miangamwien
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racconto bello, interessante e avvincente, scritto meravigliosamente
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la situazione diventa interessante, magari l'amica lesbica riesce pure nel suo intentoVI
Saliti che fummo sulla mia automobile, desideravo farmi contagiare dalla spensieratezza che emanava la mia passeggera.
Cercavo di guardare di soppiatto di fianco a me. La visione delle le bellissime gambe nel sedile accanto, che il vestito rosso e stretto, scivolato verso l’alto nel sedersi, regalavano.
Si mise a parlare, logorroica, ad alta voce, gesticolando, ridendo, toccando ogni argomento possibile, tranne il programma delle ore successive.
Tra un argomento e l’altro mi dava indicazioni sulla direzione da seguire, senza far cenno alla meta.
Ci ritrovammo sopra alture ben curate coltivate ad uliveto.
Poi finalmente:
-Stiamo andando a casa della mia amica, forse te ne ho parlato. Quella convintamente lesbica!
-Si, mi ricordo.
-Veramente dove stiamo andando è la sua casa di campagna. È l’unica erede di una dinastia di armatori o di qualche attività legata alla navigazione, non ho mai approfondito. I suoi genitori sono mancati a poca distanza l’uno dall’altra, un paio d’anni fa anni fa. Alla morte dei genitori, ha ereditato un vastissimo patrimonio immobiliare in varie città d’Italia e anche all’estero. Insomma una piena di soldi, non una spiantata come me e le altre amiche.
-Quindi sarà una “festona”, ben frequentata dal bel mondo?
-No! Oltre alla padrona di casa, noi due, l’altra amica (quella bruttina) forse accompagnata e al massimo un altro paio di presenze.
-Non c’era anche una quarta amica nel gruppo?
-Si, ma in questo momento è in viaggio all’estero.
Svoltammo per un viottolo ben curato, coperto di ghiaia rossiccia fino ad arrivare ad un imponente cancello aperto.
Oltre il cancello, ornato con solide volute in ferro battuto, il viottolo diveniva vialetto, lastricato e piantumato ai lati con palme e oleandri alternati.
Sullo sfondo una antica casa colonica trasformata in dimora di lusso.
Arrivati all’ingresso della villa disse:
-Siamo arrivati, fermati all’ombra di quegli alberi.
Scendemmo dall’auto, girando attorno alla costruzione principale, ci trovammo in un ampio giardino, contornato da alberi secolari, un prato verdissimo rasato all’inglese, una piscina, intorno alla quale, su di una piattaforma vi erano sedie a sdraio, attorno robusti pali in ferro sostenevano, ben tesi, teli bianchissimi a schermare la luce del sole.
A chiudere questo spazio, verso la vallata e dirimpetto alla dimora, una antica balaustra in pietra presso la quale si scorgeva in grande lontananza il mare.
Da una delle sedie a sdraio ci venne incontro una giovane donna sorridente e festante.
Alta un metro e settanta centimetri circa, magra, atletica, muscolosa. Tonica, abbronzata. Un fascio di nervi. Caschetto di capelli folti e nerissimi. Occhi del colore del carbone: mobili e vividi. Bellissime gambe slanciate, dove non vi era traccia di cellulite. Petto piatto come un asse da stiro.
Indossava un micro bikini colore blu elettrico con un piccolo pareo in stoffa leggera e trasparente annodato ad un fianco.
Mi presentò alla padrona di casa.
Imbarazzato, mi sentivo un pesce fuor d’acqua.
Che ci facevo qui?
La padrona di casa mi mise subito a mio agio, anche troppo. Come se io facessi parte da sempre della cerchia di amiche ed avessi frequentato l’università assieme a loro. Prendendosi delle confidenze che personalmente mai mi sarei permesso con chiunque conosciuto appena un paio di minuti prima.
Quindi l’ereditiera mi apostrofò con parlare grasso:
-Spero tu abbia dato una buona dose di cazzo a questa, che ne ha tanto bisogno! Rivolgendosi alla amica seduta a fianco. E proseguì:
-Prima era sepolta viva assieme a quello stronzo, segaiolo, lui e gli amici suoi. Poi quello per ripagarla della sua fedeltà di fidanzatina felice l’ha riempita di corna e mollata! Lei piangeva e faceva la vedovella triste, inconsolabile. Invece di divertirsi alla faccia sua! Ma vaffanculo!
L’amica della padrona di casa che mi aveva trascinato fin li, a quel dire, rideva divertita, per nulla risentita ne imbarazzata.
Dall’interno della casa arrivò una cameriera con bibite e qualcosa da mangiare.
Per cambiare discorso chiesi: -Devo aiutarti? Devo fare qualcosa per questa sera?
-Macché? Ho fatto venire la cuoca e la cameriera, ci pensano loro. Mangiate qualcosa, prendete il sole, fate un bagno, rilassatevi …
-Ma veramente non ho portato il costume da bagno, non immaginavo. Balbettati quasi a scusarmi.
La mia amica mi punzecchiò immediatamente:
-Ma non mi hai detto di essere nudista?
-Si, lo sono! Ma in spiagge, solarium o saune dedicate! Mica vado in giro con il pisello di fuori dappertutto.
-E vabbè! Se per quello, nemmeno io ho portato il costume. Qui siamo solo noi e ci siamo già visti nudi a vicenda. A lei -rivolgendosi alla padrona di casa- il tuo pisello non interessa, non interessa proprio il genere.
Concluse la frase: -Mi sa che devo dare il buon esempio!
Sfilò il vestito, levò i sandali color panna che indossava ai piedi, liberò i seni dal reggipetto che li conteneva e il perizoma scivolò via.
