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Un racconto breve, spin-off di Paolo e Francesca - dieci anni dopo, scritto tra una pausa e l’altra mentre mettevo mano ai ricordi.
Avviso in anticipo: non sarà molto lungo, prevedo due o tre capitoli al massimo.
Buona lettura!
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Paolo
Nelle nostre ricerche avevamo trovato una SPA con i servizi riservati in esclusiva per due o tre ore ai castelli (per inciso, inutile chiedere dove fosse e quale fosse: non esiste più).
Prenotai e godemmo della disponibilità di doccia con cromoterapia e bagno turco, sauna e idromassaggio. Fu un’esperienza piacevole, resa ancor più piacevole dai numerosi scambi di effusioni e dall’ora di buon sesso che ci regalammo.
Non saprei dire se fosse stato più il sesso o l’idromassaggio, ma uscimmo con la pressione talmente bassa che dovemmo fermarci ad una pizzeria a taglio in zona Anagnina per rifocillarci con mezza teglia di pizza in due!
L’esperienza fu talmente positiva e gratificante che provammo un’altra volta la settimana successiva. Questa volta a telefonare per riservare lo spazio fu Francesca che si mise d’accordo per un martedì pomeriggio alle 15:00.
Ci presentammo al desk dell’accettazione quel pomeriggio di una giornata uggiosa, novembrina, con il freddo umido che ti entra nelle ossa salendo dai piedi, ti copri per non aver freddo ma fa troppo caldo, sudi e ti raffreddi di nuovo, e maledici il tempo e il momento in cui ti sei alzato dal letto; insomma, una di quelle giornate di merda che capitano anche a Roma, fortunatamente non così di frequente.
Ci accolse sorridente la signorina che, riconoscendoci, ci fece un gran sorriso dicendoci “Bentornati signori!”.
In quel momento suona alla porta vetrata di ingresso un’altra coppia. La receptionist apre, osserva e le si gela lo sguardo. Capimmo che c’era un problema.
“Buongiorno!” disse anche a loro con molta gentilezza e con un tono che denotava una certa confidenza.
“Ma siete qui anche voi per la SPA riservata?” chiese loro.
“Si, abbiamo la prenotazione!” rispose la lei, una donna apparentemente di oltre 40 anni, molto giovanile, inguainata in un paio di leggins da palestra molto attillati indossati sotto una felpa oversize.
“Si, ma è per domani!” rispose la signorina.
“No! E’ per oggi! Ecco il vostro messaggio di conferma!” intervenne il lui, un uomo di circa 50 anni, un po’ sovrappeso, barbuto, catenazza d’oro a vista, pendant con il bracciale portato al medesimo polso su cui era un Submariner tutto oro con il quadrante blu. Tirò fuori il suo iPhone e dopo breve ricerca mostrò lo schermo con il messaggio.
“Ma dottore, sul SMS c’è scritto domani, mercoledì, vede? Oggi è martedì!” rispose la signorina, sollevata dal fatto di non essere in colpa e di aver apparentemente risolto la situazione.
Il “dottore” osservò meglio il messaggio, lo lesse e rilesse, controllò il calendario e, resosi conto del fatto di essere in errore, sembrava risoluto a prender atto della situazione e ad andar via quando ci chiese a brutto muso: “Quanto volete per cederci la vostra prenotazione? Voi tornate domani al posto mio ed io vi ripago la benzina ed il disturbo”.
Da un signore come lui, non potevamo attenderci di meno.
Stavo per replicare quando Francesca mi fermò e, guardandomi con dolcezza, mi disse: “Amore, permettimi, rispondo io al signore” calcando la voce sul “signore”.
“AH BRUTTO PEZZO DI MMERDA, CO’ CCHI CAZZO PENSI DI AVECCE A CCHE FFA??? SI NUN TE NE VAI, TE SMONTO DE SCHIAFFONI COME ER MECCANO CHE POI CE VO’ LA LAUREA PER RIMONTATTE!” proruppe tutto d’un fiato, guardandolo diritto negli occhi a brutto muso[1].
