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ok.............Dubbi sì ogni tanto, ma mi sono sempre fidato molto di lei
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ok.............Dubbi sì ogni tanto, ma mi sono sempre fidato molto di lei
Tutto ok grazie, nei prossimi giorni porterò un nuovo episodio.Ciao tutto bene?
Non vediamo l'oraTutto ok grazie, nei prossimi giorni porterò un nuovo episodio.
Stavolta è stata davvero porca Azzurra chi sa se fabio ha capito qualcosaScusate per la lunga assenza. Ritorno con un nuovo episodio che sarà anche il penultimo di questi vissuti con la mia ex ragazza.
---
10. Compleanno in biblioteca
Azzurra aveva da poco ricominciato a studiare per conseguire la laurea magistrale. Da qualche tempo, nella sua zona, era nata una piccola biblioteca di quartiere dove chiunque poteva recarsi a studiare o lavorare. Lei, essendo molto coinvolta nelle attività sociali, era tra le responsabili di quel posto. Io, al tempo, non lavoravo ancora a tempo pieno ma seguivo qualche piccolo cliente da freelance mentre stavo finendo di studiare per un master.
Era il giorno del mio compleanno ed Azzurra era in biblioteca a studiare mentre io avevo un paio d’ore libere per rivedere qualche appunto prima di andare da un cliente.
“Amore, perché non passi in biblioteca? Così ti faccio anche gli auguri.” – mi propose.
Arrivai in biblioteca e salutai due ragazzi che erano intenti a studiare, chini sui libri, con la scrivania cosparsa di evidenziatori fluo e fogliacci e fotocopie vaganti. Mi avvicinai al tavolo dov’era seduta Azzurra e le diedi un bacio, lei mi abbracciò e mi accarezzò la schiena. Mi sedetti accanto a lei ed accesi il mio pc per iniziare a fare le mie cose.
La biblioteca si strutturava su due piani differenti: al pianterreno – quello dove eravamo a studiare – c’erano diverse sale studio open space, un paio delle quali delimitate da muri a mezza altezza in cartongesso, ed un angolo con libreria ed un paio di poltrone, oltre ad una TV, un proiettore ed una macchinetta del caffè.
Delle scale portavano poi al piano inferiore, un ampio spazio ancora da sistemare, nel quale c’erano tavoli sgangherati, sedie piuttosto datate, un biliardino – arrugginito ma funzionante – ed un tavolo da ping pong chiuso e buttato in un angolo, dal funzionamento dubbio. In fondo alla sala, un angolo con un paio di divani infeltriti e malconci sotto ad una piccola finestra dalla quale filtravano le ombre dei piedi dei passanti, ed un piccolo bagno.
Trascorse quasi un’ora, nella quale cerca di lavorare, o almeno facevo finta. In realtà, le mie mani sfioravano spesso quelle di Azzurra ed il mio sguardo si incrociava più volte con il suo. Era vestita semplice, ma in un modo che a me intrigava molto, stile college americano: un maglioncino color petrolio lasciava uscire solo il colletto e i polsini di una camicetta di un bianco sporcato di cielo, ed una gonna di lana a pieghe, anch’essa color petrolio, completava la sua mise, lasciando intravedere dal ginocchio in giù delle calze color carne.
Prima uno e poi l’altro, in neanche cinque minuti i ragazzi che stavano studiando in sala se ne andarono, e io ed Azzurra rimanemmo soli. Sinceramente, non avevo quelle mire – o meglio, le avevo sì ogni volta che ero con lei – perché ero concentrato sullo studio; in aggiunta a ciò, mi sembrava un luogo troppo rischioso per consumare, seppur fossi un amante delle sveltine fatte di nascosto.
Ma dopo solo qualche giro di lancetta, Azzurra cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta passeggiando per la sala, poi venne da me e si chinò per darmi un bacio.
“Vieni…” – mi disse prendendomi la mano.
Mi lasciai guidare dalle sue dita affusolate e la seguii nel seminterrato. Ero eccitato ed anche incredulo; l’ambiente – in verità – non era il massimo, ed assomigliava ad una vecchia cantina abbandonata. Azzurra, però, rese tutto migliore. Portò le mani dietro al mio collo e mi tirò a sé iniziandomi a baciare. Tutto cominciò lentamente a riprendere colore ed anche quel buio sottoscala non sembrava più così angusto.
Piano piano mi spinse verso una parete, poi i suoi baci cominciarono a viaggiare verso sud fino a che si ritrovò inginocchiata di fronte a me. Mi slacciò la cintura con un colpo netto, poi mi guardò ammiccante.
“Auguri amore mio!” – sussurrò mentre la sua mano destra tastava già il rigonfiamento dei miei boxer.
Una leccatina al glande fu l’antipasto, che mi gustai occhi al cielo – o meglio, occhi ai tasselli di polistirolo malconcio che ornavano il soffitto. Poi si dedicò all’asta, passando la sua lingua calda su tutta la lunghezza mentre una mano mi accarezzava delicatamente le palle.
Mi godetti qualche minuto di quel bendidio, poi – giustamente – Azzurra decise che voleva anche lei la sua parte; così si alzò, si asciugò la bocca con la manica del maglione, mi diede un altro paio di baci e mi riprese per mano accompagnandomi verso una delle poche sedie ancora intatte e capaci di reggere il peso di entrambi.
Senza proferire parola, mi spinse sul pianale di paglia intrecciata, poi si chinò davanti a me dandomi le spalle, alzandosi la gonna e calandosi calze e mutandine. Avevo la visione del suo culo tondo che si avvicinava – voglioso e ricambiato – al mio cazzo. Con le gambe unite, Azzurra indietreggiò verso il mio membro più che pronto e si sedette facendolo sparire dentro di lei.
Il suo sedere si muoveva ritmicamente sopra di me a mo’ di squat, con lei piegata in avanti con le mani sulle mie ginocchia. Io la abbracciavo e le baciavo la schiena – seppur col maglione – godendomi la scena che avevo davanti e palpando con forza i suoi glutei pieni.
