A settembre accettai il posto di lavoro offertomi da mr Osvaldo. Non fu una decisione semplice: in primis per il bel rapporto che era nato con Anna , che non volevo perderla ( le vacanze estive le venne a trascorrere da me...la presentai come la mia ragazza) che lavorando per lo stesso titolare l'idea che sicuramente qualche pettegolezzo di corridoio aziendale mi avrebbe reso "protagonista ". Mi venne offerto anche di vivere da loro ma di natura cerco sempre di essere autonomo (trovai un monolocale adatto a me è soprattutto al portafoglio).
Nuova vita, dunque.
Anna viveva con i genitori e ci vedevamo quotidianamente fuori dall' orario di lavoro: in azienda raramente dato che lei in amministrazione e io giù nel reparto. Non volle sapere mai se ci fosse stato occasione per me di tornare a letto con Ada: raramente frequentavo la villa ma in nessun caso ci fu occasione, neanche l'avessi cercata. Diversamente per lei che continuava a "soddisfare " il capo: lo sapevo fin dall'inizio a cosa andassi incontro. Lasciai al tempo di cambiare le cose.
Arrivò dicembre: Jessica (figlia di Osvaldo) si sarebbe sposata. Fui invitato anche io.
Vuolsi che , oltre come conoscente di famiglia nonché dipendente del boss, mi venne chiesto di aiutare nei preparativi del ricevimento nuziale, dato che come location venne scelta proprio la villa.
Il sabato mattina mi recai in villa: mi aprì Alvaro, poco più in là in giardino un ragazzo che non conoscevo intento a lavare con una canna delle sedie. Sulla porta di casa Ada che come mi notò, gridando il mio nome mi venne incontro: non era una giornata fredda, si stava bene nonostante fosse dicembre. Il maglione in plade che indossava rendevano le tette ancora più grosse. Mi presentò al ragazzo, che nel frattempo si avvicinò a noi al richiamo della signora: lui è Mario, figlio di Osvaldo, tornato per l'occasione del matrimonio della sorella: studente universitario della mia stessa età.
Chiesi disposizioni sul da farsi e ci mettemmo a lavoro per la festa che si sarebbe tenuta il giorno dopo.
Ci dividevamo i compiti, ognuno in autonomia: a me è Alvaro spettava di sistemare una serie di funghi sotto il tendone gigantesco riscaldare nel caso fosse stato freddo. Il pranzo si sarebbe tenutoli dentro.
Occorrevano altre sedie, Alvaro mi indirizzo' dove trovarle, mandandomici da solo perché lui impossibilitato per un problema al ginocchio che lo mettevano in crisi nell'affrontare le scale : su in soffitta della villa. Andai, con la speranza di affrontare Ada...magari per una ripassatina...
Entrai in villa: non c'era nessuno, tutto silenzio. Scale per salire al piano di sopra e altra scala che portava in mansarda/soffitto, accessibile aprendo una porta. Aprii e salii la scalinata buia ma c'era luce artificiale che proveniva da sopra...sentii delle voci: Ada e Mario era la dentro.
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Salii le scale fino al pianerottolo attivando la modalità felino: poco importava essere "scoperto", il problema di certo non era mio. Alla porta aperta dava a un locale, ambiente unico utilizzato come una sorta di magazzino: su di un lato fila accastonate di sedie che aspettavano me, mobili e bauli vari e in centro fila di lenzuola ad asciugare su corde tenute da una parete e un'altra tagliando la stanza a mo' di separe', oltre queste, all' angolo in fondo, uno grosso specchio rifletteva il lato opposto, non osservabile da dov' ero per via delle lenzuola stese, Mario a calzoni calati con Ada impegnata in un pompino. Nonostante l'acustica della stanza smorzata da le tante cianfrusaglie ammucchiate qua e là, si usciva chiaramente lo sciallaquare di saliva della porca intenta a sbocchinare il ragazzo.
"Cavolo...sei proprio brava con la bocca..."
"Dubitavi? Aspetta il resto..."
Per un attimo indietraggiai, mi appoggiai e pensai, sorridendo, tra me e me, come quella vacca non perde occasione di farsi impalare, era una vera e propria malattia.
Allungai il collo di nuovo all'interno, continuava a pomparlo: ero eccitato, sia per quello che per i ricordi.
Quando si staccò dal cazzo in tiro del ragazzo, Ada si rivolse verso un tavolo appoggiandocisi con i gomiti. Senza parlare, il ragazzo gli scoprì,quel tanto che serviva, il culo abbassandogli il leggins e le mutandine e la penetro'. Osservai per un po' fino a quando decisi di andare via.