Il “dottore” sbarrò gli occhi, fece istintivamente un passo indietro e rispose con tono conciliante, quasi sommesso: “Scusi signora, non volevo mica offendere! È che veniamo da fuori Roma apposta e l’idea di rifare centocinquanta km in più tra oggi e domani un po’ mi rode”.
“Ma perché, scusi, da dove viene?” chiesi io.
“Da Terracina” rispose.
“Ah, vabbè!” pensai. “In effetti non è proprio dietro l’angolo. Io, in una condizione del genere cosa farei? Cercherei di risparmiarmi un altro viaggio!” continuai il mio muto ragionamento.
Il mio buon animo mi stava convincendo a non insistere, mollare ed andarcene altrove, ritornando effettivamente il giorno dopo, non per vigliaccheria, ma per il non volermi mettere a questionare.
In realtà la compagna del dottore, che fino a quel momento era rimasta indietro, sguardo a terra, visibilmente imbarazzata e comunque in atteggiamento di sottomissione alle decisioni altrui, prese la parola: “Amò, ma se ai signori je chiediamo se se la famo assieme sta sauna? Così dividemo pure la spesa in quattro!”. Certo, la pronuncia non era quella delle signore di Parioli (“Cava, ma sei poi andata assieme al Cicci dalla contessa a Capalbio?”), però il suo intervento era pacificatore, accomodante, gentile e basato sulla praticità della gente abituata a trattare con il denaro non proprio.
Guardai Francesca che aveva abbozzato un sorriso verso la ragazza: il tono era talmente conciliante che non si poteva certo volerle male.
Ragionai rapidamente.
Al di là del costo, un risparmio di un centinaio di euro in tutto, di certo perdevamo l’uso in esclusiva e quindi la nostra privacy, ma all’improvviso formulai un piano anche per quello.
Presi per il braccio Francesca, le feci il cenno di accettare e lasciai che portasse avanti lei la trattativa.
“Per noi va bene, se i signori sono d’accordo!” disse più alla receptionist che al suo dirimpettaio.
La signorina della reception non era molto convinta della parte economica, ma fu subito tacitata dal “dottore” che tirò fuori un rotolo di banconote e le disse “Aggiunga un massaggio anche ai signori, pago io!”. Alla vista delle banconote, la ragazza ebbe un flash, vidi i suoi occhi girare come i tamburi di una slot machine ed infine spalancarsi sprizzando $$$$!!! da tutti i pori.
Compulsò il giornaliero alla ricerca di spazi disponibili in quella prateria deserta che sembrava essere, vista dal mio lato, la lista degli appuntamenti giornalieri, ragionò un momento e disse:
“In effetti ci sarebbe un buco dalle 15:30 alle 16:30 e dalle 16:30 alle 17:30 per due sessioni di massaggio di coppia. Siete interessati anche voi, visto che avete la prenotazione per domani?” chiese la signorina all’altra coppia.
La donna annuì, chiedendo però mutua approvazione al suo compagno.
“Vabbè. Famose pure ‘sto massaggio!” acconsentì.
Francesca ed io eravamo già convinti: personalmente, l’idea di poter stare un’ora da soli mentre loro facevano il massaggio era quello che ci serviva, e non serviva il suo OK.
Accettammo il tutto e fummo accompagnati allo spogliatoio che altro non era che la stanza dei massaggi.
“Ma veramente…” interloquì Francesca rivolgendosi alla receptionist “…noi vorremmo poterci spogliare per conto nostro! E poi, ci dovreste fornire di mutandine perché noi non abbiamo portato i costumi sapendo che saremmo stati da soli” aggiunse.
La signorina trasalì al pensiero: una delle caratteristiche del riservare la SPA in maniera esclusiva era proprio la possibilità di poter stare nudi senza problemi, ed il doverla condividere con qualcuno sconosciuto implicava comunque problemi.