S'apprestò al tuffo. Nuda e bellissima in quello specchio calmo. Lo sciabordio dell'acqua che increspandosi fece capitare alcuni schizzi sull’ammattonato che circondava la piscina.
Continua…
Assurdo, una precisione della scrittura assurda, le descrizioni dettagliate a tal punto da rendere il tutto reale, ormai non vedo l'ora di leggere il seguito, non avevo suspance del genere da tempo, spero ci aggiornerai presto, complimenti shapeauVI
Saliti che fummo sulla mia automobile, desideravo farmi contagiare dalla spensieratezza che emanava la mia passeggera.
Cercavo di guardare di soppiatto di fianco a me. La visione delle le bellissime gambe nel sedile accanto, che il vestito rosso e stretto, scivolato verso l’alto nel sedersi, regalavano.
Si mise a parlare, logorroica, ad alta voce, gesticolando, ridendo, toccando ogni argomento possibile, tranne il programma delle ore successive.
Tra un argomento e l’altro mi dava indicazioni sulla direzione da seguire, senza far cenno alla meta.
Ci ritrovammo sopra alture ben curate coltivate ad uliveto.
Poi finalmente:
-Stiamo andando a casa della mia amica, forse te ne ho parlato. Quella convintamente lesbica!
-Si, mi ricordo.
-Veramente dove stiamo andando è la sua casa di campagna. È l’unica erede di una dinastia di armatori o di qualche attività legata alla navigazione, non ho mai approfondito. I suoi genitori sono mancati a poca distanza l’uno dall’altra, un paio d’anni fa anni fa. Alla morte dei genitori, ha ereditato un vastissimo patrimonio immobiliare in varie città d’Italia e anche all’estero. Insomma una piena di soldi, non una spiantata come me e le altre amiche.
-Quindi sarà una “festona”, ben frequentata dal bel mondo?
-No! Oltre alla padrona di casa, noi due, l’altra amica (quella bruttina) forse accompagnata e al massimo un altro paio di presenze.
-Non c’era anche una quarta amica nel gruppo?
-Si, ma in questo momento è in viaggio all’estero.
Svoltammo per un viottolo ben curato, coperto di ghiaia rossiccia fino ad arrivare ad un imponente cancello aperto.
Oltre il cancello, ornato con solide volute in ferro battuto, il viottolo diveniva vialetto, lastricato e piantumato ai lati con palme e oleandri alternati.
Sullo sfondo una antica casa colonica trasformata in dimora di lusso.
Arrivati all’ingresso della villa disse:
-Siamo arrivati, fermati all’ombra di quegli alberi.
Scendemmo dall’auto, girando attorno alla costruzione principale, ci trovammo in un ampio giardino, contornato da alberi secolari, un prato verdissimo rasato all’inglese, una piscina, intorno alla quale, su di una piattaforma vi erano sedie a sdraio, attorno robusti pali in ferro sostenevano, ben tesi, teli bianchissimi a schermare la luce del sole.
A chiudere questo spazio, verso la vallata e dirimpetto alla dimora, una antica balaustra in pietra presso la quale si scorgeva in grande lontananza il mare.
Da una delle sedie a sdraio ci venne incontro una giovane donna sorridente e festante.
Alta un metro e settanta centimetri circa, magra, atletica, muscolosa. Tonica, abbronzata. Un fascio di nervi. Caschetto di capelli folti e nerissimi. Occhi del colore del carbone: mobili e vividi. Bellissime gambe slanciate, dove non vi era traccia di cellulite. Petto piatto come un asse da stiro.
Indossava un micro bikini colore blu elettrico con un piccolo pareo in stoffa leggera e trasparente annodato ad un fianco.
Mi presentò alla padrona di casa.
Imbarazzato, mi sentivo un pesce fuor d’acqua.
Che ci facevo qui?
La padrona di casa mi mise subito a mio agio, anche troppo. Come se io facessi parte da sempre della cerchia di amiche ed avessi frequentato l’università assieme a loro. Prendendosi delle confidenze che personalmente mai mi sarei permesso con chiunque conosciuto appena un paio di minuti prima.
Quindi l’ereditiera mi apostrofò con parlare grasso:
-Spero tu abbia dato una buona dose di cazzo a questa, che ne ha tanto bisogno! Rivolgendosi alla amica seduta a fianco. E proseguì:
-Prima era sepolta viva assieme a quello stronzo, segaiolo, lui e gli amici suoi. Poi quello per ripagarla della sua fedeltà di fidanzatina felice l’ha riempita di corna e mollata! Lei piangeva e faceva la vedovella triste, inconsolabile. Invece di divertirsi alla faccia sua! Ma vaffanculo!
L’amica della padrona di casa che mi aveva trascinato fin li, a quel dire, rideva divertita, per nulla risentita ne imbarazzata.
Dall’interno della casa arrivò una cameriera con bibite e qualcosa da mangiare.
Per cambiare discorso chiesi: -Devo aiutarti? Devo fare qualcosa per questa sera?
-Macché? Ho fatto venire la cuoca e la cameriera, ci pensano loro. Mangiate qualcosa, prendete il sole, fate un bagno, rilassatevi …
-Ma veramente non ho portato il costume da bagno, non immaginavo. Balbettati quasi a scusarmi.
La mia amica mi punzecchiò immediatamente:
-Ma non mi hai detto di essere nudista?
-Si, lo sono! Ma in spiagge, solarium o saune dedicate! Mica vado in giro con il pisello di fuori dappertutto.
