patrulla
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Questi racconti facenti parte delle “Sporche storie” sono basati su avvenimenti reali che mi sono stati raccontati da utenti del forum, da amici o che ho vissuto personalmente. Per garantire al massimo la privacy dei protagonisti si tratta di storie che poi sono state romanzate, con i nomi dei protagonisti e i luoghi che sono di fantasia. Essendo in alcuni casi delle vicende che hanno avuto risvolti giudiziari e mediatici, voglio ribadire che ogni commento è ben gradito ma evitate in ogni caso di fare nomi oppure di fare dei riferimenti - come purtroppo avvenuto in passato - perché altrimenti poi sarei costretto a chiedere di rimuovere il racconto. Buona lettura, Patrulla.
Prima parte
Quando andrò a finire di raccontarvi la mia storia vi dirò in ultimo qual è stata la cosa che mi ha provocato più rammarico; rispetto a tutti gli avvenimenti che mi sono accaduti potrebbe sembrare una sciocchezza, un pensiero da mettere in coda rispetto a tutti gli altri all’apparenza ben più importanti, eppure ora che mi sono messo a scrivere questa cosa continua a rimbalzarmi in mente.
Il mio nome è Matteo, ho superato i 30 anni è sono un ragazzo molto bello - ma molto e vi giuro non è per vantarmi anche perché ho ben poco da fare il saputello - nato in una cittadina siciliana della costa più lontana dal continente.
Quando avevo 14 o 15 anni, non ricordo bene, con la squadra di calcio con cui giocavo andammo a fare un torneo a Palermo. Avevamo un pomeriggio libero e andai insieme a Tano, il mio grande amico, a prenderci un gelato. Qui tra i tavoli c’erano delle ragazze più grandi, o liceali all’ultimo anno oppure universitarie.
Quando finimmo e andammo a pagare passando vicino il loro tavolo una mi fece “ehi moretto, cbcr..” e loro tutte a ridere. Io non capivo “scusa che vuol dire cbcr”, e lei “cresci bene che ripassiamo…”. Divenni rosso come un peperone e ce ne andammo mentre loro continuavano a ridere.
Ecco questo per farvi capire come la mia bellezza sia proprio evidente: alto circa 1,80, sono un perfetto incrocio tra i siculi e i normanni, moro con la carnagione scura e gli occhi verde chiari. I lineamenti sono molti belli, i capelli li porto corti e ho un fisico atletico e modellato non dalla palestra, ma dalle cassette di pesce che ho scaricato per anni ogni mattina al porto.
Non vengo da una famiglia ricca, un diploma l’ho preso ma poi ho iniziato a lavorare per dare una mano a casa. Lavoravo per uno molto conosciuto da noi: al mattino presto al porto a scaricare il pesce, poi con la bici o il motorino andavo a fare le consegne. Fino a quando ho retto giochicchiavo anche a calcio mentre poi la il tardo pomeriggio pensavo alle ragazze.
Naturalmente ero molto ammirato e corteggiato, anche da ragazze più grandi o donne sposate. Non mi sono mai legato troppo sentimentalmente fino a quando non ho conosciuto Chiara, quella che tuttora è la mia compagna.
Come vi dicevo per un lungo periodo ho vissuto come in simbiosi con Tano. A scuola insieme, a calcio insieme e nel tempo libero assieme. Siamo passati dalle partite al campetto alle seghe con i giornaletti porno che trovavamo in campagna fino alle prime avventure, alle prime sbornie e ai primi spinelli. Anche a lavoro poi insieme visto che mollò subito l’università e torno in città.
Lui è sempre stato più intelligente di me - non che io sono stupido ma di certo non ho la sua cultura -, anche più simpatico e spigliato. Da ragazzi le ragazze notavano a me, però era lui che attaccava bottone e, se poi io andavo con la più bella di quel gruppo, lui poi se la rimediava con la più carina delle amiche anche perché è un bel ragazzo, forse un po’ bassino e tarchiatello.
Era anche più tormentato di me: se la sera una birra e una canna tra amici mi erano gradite, del resto non c’era molto altro da fare quando non era estate e arrivavano i turisti, anche lì quante scopate…, lui invece iniziò ad andare oltre con la droga.
Inevitabilmente un po’ ci allontanammo: lavoravamo sempre assieme, pranzavamo assieme ma poi lui aveva le sue cose da fare e nel nostro storico punto di ritrovo della nostra combriccola di amici si faceva sempre più raramente, ovvero quando era più presentabile.
