nevermore

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Era una routine ormai consolidata da mesi, le mie domeniche mattina erano più o meno sempre uguali: sveglia leggermente più tardi del solito, un caffè al volo e poi scarpe da running ai piedi e un’oretta di corsa nel parco lungo il fiume. Con l’endorfina ancora a mille dopo l’attività fisica, il piacere di una bella doccia calda e poi di nuovo fuori, nella pasticceria vicino casa per gustarmi il mio unico sgarro settimanale.
La proprietaria era ormai abituata a vedermi arrivare e mi riservava sempre dei gran sorrisi, con quelle sue labbra perfettamente adornate da un rossetto color mattone. Francesca… una bella mora cinquantenne, in carne ma ancora molto desiderabile. Si dice sia stata la gioia di molti dei suoi clienti nelle notti in cui suo marito Fausto sgobbava nel retro del locale per preparare i suoi famosi bigné.
La salutai e mi limitai a chiederle il solito, mentre notavo come mi mangiasse con gli occhi mentre mi accomodavo nel mio tavolo preferito. In fondo, in modo da guardare bene le signore tutte ingioiellate e vestite bene per la messa delle 11 in duomo venire a prendere i dolci per allietare il pranzo domenicale.


Neanche il tempo di sedermi e, come un’apparizione, entrò dalla porta una donna. Bionda, capelli piastrati fino alle spalle, minuta. Un viso semplicemente meraviglioso, valorizzato al meglio da un trucco sapiente e non eccessivo. Ma, soprattutto, un abbigliamento ricercato, elegante e estremamente sensuale. Si vedeva che era abituata a comprare nelle migliori boutique. Non so come spiegarlo, ma al suo ingresso l’intero locale fu inondato dal suo magnetismo e dalla sua sensualità. Mi sorpresi a guardare con attenzione le sue gambe, lisce come seta e i suoi piedini calzati da bellissime scarpe lucide color avorio che le davano un buon 10 centimetri di altezza in più. Quasi senza rendermene conto, mi avvicinai al bancone con la scusa di cambiare il mio ordine. Mi misi di fianco a quella meravigliosa creatura. Solo esserle vicino e sentire il suo profumo mi causò un’erezione difficilmente nascondibile sotto la stoffa della tuta. Inavvertitamente (o, almeno, così credo sia apparso a tutti), la urtai con il gomito. Mi girai in modo che il mio pacco strusciasse contro le sue cosce e, con il più smagliante dei sorrisi, mi scusai. Mi sembrò infastidita ma, al tempo stesso, notai un leggero turbamento nel suo sguardo. Tornai al mio tavolo. “Francesca, mi scusi, ho cambiato idea. Mi porti pure il caffè e il bigné al tavolo”. La sua voce, possibilmente, era anche più sensuale del suo corpo.
Era ancora abbastanza presto e il locale era totalmente vuoto, ma la signora venne a sedersi nel tavolo di fronte al mio, dando le spalle all’ingresso. Mi fissava, aveva raccolto la sfida della seduzione.

Iniziò un gioco di sguardi che durò qualche minuto. La guardavo, lei ricambiava lo sguardo e si toccava collo e capelli con quelle mani curate, con smalto rosso. Fantasticavo su quanto sarebbe stato bello che avvolgessero il mio cazzo in una lentissima sega. Mi stava facendo impazzire, il cazzo faceva male da quanto premeva nel disperato tentativo di uscire dai boxer.
Mangiò quel bignè in una maniera quasi pornografica, quasi volesse dimostrare a qualcuno le sue abilità di risucchio. Mi diedi diversi pizzicotti sulla coscia per capire se stessi sognando. La guardai con ancor più intensità, cercando di trasmetterle tutta la mia voglia di possederla. Accavallava e scavallava le gambe in continuazione,facendo in modo che i miei occhi fossero incollati alle sue cosce… si capiva benissimo quanto fosse abituata a sedurre e farsi desiderare.
Dopo qualche minuto Iniziò il classico andirivieni della domenica mattina. La signora approfittò del momento in cui Francesca era distratta con un cliente per lanciarmi uno sguardo inequivocabile mentre si dirigeva verso i servizi. Mi guardai un secondo intorno per non dare nell’occhio e la seguii. C’era un unico bagno per uomini e donne alla fine di un corridoio lungo e stretto, nel quale il rumore dei suoi tacchi sul pavimento rimbombava come una danza erotica. Si girò, ancor prima di entrare nel bagno. Mi guardò, ancora una volta, con i suoi occhi magnetici e con un gesto repentino si infilò una mano sotto la gonna del suo tailleur color cipria. Si sfilò le mutandine bianche di pizzo e, dandomi nuovamente le spalle, entrò senza chiudere la porta. Quest’ultima mossa fece uscire allo scoperto il mio lato animale.