-E vabbè! Se per quello, nemmeno io ho portato il costume. Qui siamo solo noi e ci siamo già visti nudi a vicenda. A lei -rivolgendosi alla padrona di casa- il tuo pisello non interessa, non interessa proprio il genere.
Concluse la frase: -Mi sa che devo dare il buon esempio!
Sfilò il vestito, levò i sandali color panna che indossava ai piedi, liberò i seni dal reggipetto che li conteneva e il perizoma scivolò via.
S'apprestò al tuffo. Nuda e bellissima in quello specchio calmo. Lo sciabordio dell'acqua che increspandosi fece capitare alcuni schizzi sull’ammattonato che circondava la piscina.
Continua…
Sempre più intrigante continuaVII
La padrona di caso mi guardò negli occhi e con un sorriso disse:
-I buoni esempi non possono che essere seguiti!
Si alzo, sciolse il nodo del pareo ai fianchi, slaccio le cordicelle del pezzo superione e i fiocchi del perizoma.
Un corpo da sportiva, completamente abbronzato. Vedevo le spalle ed il sedere marmoreo.
Non si tuffò.
Dandomi le spalle, percorse il bordo della piscina, come se camminasse su un ideale filo, fino ad arrivare ad un lato dove vi erano degli scalini sommersi dall’acqua.
Si volto e cominciò la discesa.
Nel voltarsi, potei ammirare un triangolino nerissimo e perfettamente curato di peli pubici.
Percorse la scalinata fino ad avere l’acqua alla cintola, per tuffarsi e nuotare sotto il pelo dell’acqua fino al bordo opposto.
Che potevo fare in un frangente simile?
Restare seduto a bordo di una piscina con all’interno due ragazze nude?
Senza saper cosa fare delle mie mani?
Nell’imbarazzo di dove volgere lo sguardo?
Vestito di calzoni lunghi, scarpe e camicia?
L’unica scontata e banale idea che mi balzò in testa fu quella di spogliarmi completamente ed unirmi a loro in acqua.
Restammo a mollo per lungo tempo, distanziati, la schiena appoggiata al bordo, chiacchierando.
A tratti argomenti ordinari, come se ci trovassimo nella sala d’attesa del medico.
In altri istanti le amiche si punzecchiavano senza troppi complimenti.
Venne il momento di uscire.
Percorremmo gli scalini in fila indiana, prima le due ragazze poi io.
La visione davanti a me fu una di quelle che non capita tutti i giorni.
Vi era a disposizione una pila di asciugamani.
Ci asciugammo e ognuno si distese sulla propria sedia a sdraio.
A metà pomeriggio il silenzio fu interrotto dal rumore di ruote che percorrevano il viottolo d’accesso.
In breve comparì da un lato del giardino la terza amica, quella che mi era stata descritta come bruttina.
Quando la vidi, più che bruttina gli aggettivi che mi vennero alla mente furono: insignificante, sciatta.
E insignificante e sciatta non messa al confronto con le altre due avvenenti distese sulle sdraio, ma quegli aggettivi le si attagliavano anche se fosse stata l’unica donna rimasta su questo pianeta.
Non alta, gambe corte, colorito grigiastro.
Capelli corti con improbabili meches bionde.
Vestita con indumenti anonimi che parevano più adatti all’inverno e non all’estate.
Seguita da un uomo della sua stessa età con capelli neri e barba folta fino al petto .
L’amica bruttina restò in piedi di fronte alle amiche distese e nude a parlare come se nulla fosse, e sempre conversando, poco dopo prese a spogliarsi.
Come fosse nella sua camera da letto, ripiegò con cura gli indumenti e quando ne rimase priva non potei non notare due o tre tatuaggi sparsi sul corpo.
Tatuaggi impressi da mano non troppo felice, con contorni non ben definiti, come quando il disegno di un bambino cade in una pozzanghera ed i colori tendono a mischiarsi.
L’accompagnatore barbuto in disparte non aveva ancora proferito sillaba.
Era un mondo a se.
Imitò i presenti spogliandosi e gettandosi in piscina.
Corpo ricoperto di peli e piercings in varie parti compresi i genitali.
Dopo il bagno si buttò su una sdraio, mise una coppia di auricolari alle orecchie e cadde vinto dal sonno come avesse sostenuto poc’anzi le fatiche di Ercole.
-Ma l’orsetto di peluche che ti sei portata appresso è sempre così di compagnia? Ogni tanto parla? Ti sei dimenticata di inserirgli le batterie? Chiese una delle amiche.
-Più o meno è così, non lo conosco molto. Questo passa il convento oggi! Rispose ridendo la bruttina tatuata.
-Avrà delle doti nascoste che non conosciamo. Ironizzò la padrona di casa.
-Speriamo, l’ho portato qui solo per fargli un test e poi vi dico nei particolari. Concluse la bruttina suscitando una collettiva risata.
Arrivo l’ora di prepararsi per la cena.
Ad ognuna delle due coppie di ospiti venne assegnata una camera.
Ci alzammo tutti per rientrare, tranne l’orsetto di peluche, che rimaneva a dormire, supino, dove era crollato tempo prima.
-Ma non lo svegli?
-No, adesso non mi serve. Devo farmi la doccia e truccarmi. Meglio se senza rompicoglioni intorno. Cinica ribatté la bruttina.
Prendemmo possesso della camera degli ospiti al primo piano dell’edificio.
C’era abbondante tempo per prepararsi.
La stanza molto ampia con finestre su due pareti, semi-chiuse da scuri in legno.
Mobili di pregio antichi e moderni sapientemente mischiati. Tappezzeria alle pareti.
Una porta immetteva in un bagno ad uso esclusivo.