Io però come ho sempre fatto continuavo a confidarmi sempre con lui, a chiedergli consigli e cose del genere. Quando iniziai a uscire con Chiara e gli dissi che a me piaceva molto mi suggerì di provare a stare insieme con lei “Mattè qui la gente mormora, sei andato con troppe ragazze anche sposate, fai vedere che hai messo l testa a posto e stai tranquillo e magari la gente inizia a guardarti meno di traverso”.
In effetti in alcune circostanze forse avevo tirato un po’ troppo la corda, così quando Chiara dopo le prime scopate mi disse se volevamo vederci anche a cena, accettai ben volentieri e una settimana dopo eravamo fidanzati.
Chiara è la terza di sei figli, il padre è marinaio e la madre casalinga. A singhiozzo ha preso un attestato da parrucchiera e, quando l’ho conosciuta a 18 anni, andava con la cugina per le case a fare i capelli alle vecchie e ai bambini.
Viveva in un paese poco lontano dal mio e in giro da noi si era vista quando per un periodo frequentò un ragazzo, figlio di un dottore e di una gran gnocca che mi sono scopato due volte quando le portavo il pesce nella loro villetta, delle mie parti.
Del resto non passava inosservata. Alta circa 1,70, capelli castano chiaro e due occhioni celesti magnifici. Il naso piccolino come la bocca, la carnagione chiara, le gote rosee e un sorriso che ti ammaliava.
Magra con una seconda di seno abbondante e molto soda - per chi ama i capezzoloni chiari c’era da impazzire - la vita strettissima che anticipava dei fianchi larghissimi e un culo gigantesco, sporgente e sodo. Quando cammina puoi metterci un bicchiere sulle sue chiappe per quanto sono sporgenti e sproporzionate con il resto del corpo.
Le cosce sono belle tornite e la caviglia fina, ma è il culo che assomiglia a quello degli uomini quando a carnevale per vestirsi da donne si mettono non so credo un cuscino dietro. Ecco forse il paragone più azzeccato è con alcune ragazze di colore sudamericane, che hanno questi culoni enormi - ma sodi e ben fatti - che quando camminano sembrano un po’ goffe.
Quando smise di frequentare quel ragazzo prese l’abitudine con le amiche a passeggiare da noi il sabato e, un bocconcino così, non poteva sfuggire a Matteo. Lei come ragazza è molto semplice, abbastanza timida, molto educata e ben gentile.
Ci volette un po’ prima di convincerla a vederci senza le sue amiche e, la prima volta che ci appartammo nella mia macchina, quando le alzai il vestito e scoprii il culo restai senza parole, e di culi vi assicuro che ne ho visti… restai senza fiato anche quando me lo prese in bocca: io ho un cazzo particolare, abbastanza lungo sui 18/19 cm ma non tanto largo e con una grossa cappella.
Lei più che leccare e succhiare iniziò subito a provare a prenderlo tutto in gola, menandomelo furiosamente quando si staccava per rifiatare. Messa a pecora vi giuro che faticai non poco a resistere per 5 minuti prima di sborrare nel preservativo.
La seconda volta eravamo in un casale abbandonammo e me la scopai meglio. Mentre era a pecora provai a metterle un dito nel culo e lei non disse nulla, poi due e mugolava e allora iniziai a insalivare il buchetto. “Fai piano” fece con voce rotta quando iniziai a premere per farlo entrare.
Da fidanzati le dissi che i pompini mi piacevano più lenti, e lei quasi si mise a piangere. Mi disse che l’altro ragazzo, il figlio del dottore che l’aveva sverginata visto che lei ingenua sperava di accasarsi, le aveva insegnato così. In pratica questo, con un cazzo più piccolo del mio, amava scoparle la gola e poi incularla, quando si stancò ciao e arrivederci.
Dopo qualche mese che eravamo fidanzati una sera che era alticcio mi fece mentre eravamo solo uomini in piazzetta “allora te l’ho svezzata bene Chiara? Anche a te fa sborrare in bocca e si fa inculare?”. Io gli avrei voluto dire che era meglio sua madre - in effetti i suoi pompini erano super - ma stetti zitto e me ne andai senza rispondere.
Tano disse che avevo fatto bene, che il padre è chiacchierato e che è meglio stare lontano da lui. Anche a lui Chiara piaceva “è una brava ragazza, poi Mattè ma che culo ha… io non ho mai visto una cosa del genere, beato te”.
