Prima parte
Primavera. Le giornate iniziano ad allungarsi e finalmente il sole la fa da padrone in quella parte di giornata buia fino a poco tempo fa: la sera.
Terminato il solito lavoro caotico e monotono, non vedo l'ora di arrivare a casa e dare sfogo alla mia più grande passione: la corsa a piedi o più comunemente chiamata jogging. Ed è così che una volta svestiti i panni dell'operaio, indosso quelli del maratoneta semiprofessionista, molto semi e molto meno professionista. Pantaloncini corti, maglietta in cotone, smanicato , essendoci ancora temperature gradevoli ma non tali da permettere una vestizione completamente estiva, un buon paio di scarpe ginniche e, ovviamente, non può mancare l'ipod con un mix di musica che spazia da quella italiana alla straniera passando dal pop al commerciale senza dimenticare la mia fissa degli ultimi anni: Adele.
Sembro pronto per la maratona di New York ma mi accontenterò del solito giro attorno la città, parco compreso. Il mio tragitto sembra una fotocopia ripetitiva e continua: stessi rettilinei, stesse curve, stesse pendenze. Ormai potrei farlo ad occhi chiusi. Ed è così che, come ogni volta, giro a destra, un piccolo rettilineo di un centinaio di metri e mi addentro nel parco. L'asfalto lascia posto al ghiaino, per la verità un po' fastidioso, panchine da tutte le parti quasi ad invitarmi ad una lunga pausa, alberi a lungo fusto a nascondere gli ultimi raggi di sole della serata.
Mi accorgo che altre persone hanno la mia stessa passione, forse troppe. Non faccio ora a pensarlo quando...non riesco a scansare un'ombra alla mia sinistra e...boom! Mi rialzo imprecando a bassa voce pensando sia il solito imbranato che controlla il cellulare correndo. Mi giro e mi accorgo che è a terra...cioè lei è a terra. Mi avvicino per assicurarmi che non le sia successo nulla di grave e rimango senza fiato per un attimo. La sudorazione si blocca, tentenno cercando di emettere qualche parola di senso compiuto ma veramente faccio fatica. Il motivo? Bionda, capelli lunghi raccolti in una coda alta, labbra carnose. Un viso tanto dolce da crearmi imbarazzo. Per non bastare, occhi azzurri, ciglia lunghe, sopracciglia bionde. Non ci credo, sto sognando, è bellissima.
Chissà cosa starà pensando. Come minimo mi starà mandando in malora!
Ma che cazzo, penso trovandomi a terra con il sedere dolorante. Sono già pronta a prendermela con chi mi ha fatto finire a terra quando alzo lo sguardo e mi trovo davanti un uomo sulla quarantina che mi sta osservando preoccupato. La voglia di rimproverarlo si azzera di colpo lasciando posto ad una certa curiosità. Cerco di sollevarmi quando lui mi porge la sua mano. La prendo e la stingo. Ha una stretta decisa e sicura e in un batter d'occhio mi ritrovo in piedi. Senza pensarci con la mano sinistra mi massaggio il fondoschiena anche per controllare che non mi si siano rotti i leggings. Per fortuna sembrano sani e salvi. Così alzo lo sguardo ed incontro due occhi che mi osservano ora divertiti. Abbozzo un sorriso arrossendo come un pomodoro e guardo la mia mano ancora nella sua . "Ehm scusa, non volevo finirti addosso, non so proprio a cosa stessi pensando", gli dico imbarazzata sciogliendo la mia mano dalla sua sentendomi più sicura.
Fino a cinque minuti prima avrei mandato a quel paese chiunque avesse provocato lo scontro e invece sfodero la classica frase del paraculo: ”Ma figurati, sono cose che succedono, non preoccuparti…l’importante non ti sia fatta nulla”.
“No no tranquillo, sto bene”, girandosi e mostrandomi un sedere bello tondo e, alla vista, ben sodo accentuato ancor più dai leggings che le fasciano le natiche. Mi guarda quasi arrossendo essendosi accorta del gesto involontario ma stuzzicante. Un sorriso le provoca la formazione delle fossette ai lati della bocca tanto da farla sembrare una bambina.
Le propongo di continuare insieme il percorso, anche per togliere quel velo di imbarazzo che si era creato, optando per una camminata. Niente corsa, ormai avevo perso il ritmo. Ed è così che ci incamminiamo verso l’uscita del parco passando davanti all’unico chiosco, adibito a bar, della zona quando mi accorgo che zoppica leggermente forse a causa della caduta.
''Ti va di prendere un caffè con me?'', dico sperando accetti perchè sento dolore ad una caviglia e ho tremendamente bisogno di sedermi per farla riposare. Ma chi voglio prendere in giro? Non e' solo per far riposare la caviglia che voglio prendere un caffè con lui. Vorrei conoscerlo meglio, scoprire qualcosa di lui. Non so perchè ma sento questo bisogno. Non sono il tipo di ragazza che va a prendere un caffè con il primo che incontra ma sento che lui è diverso, diverso da tutti quelli incontrati fino ad ora. Da un parte sento di potermi fidare, dall'altra il mio buonsenso mi dice di fuggire, di stargli lontano perché potrebbe procurarmi un mare di casini e in questo momento è l'ultima cosa di cui ho bisogno. Sorrido aspettando una sua risposta. Lui ricambia il sorriso. Ho una morsa allo stomaco: sono fottuta!!!
Se in questo momento dovessi esternare la mia contentezza nel ricevere un invito da lei, potrei paragonarlo alla soddisfazione di aver compiuto un triplo salto mortale con avvitamento a occhi bendati. Sembrandomi inopportuno comportarmi come uno scemo al primo approccio, accenno un sorriso cambiando colore del viso a causa della solita tremenda e inopportuna timidezza che ancora una volta si è fatta viva.
