"...
Per mia fortuna, non ebbi mai problemi di misure né di erezione, avevo infatti i miei bei 18 centimetri che mi permettevano di far felice Giorgia e tutte le altre, ma quella volta Manola decise di farmi un "regalo"...
Prese la sua borsetta, e da essa tirò fuori – raggiante – un "cockring" di silicone, uno di quegli anelli che si mettono alla base del pene per aumentare l'erezione e la durata.
Francamente, non mi aspettavo una cosa del genere, a me era bastata la vista del suo corpo e i primi accenni di petting per raggiungere uno stato di tutto rispetto, perciò le dissi – quasi offeso – guardandomi nelle mie parti basse:
- "Credi che così non sia abbastanza maschio?".
E lei, di rimando:
- "Sì, certo… Ma non è questo, è che voglio che mi sfondi alla grande... Vedrai, ti verrà come quello dei negri!".
A dire la verità, quell'idea mi aveva sempre eccitato da morire, ma poi con Giorgia – che preferiva sentirmi “al naturale” – non se ne era fatto mai nulla.

Accettai dunque, per farle piacere, quell'inutile "aiutino", e con l'aiuto di Manola lo calzai lungo l'asta, giù fino alle palle...
Era incredibile: mentre inizialmente mi sentii un po' impaurito per eventuali, possibili conseguenze, in poco tempo cominciai a sentirmelo diventare d'acciaio, pronto per soddisfare una donna insaziabile come doveva essere la spagnola.

Manola mi aspettava con le cosce spalancate, le mani sulle ginocchia, e le gambe flesse all'indietro.
Mi avvicinai al "paradiso", e con un sol colpo riuscii ad entrare di precisione, senza dover forzare eccessivamente. Fu un'esperienza fantastica, indimenticabile, e sentii il mio cazzo avvolto da un budello caldo, pulsante e bagnatissimo.
Si avvinghiò a me, incrociando le sue gambe dietro la mia schiena e stringendo forte, e cominciò a roteare il bacino in un movimento oscillatorio.
Mi fece sentire come se fisicamente fossimo davvero una cosa sola, con il mio uccello che scendeva dentro di lei in profondità e lei che gemeva ad ogni affondo...

Quell'anello era davvero efficace, tanto che non riuscivo a venire, e così Manola mi gettò sul letto, salì sopra di me e mi cavalcò a più non posso, come una indemoniata.
Non ci fu niente da fare: quel giorno avevo la resistenza di uno stallone, non riuscivo a venire e così fu lei a "chiudere i giochi": eiaculò con tale diffusione e potenza che pareva un idrante!

Alla fine, fui costretto ad uscire, ma non potevo rimanere in quelle condizioni, mi faceva un male cane e dovevo assolutamente liberarmi.
Così le dissi:
- "E se ti facessi anche il culo?".
Ma Manola fu categorica, lì dietro non c'era mai entrato nessuno, e lei aveva troppa paura...
Un pò deluso, accettai un pompino da manuale, che la donna mi fece, e finalmente le sborrai sopra – e soltanto sopra – il suo grosso culo...

7. E venne il giorno…

La soffitta del Dipartimento era diventata oramai il punto di ritrovo per i nostri "giochi" con Gertrud e Manola, le quali erano di fatto subentrate a tanti nostri coetanei e colleghi nelle lunghe serate hard.
Grazie anche alla loro premurosa intercessione, avevamo terminato con successo la sessione d'esami estiva, e fummo perciò ammessi entrambi – dal Consiglio di Facoltà – alle due settimane di campagna di scavo…
Per l’occasione, alloggiammo in un residence a Huaraz, in Perù, a 300 km dal centro abitato più vicino, nel cuore della foresta, e ciò favorì l’intrattenere rapporti più intimi, grazie ai quali quell'isolamento forzato fu meno pesante da sopportare.