“Attenda un attimo, signora! Vado a chiedere alla manager”.
Ritornò dopo poco recando con sé quattro paia di mutandine di carta e due fasce copriseno.
Francesca ed io entrammo nel locale SPA e ci spogliammo. Poi aprii davanti a lei la bustina dello slip, lo tirai fuori, lo indossai e OPS!!!, mi resi conto che non mi avrebbe coperto assolutamente nulla. Non solo era una taglia che andava appena appena a Francesca, ma priva com’era di una qualsiasi concavità atta a contenere il mio apparato riproduttivo, mi esponeva del tutto. Inoltre già immaginavo, vista la consistenza del tessuto, che alla prima immersione in acqua sarebbe diventato pappa.
“Fra’, amore, forse abbiamo fatto male. Prepariamoci che dovremo di fatto stare nudi di fronte a loro – e questo non è un problema – e che purtroppo dovrai godere della efebica bellezza del “dottore” aggiunsi sottovoce.
Francesca annuì e mi mostrò la striscia copri seno che si era aperta sulla cucitura. “Non regge nulla. Chi se ne frega, non la metto” aggiunse, e gettò la striscia nel cestino.
“Frà, ma come faccio? Mi stringono da morire!” le dissi mostrandole lo slip che era totalmente aperto di lato e arrivava si e no alla plica sottopubica mentre dietro la T-string del perizoma riusciva a malapena ad uscire dal solco intra glutei.
E mentre cercavo di sistemarle, TAC! si spezza il fianchetto elastico proprio all’attaccatura della parte anteriore della mutanda.
“Che palle!” dissi scuotendo la testa.
Intanto, nel medesimo istante sentimmo dalla stanza a fianco, separata solo da una parete in vetro traslucido dalla nostra, l’altra coppia che stava confabulando.
“Amò, ma ‘ste cazzo di mutanne so’ da donna, me tirano tutto, nun se pozzono leva’?”
“Lo so amò, puro a ‘mme me vanno un po’ strette e guarda er reggitette: s’è slentato, nun me regge gnente. Io mo’ mm’oo torgo e sticazzi se me se vedono le tette, oh!”
“Si ma io che faccio? Guarda qui, se tiro su…“ TAC! “…o porco zzio, s’è rotta, porcoqqui!!!” …
Risata da parte nostra.
“Signori, scusate, siamo anche noi nelle stesse condizioni. Non credo che riusciremo a risolvere, visto che la qualità della biancheria monouso è questa. Quindi, o ci teniamo la nostra biancheria, oppure dobbiamo stare senza, e …amen!” dissi parlando attraverso la parete separatoria.
“Ah perchè s’è rotta pure a voi?” chiese la signora.
“Si signora, io mi tolgo tutto e così pure il mio fidanzato!” rispose Francesca con decisione, mentre mi strappava il perizoma dalle mani per gettarlo nel cestino assieme alla striscia copriseno.
“Ah, allora facciamo così pure noi, ve spiace?” ribattè la signora, con voce un po’ incerta che evidenziava un certo imbarazzo.
“E che dobbiamo fare, signora mia? O così o con le mutande nostre: ma io ‘sto coso non lo sopporto!” concluse la mia fidanzata.
“Allora arriviamo! Possiamo?” ci chiese.
“Quando volete” risposi io.
Francesca ed io ci coprimmo con il telo ma senza mettere nulla sotto.
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[1] Ricordo ai miei lettori che Francesca era nata e cresciuta al Quarticciolo, tristemente noto quartiere di Roma per l’omonima banda criminale diretta organizzata e diretta da Giuseppe Albano, detto il “Gobbo del Quarticciolo”
Avviso in anticipo: non sarà molto lungo, prevedo due o tre capitoli al massimo.
Buona lettura!