Doccia, vasca idromassaggio. Una grande finestra. Marmo chiaro con venature grigie al pavimento e al rivestimento.
Chiusi a chiave la porta della camera, sciolsi l’asciugamano che portavo in vita, sciolsi l’asciugamano stretto a coprirla dal seno in giù.
La spinsi dolcemente nell’ampia doccia.
L’acqua calda scendeva saturando di vapore l’ambiente e appannando un vasto specchio.
Si butto con le spalle contro il marmo della parete.
Alzò la gamba destra e con le braccia s’avvinghiò.
La penetrai lungamente, senza preliminari, con furia e passione.
Gemeva, inarcava il busto e premeva la nuca contro il marmo.
Scivolammo lentamente esausti sul piano della doccia, mentre l’acqua caldissima seguitava copiosa a cadere.
Ci asciugammo, uscimmo dal bagno per buttarci sul letto.
Nel fare ciò, passammo accanto ad una finestra e scorgemmo l’orsetto di peluche che ancora dormiva in giardino con le chiappe al vento.
Indicò con un dito e: -Guarda! Sarà mica morto?
Ci venne spontanea una grassa e complice risata, abbracciati dietro i vetri della finestra.
Risposi: -Speriamo di no, altrimenti ci rovina la cena!
Continua…
La risata è per l'ultima battuta. Per il restoVII
La padrona di caso mi guardò negli occhi e con un sorriso disse:
-I buoni esempi non possono che essere seguiti!
Si alzo, sciolse il nodo del pareo ai fianchi, slaccio le cordicelle del pezzo superione e i fiocchi del perizoma.
Un corpo da sportiva, completamente abbronzato. Vedevo le spalle ed il sedere marmoreo.
Non si tuffò.
Dandomi le spalle, percorse il bordo della piscina, come se camminasse su un ideale filo, fino ad arrivare ad un lato dove vi erano degli scalini sommersi dall’acqua.
Si volto e cominciò la discesa.
Nel voltarsi, potei ammirare un triangolino nerissimo e perfettamente curato di peli pubici.
Percorse la scalinata fino ad avere l’acqua alla cintola, per tuffarsi e nuotare sotto il pelo dell’acqua fino al bordo opposto.
Che potevo fare in un frangente simile?
Restare seduto a bordo di una piscina con all’interno due ragazze nude?
Senza saper cosa fare delle mie mani?
Nell’imbarazzo di dove volgere lo sguardo?
Vestito di calzoni lunghi, scarpe e camicia?
L’unica scontata e banale idea che mi balzò in testa fu quella di spogliarmi completamente ed unirmi a loro in acqua.
Restammo a mollo per lungo tempo, distanziati, la schiena appoggiata al bordo, chiacchierando.
A tratti argomenti ordinari, come se ci trovassimo nella sala d’attesa del medico.
In altri istanti le amiche si punzecchiavano senza troppi complimenti.
Venne il momento di uscire.
Percorremmo gli scalini in fila indiana, prima le due ragazze poi io.
La visione davanti a me fu una di quelle che non capita tutti i giorni.
Vi era a disposizione una pila di asciugamani.
Ci asciugammo e ognuno si distese sulla propria sedia a sdraio.
A metà pomeriggio il silenzio fu interrotto dal rumore di ruote che percorrevano il viottolo d’accesso.
In breve comparì da un lato del giardino la terza amica, quella che mi era stata descritta come bruttina.
Quando la vidi, più che bruttina gli aggettivi che mi vennero alla mente furono: insignificante, sciatta.
E insignificante e sciatta non messa al confronto con le altre due avvenenti distese sulle sdraio, ma quegli aggettivi le si attagliavano anche se fosse stata l’unica donna rimasta su questo pianeta.
Non alta, gambe corte, colorito grigiastro.
Capelli corti con improbabili meches bionde.
Vestita con indumenti anonimi che parevano più adatti all’inverno e non all’estate.
Seguita da un uomo della sua stessa età con capelli neri e barba folta fino al petto .
L’amica bruttina restò in piedi di fronte alle amiche distese e nude a parlare come se nulla fosse, e sempre conversando, poco dopo prese a spogliarsi.
Come fosse nella sua camera da letto, ripiegò con cura gli indumenti e quando ne rimase priva non potei non notare due o tre tatuaggi sparsi sul corpo.
Tatuaggi impressi da mano non troppo felice, con contorni non ben definiti, come quando il disegno di un bambino cade in una pozzanghera ed i colori tendono a mischiarsi.
L’accompagnatore barbuto in disparte non aveva ancora proferito sillaba.
Era un mondo a se.
Imitò i presenti spogliandosi e gettandosi in piscina.
Corpo ricoperto di peli e piercings in varie parti compresi i genitali.
Dopo il bagno si buttò su una sdraio, mise una coppia di auricolari alle orecchie e cadde vinto dal sonno come avesse sostenuto poc’anzi le fatiche di Ercole.
-Ma l’orsetto di peluche che ti sei portata appresso è sempre così di compagnia? Ogni tanto parla? Ti sei dimenticata di inserirgli le batterie? Chiese una delle amiche.
-Più o meno è così, non lo conosco molto. Questo passa il convento oggi! Rispose ridendo la bruttina tatuata.
-Avrà delle doti nascoste che non conosciamo. Ironizzò la padrona di casa.
-Speriamo, l’ho portato qui solo per fargli un test e poi vi dico nei particolari. Concluse la bruttina suscitando una collettiva risata.
Arrivo l’ora di prepararsi per la cena.
Ad ognuna delle due coppie di ospiti venne assegnata una camera.