Difatti, una sera, mentre eravamo nella nostra stanza a rilassarci, ci raggiunse tutta trafelata la professoressa Manola, la donna etero di mezza età che – come ricorderete – mi ero scopata a margine della "prima volta" di Giorgia con la lesbica.
Lei – abbigliata con una comunissima tuta da muratore, aperta sul davanti con una zip che le andava da sotto il collo giù fino alla spacca della fica –, non era riuscita a tenersi la bocca cucita, e si era lasciata andare a confidenze inopportune con gli altri ragazzi a proposito della nostra storia incestuosa, facendone così il morboso tema di discussione – quando, per qualche motivo, noi ci assentavamo – delle serate intorno al falò.
Tra costoro, oltre alla professoressa Gertrud – vestita con dei jeans e una semplice magliettina bianca e senza reggiseno – c’era anche il prof. Adriano, il Direttore del viaggio, un colosso di circa 65 anni, alto 1 metro e 89 per 90 kg, occhi chiari e quasi pelato ma con barba e baffi brizzolati; insomma, fisicamente ancora un bell’uomo, in piena forma anche se con un gran pancione e un corpo abbastanza peloso… che si vociferava fosse divorziato e assai scorbutico, ma soprattutto al centro di incontri di fuoco con le sue docenti e discenti…

Ebbene in quei giorni, io e mia sorella avevamo preso la consuetudine di creare delle situazioni “particolari”, casomai qualcuno ci avesse incautamente cercato senza preavviso...
Sì, è vero, sono geloso della mia Vita, ma se sono presente alle sue esibizioni saperla desiderata mi trasmette uno strano senso di eccitazione incontrollabile.
Percui, appunto quella sera arrivò Manola... Bussò, aprì la porta quel tanto che bastava per mettere dentro la testa, e ci disse:
- "Ragazzi, posso? Non sono sola...".
E infatti, non appena ricevette il nostro permesso per entrare, spalancò bene l'uscio e noi vedemmo comparire dietro di lei il Direttore...
La donna, scrutò morbosamente Giorgia in topless e mutandine e così, imbarazzata, riprese:
- "Il prof. Adriano vi vorrebbe parlare... Ehm, però vedo che forse è meglio se ripassiamo più tardi, quando sarete più comodi...".
Guardai mia sorella, e ravvisai nei suoi occhi un lampo diabolico, di sfida, e quindi fermai i due che stavano per andarsene:
- "Un momento, professoressa, per noi non c'è problema... Possiamo parlare qui, adesso...".
Li feci accomodare alla meglio, e osservai che il direttore aveva gli occhi calamitati sulle tettone di Giorgia. Se avesse potuto, se le sarebbe mangiate a mozzichi, le avrebbe fatto dei gran succhiotti ai capezzoloni e chissà cos'altro...
Furono le parole suadenti della mia femmina – che aveva capito tutto – a risvegliare l'uomo dal suo incanto.
Tentò una falsa giustificazione per lo stato in cui si trovava, con la sua splendida quinta misura che ondeggiava sotto gli occhi dei nostri ospiti:
- "Professore, mi vergogno di presentarmi così, ma le scottature non mi permettono di coprirmi... Marco, mi ha appena spalmato la crema...".
E a Manola, con fare malizioso:
- "Lei professoressa, invece, non si scandalizza, vero?".

Quel porco del Direttore era troppo eccitato da quella visione, e così lanciò uno sguardo impaziente verso la collega, la quale introdusse l'argomento, spiegando con tatto il perché eravamo stati scelti proprio noi per quel viaggio che era tanto ambito...
- "Ragazzi, siete abbastanza grandi e smaliziati per capire che non siete stati scelti per i vostri meriti… Vedete, Gertrud ed io non avevamo mai vissuto momenti tanto sensuali prima di conoscervi e di divertirci insieme per tutti questi mesi... Voi siete il sesso allo stato puro... E tu, Giorgia, non puoi sottrarti ai compiti propri di una troia... Ogni uomo, ma pure ogni donna, farebbero carte false per giacere con te... È come... Sì, è come una missione che ti è stata affidata dalla natura... Far avverare quei piccoli sogni immorali che ciascuno di noi tiene ben nascosti nel suo cervello...".