Se Chiara subito mi disse che mi amava per me - nonostante sul momento le dissi che anche per me era così - fu invece una cosa più lenta, giorno dopo giorno, e capii che ero innamorato quando una gnoccolona in vacanza me la sbattette davanti al muso e io le dissi che dovevo andare via.
Ecco proprio quell’estate la mia vita è cambiata. Dopo aver staccato ero andato in spiaggia con Tano a fare un bagno e una birra. Uscito dal mare raggiunsi il mio amico sotto un’ombra e poco dopo arrivò un signore sulla cinquantina, grassottello e quasi pelato ma con l’aria simpatica e ben vestito nel suo abbigliamento da mare.
Giuseppe, Peppe per tutti, è un conterraneo che da anni però vive a Roma. Lui ha un’agenzia di spettacolo e, vedendomi, iniziò a farmi delle domande. Così mi disse a settembre di andare da lui a Roma se volevo provare a lavorare nella moda, nella tv o nel cinema. Io ringraziai e ci scambiammo i numeri, poi la sera dissi la cosa a Chiara.
Lei prima ascoltava divertita la storia, poi dopo una decina di minuti mentre passeggiavamo mi fece “io non ce la faccio più a vivere qui, ti prego Mattè portami via che sennò impazzisco. Andiamo insieme a Roma, io cerco lavoro come parrucchiera e tu provi con questa agenzia, male che va c’è mio cugino Luca che da tempo sta lì e lavora con una ditta, volendo può aiutarci”.
L’idea non mi dispiaceva: più volte mi ero domandato che futuro potessi avere lì, a spaccarmi la schiena per avere i soldi giusto per campare e dare una mano in famiglia. Chiara aveva ragione, mi si era palesata una possibilità e sarebbe stato stupido non provare a giocarmi le mie chance.
Del resto oltre alla presenza fisica ho una buona dizione, mio padre a casa per motivi politici ha sempre ripetuto “sei italiano devi parlare italiano”, anche se poi in giro parlavamo tutti in dialetto. Mia nonna poi era inglese e stava con noi, quindi lo parlo abbastanza bene e in estate tanti mi chiamavo a fare da interprete quando arrivavano turisti stranieri.
Dissi a Tano che volevo accettare l’invito di Peppe e andare con Chiara a Roma a settembre. Lui aveva gli occhiali da sole messi e beveva la sua birra molto lentamente, segno che era abbastanza fatto. “Conosci l’ideale dell’ostrica” mi fece, e io gli dissi che non sapevo minimamente cosa cazzo fosse.
Lui abbozzò un sorriso e mi disse “mi devi fare una promessa però, se diventi ricco e famoso non ti dimenticare di Tanuzzo che da questa merda non se ne andrà mai”. Gli detti un pugnetto e ridemmo, poi mi disse di andare a casa sua e mi dette alcune camicie buone che aveva e un paio di scarpe “a te stanno meglio, io non ci faccio nulla così a Roma fai una bella figura”.
Per Chiara non fu facile convincere la madre a farla andare: lei aveva mille timori e più di una volta ci supplicò di non andare. Alla fine però capì la nostra volontà e prima di partire alla figlia dette 200 euro “di più non ho bella di mamma tua”.
Io vendetti la macchina e qualche piccolo risparmio lo avevo. Anche i miei mi dettero qualcosa e partimmo con il pullman. Avevamo subito una fortuna: suo cugino Luca poteva ospitarci da lui perché nella sua camera c’era una stanza sfitta e solo a novembre il futuro coinquilino sarebbe entrato.
Potevamo stare lì facendo massima attenzione e con la massima discrezione, così avevamo un mesetto buono per trovare casa. In più mi disse che, nella ditta di traslochi dove lavorava, volendo poteva farmi entrare. “Grazie Lù, la schiena già ce l’ho rotta dal pesce ma se non dovesse andare bene di certo vengo con te”.
Per Chiara era la prima volta che andava fuori dalla Sicilia, io più o meno se si toglie alcuni viaggi di famiglia da parenti e alcune trasferte per seguire la squadra di calcio della mia cittadina. Tutto ci sembrava incredibile, potrebbe sembrare esagerato ma Chiara aveva quasi paura a prendere la metropolitana la prima volta…
Con Peppe ci eravamo già accordati per un colloquio, gli dissi che con me c’era la mia ragazza e che anche a lei sarebbe piaciuto tentare la carriera nel mondo dello spettacolo. Mi disse di farla venire e che poi ne avremmo parlato.
