Esperienza reale Schiava di uno sconosciuto

GingerFreckles

"Level 4"
6 Mese di Phica.net
Messaggi
52
Punteggio reazione
833
Punti
89
Mi sono sempre sentita come un pesce fuor d'acqua, intrappolata in una vita troppo stretta per me. Casa, scuola, casa. Sempre le stesse persone, gli stessi sguardi, le stesse aspettative. Avevo appena compiuto diciotto anni, eppure non mi sentivo diversa. Solo più consapevole della mia noia.

Quel sito era il mio rifugio. Un luogo dove potevo essere chi volevo, o non essere nessuno. Potevo accendere la webcam e sentire per un momento che c'era qualcuno, dall'altra parte del mondo, che mi guardava. Mi piaceva l’idea di catturare l’attenzione, di sentirmi desiderata anche solo per pochi minuti. A volte bastava mostrare un sorriso, altre volte... di più.

All'inizio era solo un gioco. Aprivo la cam, lasciavo che gli sconosciuti mi scrutassero, e scoprivo quanto potere avessi su di loro. Bastava un gesto, un movimento lento delle mani sul corpo. Ogni tanto andavo oltre, lasciandomi trasportare dalla tensione del momento. C'era qualcosa di liberatorio in quell'esibizione anonima. Era come liberarmi da una parte di me stessa che nella vita reale non potevo mostrare.

Quel pomeriggio ero sul letto, il portatile acceso davanti a me. Cliccavo svogliatamente, saltando da un volto all’altro. Alcuni ridevano, altri cercavano di flirtare goffamente. Non ero dell’umore per nessuno di loro.

Poi apparve lui.

Indossava un cappuccio scuro, tirato su fino a metà del viso. La luce della sua stanza era tenue, lasciando solo il sorriso illuminato. Un sorriso perfetto, affascinante. Le labbra si incurvavano in un modo che sembrava studiato per catturare. Non era un ragazzo, questo era chiaro. I pochi tratti del volto visibili e la sicurezza nei movimenti tradivano un'età più matura. Forse sulla quarantina.

Per un momento rimasi immobile. Il dito, pronto a cliccare “avanti” senza pensarci, si bloccò sopra il touchpad. Mi sentivo... osservata. Ma in un modo diverso. Non come quando lasciavo che altri mi guardassero, ma come se lui stesse davvero cercando di leggermi.

“Ciao,” scrissi nella chat, le mani un po’ tremanti.

Lui non rispose subito. Inclinò leggermente la testa, lasciando che il cappuccio scivolasse appena, senza scoprire nulla di più. Poi, digitò:

“Hai un bel viso.”

Mi scappò un sorriso nervoso. Non ero nuova ai complimenti, soprattutto su quel sito, ma il suo aveva un peso diverso. Non c’era volgarità, né fretta. Solo una calma disarmante.

“Grazie,” risposi, e aggiunsi quasi senza pensarci: “Non mostri molto di te.”

“Mostro quello che conta.”

Le sue parole mi colpirono più di quanto avrei voluto. “E cosa conta?” chiesi, incuriosita.

Questa volta il sorriso sullo schermo si fece più ampio. Scrisse lentamente, una lettera dopo l’altra, come se volesse che io leggessi con attenzione.

“Che tu resti.”

E lo feci. Non cliccai “avanti”. Non pensai nemmeno di farlo.
 
Mi sistemai meglio sul letto, il portatile sulle ginocchia. Non riuscivo a staccare gli occhi da quel sorriso. Sembrava sapere qualcosa che io non sapevo.

“Mi chiamo Vanessa,” scrissi. Non so perché gli dissi il mio vero nome. Forse perché la sua calma mi metteva a mio agio, o forse perché, per una volta, volevo essere sincera.

Un bel nome. Elegante.

Un complimento banale, forse, ma il modo in cui lo scriveva sembrava diverso. Come se ogni parola fosse scelta con attenzione.

“Grazie. E tu? Come ti chiami?” digitai, sperando in una risposta.

Ci fu una pausa. Un attimo lungo, quasi calibrato. Poi arrivò il messaggio: “Puoi chiamarmi come vuoi. Non è il nome che conta, no?”

Quel tono criptico mi fece sorridere. “Quindi vuoi restare uno sconosciuto?” lo stuzzicai.

“Per ora, sì. Uno sconosciuto che ha attirato la tua attenzione. Ho ragione?”