Mentre Manola parlava, a me stava salendo un moto di rabbia dentro, poiché sentivo messo alla prova, ancora una volta, il nostro legame.
Piano piano, allungai la mano – senza nemmeno guardare – verso mia sorella, e lei fece altrettanto verso di me, e in pochi istanti ci ritrovammo stretti così forte che le nostre mani erano diventate ceree.
Giorgia capì che era il momento di ribellarsi, prima che fosse troppo tardi... E rivolgendosi sempre alla donna chiarì quale fosse il nostro pensiero:
- "Guarda, Manola, ti ringrazio di tutti questi complimenti, ma il nostro destino, il nostro fine ultimo, è solo quello di appartenerci vicendevolmente, senza eccezioni... Tutto il resto, è stato e sarà solo un capriccio momentaneo... Certo, siamo stati bene con te e con Gertrud, però non me la sento di mettere in pericolo ciò che ho di più importante".
Io, mi sentii gelare il sangue dentro: da una parte ero orgoglioso di ciò che mia sorella aveva detto, ma sapevo che quei due – perché sentivo che anche il Direttore stava per chiederci qualcosa di inaccettabile – non si sarebbero arresi tanto facilmente.
E infatti, il prof. Angelo, ignorando completamente la mia presenza, si alzò e andò diretto verso Giorgia... Si leccò il dito indice, e giocherellò per un momento con i suoi capezzoli, li fece rientrare e poi li tirò a sé, e infine soppesò sul palmo della mano – facendole “rimbalzare” – prima una mammella e poi l'altra.
Afferrò con leggerezza le sue fantastiche maniglie dell’amore, e a questo punto fissò negli occhi mia sorella e sprezzante le spiegò:
- "Peccato, sa signorina... Ha grandi mezzi, e sarebbe un vero peccato vanificare tutto per uno stupido capriccio...".
E, con la più totale indifferenza, lanciò la bomba:
- "In fondo, sa cosa le avrei chiesto?, avrebbe dovuto solo aprire le cosce e lasciarsi coinvolgere...".
Si portò così vicino a lei che la ragazza riuscì a percepire il caldo afflato del suo respiro... Poi, con ancor più brutale schiettezza, e senza peli sulla lingua, esplicitò la sua tremenda pretesa:
- "Insomma, non faccia la schifiltosa, voglio scoparla, mia cara… Ma non solo, voglio regalarle tutta la mia potenza virile... Senza nessuna frapposizione, nessun profilattico...".
In poche parole, quel farabutto, voleva possedere mia sorella fino alla fine del proprio orgasmo, con la “ciliegina sulla torta” dell’ebbrezza che il rischio di fecondarla gli avrebbe donato...
Infine, l’avvertimento più estremo:
- "Certo, non posso obbligarla, sarebbe violenza carnale, e poi il suo fratellino non me lascerebbe fare… Ma se volete proseguire gli studi... Se si negasse, nemmeno le vostre scellerate amichette potrebbero intercedere...".

Manola si sentì infastidita, e noi due eravamo in trappola…
Io avrei volentieri rinunciato a tutto pur di respingere quello scempio, ma lei? Non potevo e non volevo infrangere i suoi sogni così a lungo cullati.
Non volevo lasciarla sola a decidere, ma mentre io così ragionavo Giorgia – che quando c’era da combattere e mercanteggiare era sempre in prima linea – rilanciò:
- "Professore, mi ascolti, prendere o lasciare... Nessuno mi ha mai eiaculato dentro se non Marco, ma le offro il culo... Mi inculi… Lì, potremo divertirci come e quanto vorrà... ma quello che ha chiesto, proprio non se ne parla... È roba di mio fratello!".
Il prof. Angelo rimase interdetto: non pensava che quella giovane gli avrebbe tenuto testa in quel modo… ma alla fine accetto l’affare.
In cambio, però, Giorgia pretese una cosa che sulle prime parve a tutti irrealizzabile: io, dovevo – in loro presenza – sodomizzare Gertrud!
Toccò a Manola l’arduo compito di convincere la collega – anche loro due avevano il terrore del Direttore, il quale volendo poteva farle licenziare seduta stante – e alla fine ci accordammo per ritrovarci lì, nella nostra stanza, la notte stessa…

8. Sodoma e Gomorra.

Come d’accordo, erano circa le 2 di notte quando sentimmo un ticchettio leggero ma deciso alla nostra porta.
Eravamo certi che fosse il prof. Angelo con quell’altra maiala della professoressa Gertrud.
Prima di aprire, abbracciai Giorgia e le dissi un’ultima volta:
- “Sei sicura di volerlo fare?”.
Ero preoccupato per lei, non avendo mai visto quanto grosso fosse l’attrezzo che quell’uomo aveva tra le gambe…
Ma lei ormai era decisa:
- “Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene… So come gestirlo”, mi rispose con un amorevole sorriso, sfiorandomi il volto.
Io allora, feci un respiro profondo ed andai ad aprire la porta.
Vidi un uomo e una donna che mi parvero davvero trasformati rispetto a come li conoscevano: per non perdere tempo, erano venuti da noi – rischiando di essere scoperti da qualche “sonnambulo” del gruppo – già preparati, completamente nudi e persino scalzi…