Ci alzammo tutti per rientrare, tranne l’orsetto di peluche, che rimaneva a dormire, supino, dove era crollato tempo prima.
-Ma non lo svegli?
-No, adesso non mi serve. Devo farmi la doccia e truccarmi. Meglio se senza rompicoglioni intorno. Cinica ribatté la bruttina.
Prendemmo possesso della camera degli ospiti al primo piano dell’edificio.
C’era abbondante tempo per prepararsi.
La stanza molto ampia con finestre su due pareti, semi-chiuse da scuri in legno.
Mobili di pregio antichi e moderni sapientemente mischiati. Tappezzeria alle pareti.
Una porta immetteva in un bagno ad uso esclusivo.
Doccia, vasca idromassaggio. Una grande finestra. Marmo chiaro con venature grigie al pavimento e al rivestimento.
Chiusi a chiave la porta della camera, sciolsi l’asciugamano che portavo in vita, sciolsi l’asciugamano stretto a coprirla dal seno in giù.
La spinsi dolcemente nell’ampia doccia.
L’acqua calda scendeva saturando di vapore l’ambiente e appannando un vasto specchio.
Si butto con le spalle contro il marmo della parete.
Alzò la gamba destra e con le braccia s’avvinghiò.
La penetrai lungamente, senza preliminari, con furia e passione.
Gemeva, inarcava il busto e premeva la nuca contro il marmo.
Scivolammo lentamente esausti sul piano della doccia, mentre l’acqua caldissima seguitava copiosa a cadere.
Ci asciugammo, uscimmo dal bagno per buttarci sul letto.
Nel fare ciò, passammo accanto ad una finestra e scorgemmo l’orsetto di peluche che ancora dormiva in giardino con le chiappe al vento.
Indicò con un dito e: -Guarda! Sarà mica morto?
Ci venne spontanea una grassa e complice risata, abbracciati dietro i vetri della finestra.
Risposi: -Speriamo di no, altrimenti ci rovina la cena!
Continua…
Porca troia si è lungo e ci vuole tempo a scriverlo, ma cazzo finisce troppo presto. Ti coinvolge così tanto che non ti accorgi che finisce.VIII
Dopo un breve riposo, mi preparai velocemente.
Mi sedetti in disparte lasciando il campo libero affinché si vestisse e truccasse per la cena.
Sapevo per esperienza che in questi momenti l’uomo deve togliersi di mezzo oppure farsi piccolo e senza dare nell’occhio, godere di quello che gli è dato osservare.
Soprattutto parlare solo se interrogato!
Quindi dalla poltrona in un canto della stanza potevo vederla andare e venire a passo veloce dalla stanza allo specchio del bagno.
Dapprima a piedi scalzi con un minuscolo perizoma nero.
Poi dopo il trucco, con i pochi altri indumenti estivi.
Il privilegio di potere assistere alla preparazione era estremamente eccitante.
Il calore saliva nel mio corpo fino alla testa il quale portava un istinto primordiale di scaraventarla sul letto.
Respirai profondamente, ripresi fiato e mi calmai, senza battere ciglio.
Un dubbio mi attanagliava improvviso: sarei stato all’altezza della nottata che mi si prospettava? Avevo già sparato le mie cartucce poco prima sotto la doccia. Avrei avuto la capacità di ricaricare?
La sua voce e la sua visione mi distolse da quel pensiero: - Sono pronta, scendiamo?
Al piano terra in una sala da pranzo affacciata sul giardino con piscina era elegantemente apparecchiata una tavola con sei posti.
Fummo i primi ad arrivare, nessun altro.
Nel giardino, illuminato dalla luce calda del tramonto, dove le ombre si facevano lunghe vi era una presenza inaspettata e sconosciuta.
Una giovane ragazza, una modella, capelli colore del miele, bellissima, eterea, camminava con innata signorilità su tacchi altissimi, intenta a conversare al telefono in una lingua per noi incomprensibile.
In sala da pranzo ci raggiunsero la bruttina tatuata seguita dall’orsetto di peluche, la quale si era risistemata e, truccata e agghindata, pareva meno peggio di quanto non figurasse al pomeriggio.
Il suo accompagnatore sempre dall’abbigliamento trascurato e per nulla incline a socializzare con gli astanti, soltanto interessato allo schermo del suo telefono.
All’arrivo della padrona di casa, la bruttina sempre con lingua tagliente la aggredì dicendole: -Chi cazzo è quella strafiga li fuori? Ti scopi una modella adesso?
La padrona di casa sorrise senza rispondere, ma quel sorriso inequivocabilmente significava un “si” soddisfatto e compiaciuto all’ultima domanda.
La bruttina continuò con atteggiamento di sfida misto a stupore affettato: - Non ci posso credere, se quella sta con te è solo perché la paghi! Non c’è altra spiegazione! Dai ammettilo! A noi non puoi raccontare cazzate!
Si concluse lunga telefonata della modella che dal fondo del giardino, accanto la balaustra, si incamminò, costeggiando il bordo della piscina come su una passerella di moda, per dirigersi alla sala da pranzo.
Gli occhi di tutti, tranne quelli dell’orsetto di peluche disinteressato al mondo, erano puntati sull’incedere della modella che, con sorriso radioso, faceva un ingresso trionfale nel locale da pranzo.
Si diresse alla padrona di casa alla quale diede un bacio, non certo da amica ma sicuramente da amante e poi con accento straniero salutò noi altri presenti.
La modella non parlava una parola d’italiano.
Con non poche difficoltà il dialogo si sviluppò in parte in inglese, lingua che la padrona di casa parlava molto bene.