Era sfacciato, ma non nel modo volgare e diretto a cui ero abituata. La sua sicurezza mi affascinava e mi disarmava allo stesso tempo.

“Va bene, sconosciuto. Quanti anni hai?” chiesi, cercando di mantenere un tono leggero.

“Più di te,” rispose, accompagnando il messaggio con quel sorriso che sembrava quasi divertirsi. “Ma spero non abbastanza da farti cliccare ‘avanti’.”

Risi. Non mi aspettavo una risposta del genere. “E perché mai dovrei restare?” digitai, lasciando scorrere le dita sulla tastiera con una leggerezza che non provavo da tempo.

Lui non rispose subito. Si prese qualche secondo, come a voler creare un piccolo spazio di attesa. Poi scrisse:
“Perché ti incuriosisco. Perché vuoi scoprire se quello che vedi è tutto ciò che c’è, o solo l’inizio.”

Mi morsi il labbro. Non era solo il contenuto delle sue parole, ma il modo in cui le costruiva, come se conoscesse esattamente cosa dire per catturare la mia attenzione.

“E se non fosse così?” chiesi, sfidandolo.

Questa volta sorrise apertamente. Quel sorriso… sembrava quasi una promessa.
“Allora potrai andartene. Ma scommetto che non lo farai.”

Era sicuro di sé, ma non arrogante. Era questo a colpirmi. Gli altri uomini che incontravo su quel sito erano impazienti, volgari, frettolosi di mostrarsi per ciò che erano. Lui no. Lui si prendeva il suo tempo, e questo mi affascinava.

“Va bene, sconosciuto. Mi hai convinta a restare. Per ora.”

Ci fu un attimo di silenzio, o almeno così sembrava. Nella realtà, era solo il vuoto tra un messaggio e l’altro, ma con lui lo percepivo come qualcosa di più. Era bravo a creare attesa, a costruire il momento.

“Posso proporti un gioco, Vanessa?” scrisse alla fine.

Mi inclinai leggermente in avanti, curiosa. “Che tipo di gioco?” risposi, cercando di mascherare l’interesse con una parvenza di indifferenza.

“Un gioco di fiducia. Io chiedo, tu fai. Ma solo se vuoi. Se non ti piace, puoi fermarti quando vuoi.”

Mi morsi il labbro, il cuore che batteva un po’ più veloce. Fiducia. Era una parola grande, ma detta così sembrava quasi innocua. Un gioco, dopotutto, era solo un gioco.

“E tu? Giochi anche tu?” digitai, cercando di mantenere un po’ di controllo.

“Io osservo. E se giochi bene, forse, ti dirò qualcosa in più su di me.”

Lui sapeva come pungolarmi, come solleticare la mia curiosità. Lo odiavo e mi piaceva allo stesso tempo per questo.

“Va bene,” scrissi alla fine. “Inizia tu.”

“Brava, Vanessa,” arrivò subito la risposta, accompagnata da quel sorriso che ormai iniziavo a riconoscere come una firma. “Molto semplice. Appoggia una mano sul collo. Lentamente. Voglio vederti farlo.”

Deglutii. Non mi aspettavo qualcosa di così diretto. Ma era davvero una richiesta così assurda? No, era… semplice. In fondo, era solo un gesto. Mi guardai per un attimo nella webcam, poi alzai la mano e la poggiai sulla base del collo, le dita che scivolavano leggere sulla pelle.

“Perfetto,” scrisse lui, il sorriso che sembrava più intenso di prima. “Ora chiudi gli occhi. Voglio vedere il tuo viso quando ti lasci andare completamente.”

Mi fermai, esitando. Chiudere gli occhi significava fidarmi. Significava lasciare che lui mi osservasse senza filtri, senza il controllo del mio sguardo su di lui. Ma l’idea mi eccitava in un modo che non riuscivo a spiegare. Lentamente, lasciai che le palpebre si abbassassero.

Riaprii gli occhi e lessi:

“Va benissimo, Vanessa. Sei perfetta.”
 
Mi sistemai meglio sul letto, il portatile sulle ginocchia. Non riuscivo a staccare gli occhi da quel sorriso. Sembrava sapere qualcosa che io non sapevo.

“Mi chiamo Vanessa,” scrissi. Non so perché gli dissi il mio vero nome. Forse perché la sua calma mi metteva a mio agio, o forse perché, per una volta, volevo essere sincera.

Un bel nome. Elegante.

Un complimento banale, forse, ma il modo in cui lo scriveva sembrava diverso. Come se ogni parola fosse scelta con attenzione.