Anche noi, ovviamente, come “padroni di casa”, eravamo in costume adamitico, e dopo i primi istanti di impaccio, io richiusi l’uscio e ci avviammo al luogo del “sacrificio”.
Gertrud, si avvicinò a Giorgia e la ammirò in tutto il suo fascino giovanile: alta 1 metro e 70 x 90 kg, una carnagione bianchissima, formosa ma ben proporzionata la prima cosa che colpiva erano le sue belle tette toste, tendenti leggermente verso il basso e adornate da grandi areole scure e capezzoli belli turgidi.
Dei fianchi morbidi, una pancetta bella pronunciata, e una fica con un monte di venere pingue – “foderato” da un fitto pelo corvino – e un grazioso clitoride ingentilito da un anellino con diamante (regalato da me...) ne facevano una vera bomba sexy.
Infine, adatto allo scopo, mostrava un gran bel culo abbondante, sostenuto da cosce solide e ben tornite.

Ebbene, la prof le stampò un gran bacio sulle labbra, mentre il Direttore – smanioso di arrivare presto al dunque – le ordinò senza tanti complimenti:
- “Forza… Non perdere tempo… Alza le tapparelle e apri la finestra, che qui ci sarà parecchio da sudare…”.
E poi:
- “Bene… E ora mettiti a pecora, e appoggiati al davanzale che è proprio all’altezza giusta per fare quello che dovevano fare… E non fare storie…”.
Giorgia obbedì, incrociò le braccia afferrandole per i gomiti, e ci reclinò sopra il capo, di lato; poi spinse in fuori il suo grande sedere e divaricò leggermente le gambe…
Ma prima di consegnarsi al suo destino, ebbe la spontaneità di voltarsi a guardarlo, senza peraltro spostarsi dalla posizione che aveva assunta.
Ne rimase affascinata… Anche se con le movenze di un orco, c’era qualcosa in quell’uomo che la attraeva: anche se non più giovane, era ancora fisicamente un bell’uomo, in forma, alto 1 metro e 89 per 90 kg, un colosso con un gran pancione e un corpo peloso, un torace possente e braccia muscolose, quasi pelato, con barba e baffi brizzolati e delle grandi manone.
Ma quello che intimorì Giorgia fu constatare che tra le cosce aveva un uccello di tutto rispetto, occhio e croce più di 20 centimetri e molto largo, con una grossa vena pulsante e già in tiro.
Ad ogni modo, si disse:
- “Tranquilla, che ce la puoi fare…”.

Nel frattempo, io cominciai a dedicarmi a Gertrud, che la volta precedente avevo solo potuto ammirare, sia nel suo fascino che nelle sue “prestazioni”.
Devo dire, che era una tipa davvero entusiasmante: benché molto lontana dal mio canone di donna ideale, era alta 1,73 per 60 kg, con una terza di seno da innamorarsene, areole quasi invisibili e capezzoli duri. Inoltre, scendendo più giù, contemplai due fianchi sottili che “annunciavano” un interessante pancino piatto, e – di dietro – un culetto a mandolino che non passava certo inosservato. Per finire, mi sbattè in faccia un pelo bello curato e invitante, che rappresentava un corpo da far girare la testa.
Peccato (almeno, dal mio punto di vista) che era lesbica, anche se ben presto avrebbe fatto la conoscenza con il suo primo cazzo!

Intanto, noncurante del fatto che la donna era già indaffarata con me, il professor Adriano le urlò:
- “Vammi a prendere quella crema che abbiamo portato per allargare l’ano di questa vacca…”.
A quelle parole, ebbi un moto di gelosia, ma non volli rovinarle tutto sul più bello, dato che mi ero accorto che Giorgia – con il culo interamente esposto – stava cominciando a bagnarsi.
Ma il Direttore non se ne curò, impegnato com’era a lubrificarle il buchetto e lo sfintere. Anzi, comandò a mia sorella:
- “Cara la mia puttanella, adesso ti rilassi, ti tieni ben aperte quelle chiappone, e andiamo a cominciare… Ti infilerò tutta la mia mano in ano, fino a farti godere come non hai mai goduto in vita tua!”.
Giorgia aveva sempre temuto di prenderlo dietro, e infatti non era da molto che si era concessa anche a me, ma quell’essere così spregevole prese a spingerle dentro un dito, girandolo e rigirandolo, poi ne inserì un secondo ripetendo la stessa operazione; poi un terzo, e infine – visto quanto mia sorella fosse elastica di secondo canale – si addentrò nel retto con tutta la mano.
Giorgia prese a contorcersi dal piacere, ma al contempo lo scongiurò:
- “Fai piano… mi stai spaccando tutta…”.
E lui, sogghignando, le sussurrò all’orecchio:
- “Vedrai quando entrerò con il mio amico… allora sì che urlerai… Comunque, calmati… Tra non molto, sarò dentro di te fino al polso, e sentirai il mio braccio guizzare fino allo stomaco”.
Contemporaneamente, con l’altra mano si era spinto fino a strizzarle una tetta, pompandola ritmicamente e ricevendone una sensazione magnifica: i capezzoli, già grossi di loro, si erano gonfiati e induriti ancora di più, in una maniera incredibile… Prese a torcerli e a schiacciarli fino a farle male, ma stavolta Giorgia era troppo presa per protestare.
Sbavava come una vera vacca infoiata, e anch’io, guardandola stavo godendo…