Un suono metallico di chiavi interruppe la magia del momento. Sia io che Azzurra rimanemmo immobili, pietrificati, anche perché non c’era nessuna porta che divideva il pianterreno dal seminterrato; chiunque semplicemente arrivando all’imbocco delle scale ed affacciandosi ci avrebbe visto.
“Ma non avevi chiuso la porta a chiave?” – le chiesi con voce bassa e strozzata.
Lei mi guardò con l’aria di una che era stata colta sul fatto, ma cercò di dissimulare.
“S…sì…” – rispose con poca voce e poca convinzione.
“Sei sicura?” – insistetti io cominciandomi ad agitare.
Mi fece segno di sì con la testa, poi si portò l’indice davanti alla bocca intimandomi di fare silenzio.
Si sentì il tonfo chiaro e forte del portone che si chiudeva ed uno scricchiolio di passi in lontananza.
“Azzu?” – chiamò una voce maschile dal piano di sopra.
Il terrore si dipinse nei miei occhi che fissavano quelli di Azzurra spauriti, mentre ero preso dal panico. Le si alzò in fretta e furia e rispose alla voce, mentre bruscamente si tirò su calze e slip.
“Hey, sono qui.” – disse, mentre mi faceva ampi cenni di andarmi a chiudere nel bagno. Io ero riluttante, cercavo di rivestirmi, ma nella concitazione del momento dovetti accettare quella scelta; mi spinse fino a dentro la toilette, fulminandomi con lo sguardo.
Rinchiuso in quel bagno freddo e buio, cercai di distinguere i discorsi che intercorrevano tra Azzurra ed il ragazzo che era entrato.
“Ah, quindi ci sei tu stamattina?”
“Sì, ero di turno, ho fatto cambio con Valentina, non te l’ha detto?”
“Ok, io mi ero dimenticato un libro qui ieri,” – continuò il ragazzo – “ma che stavi facendo?”
“Niente, stavo sistemando una cosa qui sotto.” – rispose Azzurra con tono poco convinto.
Sentii il volume della voce del ragazzo aumentare, segno che si stava avvicinando alle scale.
“Se ti serve una mano, io…”
“No, no, no, no, non preoccuparti,” – disse ancora lei, cominciando a salire le scale – “è tutto a posto, anzi ora torno su a studiare.”
Nel frattempo, nella semioscurità di quel bagno anch’esso malconcio, tremavo – sia per il freddo umido che per la tensione di essere scoperto. Forse non ci sarebbe stato niente di male, ma ormai la situazione era piuttosto compromessa; quindi, non mi sembrava il migliore degli epiloghi.
Riconobbi il suono della macchinetta del caffè. Andrà per le lunghe qui, pensai. Restai in ascolto della loro chiacchierata per qualche altro minuto, senza riuscire a distinguere nitidamente le parole. Tra l’altro, non potevo avvisare né scrivere in nessun modo ad Azzurra perché lì sotto il cellulare non prendeva.
Finalmente, sentii la porta d’ingresso richiudersi. Poi, un silenzio inquietante. E ancora, un rumore di piedi che scendevano le scale e si avvicinavano a me. Non avevo idea di cosa fosse successo e non sapevo cosa aspettarmi. Raggelai, perché ancora non avevo risentito la voce di Azzurra.
Toc-toc. Qualcuno bussò alla porta. Sono fottuto, pensai. Rimasi impietrito.
“Occupato!” – risposi poi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Amore, Fabio è andato via, esci pure.” – disse candidamente Azzurra.
“Ma sei matta?” – esclamai stizzito ma tranquillizzato – “Potevi dirmelo prima invece di arrivare in silenzio e di soppiatto fino a qui!”
Scoppiò a ridere e ci abbracciammo. In men che non si dica, piegai la testa di lato e le mie labbra finirono nuovamente sul suo collo morbido.
Stavolta ci spostammo su uno dei divani, anche se non era il massimo dell’igiene e probabilmente neanche della pulizia; ma era quantomeno più comodo della sedia sgangherata sulla quale eravamo prima, oppure dell’eventualità di stare in piedi.
Mi sedetti sul cuscino infeltrito e piuttosto duro color ocra scolorito, Azzurra si tolse anche le scarpe e si sfilò, stavolta del tutto, calze e mutandine, lasciandosi addosso solo la gonna che copriva come un sipario lo spettacolo del nostro amplesso.
Eravamo faccia a faccia; si sfilò il maglione, ed io mi fiondai subito sui bottoni della sua camicetta, aprendoli frettolosamente per immergermi in mezzo ai suoi seni.
Per sfogare lo spavento appena passato, ripresi con un ritmo piuttosto forsennato, tanto che Azzurra si piegò in avanti su di me, gemendo, mentre mi dava dei piccoli baci sul collo che avevo ormai bordeaux per l’eccitazione.
Le presi le mani, e le strinsi; mi piegai all’indietro, poggiando la testa contro il muro e lei seguì il mio movimento. Sentivo il suo calore e la sua umidità pulsare attorno al mio membro granitico e cominciavo a percepire lo stimolo dell’orgasmo.
I suoi gemiti cominciarono a crescere, il suo respiro si fece corto ed affannoso, il ritmo aumentava sempre di più. Cercai di trattenermi il più possibile per regalare anche a lei un orgasmo. Inarcò la schiena all’indietro e poi crollò in avanti su di me, dopo aver raggiunto l’apice del piacere.
Fino a quel punto era stato un compleanno degno di nota ma volevo concludere in bellezza, finendo dentro di lei, cosa che mi aveva concesso solo un’altra volta fino a quel momento.
“Tra poco vengo!” – ansimai grondante di sudore.
Lei fece quasi per sfilarsi da me, ma la fermai prendendola per i fianchi e sbattendola ancora più forte su di me.
“Amore, che fai?” – sussurrò.
“Vengo…vengo dentro.” – ribadii con un filo di voce.