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Paolo
Castelli romani, un giorno di novembre del 2014.
Francesca ed io, alla ricerca di un posto dove poter consumare la nostra passione lontani dalle mura di casa, eravamo capitati in una SPA di un noto albergo romano. L’idea di fare una sauna, di passare qualche tempo in un idromassaggio, di stare distesi a rilassarci e di avere un sontuoso massaggio di coppia ci aveva entusiasmato al punto di volerlo provare al più presto.Nelle nostre ricerche avevamo trovato una SPA con i servizi riservati in esclusiva per due o tre ore ai castelli (per inciso, inutile chiedere dove fosse e quale fosse: non esiste più).
Prenotai e godemmo della disponibilità di doccia con cromoterapia e bagno turco, sauna e idromassaggio. Fu un’esperienza piacevole, resa ancor più piacevole dai numerosi scambi di effusioni e dall’ora di buon sesso che ci regalammo.
Non saprei dire se fosse stato più il sesso o l’idromassaggio, ma uscimmo con la pressione talmente bassa che dovemmo fermarci ad una pizzeria a taglio in zona Anagnina per rifocillarci con mezza teglia di pizza in due!
L’esperienza fu talmente positiva e gratificante che provammo un’altra volta la settimana successiva. Questa volta a telefonare per riservare lo spazio fu Francesca che si mise d’accordo per un martedì pomeriggio alle 15:00.
Ci presentammo al desk dell’accettazione quel pomeriggio di una giornata uggiosa, novembrina, con il freddo umido che ti entra nelle ossa salendo dai piedi, ti copri per non aver freddo ma fa troppo caldo, sudi e ti raffreddi di nuovo, e maledici il tempo e il momento in cui ti sei alzato dal letto; insomma, una di quelle giornate di merda che capitano anche a Roma, fortunatamente non così di frequente.
Ci accolse sorridente la signorina che, riconoscendoci, ci fece un gran sorriso dicendoci “Bentornati signori!”.
In quel momento suona alla porta vetrata di ingresso un’altra coppia. La receptionist apre, osserva e le si gela lo sguardo. Capimmo che c’era un problema.
“Buongiorno!” disse anche a loro con molta gentilezza e con un tono che denotava una certa confidenza.
“Ma siete qui anche voi per la SPA riservata?” chiese loro.
“Si, abbiamo la prenotazione!” rispose la lei, una donna apparentemente di oltre 40 anni, molto giovanile, inguainata in un paio di leggins da palestra molto attillati indossati sotto una felpa oversize.
“Si, ma è per domani!” rispose la signorina.
“No! E’ per oggi! Ecco il vostro messaggio di conferma!” intervenne il lui, un uomo di circa 50 anni, un po’ sovrappeso, barbuto, catenazza d’oro a vista, pendant con il bracciale portato al medesimo polso su cui era un Submariner tutto oro con il quadrante blu. Tirò fuori il suo iPhone e dopo breve ricerca mostrò lo schermo con il messaggio.
“Ma dottore, sul SMS c’è scritto domani, mercoledì, vede? Oggi è martedì!” rispose la signorina, sollevata dal fatto di non essere in colpa e di aver apparentemente risolto la situazione.
Il “dottore” osservò meglio il messaggio, lo lesse e rilesse, controllò il calendario e, resosi conto del fatto di essere in errore, sembrava risoluto a prender atto della situazione e ad andar via quando ci chiese a brutto muso: “Quanto volete per cederci la vostra prenotazione? Voi tornate domani al posto mio ed io vi ripago la benzina ed il disturbo”.
Da un signore come lui, non potevamo attenderci di meno.
Stavo per replicare quando Francesca mi fermò e, guardandomi con dolcezza, mi disse: “Amore, permettimi, rispondo io al signore” calcando la voce sul “signore”.