Adriano ritenne essere giunto il momento per cui avevano “contrattato”: tirò fuori la mano dal suo culo di mia sorella, mostrandomi un buco enorme e oscenamente spalancato.
Voleva già entrare con il cazzo, ma si disse:
- “Ci vorrà del tempo prima che l’ano si richiuda... Adesso, ci sarebbe posto per una bella doppia anale!”.

Una volta che lo sfintere tornò ad assumere una dimensione accettabile, il prof riprese a stuzzicare l’ano con le sue dita – precedentemente inzuppate negli stessi umori di mia sorella –, puntò deciso il glande sul suo culo e – come un ariete – spinse con tutta la forza dei suoi reni.
La mia dolce metà – presa alla sprovvista, benché se lo aspettasse da un momento all’altro – non ebbe più la forza per opporsi, e lui penetrò il retto con tutta la cappella, fino a far passare anche la corona del glande senza alcuna resistenza; poi, facendo solo un’altra leggera pressione, scivolò completamente fino in fondo…
Quel porco, le aveva veramente squarciato l’intestino!
Stazionò in quella posizione per qualche minuto, giusto il tempo per far sì che quel canale si abituasse a quel nuovo “ospite”, dopo di che Adriano si gettò a capofitto a pompare sempre più velocemente, fino a quando non venne saturando il budello con tutto lo sperma che aveva nei testicoli.

Anche stavolta, Giorgia non si smentì, e mentre lui godeva dentro di lei, lei squirtò anche l’anima (è il suo modo invariabile di dire grazie), e il suo paradisiaco fluido cominciò ad erompere da sotto la porta lungo il corridoio della struttura…

Gertrud, da parte sua, rimase incantata alla vista di quello spettacolo: avrebbe voluto fare di mia sorella la sua tenera amante, l'aveva goduta tante volte che si immaginava di farne la sua onirica "sposa", ma realisticamente sapeva benissimo che era mia...
Così, mentre lei continuava a fissare inebetita le sue pingui forme, ed io stavo nutrendo la mia libidine ammirando la sua incredibile magrezza, mi alzai e da dietro le posai il mento sulla spalla destra, mentre con leggerezza le strinsi entrambe le mani sui fianchi.
Le sussurrai, tanto piano per non disturbarla:
- "Ti è piaciuto? Pensa a quello che potremo fare noi...".
La sentii trasalire, ma credo che in realtà Gertrud stesse aspettando da me proprio quel segnale...
Perciò, quando misi le mie mani a coppa sotto i suoi sensi e risalii su a stringere forte i suoi capezzoli che erano già al massimo della durezza e le stavano facendo male, la donna voltò il capo all'indietro e mi fece cenno di seguirla.
Mi portò al centro della stanza e si fermò ad osservare il mio uccello, si inginocchiò, lo accolse tra le sue labbra e cominciò a succhiarmelo.
Non volevo crederci: la stessa donna che aveva "giocato" con Giorgia e che si dichiarava lesbica convinta, adesso mi stava facendo un bocchino incredibile e mi aveva portato sulle soglie del piacere più assoluto...