Azzurra acconsentì ed assecondò il mio movimento, fino a che l’ultimo dei tonfi delle nostre pelli che sbattevano l’una contro l’altra sancì il culmine del mio piacere. Tre, quattro, cinque fiotti. Non ho idea di quanti fossero ma mi prosciugarono letteralmente.
Esaurita anche l’ultima gittata, con un po’ sperma che inevitabilmente colò lungo tutta la mia asta e anche sul mio addome e sul mio inguine, mi allungai verso i pantaloni che avevo buttato su un bracciolo per prendere un fazzoletto; così facendo, qualche goccia di seme scivolò anche sul divano, rendendolo così ancora più malconcio di quanto già non fosse.
Azzurra, esausta, si buttò sopra di me accoccolandosi sul mio petto. La accarezzai, baciandole ed annusandole i capelli che sapevano di buono, mentre la mia mano destra rimase ad indugiare ancora un po’ sul suo pieno mappamondo.
“Buon compleanno, amore mio.” – concluse con voce dolce.
Ed in effetti, fu probabilmente il miglior compleanno della mia vita.
Scusate per la lunga assenza. Ritorno con un nuovo episodio che sarà anche il penultimo di questi vissuti con la mia ex ragazza.
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10. Compleanno in biblioteca
Azzurra aveva da poco ricominciato a studiare per conseguire la laurea magistrale. Da qualche tempo, nella sua zona, era nata una piccola biblioteca di quartiere dove chiunque poteva recarsi a studiare o lavorare. Lei, essendo molto coinvolta nelle attività sociali, era tra le responsabili di quel posto. Io, al tempo, non lavoravo ancora a tempo pieno ma seguivo qualche piccolo cliente da freelance mentre stavo finendo di studiare per un master.
Era il giorno del mio compleanno ed Azzurra era in biblioteca a studiare mentre io avevo un paio d’ore libere per rivedere qualche appunto prima di andare da un cliente.
“Amore, perché non passi in biblioteca? Così ti faccio anche gli auguri.” – mi propose.
Arrivai in biblioteca e salutai due ragazzi che erano intenti a studiare, chini sui libri, con la scrivania cosparsa di evidenziatori fluo e fogliacci e fotocopie vaganti. Mi avvicinai al tavolo dov’era seduta Azzurra e le diedi un bacio, lei mi abbracciò e mi accarezzò la schiena. Mi sedetti accanto a lei ed accesi il mio pc per iniziare a fare le mie cose.
La biblioteca si strutturava su due piani differenti: al pianterreno – quello dove eravamo a studiare – c’erano diverse sale studio open space, un paio delle quali delimitate da muri a mezza altezza in cartongesso, ed un angolo con libreria ed un paio di poltrone, oltre ad una TV, un proiettore ed una macchinetta del caffè.
Delle scale portavano poi al piano inferiore, un ampio spazio ancora da sistemare, nel quale c’erano tavoli sgangherati, sedie piuttosto datate, un biliardino – arrugginito ma funzionante – ed un tavolo da ping pong chiuso e buttato in un angolo, dal funzionamento dubbio. In fondo alla sala, un angolo con un paio di divani infeltriti e malconci sotto ad una piccola finestra dalla quale filtravano le ombre dei piedi dei passanti, ed un piccolo bagno.
Trascorse quasi un’ora, nella quale cerca di lavorare, o almeno facevo finta. In realtà, le mie mani sfioravano spesso quelle di Azzurra ed il mio sguardo si incrociava più volte con il suo. Era vestita semplice, ma in un modo che a me intrigava molto, stile college americano: un maglioncino color petrolio lasciava uscire solo il colletto e i polsini di una camicetta di un bianco sporcato di cielo, ed una gonna di lana a pieghe, anch’essa color petrolio, completava la sua mise, lasciando intravedere dal ginocchio in giù delle calze color carne.
Prima uno e poi l’altro, in neanche cinque minuti i ragazzi che stavano studiando in sala se ne andarono, e io ed Azzurra rimanemmo soli. Sinceramente, non avevo quelle mire – o meglio, le avevo sì ogni volta che ero con lei – perché ero concentrato sullo studio; in aggiunta a ciò, mi sembrava un luogo troppo rischioso per consumare, seppur fossi un amante delle sveltine fatte di nascosto.
Ma dopo solo qualche giro di lancetta, Azzurra cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta passeggiando per la sala, poi venne da me e si chinò per darmi un bacio.
“Vieni…” – mi disse prendendomi la mano.
Mi lasciai guidare dalle sue dita affusolate e la seguii nel seminterrato. Ero eccitato ed anche incredulo; l’ambiente – in verità – non era il massimo, ed assomigliava ad una vecchia cantina abbandonata. Azzurra, però, rese tutto migliore. Portò le mani dietro al mio collo e mi tirò a sé iniziandomi a baciare. Tutto cominciò lentamente a riprendere colore ed anche quel buio sottoscala non sembrava più così angusto.
Piano piano mi spinse verso una parete, poi i suoi baci cominciarono a viaggiare verso sud fino a che si ritrovò inginocchiata di fronte a me. Mi slacciò la cintura con un colpo netto, poi mi guardò ammiccante.
“Auguri amore mio!” – sussurrò mentre la sua mano destra tastava già il rigonfiamento dei miei boxer.
Una leccatina al glande fu l’antipasto, che mi gustai occhi al cielo – o meglio, occhi ai tasselli di polistirolo malconcio che ornavano il soffitto. Poi si dedicò all’asta, passando la sua lingua calda su tutta la lunghezza mentre una mano mi accarezzava delicatamente le palle.
Mi godetti qualche minuto di quel bendidio, poi – giustamente – Azzurra decise che voleva anche lei la sua parte; così si alzò, si asciugò la bocca con la manica del maglione, mi diede un altro paio di baci e mi riprese per mano accompagnandomi verso una delle poche sedie ancora intatte e capaci di reggere il peso di entrambi.
Senza proferire parola, mi spinse sul pianale di paglia intrecciata, poi si chinò davanti a me dandomi le spalle, alzandosi la gonna e calandosi calze e mutandine. Avevo la visione del suo culo tondo che si avvicinava – voglioso e ricambiato – al mio cazzo. Con le gambe unite, Azzurra indietreggiò verso il mio membro più che pronto e si sedette facendolo sparire dentro di lei.