“AH BRUTTO PEZZO DI MMERDA, CO’ CCHI CAZZO PENSI DI AVECCE A CCHE FFA??? SI NUN TE NE VAI, TE SMONTO DE SCHIAFFONI COME ER MECCANO CHE POI CE VO’ LA LAUREA PER RIMONTATTE!” proruppe tutto d’un fiato, guardandolo diritto negli occhi a brutto muso[1].
Il “dottore” sbarrò gli occhi, fece istintivamente un passo indietro e rispose con tono conciliante, quasi sommesso: “Scusi signora, non volevo mica offendere! È che veniamo da fuori Roma apposta e l’idea di rifare centocinquanta km in più tra oggi e domani un po’ mi rode”.
“Ma perché, scusi, da dove viene?” chiesi io.
“Da Terracina” rispose.
“Ah, vabbè!” pensai. “In effetti non è proprio dietro l’angolo. Io, in una condizione del genere cosa farei? Cercherei di risparmiarmi un altro viaggio!” continuai il mio muto ragionamento.
Il mio buon animo mi stava convincendo a non insistere, mollare ed andarcene altrove, ritornando effettivamente il giorno dopo, non per vigliaccheria, ma per il non volermi mettere a questionare.
In realtà la compagna del dottore, che fino a quel momento era rimasta indietro, sguardo a terra, visibilmente imbarazzata e comunque in atteggiamento di sottomissione alle decisioni altrui, prese la parola: “Amò, ma se ai signori je chiediamo se se la famo assieme sta sauna? Così dividemo pure la spesa in quattro!”. Certo, la pronuncia non era quella delle signore di Parioli (“Cava, ma sei poi andata assieme al Cicci dalla contessa a Capalbio?”), però il suo intervento era pacificatore, accomodante, gentile e basato sulla praticità della gente abituata a trattare con il denaro non proprio.
Guardai Francesca che aveva abbozzato un sorriso verso la ragazza: il tono era talmente conciliante che non si poteva certo volerle male.
Ragionai rapidamente.
Al di là del costo, un risparmio di un centinaio di euro in tutto, di certo perdevamo l’uso in esclusiva e quindi la nostra privacy, ma all’improvviso formulai un piano anche per quello.
Presi per il braccio Francesca, le feci il cenno di accettare e lasciai che portasse avanti lei la trattativa.
“Per noi va bene, se i signori sono d’accordo!” disse più alla receptionist che al suo dirimpettaio.
La signorina della reception non era molto convinta della parte economica, ma fu subito tacitata dal “dottore” che tirò fuori un rotolo di banconote e le disse “Aggiunga un massaggio anche ai signori, pago io!”. Alla vista delle banconote, la ragazza ebbe un flash, vidi i suoi occhi girare come i tamburi di una slot machine ed infine spalancarsi sprizzando $$$$!!! da tutti i pori.
Compulsò il giornaliero alla ricerca di spazi disponibili in quella prateria deserta che sembrava essere, vista dal mio lato, la lista degli appuntamenti giornalieri, ragionò un momento e disse:
“In effetti ci sarebbe un buco dalle 15:30 alle 16:30 e dalle 16:30 alle 17:30 per due sessioni di massaggio di coppia. Siete interessati anche voi, visto che avete la prenotazione per domani?” chiese la signorina all’altra coppia.
La donna annuì, chiedendo però mutua approvazione al suo compagno.
“Vabbè. Famose pure ‘sto massaggio!” acconsentì.
Francesca ed io eravamo già convinti: personalmente, l’idea di poter stare un’ora da soli mentre loro facevano il massaggio era quello che ci serviva, e non serviva il suo OK.
Accettammo il tutto e fummo accompagnati allo spogliatoio che altro non era che la stanza dei massaggi.
“Ma veramente…” interloquì Francesca rivolgendosi alla receptionist “…noi vorremmo poterci spogliare per conto nostro! E poi, ci dovreste fornire di mutandine perché noi non abbiamo portato i costumi sapendo che saremmo stati da soli” aggiunse.