“Grazie. E tu? Come ti chiami?” digitai, sperando in una risposta.

Ci fu una pausa. Un attimo lungo, quasi calibrato. Poi arrivò il messaggio: “Puoi chiamarmi come vuoi. Non è il nome che conta, no?”

Quel tono criptico mi fece sorridere. “Quindi vuoi restare uno sconosciuto?” lo stuzzicai.

“Per ora, sì. Uno sconosciuto che ha attirato la tua attenzione. Ho ragione?”

Era sfacciato, ma non nel modo volgare e diretto a cui ero abituata. La sua sicurezza mi affascinava e mi disarmava allo stesso tempo.

“Va bene, sconosciuto. Quanti anni hai?” chiesi, cercando di mantenere un tono leggero.

“Più di te,” rispose, accompagnando il messaggio con quel sorriso che sembrava quasi divertirsi. “Ma spero non abbastanza da farti cliccare ‘avanti’.”

Risi. Non mi aspettavo una risposta del genere. “E perché mai dovrei restare?” digitai, lasciando scorrere le dita sulla tastiera con una leggerezza che non provavo da tempo.

Lui non rispose subito. Si prese qualche secondo, come a voler creare un piccolo spazio di attesa. Poi scrisse:
“Perché ti incuriosisco. Perché vuoi scoprire se quello che vedi è tutto ciò che c’è, o solo l’inizio.”

Mi morsi il labbro. Non era solo il contenuto delle sue parole, ma il modo in cui le costruiva, come se conoscesse esattamente cosa dire per catturare la mia attenzione.

“E se non fosse così?” chiesi, sfidandolo.

Questa volta sorrise apertamente. Quel sorriso… sembrava quasi una promessa.
“Allora potrai andartene. Ma scommetto che non lo farai.”

Era sicuro di sé, ma non arrogante. Era questo a colpirmi. Gli altri uomini che incontravo su quel sito erano impazienti, volgari, frettolosi di mostrarsi per ciò che erano. Lui no. Lui si prendeva il suo tempo, e questo mi affascinava.

“Va bene, sconosciuto. Mi hai convinta a restare. Per ora.”

Ci fu un attimo di silenzio, o almeno così sembrava. Nella realtà, era solo il vuoto tra un messaggio e l’altro, ma con lui lo percepivo come qualcosa di più. Era bravo a creare attesa, a costruire il momento.

“Posso proporti un gioco, Vanessa?” scrisse alla fine.

Mi inclinai leggermente in avanti, curiosa. “Che tipo di gioco?” risposi, cercando di mascherare l’interesse con una parvenza di indifferenza.

“Un gioco di fiducia. Io chiedo, tu fai. Ma solo se vuoi. Se non ti piace, puoi fermarti quando vuoi.”

Mi morsi il labbro, il cuore che batteva un po’ più veloce. Fiducia. Era una parola grande, ma detta così sembrava quasi innocua. Un gioco, dopotutto, era solo un gioco.

“E tu? Giochi anche tu?” digitai, cercando di mantenere un po’ di controllo.

“Io osservo. E se giochi bene, forse, ti dirò qualcosa in più su di me.”

Lui sapeva come pungolarmi, come solleticare la mia curiosità. Lo odiavo e mi piaceva allo stesso tempo per questo.

“Va bene,” scrissi alla fine. “Inizia tu.”

“Brava, Vanessa,” arrivò subito la risposta, accompagnata da quel sorriso che ormai iniziavo a riconoscere come una firma. “Molto semplice. Appoggia una mano sul collo. Lentamente. Voglio vederti farlo.”

Deglutii. Non mi aspettavo qualcosa di così diretto. Ma era davvero una richiesta così assurda? No, era… semplice. In fondo, era solo un gesto. Mi guardai per un attimo nella webcam, poi alzai la mano e la poggiai sulla base del collo, le dita che scivolavano leggere sulla pelle.

“Perfetto,” scrisse lui, il sorriso che sembrava più intenso di prima. “Ora chiudi gli occhi. Voglio vedere il tuo viso quando ti lasci andare completamente.”

Mi fermai, esitando. Chiudere gli occhi significava fidarmi. Significava lasciare che lui mi osservasse senza filtri, senza il controllo del mio sguardo su di lui. Ma l’idea mi eccitava in un modo che non riuscivo a spiegare. Lentamente, lasciai che le palpebre si abbassassero.