Arrivammo in ritardo alla sua agenzia perché facemmo un casino con i mezzi pubblici, mi scusai e lui ci fece accomodare. Mi spiegò che la sua non era un’agenzia dei grandi divi, ma che con lui si lavorava e mi ha fatto un lungo elenco di artisti che hanno iniziato con lui per poi spiccare il volo.
Mi disse subito che c’erano diversi lavori per me e che potevo scegliere: 1.500 euro al mese più extra solo in caso di ingaggi importanti, oppure il 50% di ogni lavoro che mi trovava. Ero indeciso e lui mi disse “facciamo così, per tre mesi ti faccio il contratto da 1.500 euro, poi se vuoi proseguiamo oppure passiamo al 50%”.
Accettai e mi disse che il giorno dopo sarei dovuto ritornare a fare il book. Poi gli dissi di Chiara e lui “si si non mi ero scordato, guarda domani vieni anche tu e facciamo il book pure a lei, porta abito lungo, abito corto, costume e intimo, poi se vuole mi firma la delega e cerchiamo di far lavorare anche lei però a gettone”. Chiara disse che non aveva cose adatte e lui disse che allora il fotografo le avrebbe trovato qualcosa dal guardaroba.
Per noi andava bene, ci salutammo e gli chiedemmo indicazioni per i mezzi. Lui ci guardò e ci disse di seguirlo nel garage. Lì aveva alcuni scooter “lo ai guidare?”, “sì certo”, allora mi dette le chiavi e due caschi “come hai i soldi per comprartene uno tuo però me lo ridai, e vacci piano”.
Eravamo entrambi felici, ci facemmo una lunghissima passeggiata in centro ammaliati da quelle bellezze. Poi quel traffico, quelle bellezze finora sempre viste in tv o in foto, tutta quella gente… per noi era come iniziare una nuova vita.
Il giorno dopo anche con il motorino ci perdemmo ugualmente… Peppe ci accolse e ci mandò in un appartamento di fianco dove avevano una sorta di piccolo teatro di posa. Il fotografo Italo è un romanaccio sulla cinquantina, magro ma con la pancia con la sigaretta perennemente in bocca e i capelli brizzolati a spazzola. Di certo più trasandato rispetto a Peppe ma anche lui molto simpatico.
Fece le foto a me e mi fece i complimenti “sono venute belle foto, si vede che sei adatto a sto lavoro”. Poi toccò a Chiara, le chiese la taglia di vestito e il numero di scarpe poi le dette un abito rosso lungo e scarpe dello stesso colore “però te trucchi da sola”.
Per lei era la primissima volta ed era tesissima nonostante la mia presenza. Italo lo capì e fece battute per cercare di tranquillizzarla “attenta a non cadè sennò te spezzi pe quanno sei tesa”. Poi passò a un vestito molto corto che evidenziava le sue forme e ogni volta che le diceva come mettersi si vedeva che la palpava.
Poi le dette un intimo molto bello e curato, le stava benissimo. Le fece tante foto girata di culo e poi le dette un costume che sotto praticamente era un filo. Io ero un po’ agitato dai suoi modi ma facevo finta di niente. Questa volta la mise in alcune posizione veramente oscene, culo all’aria o inginocchiata su una sedia.
Poi quasi scattai quando le disse di togliersi il sotto che “devo vedè na cosa”, lei mi guardò e io annuii con il capo, lo sfilò e lui prese con modi buschi la piegò, iniziò a toccarle il culo allargandole in ogni modo le chiappe. Stavo per intervenire quando si tirò indietro e fece “non mi stai a pijà per culo, non è rifatto sto culone che hai non ci sono cicatrici, però bella te devi depilà tutta la patata che guarda un po’” e dalla schermo della macchina le fece vedere come i peli uscivano fuori dal costume.
Lei era rossissima e disse va bene, poi si rivestì e tornammo da Peppe “sabato c’è un lavoretto per voi due, mio io e te Matteo iniziamo a fare cose un po’ più serie”. Ci mandò così a un convegno organizzato da una parlamentare. Dovevamo vestirci bene e non fare nulla, sennò applaudire quando uno ci diceva di applaudire.