Quando tornai sa Alvaro mi chiese delle sedie. "Dobbiamo pazientare...la mansarda è impegnata" gli dissi con filo di ironia. Mi guardò attonito immaginandosi cosa fosse successo.
Nuova vita, dunque.
Anna viveva con i genitori e ci vedevamo quotidianamente fuori dall' orario di lavoro: in azienda raramente dato che lei in amministrazione e io giù nel reparto. Non volle sapere mai se ci fosse stato occasione per me di tornare a letto con Ada: raramente frequentavo la villa ma in nessun caso ci fu occasione, neanche l'avessi cercata. Diversamente per lei che continuava a "soddisfare " il capo: lo sapevo fin dall'inizio a cosa andassi incontro. Lasciai al tempo di cambiare le cose.
Arrivò dicembre: Jessica (figlia di Osvaldo) si sarebbe sposata. Fui invitato anche io.
Vuolsi che , oltre come conoscente di famiglia nonché dipendente del boss, mi venne chiesto di aiutare nei preparativi del ricevimento nuziale, dato che come location venne scelta proprio la villa.
Il sabato mattina mi recai in villa: mi aprì Alvaro, poco più in là in giardino un ragazzo che non conoscevo intento a lavare con una canna delle sedie. Sulla porta di casa Ada che come mi notò, gridando il mio nome mi venne incontro: non era una giornata fredda, si stava bene nonostante fosse dicembre. Il maglione in plade che indossava rendevano le tette ancora più grosse. Mi presentò al ragazzo, che nel frattempo si avvicinò a noi al richiamo della signora: lui è Mario, figlio di Osvaldo, tornato per l'occasione del matrimonio della sorella: studente universitario della mia stessa età.
Chiesi disposizioni sul da farsi e ci mettemmo a lavoro per la festa che si sarebbe tenuta il giorno dopo.
Ci dividevamo i compiti, ognuno in autonomia: a me è Alvaro spettava di sistemare una serie di funghi sotto il tendone gigantesco riscaldare nel caso fosse stato freddo. Il pranzo si sarebbe tenutoli dentro.
Occorrevano altre sedie, Alvaro mi indirizzo' dove trovarle, mandandomici da solo perché lui impossibilitato per un problema al ginocchio che lo mettevano in crisi nell'affrontare le scale : su in soffitta della villa. Andai, con la speranza di affrontare Ada...magari per una ripassatina...
Entrai in villa: non c'era nessuno, tutto silenzio. Scale per salire al piano di sopra e altra scala che portava in mansarda/soffitto, accessibile aprendo una porta. Aprii e salii la scalinata buia ma c'era luce artificiale che proveniva da sopra...sentii delle voci: Ada e Mario era la dentro.
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Salii le scale fino al pianerottolo attivando la modalità felino: poco importava essere "scoperto", il problema di certo non era mio. Alla porta aperta dava a un locale, ambiente unico utilizzato come una sorta di magazzino: su di un lato fila accastonate di sedie che aspettavano me, mobili e bauli vari e in centro fila di lenzuola ad asciugare su corde tenute da una parete e un'altra tagliando la stanza a mo' di separe', oltre queste, all' angolo in fondo, uno grosso specchio rifletteva il lato opposto, non osservabile da dov' ero per via delle lenzuola stese, Mario a calzoni calati con Ada impegnata in un pompino. Nonostante l'acustica della stanza smorzata da le tante cianfrusaglie ammucchiate qua e là, si usciva chiaramente lo sciallaquare di saliva della porca intenta a sbocchinare il ragazzo.
"Cavolo...sei proprio brava con la bocca..."
"Dubitavi? Aspetta il resto..."
Per un attimo indietraggiai, mi appoggiai e pensai, sorridendo, tra me e me, come quella vacca non perde occasione di farsi impalare, era una vera e propria malattia.
Allungai il collo di nuovo all'interno, continuava a pomparlo: ero eccitato, sia per quello che per i ricordi.
Quando si staccò dal cazzo in tiro del ragazzo, Ada si rivolse verso un tavolo appoggiandocisi con i gomiti. Senza parlare, il ragazzo gli scoprì,quel tanto che serviva, il culo abbassandogli il leggins e le mutandine e la penetro'. Osservai per un po' fino a quando decisi di andare via.
Quando tornai sa Alvaro mi chiese delle sedie. "Dobbiamo pazientare...la mansarda è impegnata" gli dissi con filo di ironia. Mi guardò attonito immaginandosi cosa fosse successo.
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