Entrai e chiusi a chiave. Senza dire una parola usai la mia stazza di ex rugbista per costringerla tra me e la porta. Lei ansimava piano. Le dissi: “la signora ha voglia di un servizietto al volo?”. Si alzò sulla punta dei piedi e mi sussurrò: “fottimi, ti prego”. Non me lo feci dire due volte. Le alzai la gonna e mi misi in ginocchio, quasi in adorazione delle sue gambe da dea. Le leccai avidamente, prima di passare alla sua figa profumata e totalmente depilata. Volevo lubrificarla per prepararla ma non ce ne fu bisogno, era bagnata come una cagna in calore. Continuava a inarcare la schiena, voleva prenderlo il prima possibile. Era ormai diventata una troia vogliosa di cazzo. La girai di schiena e mi tirai giù tuta e boxer e la infilai con un colpo secco. Il tremito delle sue gambe, che ormai arrancavano sui tacchi, mi annunciò il suo primo, immediato, orgasmo. Sapevo che non ci sarebbe stato molto tempo, quindi iniziai a pompare da subito al massimo quel corpo che si stava sciogliendo sotto i miei colpi vigorosi. Le misi due dita in bocca “taci troia o ci sentiranno tutti”. Mugolando, iniziò a leccare le mie dita come se fossero un secondo cazzo, mentre con il bacino assecondava la mia penetrazione. La situazione era troppo eccitante e in pochi minuti mi portò sulle soglie del piacere. Volevo possederla fino in fondo. Le ordinai di inginocchiarsi… fuori di sé dal piacere, la signora mi regalò un pompino degno della più esperta delle puttane… “e brava la signora, si vede che ne hai succhiati di cazzi”! in un attimo, la vidi sbottonare la sua bella camicetta bianca di seta, che con disinvoltura si fece cadere sui fianchi… “sborrami addosso ma fa attenzione a non sporcarmi, mio marito mi aspetta in chiesa”. Che troia… si stava facendo scopare nel cesso di un locale pubblico da un ragazzo che poteva essere suo figlio e la sua unica preoccupazione era di non sporcare la camicetta. “Non ti preoccupare, cagna” le dissi, mentre piantai per bene il cazzo nella sua bocca da troia. Tenendola ferma, iniziai a scoparle la bocca come se fosse una bambola gonfiabile e nel giro di qualche secondo le sue tonsille vennero inondate da cinque potentissimi schizzi di sborra. Senza fare una piega, la puttana ingoiò tutto e, da vera porca, mi concesse l’unico bacio del focoso amplesso. Dopo essersi ricomposta, mi porse le sue mutandine fradice di umori. Mi chiese di andare via e di non farmi trovare ancora nel locale quando lei avrebbe finito di rifarsi il trucco. E, con il trucco, l’onore.
 

ConteAndre

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1 Anno di Phica.net
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La contrapposizione signora per bene/disinibita cornificatrice senza onore che traspare dal racconto potrebbe essere eccitante, ma a mio parere la parte finale del racconto è stata un pò frettolosa, come se avessi voluto inserire troppi elementi in poco tempo. Ma tutto sommato si fa leggere, spero scriverai ancora.
 

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