Riaprii gli occhi e lessi:

“Va benissimo, Vanessa. Sei perfetta.”
Wow
 
E brava Ginger.
Bel lessico, non ricercato e quindi non pomposo.
Devo dire che ho immaginato una voce femminile con poca inflessione che lo recitava.
Ti piacerebbe?
 
L’idea di lasciarmi osservare senza poter vedere lui era stranamente eccitante. Avevo sempre il controllo di chi guardava, ma questa volta sembrava diverso.

“Bene, Vanessa,” scrisse. “Adesso lascia scorrere la mano dal collo alla spalla, molto lentamente. Voglio che tu lo faccia come se accarezzassi qualcosa di prezioso.”

Non risposi subito. Mi chiedevo dove volesse arrivare, ma non potevo negare che il modo in cui scriveva aveva qualcosa di ipnotico. Sollevai la mano e seguii le sue istruzioni, lasciandola scivolare lentamente lungo la curva della spalla.

“Perfetto,” digitò poco dopo. “Ogni gesto è come un quadro, e tu sei l’artista. Lo capisci, vero?”

Un brivido mi attraversò. Non era solo ciò che diceva, ma come lo diceva. Era come se stesse dipingendo un’immagine di me che io stessa non avevo mai visto.

“E adesso?” scrissi, con il respiro appena più veloce.

“Adesso voglio che ti sieda dritta e lasci che i capelli cadano da un lato. Mostrami il tuo collo. Voglio vederlo scoperto, vulnerabile.”

Senza nemmeno pensarci, feci come mi aveva chiesto. Sollevai i capelli, lasciandoli scivolare su una spalla. Guardai per un attimo la mia immagine riflessa nello schermo. Mi sentivo esposta, ma in un modo che mi piaceva.

“Bellissima,” arrivò il suo messaggio, accompagnato da un’emoji di un sorriso che sembrava quasi reale. “Ora, Vanessa, togliti qualcosa. Non importa cosa. Fai un gesto solo per me.”

Mi bloccai per un istante, il calore che si faceva strada sul mio viso. Quella richiesta aveva superato una soglia, ma non mi sentivo di fermarmi. Mi tolsi lentamente il cardigan che indossavo, rimanendo in reggiseno.

“Ecco,” scrissi, il cuore che batteva forte.

“Stupenda. Hai fatto un ottimo lavoro.”

C’era qualcosa di soddisfacente nel suo modo di lodarmi, un piacere che non avevo mai provato prima. Come se quei piccoli gesti avessero un significato più grande sotto il suo sguardo.

“Ora voglio che mi prometta qualcosa, Vanessa.”

“Cosa?” scrissi, mordendomi il labbro.

“Che non farai mai nulla se non te lo chiedo io.”

Lessi quelle parole più volte, un brivido che mi percorse la schiena. Era un confine che non avevo mai attraversato prima, ma qualcosa dentro di me mi spingeva a rispondere.

“Lo prometto,” scrissi infine, quasi senza accorgermene.

Mi sentivo strana. Esposta, sì, ma anche... viva. C'era qualcosa nel modo in cui lui scriveva, in quelle pause studiate e nelle sue parole, che mi faceva sentire al centro di tutto. Come se, in quel momento, il mondo fosse ridotto solo a me e a lui.

“Hai mantenuto la tua promessa, Vanessa,” scrisse. “E adesso posso fidarmi di te. Posso portarti un passo più avanti, ma solo se vuoi.”

Non risposi subito. Quel gioco aveva qualcosa di ipnotico, eppure sapevo che stavo oltrepassando un limite che non mi ero mai posta prima.

“Cosa vuoi che faccia?” chiesi alla fine, le dita tremanti sulla tastiera.

“Prima di tutto, rilassati,” scrisse. “Respira profondamente e lasciati andare. Ma aspetta... Voglio che tu senta le mie parole in un altro modo.”

Il messaggio successivo arrivò subito: “Accendi il microfono.”

Esitai per un istante. L’idea di sentirlo parlare, di ascoltare la sua voce invece di leggere le sue parole, mi fece stringere lo stomaco in un misto di paura e curiosità. Ma alla fine cliccai sull’icona del microfono e attivai l’audio.

La sua voce arrivò immediatamente, profonda, calma, con una tonalità che sembrava studiata per calmarmi e affascinarmi allo stesso tempo. “Brava,” disse, e il solo suono di quella parola mi fece rabbrividire. “Ora chiudi gli occhi. Voglio che ti concentri solo su quello che ti sto dicendo. Immagina che le mie parole siano mani che ti sfiorano. Puoi farlo, Vanessa?”