Ciononostante la cena trascorse piacevolmente veloce, senza imbarazzi, tra grandi risate e bagnata dall’ottimo vino da uve prodotte nei poderi vicini alla villa, condita dalle battute salaci, spesso ironicamente affilate come lame di coltelli che le tre amiche metaforicamente si lanciavano.
Vedere la padrona di casa e la modella che tubavano e si facevano gli occhi dolci per tutta la cena, non faceva altro che aumentare l’eccitazione di tutti.
La voglia di ritornare in camera da letto e di lasciare quel convivio era alle stelle.
La cena, il caffè, il liquore tutto finalmente ebbe termine.
Nel salire le scale che separavano il piano terra dal primo piano ove erano ubicate le camere da letto, il cuore mi palpitava come mai in passato.
La smania di chiudere la porta della camera alle spalle non aveva limiti.
Gli scalini interminabili.
Finalmente potei udire il rumore della mandata della serratura di quell’uscio che separava la mia amante e me dal resto del mondo.
Volevo godere di ogni singolo istante che avrei trascorso con quella donna, da quel momento in avanti e per il resto della notte.
Volevo dei lunghissimi preliminari, che nei due incontri precedenti non ci furono.
Volevo annusarla e respirarla, volevo che il suo profumo di splendida femmina inebriasse le mie narici, fino ad entrare nel più recondito anfratto del mio corpo.
Cademmo avvinghiati sul letto.
Ci divincolammo solo per levare i vestiti.
Quando fu nuda scesi con la testa fra le sua gambe per leccare e succhiare per un tempo interminabile e non perdere nulla del suo miele.
Potei godere di tutto il suo corpo, esplorarlo con le mani.
Per ritornare con la lingua al suo nettare, mentre l’ansimare si faceva intenso fino all’esplodere del piacere.
Venne il mio turno.
Prima con le sue mani, con movimenti lenti, cadenzati, sapienti.
Di seguito con il seno generoso ad accarezzare l’asta dura come l’acciaio.
Infine con le labbra e la lingua.
E mentre ancora disteso, mi saltò sopra a farsi penetrare dolcemente prima e con ritmo intenso e frenetico immediatamente dopo.
Ci fermammo si distese su di me, ero dentro di lei, mi intimò di restare immobile.
Le gocce di sudore calavano dalle nostre fronti e si univano come i nostri sessi.
Il mio membro sempre più turgido pulsava all’interno.
Le nostre braccia stringevano l’un l’altro fino a dolere.
Sentivo il piacere che dal suo ventre giungeva a tutto il corpo e alle nostre menti, con l’ansimare sempre più acuto.
Si calmò, ne approfittai.
La rovesciai d’imperio per prenderla da dietro.
Grondante di umori entrai facilmente e fu un esplodere del mio seme dentro.
Ci addormentammo profondamente.
Fummo svegliati nel cuore della notte di soprassalto.
Udimmo prima un indistinto parlare concitato e poco dopo si udì il timbro di voce della bruttina urlare: -Ma vaffanculo!
Alcuni passi allontanarsi.
Di nuovo silenzio.
Ritornammo a dormire.
Continua…
concordo: succede sempre quando le parole ti prendono in questo modo!Porca troia si è lungo e ci vuole tempo a scriverlo, ma cazzo finisce troppo presto. Ti coinvolge così tanto che non ti accorgi che finisce.
Racconto stupendo. Il registro verbale e i modi di fare denotano la tua signorilità. A prescindere da giudizi morali (mi par di aver capito che sei già impegnato) è davvero un bel racconto. È difficile poter rinunciare a vivere una simile esperienza.VIII
Dopo un breve riposo, mi preparai velocemente.
Mi sedetti in disparte lasciando il campo libero affinché si vestisse e truccasse per la cena.
Sapevo per esperienza che in questi momenti l’uomo deve togliersi di mezzo oppure farsi piccolo e senza dare nell’occhio, godere di quello che gli è dato osservare.
Soprattutto parlare solo se interrogato!
Quindi dalla poltrona in un canto della stanza potevo vederla andare e venire a passo veloce dalla stanza allo specchio del bagno.
Dapprima a piedi scalzi con un minuscolo perizoma nero.
Poi dopo il trucco, con i pochi altri indumenti estivi.
Il privilegio di potere assistere alla preparazione era estremamente eccitante.
Il calore saliva nel mio corpo fino alla testa il quale portava un istinto primordiale di scaraventarla sul letto.
Respirai profondamente, ripresi fiato e mi calmai, senza battere ciglio.
Un dubbio mi attanagliava improvviso: sarei stato all’altezza della nottata che mi si prospettava? Avevo già sparato le mie cartucce poco prima sotto la doccia. Avrei avuto la capacità di ricaricare?
La sua voce e la sua visione mi distolse da quel pensiero: - Sono pronta, scendiamo?
Al piano terra in una sala da pranzo affacciata sul giardino con piscina era elegantemente apparecchiata una tavola con sei posti.
Fummo i primi ad arrivare, nessun altro.
Nel giardino, illuminato dalla luce calda del tramonto, dove le ombre si facevano lunghe vi era una presenza inaspettata e sconosciuta.
Una giovane ragazza, una modella, capelli colore del miele, bellissima, eterea, camminava con innata signorilità su tacchi altissimi, intenta a conversare al telefono in una lingua per noi incomprensibile.
In sala da pranzo ci raggiunsero la bruttina tatuata seguita dall’orsetto di peluche, la quale si era risistemata e, truccata e agghindata, pareva meno peggio di quanto non figurasse al pomeriggio.
