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- 39
Sofia Marelli era uno dei volti più amati della televisione italiana. Brillante, raffinata, capace di passare da un'intervista politica a una serata di gala senza mai perdere un grammo di autenticità. I suoi fan erano migliaia, forse milioni, e ogni giorno riceveva montagne di messaggi sui social. La maggior parte erano complimenti banali, richieste d’autografi, dichiarazioni di ammirazione innocua.
Una sera di primavera, però, accadde qualcosa di diverso.
Era da poco finita la diretta del suo talk-show. Le luci dello studio erano spente, il trucco si stava sciogliendo sul suo viso stanco. Sofia, come suo rito personale, si infilò nel taxi che la riportava a casa e aprì il telefono per svuotare la mente. Tra i tanti messaggi, uno attirò la sua attenzione.
Non era né scontato né troppo invadente. Un semplice:
"Buonasera Sofia. Non voglio disturbarti, ma ci tenevo a dirti che sei la mia compagnia anche nei momenti più intimi. Ti penso quando sono solo. Sei splendida, e mi fai sentire vivo."
Sofia abbassò il telefono per un attimo. Un leggero sorriso le sfiorò le labbra. Non era un messaggio volgare: c'era un certo rispetto, un imbarazzo velato nelle parole. C'era... sincerità.
Contro ogni prudenza, decise di rispondere.
"Grazie di avermelo detto con delicatezza. È curioso sapere di suscitare emozioni così... personali."
Premette "Invia" prima che potesse pentirsene.
Non dovette aspettare molto. Il ragazzo — si firmava semplicemente "Luca" — le rispose quasi subito.
"Non pensavo mi avresti mai risposto. Sei davvero come sembri in TV: gentile e vera. Scusami se sono stato indiscreto."
Sofia, ancora nel taxi che sobbalzava sui sampietrini, si trovò a riflettere. Quante volte le avevano fatto complimenti fasulli, adulazioni frettolose? Questo, invece, aveva avuto il coraggio di spogliarsi — non solo in senso fisico — e mostrarle qualcosa di genuino.
"Non è indiscrezione se è detto con rispetto." gli scrisse.
"Posso chiederti da quanto tempo mi segui?"
Luca raccontò che aveva iniziato a guardarla anni prima, per caso, in una trasmissione domenicale. La sua voce, disse, era "come una carezza che si trasforma in marea". Aveva sviluppato una sorta di attaccamento segreto, innocuo ma intenso. E sì, qualche volta, nei suoi momenti di solitudine più profonda, immaginava di sentire le sue parole bisbigliate nell'orecchio.
La conversazione proseguì per tutta la notte.
Sofia scoprì che Luca era un giovane uomo intelligente, appassionato di libri e cinema, molto diverso dall’immagine del fan ossessionato. I suoi messaggi non erano volgari: parlavano di desiderio ma anche di ammirazione, di sogni a occhi aperti, di quell'adorazione fragile che a volte si prova verso chi si vede solo da lontano.
In un momento di audacia — o forse di complicità — Sofia scrisse:
"E se ti dicessi che anche a me piace sapere di avere questo effetto su qualcuno?"
Seguì un lungo silenzio digitale. Poi, Luca rispose:
"Mi faresti sentire il ragazzo più fortunato del mondo, anche solo immaginandolo."
La notte era diventata quasi alba. Sofia spense il telefono infine, adagiandolo sul comodino, e si addormentò con un sorriso enigmatico sulle labbra.
Era una sensazione nuova per lei: l'idea di essere desiderata non solo per l'immagine pubblica, per il sorriso studiato o il vestito impeccabile, ma per qualcosa di più umano, più crudo. In quell'intimità virtuale, si sentiva finalmente reale.
E capì che, forse, anche lei aveva bisogno di essere immaginata così.
Una sera di primavera, però, accadde qualcosa di diverso.
Era da poco finita la diretta del suo talk-show. Le luci dello studio erano spente, il trucco si stava sciogliendo sul suo viso stanco. Sofia, come suo rito personale, si infilò nel taxi che la riportava a casa e aprì il telefono per svuotare la mente. Tra i tanti messaggi, uno attirò la sua attenzione.
Non era né scontato né troppo invadente. Un semplice:
"Buonasera Sofia. Non voglio disturbarti, ma ci tenevo a dirti che sei la mia compagnia anche nei momenti più intimi. Ti penso quando sono solo. Sei splendida, e mi fai sentire vivo."
Sofia abbassò il telefono per un attimo. Un leggero sorriso le sfiorò le labbra. Non era un messaggio volgare: c'era un certo rispetto, un imbarazzo velato nelle parole. C'era... sincerità.
Contro ogni prudenza, decise di rispondere.
"Grazie di avermelo detto con delicatezza. È curioso sapere di suscitare emozioni così... personali."
Premette "Invia" prima che potesse pentirsene.
Non dovette aspettare molto. Il ragazzo — si firmava semplicemente "Luca" — le rispose quasi subito.
"Non pensavo mi avresti mai risposto. Sei davvero come sembri in TV: gentile e vera. Scusami se sono stato indiscreto."
Sofia, ancora nel taxi che sobbalzava sui sampietrini, si trovò a riflettere. Quante volte le avevano fatto complimenti fasulli, adulazioni frettolose? Questo, invece, aveva avuto il coraggio di spogliarsi — non solo in senso fisico — e mostrarle qualcosa di genuino.
"Non è indiscrezione se è detto con rispetto." gli scrisse.
"Posso chiederti da quanto tempo mi segui?"
Luca raccontò che aveva iniziato a guardarla anni prima, per caso, in una trasmissione domenicale. La sua voce, disse, era "come una carezza che si trasforma in marea". Aveva sviluppato una sorta di attaccamento segreto, innocuo ma intenso. E sì, qualche volta, nei suoi momenti di solitudine più profonda, immaginava di sentire le sue parole bisbigliate nell'orecchio.
La conversazione proseguì per tutta la notte.
Sofia scoprì che Luca era un giovane uomo intelligente, appassionato di libri e cinema, molto diverso dall’immagine del fan ossessionato. I suoi messaggi non erano volgari: parlavano di desiderio ma anche di ammirazione, di sogni a occhi aperti, di quell'adorazione fragile che a volte si prova verso chi si vede solo da lontano.
In un momento di audacia — o forse di complicità — Sofia scrisse:
"E se ti dicessi che anche a me piace sapere di avere questo effetto su qualcuno?"
Seguì un lungo silenzio digitale. Poi, Luca rispose:
"Mi faresti sentire il ragazzo più fortunato del mondo, anche solo immaginandolo."
La notte era diventata quasi alba. Sofia spense il telefono infine, adagiandolo sul comodino, e si addormentò con un sorriso enigmatico sulle labbra.
Era una sensazione nuova per lei: l'idea di essere desiderata non solo per l'immagine pubblica, per il sorriso studiato o il vestito impeccabile, ma per qualcosa di più umano, più crudo. In quell'intimità virtuale, si sentiva finalmente reale.
E capì che, forse, anche lei aveva bisogno di essere immaginata così.