Non era una richiesta impossibile, ma il modo in cui la formulava la rendeva carica di significati. Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare.

“Appoggia entrambe le mani sui tuoi fianchi,” disse con quella voce che sembrava quasi una carezza. “Senti il calore della tua pelle sotto le dita. Voglio che ti soffermi sul tuo respiro, sul modo in cui cambia mentre mi ascolti.”

Obbedii senza neanche pensarci. C'era qualcosa di ipnotico in lui, qualcosa che mi faceva dimenticare ogni esitazione.

“Bene,” continuò. “Adesso lascia che le mani scivolino verso l’alto, molto lentamente, fino al bordo del reggiseno. Fermati lì. Non andare oltre, voglio solo che tu ti fermi e senta la tensione.”

Le sue parole erano come una melodia, un ritmo che guidava i miei movimenti. Feci come mi aveva chiesto, trattenendo il respiro mentre le dita sfioravano la stoffa.

“Adesso apri gli occhi,” disse, e quando lo feci, trovai ancora quel sorriso sullo schermo ad accogliermi. “Brava, Vanessa. Sei perfetta. Ma ricorda: io guido, tu segui. Sempre.”
 
L’idea di lasciarmi osservare senza poter vedere lui era stranamente eccitante. Avevo sempre il controllo di chi guardava, ma questa volta sembrava diverso.

“Bene, Vanessa,” scrisse. “Adesso lascia scorrere la mano dal collo alla spalla, molto lentamente. Voglio che tu lo faccia come se accarezzassi qualcosa di prezioso.”

Non risposi subito. Mi chiedevo dove volesse arrivare, ma non potevo negare che il modo in cui scriveva aveva qualcosa di ipnotico. Sollevai la mano e seguii le sue istruzioni, lasciandola scivolare lentamente lungo la curva della spalla.

“Perfetto,” digitò poco dopo. “Ogni gesto è come un quadro, e tu sei l’artista. Lo capisci, vero?”

Un brivido mi attraversò. Non era solo ciò che diceva, ma come lo diceva. Era come se stesse dipingendo un’immagine di me che io stessa non avevo mai visto.

“E adesso?” scrissi, con il respiro appena più veloce.

“Adesso voglio che ti sieda dritta e lasci che i capelli cadano da un lato. Mostrami il tuo collo. Voglio vederlo scoperto, vulnerabile.”

Senza nemmeno pensarci, feci come mi aveva chiesto. Sollevai i capelli, lasciandoli scivolare su una spalla. Guardai per un attimo la mia immagine riflessa nello schermo. Mi sentivo esposta, ma in un modo che mi piaceva.

“Bellissima,” arrivò il suo messaggio, accompagnato da un’emoji di un sorriso che sembrava quasi reale. “Ora, Vanessa, togliti qualcosa. Non importa cosa. Fai un gesto solo per me.”

Mi bloccai per un istante, il calore che si faceva strada sul mio viso. Quella richiesta aveva superato una soglia, ma non mi sentivo di fermarmi. Mi tolsi lentamente il cardigan che indossavo, rimanendo in reggiseno.

“Ecco,” scrissi, il cuore che batteva forte.

“Stupenda. Hai fatto un ottimo lavoro.”

C’era qualcosa di soddisfacente nel suo modo di lodarmi, un piacere che non avevo mai provato prima. Come se quei piccoli gesti avessero un significato più grande sotto il suo sguardo.

“Ora voglio che mi prometta qualcosa, Vanessa.”

“Cosa?” scrissi, mordendomi il labbro.

“Che non farai mai nulla se non te lo chiedo io.”

Lessi quelle parole più volte, un brivido che mi percorse la schiena. Era un confine che non avevo mai attraversato prima, ma qualcosa dentro di me mi spingeva a rispondere.

“Lo prometto,” scrissi infine, quasi senza accorgermene.

Mi sentivo strana. Esposta, sì, ma anche... viva. C'era qualcosa nel modo in cui lui scriveva, in quelle pause studiate e nelle sue parole, che mi faceva sentire al centro di tutto. Come se, in quel momento, il mondo fosse ridotto solo a me e a lui.

“Hai mantenuto la tua promessa, Vanessa,” scrisse. “E adesso posso fidarmi di te. Posso portarti un passo più avanti, ma solo se vuoi.”

Non risposi subito. Quel gioco aveva qualcosa di ipnotico, eppure sapevo che stavo oltrepassando un limite che non mi ero mai posta prima.