Il suo sedere si muoveva ritmicamente sopra di me a mo’ di squat, con lei piegata in avanti con le mani sulle mie ginocchia. Io la abbracciavo e le baciavo la schiena – seppur col maglione – godendomi la scena che avevo davanti e palpando con forza i suoi glutei pieni.
Un suono metallico di chiavi interruppe la magia del momento. Sia io che Azzurra rimanemmo immobili, pietrificati, anche perché non c’era nessuna porta che divideva il pianterreno dal seminterrato; chiunque semplicemente arrivando all’imbocco delle scale ed affacciandosi ci avrebbe visto.
“Ma non avevi chiuso la porta a chiave?” – le chiesi con voce bassa e strozzata.
Lei mi guardò con l’aria di una che era stata colta sul fatto, ma cercò di dissimulare.
“S…sì…” – rispose con poca voce e poca convinzione.
“Sei sicura?” – insistetti io cominciandomi ad agitare.
Mi fece segno di sì con la testa, poi si portò l’indice davanti alla bocca intimandomi di fare silenzio.
Si sentì il tonfo chiaro e forte del portone che si chiudeva ed uno scricchiolio di passi in lontananza.
“Azzu?” – chiamò una voce maschile dal piano di sopra.
Il terrore si dipinse nei miei occhi che fissavano quelli di Azzurra spauriti, mentre ero preso dal panico. Le si alzò in fretta e furia e rispose alla voce, mentre bruscamente si tirò su calze e slip.
“Hey, sono qui.” – disse, mentre mi faceva ampi cenni di andarmi a chiudere nel bagno. Io ero riluttante, cercavo di rivestirmi, ma nella concitazione del momento dovetti accettare quella scelta; mi spinse fino a dentro la toilette, fulminandomi con lo sguardo.
Rinchiuso in quel bagno freddo e buio, cercai di distinguere i discorsi che intercorrevano tra Azzurra ed il ragazzo che era entrato.
“Ah, quindi ci sei tu stamattina?”
“Sì, ero di turno, ho fatto cambio con Valentina, non te l’ha detto?”
“Ok, io mi ero dimenticato un libro qui ieri,” – continuò il ragazzo – “ma che stavi facendo?”
“Niente, stavo sistemando una cosa qui sotto.” – rispose Azzurra con tono poco convinto.
Sentii il volume della voce del ragazzo aumentare, segno che si stava avvicinando alle scale.
“Se ti serve una mano, io…”
“No, no, no, no, non preoccuparti,” – disse ancora lei, cominciando a salire le scale – “è tutto a posto, anzi ora torno su a studiare.”
Nel frattempo, nella semioscurità di quel bagno anch’esso malconcio, tremavo – sia per il freddo umido che per la tensione di essere scoperto. Forse non ci sarebbe stato niente di male, ma ormai la situazione era piuttosto compromessa; quindi, non mi sembrava il migliore degli epiloghi.
Riconobbi il suono della macchinetta del caffè. Andrà per le lunghe qui, pensai. Restai in ascolto della loro chiacchierata per qualche altro minuto, senza riuscire a distinguere nitidamente le parole. Tra l’altro, non potevo avvisare né scrivere in nessun modo ad Azzurra perché lì sotto il cellulare non prendeva.
Finalmente, sentii la porta d’ingresso richiudersi. Poi, un silenzio inquietante. E ancora, un rumore di piedi che scendevano le scale e si avvicinavano a me. Non avevo idea di cosa fosse successo e non sapevo cosa aspettarmi. Raggelai, perché ancora non avevo risentito la voce di Azzurra.
Toc-toc. Qualcuno bussò alla porta. Sono fottuto, pensai. Rimasi impietrito.
“Occupato!” – risposi poi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Amore, Fabio è andato via, esci pure.” – disse candidamente Azzurra.
“Ma sei matta?” – esclamai stizzito ma tranquillizzato – “Potevi dirmelo prima invece di arrivare in silenzio e di soppiatto fino a qui!”
Scoppiò a ridere e ci abbracciammo. In men che non si dica, piegai la testa di lato e le mie labbra finirono nuovamente sul suo collo morbido.
Stavolta ci spostammo su uno dei divani, anche se non era il massimo dell’igiene e probabilmente neanche della pulizia; ma era quantomeno più comodo della sedia sgangherata sulla quale eravamo prima, oppure dell’eventualità di stare in piedi.
Mi sedetti sul cuscino infeltrito e piuttosto duro color ocra scolorito, Azzurra si tolse anche le scarpe e si sfilò, stavolta del tutto, calze e mutandine, lasciandosi addosso solo la gonna che copriva come un sipario lo spettacolo del nostro amplesso.
Eravamo faccia a faccia; si sfilò il maglione, ed io mi fiondai subito sui bottoni della sua camicetta, aprendoli frettolosamente per immergermi in mezzo ai suoi seni.
Per sfogare lo spavento appena passato, ripresi con un ritmo piuttosto forsennato, tanto che Azzurra si piegò in avanti su di me, gemendo, mentre mi dava dei piccoli baci sul collo che avevo ormai bordeaux per l’eccitazione.
Le presi le mani, e le strinsi; mi piegai all’indietro, poggiando la testa contro il muro e lei seguì il mio movimento. Sentivo il suo calore e la sua umidità pulsare attorno al mio membro granitico e cominciavo a percepire lo stimolo dell’orgasmo.
I suoi gemiti cominciarono a crescere, il suo respiro si fece corto ed affannoso, il ritmo aumentava sempre di più. Cercai di trattenermi il più possibile per regalare anche a lei un orgasmo. Inarcò la schiena all’indietro e poi crollò in avanti su di me, dopo aver raggiunto l’apice del piacere.
Fino a quel punto era stato un compleanno degno di nota ma volevo concludere in bellezza, finendo dentro di lei, cosa che mi aveva concesso solo un’altra volta fino a quel momento.