“Molto volentieri”, indicandole la strada verso un tavolino all’angolo.
Una volta seduti, ordiniamo. Un caffè decaffeinato macchiato caldo e senza zucchero per me e due cappuccini per lei lasciandomi perplesso.
“Aspetti forse qualcuno? Una tua amica? Un fidanzato?”, con aria dubbiosa.
“No no, non aspetto nessuno. Confesso di andare matta per il caffè ed in particolare per il cappuccino e in questo momento me ne servono due”, arrossendo vistosamente e abbassando lo sguardo. Ecco ora penserà di aver accettato l'invito da una maniaca. Azzardo un'occhiata. Mi sento sollevata nel vedere il suo sguardo divertito. Mi rilasso ed iniziamo a chiacchierare.
Il tempo trascorso con lei placa la mia timidezza lasciando posto a una sicurezza che mai avevo avuto fino ad ora con una persona conosciuta non più di mezzora prima. Complice la sua simpatia e la sua dolcezza, entriamo subito in sintonia. Parliamo talmente tanto da percepire una sensazione strana: conoscerla da sempre.
Mentre approfondiamo, mi accorgo di un particolare: si tocca continuamente una gamba e la caviglia.
“Che hai? Ti sei fatta male prima cadendo?”
“Ehmm si avrò preso una storta, comunque non credo sia nulla di preoccupante”.
“Se posso consigliarti, togli la scarpa e lascia il piede libero così da facilitare la circolazione”
Non so se ho detto qualcosa di strampalato ma vedo che mi ascolta. Slaccia la scarpa, arrotola il leggings, toglie il calzino mostrando un piedino perfetto, penso un 37/38, e una caviglia molto sottile.
Sarei falso nel dire che la mia fantasia non stia già elaborando qualcosa di peccaminoso, in fin dei conti sempre uomo sono.
“Va un po’ meglio?
“Credo di si”. Cerco di far ruotare la caviglia per vedere quanto mi sia fatta male, ma non dovrebbe essere niente di grave visto che ora provo solo un lieve fastidio.
Senza dire nulla, le prendo la gamba alzandola e mettendola sopra le mie ginocchia. La mia iniziativa le provoca un leggero arrossamento in viso, non se lo aspettava. Arrotolo i leggings fino al ginocchio e inizio un massaggio sperando di alleviarle il fastidio. Ma a contatto con la sua pelle morbida e liscia, le pressioni vigorose ed energiche lasciano il posto a piccole carezze e sfioramenti. Alzo lo sguardo incrociando i suoi occhi. Rimaniamo in silenzio. Sono le sue fossette a parlare per lei: le piace.
Non ci posso credere. Cosa mi succede? Ho caldo. Una vampata sale da dove le sue dita mi accarezzano fin dove...non dovrei nemmeno pensarlo. Stringo le cosce, una contro l'altra, cercando di alleviare questa sensazione e prego con tutta me stessa che non si accorga di nulla. Lo guardo sperando che anche lui ricambi ma vedo che la sua attenzione è fissa lì: le mie cosce. All'improvviso smette di accarezzarmi la caviglia, alza lo sguardo e noto che anche lui prova la medesima sensazione. Me lo confermano i suoi occhi cupi di desiderio quasi a volermi leggere dentro.
Come quasi un bisogno imminente, le mie mani, immobili sulle gambe fino a d’ora, si muovono verso l’inguine alla ricerca di un piacere ricercato…ma…ma cosa mi passa per la testa? Toccarmi così, in modo spudorato, e per giunta in un luogo pubblico. Non mi riconosco più.
Infastidita, sposta la gamba ricomponendosi e con voce cupa: “Si è fatto tardi, scusami ma penso sia ora cha vada. Ti ringrazio molto per aver accettato di prendere un caffè con me”.
Mi sento quasi in colpa per aver fatto qualcosa che forse non dovevo. A malincuore mi alzo anch’io. Ci salutiamo con una banale stretta di mano. Mi rifà le scuse per l’ennesima volta e ci allontaniamo quando mi accorgo che zoppica vistosamente.
“Cazzo”, impreco sottovoce sperando che nessuno mi senta.
Cerca di non darlo a vedere ma, non avendo un perfetto equilibrio, inciampa in un mezzo gradino afferrando una sedia per non cadere. Sono dietro di lei. Un sobbalzo e con presa decisa l’afferro per i fianchi stringendola a me evitandole la caduta. Il tessuto elasticizzato di una maglietta sportiva mi separa dalla sua pelle. Il solo pensiero mi provoca un leggero brivido non certo dovuto alla frescura dell’imbrunire.
Rimaniamo così, fermi. Le sue mani sui miei fianchi mi fanno desiderare un contatto più intimo. Con la schiena appoggiata al suo petto inspiro il suo profumo: sa di fresco, di pulito. Sa di uomo. Vorrei, anzi, dovrei staccarmi da lui ma non ci riesco. Le mie gambe sono come paralizzate. Cerco di articolare almeno qualche parola di scusa ma dalla mia bocca esce solo un leggero gemito non dovuto al dolore alla caviglia. Non so quanto tempo sia trascorso ma mi stacco dalla sua presa. “Scusa ma penso di aver preso una storta, mi fa un male cane…forse non dovrei chiedertelo ma, potresti chiamarmi un taxi? Non credo di riuscire a camminare fino al mio appartamento”. Cerco di rimane più calma possibile ma in questo momento sto pensando alle sue mani, alla sua stretta decisa ma dolce a come sarebbero sul mio corpo nudo: dolci oppure decise? Vorrei lo fossero entrambe………………………