“Cosa vuoi che faccia?” chiesi alla fine, le dita tremanti sulla tastiera.

“Prima di tutto, rilassati,” scrisse. “Respira profondamente e lasciati andare. Ma aspetta... Voglio che tu senta le mie parole in un altro modo.”

Il messaggio successivo arrivò subito: “Accendi il microfono.”

Esitai per un istante. L’idea di sentirlo parlare, di ascoltare la sua voce invece di leggere le sue parole, mi fece stringere lo stomaco in un misto di paura e curiosità. Ma alla fine cliccai sull’icona del microfono e attivai l’audio.

La sua voce arrivò immediatamente, profonda, calma, con una tonalità che sembrava studiata per calmarmi e affascinarmi allo stesso tempo. “Brava,” disse, e il solo suono di quella parola mi fece rabbrividire. “Ora chiudi gli occhi. Voglio che ti concentri solo su quello che ti sto dicendo. Immagina che le mie parole siano mani che ti sfiorano. Puoi farlo, Vanessa?”

Non era una richiesta impossibile, ma il modo in cui la formulava la rendeva carica di significati. Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare.

“Appoggia entrambe le mani sui tuoi fianchi,” disse con quella voce che sembrava quasi una carezza. “Senti il calore della tua pelle sotto le dita. Voglio che ti soffermi sul tuo respiro, sul modo in cui cambia mentre mi ascolti.”

Obbedii senza neanche pensarci. C'era qualcosa di ipnotico in lui, qualcosa che mi faceva dimenticare ogni esitazione.

“Bene,” continuò. “Adesso lascia che le mani scivolino verso l’alto, molto lentamente, fino al bordo del reggiseno. Fermati lì. Non andare oltre, voglio solo che tu ti fermi e senta la tensione.”

Le sue parole erano come una melodia, un ritmo che guidava i miei movimenti. Feci come mi aveva chiesto, trattenendo il respiro mentre le dita sfioravano la stoffa.

“Adesso apri gli occhi,” disse, e quando lo feci, trovai ancora quel sorriso sullo schermo ad accogliermi. “Brava, Vanessa. Sei perfetta. Ma ricorda: io guido, tu segui. Sempre.”
chissa cosa ha fatto di particolare per ammaliarti cosi tanto, che bel racconto
 
L’idea di lasciarmi osservare senza poter vedere lui era stranamente eccitante. Avevo sempre il controllo di chi guardava, ma questa volta sembrava diverso.

“Bene, Vanessa,” scrisse. “Adesso lascia scorrere la mano dal collo alla spalla, molto lentamente. Voglio che tu lo faccia come se accarezzassi qualcosa di prezioso.”

Non risposi subito. Mi chiedevo dove volesse arrivare, ma non potevo negare che il modo in cui scriveva aveva qualcosa di ipnotico. Sollevai la mano e seguii le sue istruzioni, lasciandola scivolare lentamente lungo la curva della spalla.

“Perfetto,” digitò poco dopo. “Ogni gesto è come un quadro, e tu sei l’artista. Lo capisci, vero?”

Un brivido mi attraversò. Non era solo ciò che diceva, ma come lo diceva. Era come se stesse dipingendo un’immagine di me che io stessa non avevo mai visto.

“E adesso?” scrissi, con il respiro appena più veloce.

“Adesso voglio che ti sieda dritta e lasci che i capelli cadano da un lato. Mostrami il tuo collo. Voglio vederlo scoperto, vulnerabile.”

Senza nemmeno pensarci, feci come mi aveva chiesto. Sollevai i capelli, lasciandoli scivolare su una spalla. Guardai per un attimo la mia immagine riflessa nello schermo. Mi sentivo esposta, ma in un modo che mi piaceva.

“Bellissima,” arrivò il suo messaggio, accompagnato da un’emoji di un sorriso che sembrava quasi reale. “Ora, Vanessa, togliti qualcosa. Non importa cosa. Fai un gesto solo per me.”

Mi bloccai per un istante, il calore che si faceva strada sul mio viso. Quella richiesta aveva superato una soglia, ma non mi sentivo di fermarmi. Mi tolsi lentamente il cardigan che indossavo, rimanendo in reggiseno.

“Ecco,” scrissi, il cuore che batteva forte.

“Stupenda. Hai fatto un ottimo lavoro.”