“Tra poco vengo!” – ansimai grondante di sudore.
Lei fece quasi per sfilarsi da me, ma la fermai prendendola per i fianchi e sbattendola ancora più forte su di me.
“Amore, che fai?” – sussurrò.
“Vengo…vengo dentro.” – ribadii con un filo di voce.
Azzurra acconsentì ed assecondò il mio movimento, fino a che l’ultimo dei tonfi delle nostre pelli che sbattevano l’una contro l’altra sancì il culmine del mio piacere. Tre, quattro, cinque fiotti. Non ho idea di quanti fossero ma mi prosciugarono letteralmente.
Esaurita anche l’ultima gittata, con un po’ sperma che inevitabilmente colò lungo tutta la mia asta e anche sul mio addome e sul mio inguine, mi allungai verso i pantaloni che avevo buttato su un bracciolo per prendere un fazzoletto; così facendo, qualche goccia di seme scivolò anche sul divano, rendendolo così ancora più malconcio di quanto già non fosse.
Azzurra, esausta, si buttò sopra di me accoccolandosi sul mio petto. La accarezzai, baciandole ed annusandole i capelli che sapevano di buono, mentre la mia mano destra rimase ad indugiare ancora un po’ sul suo pieno mappamondo.
“Buon compleanno, amore mio.” – concluse con voce dolce.
Ed in effetti, fu probabilmente il miglior compleanno della mia vita.
Stratosferico!!!Scusate per la lunga assenza. Ritorno con un nuovo episodio che sarà anche il penultimo di questi vissuti con la mia ex ragazza.
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10. Compleanno in biblioteca
Azzurra aveva da poco ricominciato a studiare per conseguire la laurea magistrale. Da qualche tempo, nella sua zona, era nata una piccola biblioteca di quartiere dove chiunque poteva recarsi a studiare o lavorare. Lei, essendo molto coinvolta nelle attività sociali, era tra le responsabili di quel posto. Io, al tempo, non lavoravo ancora a tempo pieno ma seguivo qualche piccolo cliente da freelance mentre stavo finendo di studiare per un master.
Era il giorno del mio compleanno ed Azzurra era in biblioteca a studiare mentre io avevo un paio d’ore libere per rivedere qualche appunto prima di andare da un cliente.
“Amore, perché non passi in biblioteca? Così ti faccio anche gli auguri.” – mi propose.
Arrivai in biblioteca e salutai due ragazzi che erano intenti a studiare, chini sui libri, con la scrivania cosparsa di evidenziatori fluo e fogliacci e fotocopie vaganti. Mi avvicinai al tavolo dov’era seduta Azzurra e le diedi un bacio, lei mi abbracciò e mi accarezzò la schiena. Mi sedetti accanto a lei ed accesi il mio pc per iniziare a fare le mie cose.
La biblioteca si strutturava su due piani differenti: al pianterreno – quello dove eravamo a studiare – c’erano diverse sale studio open space, un paio delle quali delimitate da muri a mezza altezza in cartongesso, ed un angolo con libreria ed un paio di poltrone, oltre ad una TV, un proiettore ed una macchinetta del caffè.
Delle scale portavano poi al piano inferiore, un ampio spazio ancora da sistemare, nel quale c’erano tavoli sgangherati, sedie piuttosto datate, un biliardino – arrugginito ma funzionante – ed un tavolo da ping pong chiuso e buttato in un angolo, dal funzionamento dubbio. In fondo alla sala, un angolo con un paio di divani infeltriti e malconci sotto ad una piccola finestra dalla quale filtravano le ombre dei piedi dei passanti, ed un piccolo bagno.
Trascorse quasi un’ora, nella quale cerca di lavorare, o almeno facevo finta. In realtà, le mie mani sfioravano spesso quelle di Azzurra ed il mio sguardo si incrociava più volte con il suo. Era vestita semplice, ma in un modo che a me intrigava molto, stile college americano: un maglioncino color petrolio lasciava uscire solo il colletto e i polsini di una camicetta di un bianco sporcato di cielo, ed una gonna di lana a pieghe, anch’essa color petrolio, completava la sua mise, lasciando intravedere dal ginocchio in giù delle calze color carne.
Prima uno e poi l’altro, in neanche cinque minuti i ragazzi che stavano studiando in sala se ne andarono, e io ed Azzurra rimanemmo soli. Sinceramente, non avevo quelle mire – o meglio, le avevo sì ogni volta che ero con lei – perché ero concentrato sullo studio; in aggiunta a ciò, mi sembrava un luogo troppo rischioso per consumare, seppur fossi un amante delle sveltine fatte di nascosto.
Ma dopo solo qualche giro di lancetta, Azzurra cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta passeggiando per la sala, poi venne da me e si chinò per darmi un bacio.
“Vieni…” – mi disse prendendomi la mano.
Mi lasciai guidare dalle sue dita affusolate e la seguii nel seminterrato. Ero eccitato ed anche incredulo; l’ambiente – in verità – non era il massimo, ed assomigliava ad una vecchia cantina abbandonata. Azzurra, però, rese tutto migliore. Portò le mani dietro al mio collo e mi tirò a sé iniziandomi a baciare. Tutto cominciò lentamente a riprendere colore ed anche quel buio sottoscala non sembrava più così angusto.
Piano piano mi spinse verso una parete, poi i suoi baci cominciarono a viaggiare verso sud fino a che si ritrovò inginocchiata di fronte a me. Mi slacciò la cintura con un colpo netto, poi mi guardò ammiccante.
“Auguri amore mio!” – sussurrò mentre la sua mano destra tastava già il rigonfiamento dei miei boxer.
Una leccatina al glande fu l’antipasto, che mi gustai occhi al cielo – o meglio, occhi ai tasselli di polistirolo malconcio che ornavano il soffitto. Poi si dedicò all’asta, passando la sua lingua calda su tutta la lunghezza mentre una mano mi accarezzava delicatamente le palle.