Il suo accompagnatore sempre dall’abbigliamento trascurato e per nulla incline a socializzare con gli astanti, soltanto interessato allo schermo del suo telefono.
All’arrivo della padrona di casa, la bruttina sempre con lingua tagliente la aggredì dicendole: -Chi cazzo è quella strafiga li fuori? Ti scopi una modella adesso?
La padrona di casa sorrise senza rispondere, ma quel sorriso inequivocabilmente significava un “si” soddisfatto e compiaciuto all’ultima domanda.
La bruttina continuò con atteggiamento di sfida misto a stupore affettato: - Non ci posso credere, se quella sta con te è solo perché la paghi! Non c’è altra spiegazione! Dai ammettilo! A noi non puoi raccontare cazzate!
Si concluse lunga telefonata della modella che dal fondo del giardino, accanto la balaustra, si incamminò, costeggiando il bordo della piscina come su una passerella di moda, per dirigersi alla sala da pranzo.
Gli occhi di tutti, tranne quelli dell’orsetto di peluche disinteressato al mondo, erano puntati sull’incedere della modella che, con sorriso radioso, faceva un ingresso trionfale nel locale da pranzo.
Si diresse alla padrona di casa alla quale diede un bacio, non certo da amica ma sicuramente da amante e poi con accento straniero salutò noi altri presenti.
La modella non parlava una parola d’italiano.
Con non poche difficoltà il dialogo si sviluppò in parte in inglese, lingua che la padrona di casa parlava molto bene.
Ciononostante la cena trascorse piacevolmente veloce, senza imbarazzi, tra grandi risate e bagnata dall’ottimo vino da uve prodotte nei poderi vicini alla villa, condita dalle battute salaci, spesso ironicamente affilate come lame di coltelli che le tre amiche metaforicamente si lanciavano.
Vedere la padrona di casa e la modella che tubavano e si facevano gli occhi dolci per tutta la cena, non faceva altro che aumentare l’eccitazione di tutti.
La voglia di ritornare in camera da letto e di lasciare quel convivio era alle stelle.
La cena, il caffè, il liquore tutto finalmente ebbe termine.
Nel salire le scale che separavano il piano terra dal primo piano ove erano ubicate le camere da letto, il cuore mi palpitava come mai in passato.
La smania di chiudere la porta della camera alle spalle non aveva limiti.
Gli scalini interminabili.
Finalmente potei udire il rumore della mandata della serratura di quell’uscio che separava la mia amante e me dal resto del mondo.
Volevo godere di ogni singolo istante che avrei trascorso con quella donna, da quel momento in avanti e per il resto della notte.
Volevo dei lunghissimi preliminari, che nei due incontri precedenti non ci furono.
Volevo annusarla e respirarla, volevo che il suo profumo di splendida femmina inebriasse le mie narici, fino ad entrare nel più recondito anfratto del mio corpo.
Cademmo avvinghiati sul letto.
Ci divincolammo solo per levare i vestiti.
Quando fu nuda scesi con la testa fra le sua gambe per leccare e succhiare per un tempo interminabile e non perdere nulla del suo miele.
Potei godere di tutto il suo corpo, esplorarlo con le mani.
Per ritornare con la lingua al suo nettare, mentre l’ansimare si faceva intenso fino all’esplodere del piacere.
Venne il mio turno.
Prima con le sue mani, con movimenti lenti, cadenzati, sapienti.
Di seguito con il seno generoso ad accarezzare l’asta dura come l’acciaio.
Infine con le labbra e la lingua.
E mentre ancora disteso, mi saltò sopra a farsi penetrare dolcemente prima e con ritmo intenso e frenetico immediatamente dopo.
Ci fermammo si distese su di me, ero dentro di lei, mi intimò di restare immobile.
Le gocce di sudore calavano dalle nostre fronti e si univano come i nostri sessi.
Il mio membro sempre più turgido pulsava all’interno.
Le nostre braccia stringevano l’un l’altro fino a dolere.
Sentivo il piacere che dal suo ventre giungeva a tutto il corpo e alle nostre menti, con l’ansimare sempre più acuto.
Si calmò, ne approfittai.
La rovesciai d’imperio per prenderla da dietro.
Grondante di umori entrai facilmente e fu un esplodere del mio seme dentro.
Ci addormentammo profondamente.
Fummo svegliati nel cuore della notte di soprassalto.
Udimmo prima un indistinto parlare concitato e poco dopo si udì il timbro di voce della bruttina urlare: -Ma vaffanculo!
Alcuni passi allontanarsi.
Di nuovo silenzio.
Ritornammo a dormire.
Continua…
Peccato non scriva più...VIII
Dopo un breve riposo, mi preparai velocemente.
Mi sedetti in disparte lasciando il campo libero affinché si vestisse e truccasse per la cena.
Sapevo per esperienza che in questi momenti l’uomo deve togliersi di mezzo oppure farsi piccolo e senza dare nell’occhio, godere di quello che gli è dato osservare.
Soprattutto parlare solo se interrogato!
Quindi dalla poltrona in un canto della stanza potevo vederla andare e venire a passo veloce dalla stanza allo specchio del bagno.
Dapprima a piedi scalzi con un minuscolo perizoma nero.
Poi dopo il trucco, con i pochi altri indumenti estivi.
Il privilegio di potere assistere alla preparazione era estremamente eccitante.
Il calore saliva nel mio corpo fino alla testa il quale portava un istinto primordiale di scaraventarla sul letto.
Respirai profondamente, ripresi fiato e mi calmai, senza battere ciglio.