C’era qualcosa di soddisfacente nel suo modo di lodarmi, un piacere che non avevo mai provato prima. Come se quei piccoli gesti avessero un significato più grande sotto il suo sguardo.

“Ora voglio che mi prometta qualcosa, Vanessa.”

“Cosa?” scrissi, mordendomi il labbro.

“Che non farai mai nulla se non te lo chiedo io.”

Lessi quelle parole più volte, un brivido che mi percorse la schiena. Era un confine che non avevo mai attraversato prima, ma qualcosa dentro di me mi spingeva a rispondere.

“Lo prometto,” scrissi infine, quasi senza accorgermene.

Mi sentivo strana. Esposta, sì, ma anche... viva. C'era qualcosa nel modo in cui lui scriveva, in quelle pause studiate e nelle sue parole, che mi faceva sentire al centro di tutto. Come se, in quel momento, il mondo fosse ridotto solo a me e a lui.

“Hai mantenuto la tua promessa, Vanessa,” scrisse. “E adesso posso fidarmi di te. Posso portarti un passo più avanti, ma solo se vuoi.”

Non risposi subito. Quel gioco aveva qualcosa di ipnotico, eppure sapevo che stavo oltrepassando un limite che non mi ero mai posta prima.

“Cosa vuoi che faccia?” chiesi alla fine, le dita tremanti sulla tastiera.

“Prima di tutto, rilassati,” scrisse. “Respira profondamente e lasciati andare. Ma aspetta... Voglio che tu senta le mie parole in un altro modo.”

Il messaggio successivo arrivò subito: “Accendi il microfono.”

Esitai per un istante. L’idea di sentirlo parlare, di ascoltare la sua voce invece di leggere le sue parole, mi fece stringere lo stomaco in un misto di paura e curiosità. Ma alla fine cliccai sull’icona del microfono e attivai l’audio.

La sua voce arrivò immediatamente, profonda, calma, con una tonalità che sembrava studiata per calmarmi e affascinarmi allo stesso tempo. “Brava,” disse, e il solo suono di quella parola mi fece rabbrividire. “Ora chiudi gli occhi. Voglio che ti concentri solo su quello che ti sto dicendo. Immagina che le mie parole siano mani che ti sfiorano. Puoi farlo, Vanessa?”

Non era una richiesta impossibile, ma il modo in cui la formulava la rendeva carica di significati. Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare.

“Appoggia entrambe le mani sui tuoi fianchi,” disse con quella voce che sembrava quasi una carezza. “Senti il calore della tua pelle sotto le dita. Voglio che ti soffermi sul tuo respiro, sul modo in cui cambia mentre mi ascolti.”

Obbedii senza neanche pensarci. C'era qualcosa di ipnotico in lui, qualcosa che mi faceva dimenticare ogni esitazione.

“Bene,” continuò. “Adesso lascia che le mani scivolino verso l’alto, molto lentamente, fino al bordo del reggiseno. Fermati lì. Non andare oltre, voglio solo che tu ti fermi e senta la tensione.”

Le sue parole erano come una melodia, un ritmo che guidava i miei movimenti. Feci come mi aveva chiesto, trattenendo il respiro mentre le dita sfioravano la stoffa.

“Adesso apri gli occhi,” disse, e quando lo feci, trovai ancora quel sorriso sullo schermo ad accogliermi. “Brava, Vanessa. Sei perfetta. Ma ricorda: io guido, tu segui. Sempre.”
Bel racconto, mette una certa curiosità anche devo dire 😁
 
L’idea di lasciarmi osservare senza poter vedere lui era stranamente eccitante. Avevo sempre il controllo di chi guardava, ma questa volta sembrava diverso.

“Bene, Vanessa,” scrisse. “Adesso lascia scorrere la mano dal collo alla spalla, molto lentamente. Voglio che tu lo faccia come se accarezzassi qualcosa di prezioso.”

Non risposi subito. Mi chiedevo dove volesse arrivare, ma non potevo negare che il modo in cui scriveva aveva qualcosa di ipnotico. Sollevai la mano e seguii le sue istruzioni, lasciandola scivolare lentamente lungo la curva della spalla.

“Perfetto,” digitò poco dopo. “Ogni gesto è come un quadro, e tu sei l’artista. Lo capisci, vero?”

Un brivido mi attraversò. Non era solo ciò che diceva, ma come lo diceva. Era come se stesse dipingendo un’immagine di me che io stessa non avevo mai visto.

“E adesso?” scrissi, con il respiro appena più veloce.