Mi godetti qualche minuto di quel bendidio, poi – giustamente – Azzurra decise che voleva anche lei la sua parte; così si alzò, si asciugò la bocca con la manica del maglione, mi diede un altro paio di baci e mi riprese per mano accompagnandomi verso una delle poche sedie ancora intatte e capaci di reggere il peso di entrambi.
Senza proferire parola, mi spinse sul pianale di paglia intrecciata, poi si chinò davanti a me dandomi le spalle, alzandosi la gonna e calandosi calze e mutandine. Avevo la visione del suo culo tondo che si avvicinava – voglioso e ricambiato – al mio cazzo. Con le gambe unite, Azzurra indietreggiò verso il mio membro più che pronto e si sedette facendolo sparire dentro di lei.
Il suo sedere si muoveva ritmicamente sopra di me a mo’ di squat, con lei piegata in avanti con le mani sulle mie ginocchia. Io la abbracciavo e le baciavo la schiena – seppur col maglione – godendomi la scena che avevo davanti e palpando con forza i suoi glutei pieni.
Un suono metallico di chiavi interruppe la magia del momento. Sia io che Azzurra rimanemmo immobili, pietrificati, anche perché non c’era nessuna porta che divideva il pianterreno dal seminterrato; chiunque semplicemente arrivando all’imbocco delle scale ed affacciandosi ci avrebbe visto.
“Ma non avevi chiuso la porta a chiave?” – le chiesi con voce bassa e strozzata.
Lei mi guardò con l’aria di una che era stata colta sul fatto, ma cercò di dissimulare.
“S…sì…” – rispose con poca voce e poca convinzione.
“Sei sicura?” – insistetti io cominciandomi ad agitare.
Mi fece segno di sì con la testa, poi si portò l’indice davanti alla bocca intimandomi di fare silenzio.
Si sentì il tonfo chiaro e forte del portone che si chiudeva ed uno scricchiolio di passi in lontananza.
“Azzu?” – chiamò una voce maschile dal piano di sopra.
Il terrore si dipinse nei miei occhi che fissavano quelli di Azzurra spauriti, mentre ero preso dal panico. Le si alzò in fretta e furia e rispose alla voce, mentre bruscamente si tirò su calze e slip.
“Hey, sono qui.” – disse, mentre mi faceva ampi cenni di andarmi a chiudere nel bagno. Io ero riluttante, cercavo di rivestirmi, ma nella concitazione del momento dovetti accettare quella scelta; mi spinse fino a dentro la toilette, fulminandomi con lo sguardo.
Rinchiuso in quel bagno freddo e buio, cercai di distinguere i discorsi che intercorrevano tra Azzurra ed il ragazzo che era entrato.
“Ah, quindi ci sei tu stamattina?”
“Sì, ero di turno, ho fatto cambio con Valentina, non te l’ha detto?”
“Ok, io mi ero dimenticato un libro qui ieri,” – continuò il ragazzo – “ma che stavi facendo?”
“Niente, stavo sistemando una cosa qui sotto.” – rispose Azzurra con tono poco convinto.
Sentii il volume della voce del ragazzo aumentare, segno che si stava avvicinando alle scale.
“Se ti serve una mano, io…”
“No, no, no, no, non preoccuparti,” – disse ancora lei, cominciando a salire le scale – “è tutto a posto, anzi ora torno su a studiare.”
Nel frattempo, nella semioscurità di quel bagno anch’esso malconcio, tremavo – sia per il freddo umido che per la tensione di essere scoperto. Forse non ci sarebbe stato niente di male, ma ormai la situazione era piuttosto compromessa; quindi, non mi sembrava il migliore degli epiloghi.
Riconobbi il suono della macchinetta del caffè. Andrà per le lunghe qui, pensai. Restai in ascolto della loro chiacchierata per qualche altro minuto, senza riuscire a distinguere nitidamente le parole. Tra l’altro, non potevo avvisare né scrivere in nessun modo ad Azzurra perché lì sotto il cellulare non prendeva.
Finalmente, sentii la porta d’ingresso richiudersi. Poi, un silenzio inquietante. E ancora, un rumore di piedi che scendevano le scale e si avvicinavano a me. Non avevo idea di cosa fosse successo e non sapevo cosa aspettarmi. Raggelai, perché ancora non avevo risentito la voce di Azzurra.
Toc-toc. Qualcuno bussò alla porta. Sono fottuto, pensai. Rimasi impietrito.
“Occupato!” – risposi poi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Amore, Fabio è andato via, esci pure.” – disse candidamente Azzurra.
“Ma sei matta?” – esclamai stizzito ma tranquillizzato – “Potevi dirmelo prima invece di arrivare in silenzio e di soppiatto fino a qui!”
Scoppiò a ridere e ci abbracciammo. In men che non si dica, piegai la testa di lato e le mie labbra finirono nuovamente sul suo collo morbido.
Stavolta ci spostammo su uno dei divani, anche se non era il massimo dell’igiene e probabilmente neanche della pulizia; ma era quantomeno più comodo della sedia sgangherata sulla quale eravamo prima, oppure dell’eventualità di stare in piedi.
Mi sedetti sul cuscino infeltrito e piuttosto duro color ocra scolorito, Azzurra si tolse anche le scarpe e si sfilò, stavolta del tutto, calze e mutandine, lasciandosi addosso solo la gonna che copriva come un sipario lo spettacolo del nostro amplesso.
Eravamo faccia a faccia; si sfilò il maglione, ed io mi fiondai subito sui bottoni della sua camicetta, aprendoli frettolosamente per immergermi in mezzo ai suoi seni.
Per sfogare lo spavento appena passato, ripresi con un ritmo piuttosto forsennato, tanto che Azzurra si piegò in avanti su di me, gemendo, mentre mi dava dei piccoli baci sul collo che avevo ormai bordeaux per l’eccitazione.
Le presi le mani, e le strinsi; mi piegai all’indietro, poggiando la testa contro il muro e lei seguì il mio movimento. Sentivo il suo calore e la sua umidità pulsare attorno al mio membro granitico e cominciavo a percepire lo stimolo dell’orgasmo.