La signorina trasalì al pensiero: una delle caratteristiche del riservare la SPA in maniera esclusiva era proprio la possibilità di poter stare nudi senza problemi, ed il doverla condividere con qualcuno sconosciuto implicava comunque problemi.
“Attenda un attimo, signora! Vado a chiedere alla manager”.
Ritornò dopo poco recando con sé quattro paia di mutandine di carta e due fasce copriseno.
Francesca ed io entrammo nel locale SPA e ci spogliammo. Poi aprii davanti a lei la bustina dello slip, lo tirai fuori, lo indossai e OPS!!!, mi resi conto che non mi avrebbe coperto assolutamente nulla. Non solo era una taglia che andava appena appena a Francesca, ma priva com’era di una qualsiasi concavità atta a contenere il mio apparato riproduttivo, mi esponeva del tutto. Inoltre già immaginavo, vista la consistenza del tessuto, che alla prima immersione in acqua sarebbe diventato pappa.
“Fra’, amore, forse abbiamo fatto male. Prepariamoci che dovremo di fatto stare nudi di fronte a loro – e questo non è un problema – e che purtroppo dovrai godere della efebica bellezza del “dottore” aggiunsi sottovoce.
Francesca annuì e mi mostrò la striscia copri seno che si era aperta sulla cucitura. “Non regge nulla. Chi se ne frega, non la metto” aggiunse, e gettò la striscia nel cestino.
“Frà, ma come faccio? Mi stringono da morire!” le dissi mostrandole lo slip che era totalmente aperto di lato e arrivava si e no alla plica sottopubica mentre dietro la T-string del perizoma riusciva a malapena ad uscire dal solco intra glutei.
E mentre cercavo di sistemarle, TAC! si spezza il fianchetto elastico proprio all’attaccatura della parte anteriore della mutanda.
“Che palle!” dissi scuotendo la testa.
Intanto, nel medesimo istante sentimmo dalla stanza a fianco, separata solo da una parete in vetro traslucido dalla nostra, l’altra coppia che stava confabulando.
“Amò, ma ‘ste cazzo di mutanne so’ da donna, me tirano tutto, nun se pozzono leva’?”
“Lo so amò, puro a ‘mme me vanno un po’ strette e guarda er reggitette: s’è slentato, nun me regge gnente. Io mo’ mm’oo torgo e sticazzi se me se vedono le tette, oh!”
“Si ma io che faccio? Guarda qui, se tiro su…“ TAC! “…o porco zzio, s’è rotta, porcoqqui!!!” …
Risata da parte nostra.
“Signori, scusate, siamo anche noi nelle stesse condizioni. Non credo che riusciremo a risolvere, visto che la qualità della biancheria monouso è questa. Quindi, o ci teniamo la nostra biancheria, oppure dobbiamo stare senza, e …amen!” dissi parlando attraverso la parete separatoria.
“Ah perchè s’è rotta pure a voi?” chiese la signora.
“Si signora, io mi tolgo tutto e così pure il mio fidanzato!” rispose Francesca con decisione, mentre mi strappava il perizoma dalle mani per gettarlo nel cestino assieme alla striscia copriseno.
“Ah, allora facciamo così pure noi, ve spiace?” ribattè la signora, con voce un po’ incerta che evidenziava un certo imbarazzo.
“E che dobbiamo fare, signora mia? O così o con le mutande nostre: ma io ‘sto coso non lo sopporto!” concluse la mia fidanzata.
“Allora arriviamo! Possiamo?” ci chiese.
“Quando volete” risposi io.
Francesca ed io ci coprimmo con il telo ma senza mettere nulla sotto.
====================================================================================
[1] Ricordo ai miei lettori che Francesca era nata e cresciuta al Quarticciolo, tristemente noto quartiere di Roma per l’omonima banda criminale diretta organizzata e diretta da Giuseppe Albano, detto il “Gobbo del Quarticciolo”
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