Dopo un paio di ore finì tutto, il tizio dette 50 euro a Chiara e altre 50 a me “extra perché hai tenuto la bandiera e poi perché mi state simpatici”. I soldi più facili della mia vita “amore - le feci - andiamocene a cena con questi soldi che è una serata così bella”.
Così andammo a cena, fu una serata bellissima e la sera facemmo l’amore che eravamo soli in casa. Eravamo molto felici e contenti, in quel momento. CONTINUA…
Prima parte
Quando andrò a finire di raccontarvi la mia storia vi dirò in ultimo qual è stata la cosa che mi ha provocato più rammarico; rispetto a tutti gli avvenimenti che mi sono accaduti potrebbe sembrare una sciocchezza, un pensiero da mettere in coda rispetto a tutti gli altri all’apparenza ben più importanti, eppure ora che mi sono messo a scrivere questa cosa continua a rimbalzarmi in mente.
Il mio nome è Matteo, ho superato i 30 anni è sono un ragazzo molto bello - ma molto e vi giuro non è per vantarmi anche perché ho ben poco da fare il saputello - nato in una cittadina siciliana della costa più lontana dal continente.
Quando avevo 14 o 15 anni, non ricordo bene, con la squadra di calcio con cui giocavo andammo a fare un torneo a Palermo. Avevamo un pomeriggio libero e andai insieme a Tano, il mio grande amico, a prenderci un gelato. Qui tra i tavoli c’erano delle ragazze più grandi, o liceali all’ultimo anno oppure universitarie.
Quando finimmo e andammo a pagare passando vicino il loro tavolo una mi fece “ehi moretto, cbcr..” e loro tutte a ridere. Io non capivo “scusa che vuol dire cbcr”, e lei “cresci bene che ripassiamo…”. Divenni rosso come un peperone e ce ne andammo mentre loro continuavano a ridere.
Ecco questo per farvi capire come la mia bellezza sia proprio evidente: alto circa 1,80, sono un perfetto incrocio tra i siculi e i normanni, moro con la carnagione scura e gli occhi verde chiari. I lineamenti sono molti belli, i capelli li porto corti e ho un fisico atletico e modellato non dalla palestra, ma dalle cassette di pesce che ho scaricato per anni ogni mattina al porto.
Non vengo da una famiglia ricca, un diploma l’ho preso ma poi ho iniziato a lavorare per dare una mano a casa. Lavoravo per uno molto conosciuto da noi: al mattino presto al porto a scaricare il pesce, poi con la bici o il motorino andavo a fare le consegne. Fino a quando ho retto giochicchiavo anche a calcio mentre poi la il tardo pomeriggio pensavo alle ragazze.
Naturalmente ero molto ammirato e corteggiato, anche da ragazze più grandi o donne sposate. Non mi sono mai legato troppo sentimentalmente fino a quando non ho conosciuto Chiara, quella che tuttora è la mia compagna.
Come vi dicevo per un lungo periodo ho vissuto come in simbiosi con Tano. A scuola insieme, a calcio insieme e nel tempo libero assieme. Siamo passati dalle partite al campetto alle seghe con i giornaletti porno che trovavamo in campagna fino alle prime avventure, alle prime sbornie e ai primi spinelli. Anche a lavoro poi insieme visto che mollò subito l’università e torno in città.
Lui è sempre stato più intelligente di me - non che io sono stupido ma di certo non ho la sua cultura -, anche più simpatico e spigliato. Da ragazzi le ragazze notavano a me, però era lui che attaccava bottone e, se poi io andavo con la più bella di quel gruppo, lui poi se la rimediava con la più carina delle amiche anche perché è un bel ragazzo, forse un po’ bassino e tarchiatello.
Era anche più tormentato di me: se la sera una birra e una canna tra amici mi erano gradite, del resto non c’era molto altro da fare quando non era estate e arrivavano i turisti, anche lì quante scopate…, lui invece iniziò ad andare oltre con la droga.
Inevitabilmente un po’ ci allontanammo: lavoravamo sempre assieme, pranzavamo assieme ma poi lui aveva le sue cose da fare e nel nostro storico punto di ritrovo della nostra combriccola di amici si faceva sempre più raramente, ovvero quando era più presentabile.
Io però come ho sempre fatto continuavo a confidarmi sempre con lui, a chiedergli consigli e cose del genere. Quando iniziai a uscire con Chiara e gli dissi che a me piaceva molto mi suggerì di provare a stare insieme con lei “Mattè qui la gente mormora, sei andato con troppe ragazze anche sposate, fai vedere che hai messo l testa a posto e stai tranquillo e magari la gente inizia a guardarti meno di traverso”.