I suoi gemiti cominciarono a crescere, il suo respiro si fece corto ed affannoso, il ritmo aumentava sempre di più. Cercai di trattenermi il più possibile per regalare anche a lei un orgasmo. Inarcò la schiena all’indietro e poi crollò in avanti su di me, dopo aver raggiunto l’apice del piacere.
Fino a quel punto era stato un compleanno degno di nota ma volevo concludere in bellezza, finendo dentro di lei, cosa che mi aveva concesso solo un’altra volta fino a quel momento.
“Tra poco vengo!” – ansimai grondante di sudore.
Lei fece quasi per sfilarsi da me, ma la fermai prendendola per i fianchi e sbattendola ancora più forte su di me.
“Amore, che fai?” – sussurrò.
“Vengo…vengo dentro.” – ribadii con un filo di voce.
Azzurra acconsentì ed assecondò il mio movimento, fino a che l’ultimo dei tonfi delle nostre pelli che sbattevano l’una contro l’altra sancì il culmine del mio piacere. Tre, quattro, cinque fiotti. Non ho idea di quanti fossero ma mi prosciugarono letteralmente.
Esaurita anche l’ultima gittata, con un po’ sperma che inevitabilmente colò lungo tutta la mia asta e anche sul mio addome e sul mio inguine, mi allungai verso i pantaloni che avevo buttato su un bracciolo per prendere un fazzoletto; così facendo, qualche goccia di seme scivolò anche sul divano, rendendolo così ancora più malconcio di quanto già non fosse.
Azzurra, esausta, si buttò sopra di me accoccolandosi sul mio petto. La accarezzai, baciandole ed annusandole i capelli che sapevano di buono, mentre la mia mano destra rimase ad indugiare ancora un po’ sul suo pieno mappamondo.
“Buon compleanno, amore mio.” – concluse con voce dolce.
Ed in effetti, fu probabilmente il miglior compleanno della mia vita.
Wow, non avrei mai immaginato di emozionarmi attraverso un racconto in un forum erotico...Capitolo conclusivo. Chiedo scusa in anticipo se vi dovesse un po' intristire, ma ho cercato di rendere al meglio le sensazioni provate in quei momenti.
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11. Il canto del cigno
Sono sempre stato dell’idea che ogni grande cambiamento di vita all’interno di una coppia abbia solamente due esiti possibili: l’ulteriore rafforzamento della stessa o la rottura definitiva. La fine di un percorso formativo come la laurea, un master oppure l’inizio di un nuovo lavoro o un trasferimento, sono dinamiche che non possono non influenzare anche il rapporto tra due persone, per quanto solido possa essere.
Erano ormai più di tre mesi che io ed Azzurra discutevamo per i motivi più banali. E, neanche a dirlo, tutto era cominciato dopo la sua laurea magistrale e l’inizio del mio nuovo lavoro, per il quale avrei dovuto viaggiare spesso – se non addirittura trasferirmi.
Lei mi accusava di non avere più le stesse attenzioni di una volta nei suoi riguardi e al contempo anche io sentivo – e le dicevo - di vederla lontana.
Un giorno, mentre eravamo insieme, scoppiò improvvisamente a piangere. La abbracciai per consolarla e le chiesi cosa avesse. Mi rispose che non sapeva più quale direzione stava prendendo la sua vita, che non stava bene con sé stessa e che non era più sicura di niente, neanche della nostra relazione.
Mi sentii morire dentro, ma cercai comunque di rassicurarla e le promisi che insieme avremmo potuto affrontare – e superare - qualsiasi cosa. Dentro di me, però, avevo capito benissimo che avevamo raggiunto un punto di non ritorno, e che quello era solamente l’inizio della fine.
Suggerii anche di farci un weekend fuori per svagarci, staccare la spina ed alleggerire un po’ la tensione, ma le discussioni continuavano a metterci l’uno contro l’altro, lasciando in disparte l’organizzazione.
Era un pomeriggio di fine marzo. Uno di quei giorni che scivolano via pigri, quei giorni che mettono malinconia senza un motivo, quei giorni in cui sei già troppo lontano dalle feste ed ancora troppo lontano dall’estate, quei giorni che sembrano non finire mai.
Azzurra mi disse che si sentiva molto triste ed io le chiesi se volesse un po’ di conforto. Mi rispose che voleva stare da sola; io, però, insistetti e alla fine acconsentì a vederci. Erano diversi giorni che non ci chiamavamo amore ed ormai non sapevo più che fare. Sapevo solo che la nostra storia stava lentamente ed inesorabilmente scivolando verso una fine fragorosa, come una palla di neve che scende dal ghiacciaio diventando valanga. E sapevo anche non c’era niente che potessi fare io, né lei, per fermarla.
Mi aprì la porta con gli occhi già rigati, e la pallina di neve cominciò ad acquisire le dimensioni di una palla da basket. La abbracciai e neanche ci baciammo. Cominciò a dirmi che non ce la faceva più e che così stava male, e che aveva bisogno di spazio. Le dissi ancora una volta che insieme avremmo potuto superare tutto, poi lei mi diede le spalle e corse verso il divano, dove si gettò su un bracciolo scoppiando a piangere.
La strinsi forte, metaforicamente per non lasciarla andare via da me.
“Ce la faremo,” – le sussurrai all’orecchio con un filo di voce – “anche stavolta.”
“Ho paura di no…”
Le presi il viso tra le mani e le baciai una guancia, sentendo il gusto salato delle sue lacrime. Asciugai con i pollici ciò che ne rimaneva, ed appoggiai le mie labbra sulle sue, conscio che probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei avuta tutta per me.
Azzurra mi buttò le braccia dietro al collo, e si avvolse attorno a me. Poi avvinghiò le gambe dietro la mia schiena. Mi alzai con lei in braccio come un koala attaccato ad un albero, e la portai in camera da letto. La stesi delicatamente sul letto e le sfilai gli short.