Mi lasciai trasportare dalla situazione e le dissi:
- "Adesso basta, sei stata bravissima, ma ora voglio scomparti la fica!".
Lei, però, fu irremovibile, e mi rispose, con un gran sorriso:
- "No... Lì, no...".
Si alzò in piedi scostandosi di un passo da me, mi diede le spalle e divaricò le gambe all'estremo; poi, protese il busto in avanti, ed allungò le braccia fino a toccare con le dita a terra.
Fu allora che mi invitò a soddisfare le sue voglie:
- "Dai, sono tua...".
Solo allora capii cosa voleva veramente, e che quel rifiuto in realtà era per offrirmi ciò che sapeva essere il mio chiodo fisso.
In quella posa, si aprì al mio sguardo il suo sfintere già dilatato, che pulsava talmente dall'attesa che temetti potesse esplodere.
Mi avvicinai, e le allargai le natiche, e con la mia lingua le frizionai l'orifizio più piccino.
Gertrud, potè così avvertire la sensazione dell'aria fresca della notte che si insinuava nel suo retto, e sentì un incredibile bisogno di accogliermi nella sua cavità meno frequentata, benchè avesse un pò di timore non tanto per la lunghezza quanto per la larghezza del mio cazzo.

Senza darle il tempo di riflettere, le assestai una piccola botta e ficcai dentro, a stento, la punta della cappella, per poi – con un altro colpo più sicuro – far entrare tutto il glande.
Forse, fui un pò troppo irruento, visto che la donna ebbe come una percezione di essere accoltellata nell'intestino.
Le si bloccò il respiro, e quando si riprese mi urlò, tutta arrabbiata:
- "E che cazzo!, mi hai fatto male, così mi spacchi...".
Avvilito per quell'incidente, cacciai fuori quel poco di cazzo che era entrato e restai lì a contemplare la "strada" che avevo tracciato, per poi rientrare più in profondità nel corpo magrolino di Gertrud.
La quale, stavolta, si rallegrò:
- "Sei un maschio meraviglioso... Voglio essere tua fino alla fine...".
A quelle parole, mi entusiasmai fortemente, la arpionai stretta sui fianchi in cui sentii le ossa del bacino, e cominciai a pomparla, nel mentre che lei – sentendosi "imbottita" il budello dal mio membro – gemeva.
La buttai sulla battuta (per Gertrud, invece, avermi dentro non doveva essere per niente uno scherzo), e con il cazzo stritolato nell'ano le dissi beffando:
- "Troia, ma che stai facendo?, mi fai un pompino nel tuo buco nero?".
In realtà, fino ad allora ero entrato solamente per un piccolo tratto che già sentivo presentarsi un altro ostacolo: era come se, poco oltre l’imbocco, ci fosse un altro sfintere che stringeva e non mi faceva passare.
Per un errore di gioventù, persi la pazienza, mi sfilai di nuovo e subito con forza spinsi tutti i miei 18 centimetri dentro di lei, fino ad arrestarmi sbattendo le palle contro le sue chiappe...
La tedesca, ebbe ancora una volta la sorpresa di essere sventrata da un ariete, e si contorse tutta:
- "Stronzo, fermati, mi stai rompendo il culo...".
E io, quasi come per una inconscia "vendetta" per ciò che il prof aveva fatto alla mia sorellina, replicai:
- "Taci… Cosa credevi, che ti avrei fatto le carezze, porca maiala?".
Ormai ero pronto per sborrarle le interiora, e mi resi conto che anche Gertrud cominciava a manifestare delle forti contrazioni dei muscoli anali.
Volevo venirle più a fondo che potevo, e a un certo punto sentii il suo sfintere “avvitarsi” attorno al mio cazzo...
Per reazione, mi irrigidii e smisi di stantuffare, e prontamente iniziai a "sparare" una infinità di fiotti caldi.
Eravamo entrambi in estasi, e pure Gertrud ebbe – simultaneamente a me – il suo spettacolare orgasmo, che si concluse solo quando cessarono le ultime “lacrime” del mio piacere.
Infine, mi abbattei su di lei e ci addormentammo...

Erano le 5 del mattino quando, "alla chetichella", i prof – nudi come erano arrivati – se ne ritornarono, mentre io e Giorgia ci coricammo per un breve riposo.
Eravamo stanchi, sporchi, ma felici di ritrovarci, perché come sempre eravamo passati indenni attraverso l'ennesima prova...

9. Epilogo.

Dopo due settimane di sesso senza regole, rientrammo in Italia, ma quell'esperienza ci fece capire che la nostra carriera universitaria sarebbe finita lì.
La nostra "notorietà", infatti, ci stava portando a trascurare noi stessi, e ciò non andava bene.
Da quel giorno, non avemmo più notizie di Adriano, Gertrud e Manola, ma non ci mancarono affatto: l'incesto, infatti, era stata ed era una nostra libera e ponderata scelta, ma in quelle perversioni estreme non ci trovavamo a nostro agio...

FINE.
 

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