In effetti in alcune circostanze forse avevo tirato un po’ troppo la corda, così quando Chiara dopo le prime scopate mi disse se volevamo vederci anche a cena, accettai ben volentieri e una settimana dopo eravamo fidanzati.
Chiara è la terza di sei figli, il padre è marinaio e la madre casalinga. A singhiozzo ha preso un attestato da parrucchiera e, quando l’ho conosciuta a 18 anni, andava con la cugina per le case a fare i capelli alle vecchie e ai bambini.
Viveva in un paese poco lontano dal mio e in giro da noi si era vista quando per un periodo frequentò un ragazzo, figlio di un dottore e di una gran gnocca che mi sono scopato due volte quando le portavo il pesce nella loro villetta, delle mie parti.
Del resto non passava inosservata. Alta circa 1,70, capelli castano chiaro e due occhioni celesti magnifici. Il naso piccolino come la bocca, la carnagione chiara, le gote rosee e un sorriso che ti ammaliava.
Magra con una seconda di seno abbondante e molto soda - per chi ama i capezzoloni chiari c’era da impazzire - la vita strettissima che anticipava dei fianchi larghissimi e un culo gigantesco, sporgente e sodo. Quando cammina puoi metterci un bicchiere sulle sue chiappe per quanto sono sporgenti e sproporzionate con il resto del corpo.
Le cosce sono belle tornite e la caviglia fina, ma è il culo che assomiglia a quello degli uomini quando a carnevale per vestirsi da donne si mettono non so credo un cuscino dietro. Ecco forse il paragone più azzeccato è con alcune ragazze di colore sudamericane, che hanno questi culoni enormi - ma sodi e ben fatti - che quando camminano sembrano un po’ goffe.
Quando smise di frequentare quel ragazzo prese l’abitudine con le amiche a passeggiare da noi il sabato e, un bocconcino così, non poteva sfuggire a Matteo. Lei come ragazza è molto semplice, abbastanza timida, molto educata e ben gentile.
Ci volette un po’ prima di convincerla a vederci senza le sue amiche e, la prima volta che ci appartammo nella mia macchina, quando le alzai il vestito e scoprii il culo restai senza parole, e di culi vi assicuro che ne ho visti… restai senza fiato anche quando me lo prese in bocca: io ho un cazzo particolare, abbastanza lungo sui 18/19 cm ma non tanto largo e con una grossa cappella.
Lei più che leccare e succhiare iniziò subito a provare a prenderlo tutto in gola, menandomelo furiosamente quando si staccava per rifiatare. Messa a pecora vi giuro che faticai non poco a resistere per 5 minuti prima di sborrare nel preservativo.
La seconda volta eravamo in un casale abbandonammo e me la scopai meglio. Mentre era a pecora provai a metterle un dito nel culo e lei non disse nulla, poi due e mugolava e allora iniziai a insalivare il buchetto. “Fai piano” fece con voce rotta quando iniziai a premere per farlo entrare.
Da fidanzati le dissi che i pompini mi piacevano più lenti, e lei quasi si mise a piangere. Mi disse che l’altro ragazzo, il figlio del dottore che l’aveva sverginata visto che lei ingenua sperava di accasarsi, le aveva insegnato così. In pratica questo, con un cazzo più piccolo del mio, amava scoparle la gola e poi incularla, quando si stancò ciao e arrivederci.
Dopo qualche mese che eravamo fidanzati una sera che era alticcio mi fece mentre eravamo solo uomini in piazzetta “allora te l’ho svezzata bene Chiara? Anche a te fa sborrare in bocca e si fa inculare?”. Io gli avrei voluto dire che era meglio sua madre - in effetti i suoi pompini erano super - ma stetti zitto e me ne andai senza rispondere.
Tano disse che avevo fatto bene, che il padre è chiacchierato e che è meglio stare lontano da lui. Anche a lui Chiara piaceva “è una brava ragazza, poi Mattè ma che culo ha… io non ho mai visto una cosa del genere, beato te”.
Se Chiara subito mi disse che mi amava per me - nonostante sul momento le dissi che anche per me era così - fu invece una cosa più lenta, giorno dopo giorno, e capii che ero innamorato quando una gnoccolona in vacanza me la sbattette davanti al muso e io le dissi che dovevo andare via.