“Adesso voglio che ti sieda dritta e lasci che i capelli cadano da un lato. Mostrami il tuo collo. Voglio vederlo scoperto, vulnerabile.”

Senza nemmeno pensarci, feci come mi aveva chiesto. Sollevai i capelli, lasciandoli scivolare su una spalla. Guardai per un attimo la mia immagine riflessa nello schermo. Mi sentivo esposta, ma in un modo che mi piaceva.

“Bellissima,” arrivò il suo messaggio, accompagnato da un’emoji di un sorriso che sembrava quasi reale. “Ora, Vanessa, togliti qualcosa. Non importa cosa. Fai un gesto solo per me.”

Mi bloccai per un istante, il calore che si faceva strada sul mio viso. Quella richiesta aveva superato una soglia, ma non mi sentivo di fermarmi. Mi tolsi lentamente il cardigan che indossavo, rimanendo in reggiseno.

“Ecco,” scrissi, il cuore che batteva forte.

“Stupenda. Hai fatto un ottimo lavoro.”

C’era qualcosa di soddisfacente nel suo modo di lodarmi, un piacere che non avevo mai provato prima. Come se quei piccoli gesti avessero un significato più grande sotto il suo sguardo.

“Ora voglio che mi prometta qualcosa, Vanessa.”

“Cosa?” scrissi, mordendomi il labbro.

“Che non farai mai nulla se non te lo chiedo io.”

Lessi quelle parole più volte, un brivido che mi percorse la schiena. Era un confine che non avevo mai attraversato prima, ma qualcosa dentro di me mi spingeva a rispondere.

“Lo prometto,” scrissi infine, quasi senza accorgermene.

Mi sentivo strana. Esposta, sì, ma anche... viva. C'era qualcosa nel modo in cui lui scriveva, in quelle pause studiate e nelle sue parole, che mi faceva sentire al centro di tutto. Come se, in quel momento, il mondo fosse ridotto solo a me e a lui.

“Hai mantenuto la tua promessa, Vanessa,” scrisse. “E adesso posso fidarmi di te. Posso portarti un passo più avanti, ma solo se vuoi.”

Non risposi subito. Quel gioco aveva qualcosa di ipnotico, eppure sapevo che stavo oltrepassando un limite che non mi ero mai posta prima.

“Cosa vuoi che faccia?” chiesi alla fine, le dita tremanti sulla tastiera.

“Prima di tutto, rilassati,” scrisse. “Respira profondamente e lasciati andare. Ma aspetta... Voglio che tu senta le mie parole in un altro modo.”

Il messaggio successivo arrivò subito: “Accendi il microfono.”

Esitai per un istante. L’idea di sentirlo parlare, di ascoltare la sua voce invece di leggere le sue parole, mi fece stringere lo stomaco in un misto di paura e curiosità. Ma alla fine cliccai sull’icona del microfono e attivai l’audio.

La sua voce arrivò immediatamente, profonda, calma, con una tonalità che sembrava studiata per calmarmi e affascinarmi allo stesso tempo. “Brava,” disse, e il solo suono di quella parola mi fece rabbrividire. “Ora chiudi gli occhi. Voglio che ti concentri solo su quello che ti sto dicendo. Immagina che le mie parole siano mani che ti sfiorano. Puoi farlo, Vanessa?”

Non era una richiesta impossibile, ma il modo in cui la formulava la rendeva carica di significati. Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare.

“Appoggia entrambe le mani sui tuoi fianchi,” disse con quella voce che sembrava quasi una carezza. “Senti il calore della tua pelle sotto le dita. Voglio che ti soffermi sul tuo respiro, sul modo in cui cambia mentre mi ascolti.”

Obbedii senza neanche pensarci. C'era qualcosa di ipnotico in lui, qualcosa che mi faceva dimenticare ogni esitazione.

“Bene,” continuò. “Adesso lascia che le mani scivolino verso l’alto, molto lentamente, fino al bordo del reggiseno. Fermati lì. Non andare oltre, voglio solo che tu ti fermi e senta la tensione.”

Le sue parole erano come una melodia, un ritmo che guidava i miei movimenti. Feci come mi aveva chiesto, trattenendo il respiro mentre le dita sfioravano la stoffa.

“Adesso apri gli occhi,” disse, e quando lo feci, trovai ancora quel sorriso sullo schermo ad accogliermi. “Brava, Vanessa. Sei perfetta. Ma ricorda: io guido, tu segui. Sempre.”
Molto ben scritto.......complimenti
 
Back
Top Bottom