Lanciai uno sguardo fuori dalla finestra. Fuori il cielo era coperto, neanche il sole voleva vedere la fine della nostra storia. Piccole gocce di pioggia cominciarono a ticchettare sulla finestra e il loro tic-tic risuonava nella mia testa come un orologio che segnava un conto alla rovescia inesorabile verso l’ultima volta che avrei fatto l’amore con Azzurra.
Mi chinai per divaricarle le gambe, mentre il suo volto non lasciava trasparire la benché minima emozione. Non riuscivo a capire se avesse voglia, se fosse solo così triste da non voler fare l’amore o se ormai già non provava più niente. So solo che sarei morto piuttosto che pensare di non poterla avere neanche per l’ultima volta.
Con le ginocchia toccai il pavimento gelato, e mi posi davanti a lei aprendole le gambe ed accarezzandole le cosce mentre facevo anch’io fatica a trattenere le lacrime. Mi immersi con le ultime energie sul suo sesso per darle piacere ed iniziai a leccarla per tutta la lunghezza della sua apertura, sentendola schiudere piano al tocco della mia lingua.
Le mie dita picchiettavano il suo clitoride ma Azzurra era quasi inerme. Vedevo che voleva piangere, ma che stava anche iniziando a godere. Girò la testa da un lato, quasi nascondendola sotto a un cuscino e lasciò penzolare inerti le mani all’indietro. Mi dedicai per qualche minuto al suo piacere, poi mi abbassai i pantaloni rimanendo in piedi davanti a lei. Le presi le gambe, le portai ai miei fianchi e le strinsi. Poi, entrai dentro di lei.
Cominciai a penetrarla mentre nella mia mente fluttuavano le immagini della nostra prima volta, del nostro primo viaggio insieme, di tutte le nostre possibili prime volte mentre la realtà mi stava mettendo di fronte al fatto che stavo vivendo l’ultima.
Azzurra respirava molto piano, quasi in silenzio, anche se sentivo che il suo piacere stava crescendo. Mi buttai anch’io sul letto, mettendomi sui gomiti, ed appoggiandomi delicatamente sopra di lei. La baciai sul collo, visto che era ancora girata da un lato, poi diedi un paio di colpi più forti fino a che con un gemito strozzato arrivò all’orgasmo.
Azzurra cominciò ad ansimare ancora più velocemente, le presi con forza il viso e strinsi le sue guance tra le dita, e le girai la faccia per averla frontalmente a me, guardandola negli occhi per l’ultima volta mentre facevamo l’amore.
Mi godetti gli ultimi colpi rallentando, andando così lento che quasi volevo fermare il tempo. Mentre entravo ed uscivo da lei, la guardavo negli occhi, quei suoi bellissimi occhi color nocciola che stavano scolorendo e diventando sempre più grigi, prendendo quasi il colore del cielo che ormai aveva oscurato anche l’ultimo ritaglio di sole mentre la pioggia continuava a ticchettare sul davanzale.
E arrivò la fine. Venni lentamente dentro di lei, senza fiatone, senza fretta, senza speranza. Rimasi per qualche istante dentro di lei con il mio seme caldo che faceva da ultimo collante tra di noi. Le diedi un bacio, lei mi abbracciò aprendo i palmi sulla mia schiena. Poi ci staccammo ancora e guardandola di nuovo negli occhi, le chiesi, sapendo già la risposta: “È stata l’ultima volta, vero?”
Le si riempirono gli occhi di lacrime e non mi rispose, limitandosi soltanto a ruotare la testa da un lato per prendere un cuscino con cui coprirsi il viso. Il cuore mi stava andando in frantumi e non volevo passare un minuto in più in quella stanza anche se avrei voluto passarci la mia vita intera.
Mi rivestii velocemente e senza dire una parola raggiunsi in fretta il corridoio avvicinandomi alla porta. Lanciai un’ultima occhiata verso la camera, dove Azzurra si era tirata su rimanendo seduta sul bordo del letto. Abbracciava il suo cuscino ed il suo sguardo, che puntava verso di me, era fisso nel vuoto.
I nostri occhi si incrociarono per l’ultima volta riempendosi di lacrime e malinconia. Chiusi forte la porta dietro di me, lasciando dentro quelle quattro mura lei, tutti i ricordi e tutti i bei momenti che mi aveva regalato e che mai avrei scordato in tutta la mia vita.
Ti ringrazio dell’apprezzamento, a me piace molto descrivere anche tutta la parte emotiva oltre al rapporto sessuale, per far immedesimare di più il lettore (ma capisco che in questo particolare episodio era decisamente struggenteWow, non avrei mai immaginato di emozionarmi attraverso un racconto in un forum erotico...
Ed invece penso sia uno dei racconti più belli mai letti, sebbene il lato sessuale sia decisamente in secondo piano (se non addirittura quasi fuori luogo).
Mi spiace sia finita così ma, come hai detto anche tu, i cambiamenti spesso portano a questo. Sicuramente tutto ciò rimarrà nei vostri ricordi e spero, un giorno, possiate rincontrarvi (anche se non necessariamente dal punto di vista sessuale o di relazione)![]()
Grazie dell’apprezzamento. Certo, mi sembra assolutamente una bella ideaCiao @Tubamascherata bel racconto. Ti ho trovato tardi. Quando leggo un racconto che mi piace, per mia comodità, mi faccio sempre un e-book per poterlo leggere senza cercare a salti gli altri capitoli. Se ti dovesse far piacere potrei metterlo qui. Fammi sapere
Ti va di mandarmi una foto da mettere come copertina?Grazie dell’apprezzamento. Certo, mi sembra assolutamente una bella idea
Scusami, mi ero completamente perso questo messaggio.Ti va di mandarmi una foto da mettere come copertina?
L'ho incontrata un paio di volte ad eventi di zona, entrambi con le rispettive compagnie. All'inizio è stato un po' imbarazzante, poi la prima volta ci siamo fermati a chiacchierare un po'. È stato strano, era come se stessi parlando con una persona diversa e non con lei. Poi non l'ho più rivista, l'ultima volta risale a quasi due anni fa.@Tubamascherata l’ultimo racconto spacca veramente il cuorevi siete mai più rivisti?