Ecco proprio quell’estate la mia vita è cambiata. Dopo aver staccato ero andato in spiaggia con Tano a fare un bagno e una birra. Uscito dal mare raggiunsi il mio amico sotto un’ombra e poco dopo arrivò un signore sulla cinquantina, grassottello e quasi pelato ma con l’aria simpatica e ben vestito nel suo abbigliamento da mare.
Giuseppe, Peppe per tutti, è un conterraneo che da anni però vive a Roma. Lui ha un’agenzia di spettacolo e, vedendomi, iniziò a farmi delle domande. Così mi disse a settembre di andare da lui a Roma se volevo provare a lavorare nella moda, nella tv o nel cinema. Io ringraziai e ci scambiammo i numeri, poi la sera dissi la cosa a Chiara.
Lei prima ascoltava divertita la storia, poi dopo una decina di minuti mentre passeggiavamo mi fece “io non ce la faccio più a vivere qui, ti prego Mattè portami via che sennò impazzisco. Andiamo insieme a Roma, io cerco lavoro come parrucchiera e tu provi con questa agenzia, male che va c’è mio cugino Luca che da tempo sta lì e lavora con una ditta, volendo può aiutarci”.
L’idea non mi dispiaceva: più volte mi ero domandato che futuro potessi avere lì, a spaccarmi la schiena per avere i soldi giusto per campare e dare una mano in famiglia. Chiara aveva ragione, mi si era palesata una possibilità e sarebbe stato stupido non provare a giocarmi le mie chance.
Del resto oltre alla presenza fisica ho una buona dizione, mio padre a casa per motivi politici ha sempre ripetuto “sei italiano devi parlare italiano”, anche se poi in giro parlavamo tutti in dialetto. Mia nonna poi era inglese e stava con noi, quindi lo parlo abbastanza bene e in estate tanti mi chiamavo a fare da interprete quando arrivavano turisti stranieri.
Dissi a Tano che volevo accettare l’invito di Peppe e andare con Chiara a Roma a settembre. Lui aveva gli occhiali da sole messi e beveva la sua birra molto lentamente, segno che era abbastanza fatto. “Conosci l’ideale dell’ostrica” mi fece, e io gli dissi che non sapevo minimamente cosa cazzo fosse.
Lui abbozzò un sorriso e mi disse “mi devi fare una promessa però, se diventi ricco e famoso non ti dimenticare di Tanuzzo che da questa merda non se ne andrà mai”. Gli detti un pugnetto e ridemmo, poi mi disse di andare a casa sua e mi dette alcune camicie buone che aveva e un paio di scarpe “a te stanno meglio, io non ci faccio nulla così a Roma fai una bella figura”.
Per Chiara non fu facile convincere la madre a farla andare: lei aveva mille timori e più di una volta ci supplicò di non andare. Alla fine però capì la nostra volontà e prima di partire alla figlia dette 200 euro “di più non ho bella di mamma tua”.
Io vendetti la macchina e qualche piccolo risparmio lo avevo. Anche i miei mi dettero qualcosa e partimmo con il pullman. Avevamo subito una fortuna: suo cugino Luca poteva ospitarci da lui perché nella sua camera c’era una stanza sfitta e solo a novembre il futuro coinquilino sarebbe entrato.
Potevamo stare lì facendo massima attenzione e con la massima discrezione, così avevamo un mesetto buono per trovare casa. In più mi disse che, nella ditta di traslochi dove lavorava, volendo poteva farmi entrare. “Grazie Lù, la schiena già ce l’ho rotta dal pesce ma se non dovesse andare bene di certo vengo con te”.
Per Chiara era la prima volta che andava fuori dalla Sicilia, io più o meno se si toglie alcuni viaggi di famiglia da parenti e alcune trasferte per seguire la squadra di calcio della mia cittadina. Tutto ci sembrava incredibile, potrebbe sembrare esagerato ma Chiara aveva quasi paura a prendere la metropolitana la prima volta…
Con Peppe ci eravamo già accordati per un colloquio, gli dissi che con me c’era la mia ragazza e che anche a lei sarebbe piaciuto tentare la carriera nel mondo dello spettacolo. Mi disse di farla venire e che poi ne avremmo parlato.
Arrivammo in ritardo alla sua agenzia perché facemmo un casino con i mezzi pubblici, mi scusai e lui ci fece accomodare. Mi spiegò che la sua non era un’agenzia dei grandi divi, ma che con lui si lavorava e mi ha fatto un lungo elenco di artisti che hanno iniziato con lui per poi spiccare il volo.