Un dubbio mi attanagliava improvviso: sarei stato all’altezza della nottata che mi si prospettava? Avevo già sparato le mie cartucce poco prima sotto la doccia. Avrei avuto la capacità di ricaricare?
La sua voce e la sua visione mi distolse da quel pensiero: - Sono pronta, scendiamo?
Al piano terra in una sala da pranzo affacciata sul giardino con piscina era elegantemente apparecchiata una tavola con sei posti.
Fummo i primi ad arrivare, nessun altro.
Nel giardino, illuminato dalla luce calda del tramonto, dove le ombre si facevano lunghe vi era una presenza inaspettata e sconosciuta.
Una giovane ragazza, una modella, capelli colore del miele, bellissima, eterea, camminava con innata signorilità su tacchi altissimi, intenta a conversare al telefono in una lingua per noi incomprensibile.
In sala da pranzo ci raggiunsero la bruttina tatuata seguita dall’orsetto di peluche, la quale si era risistemata e, truccata e agghindata, pareva meno peggio di quanto non figurasse al pomeriggio.
Il suo accompagnatore sempre dall’abbigliamento trascurato e per nulla incline a socializzare con gli astanti, soltanto interessato allo schermo del suo telefono.
All’arrivo della padrona di casa, la bruttina sempre con lingua tagliente la aggredì dicendole: -Chi cazzo è quella strafiga li fuori? Ti scopi una modella adesso?
La padrona di casa sorrise senza rispondere, ma quel sorriso inequivocabilmente significava un “si” soddisfatto e compiaciuto all’ultima domanda.
La bruttina continuò con atteggiamento di sfida misto a stupore affettato: - Non ci posso credere, se quella sta con te è solo perché la paghi! Non c’è altra spiegazione! Dai ammettilo! A noi non puoi raccontare cazzate!
Si concluse lunga telefonata della modella che dal fondo del giardino, accanto la balaustra, si incamminò, costeggiando il bordo della piscina come su una passerella di moda, per dirigersi alla sala da pranzo.
Gli occhi di tutti, tranne quelli dell’orsetto di peluche disinteressato al mondo, erano puntati sull’incedere della modella che, con sorriso radioso, faceva un ingresso trionfale nel locale da pranzo.
Si diresse alla padrona di casa alla quale diede un bacio, non certo da amica ma sicuramente da amante e poi con accento straniero salutò noi altri presenti.
La modella non parlava una parola d’italiano.
Con non poche difficoltà il dialogo si sviluppò in parte in inglese, lingua che la padrona di casa parlava molto bene.
Ciononostante la cena trascorse piacevolmente veloce, senza imbarazzi, tra grandi risate e bagnata dall’ottimo vino da uve prodotte nei poderi vicini alla villa, condita dalle battute salaci, spesso ironicamente affilate come lame di coltelli che le tre amiche metaforicamente si lanciavano.
Vedere la padrona di casa e la modella che tubavano e si facevano gli occhi dolci per tutta la cena, non faceva altro che aumentare l’eccitazione di tutti.
La voglia di ritornare in camera da letto e di lasciare quel convivio era alle stelle.
La cena, il caffè, il liquore tutto finalmente ebbe termine.
Nel salire le scale che separavano il piano terra dal primo piano ove erano ubicate le camere da letto, il cuore mi palpitava come mai in passato.
La smania di chiudere la porta della camera alle spalle non aveva limiti.
Gli scalini interminabili.
Finalmente potei udire il rumore della mandata della serratura di quell’uscio che separava la mia amante e me dal resto del mondo.
Volevo godere di ogni singolo istante che avrei trascorso con quella donna, da quel momento in avanti e per il resto della notte.
Volevo dei lunghissimi preliminari, che nei due incontri precedenti non ci furono.
Volevo annusarla e respirarla, volevo che il suo profumo di splendida femmina inebriasse le mie narici, fino ad entrare nel più recondito anfratto del mio corpo.
Cademmo avvinghiati sul letto.
Ci divincolammo solo per levare i vestiti.
Quando fu nuda scesi con la testa fra le sua gambe per leccare e succhiare per un tempo interminabile e non perdere nulla del suo miele.
Potei godere di tutto il suo corpo, esplorarlo con le mani.
Per ritornare con la lingua al suo nettare, mentre l’ansimare si faceva intenso fino all’esplodere del piacere.
Venne il mio turno.
Prima con le sue mani, con movimenti lenti, cadenzati, sapienti.
Di seguito con il seno generoso ad accarezzare l’asta dura come l’acciaio.
Infine con le labbra e la lingua.
E mentre ancora disteso, mi saltò sopra a farsi penetrare dolcemente prima e con ritmo intenso e frenetico immediatamente dopo.
Ci fermammo si distese su di me, ero dentro di lei, mi intimò di restare immobile.
Le gocce di sudore calavano dalle nostre fronti e si univano come i nostri sessi.
Il mio membro sempre più turgido pulsava all’interno.
Le nostre braccia stringevano l’un l’altro fino a dolere.
Sentivo il piacere che dal suo ventre giungeva a tutto il corpo e alle nostre menti, con l’ansimare sempre più acuto.
Si calmò, ne approfittai.
La rovesciai d’imperio per prenderla da dietro.
Grondante di umori entrai facilmente e fu un esplodere del mio seme dentro.
Ci addormentammo profondamente.
Fummo svegliati nel cuore della notte di soprassalto.
Udimmo prima un indistinto parlare concitato e poco dopo si udì il timbro di voce della bruttina urlare: -Ma vaffanculo!
Alcuni passi allontanarsi.
Di nuovo silenzio.
Ritornammo a dormire.
Continua…