Mi disse subito che c’erano diversi lavori per me e che potevo scegliere: 1.500 euro al mese più extra solo in caso di ingaggi importanti, oppure il 50% di ogni lavoro che mi trovava. Ero indeciso e lui mi disse “facciamo così, per tre mesi ti faccio il contratto da 1.500 euro, poi se vuoi proseguiamo oppure passiamo al 50%”.
Accettai e mi disse che il giorno dopo sarei dovuto ritornare a fare il book. Poi gli dissi di Chiara e lui “si si non mi ero scordato, guarda domani vieni anche tu e facciamo il book pure a lei, porta abito lungo, abito corto, costume e intimo, poi se vuole mi firma la delega e cerchiamo di far lavorare anche lei però a gettone”. Chiara disse che non aveva cose adatte e lui disse che allora il fotografo le avrebbe trovato qualcosa dal guardaroba.
Per noi andava bene, ci salutammo e gli chiedemmo indicazioni per i mezzi. Lui ci guardò e ci disse di seguirlo nel garage. Lì aveva alcuni scooter “lo ai guidare?”, “sì certo”, allora mi dette le chiavi e due caschi “come hai i soldi per comprartene uno tuo però me lo ridai, e vacci piano”.
Eravamo entrambi felici, ci facemmo una lunghissima passeggiata in centro ammaliati da quelle bellezze. Poi quel traffico, quelle bellezze finora sempre viste in tv o in foto, tutta quella gente… per noi era come iniziare una nuova vita.
Il giorno dopo anche con il motorino ci perdemmo ugualmente… Peppe ci accolse e ci mandò in un appartamento di fianco dove avevano una sorta di piccolo teatro di posa. Il fotografo Italo è un romanaccio sulla cinquantina, magro ma con la pancia con la sigaretta perennemente in bocca e i capelli brizzolati a spazzola. Di certo più trasandato rispetto a Peppe ma anche lui molto simpatico.
Fece le foto a me e mi fece i complimenti “sono venute belle foto, si vede che sei adatto a sto lavoro”. Poi toccò a Chiara, le chiese la taglia di vestito e il numero di scarpe poi le dette un abito rosso lungo e scarpe dello stesso colore “però te trucchi da sola”.
Per lei era la primissima volta ed era tesissima nonostante la mia presenza. Italo lo capì e fece battute per cercare di tranquillizzarla “attenta a non cadè sennò te spezzi pe quanno sei tesa”. Poi passò a un vestito molto corto che evidenziava le sue forme e ogni volta che le diceva come mettersi si vedeva che la palpava.
Poi le dette un intimo molto bello e curato, le stava benissimo. Le fece tante foto girata di culo e poi le dette un costume che sotto praticamente era un filo. Io ero un po’ agitato dai suoi modi ma facevo finta di niente. Questa volta la mise in alcune posizione veramente oscene, culo all’aria o inginocchiata su una sedia.
Poi quasi scattai quando le disse di togliersi il sotto che “devo vedè na cosa”, lei mi guardò e io annuii con il capo, lo sfilò e lui prese con modi buschi la piegò, iniziò a toccarle il culo allargandole in ogni modo le chiappe. Stavo per intervenire quando si tirò indietro e fece “non mi stai a pijà per culo, non è rifatto sto culone che hai non ci sono cicatrici, però bella te devi depilà tutta la patata che guarda un po’” e dalla schermo della macchina le fece vedere come i peli uscivano fuori dal costume.
Lei era rossissima e disse va bene, poi si rivestì e tornammo da Peppe “sabato c’è un lavoretto per voi due, mio io e te Matteo iniziamo a fare cose un po’ più serie”. Ci mandò così a un convegno organizzato da una parlamentare. Dovevamo vestirci bene e non fare nulla, sennò applaudire quando uno ci diceva di applaudire.
Dopo un paio di ore finì tutto, il tizio dette 50 euro a Chiara e altre 50 a me “extra perché hai tenuto la bandiera e poi perché mi state simpatici”. I soldi più facili della mia vita “amore - le feci - andiamocene a cena con questi soldi che è una serata così bella”.
Così andammo a cena, fu una serata bellissima e la sera facemmo l’amore che eravamo soli in casa. Eravamo molto felici e contenti, in quel momento. CONTINUA…