Esperienza reale Racconto di fantasia DI AURORA E SABRINA…

Ganavarz

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Premetto che non sono uno scrittore ne mi diletto nello scrivere da anni. Mi è tornata di recente voglia di sottoporre questa storia. Non posso assicurarvi che sia tutto vero ma nemmeno che sia tutto inventato. Diciamo che trae ispirazione da situazioni, emozioni, viste, vissute e sperate, il tutto romanzandole. Sentitevi liberi di commentare positivamente, negativamente, richiedere approfondimenti di parte, esprimere vostro parere e considerazioni sul tema. Mi piacerebbe, se lo vorrete e se le regole del forum lo consentono, che postiate anche foto, immagini create con ai, video a supporto riferite a qualcosa che avrete letto in questi post. Allegherò pure io immagini create con AI a supporto per quanto le mie capacità non sono elevatissime.

DI AURORA E SABRINA…

1 - UN MESSAGGIO

E’ cominciato tutto con messaggio in un momento in cui pensavo a tutt’altro. Sono le 6 del mattino, di un maggio in cui il bel tempo fatica a fare breccia. Piove e come sempre sono uscito senza ombrello perché per recarmi alla fermata della metropolitana che poi mi poterà in stazione sono poche centinaia di metri.

Quell’appuntamento di lavoro in un’altra città che ha fatto si che mi svegliassi cosi presto non ha reso rilassante il sonno e mi muovo lentamente schivando le pozzanghere.

E’ in quel momento che vibra il telefono. Nel silenzio generale della periferia lo tiro fuori dalla tasca della giacca e vedo la notifica. E’ Aurora. Già faccio fatica a credere, conoscendola, che Aurora sia in piedi a quell’ora, figuriamoci se posso immaginare cosa abbia da scrivermi di così buon ora, senza sapere tra l’altro che avrei avuto quest appuntamento e che mi avrebbe trovato sveglio.

Mi chiamo Alex, ho quasi trentun anni, conosco Aurora da tre anni. E’ un’amica, nel vero senso della parola. Non siamo d’accordo su tutto ma ci confrontiamo e ci parliamo, ci chiediamo le cose che vogliamo sapere l’uno dell’altra, sapendo quale è il limite tra essere curiosi e essere interessati, ci stuzzichiamo ma senza trascendere nella tensione sessuale. Nel suo carattere esuberante mi ha sempre raccontato le sue frequentazioni, senza scendere nei dettagli perché tra uomo e donna si deve sempre mantenere un po’ di riservatezza, ha chiesto con estrema delicatezza a me e ha accettato che io non le raccontassi nulla, nascondendo dietro il mio essere misterioso ahimè anni di inattività con le ragazze.

E’ l’unica con cui riesco ad essere totalmente franco e a domanda diretta non so mentire.

Se mi aveste chiesto se può esistere un’amicizia totalmente disinteressata tra uomo e donna probabilmente fino a qualche tempo prima vi avrei risposto di si, perché non avevo mai pensato a lei in quel senso. Quel preciso istante in cui è cambiata la mia percezione nei suoi confronti è stato il famoso “discorso della panchina” come lo chiamavamo io e lei. Eppure lei è una bella ragazza, tre anni più giovane di me, magari non slanciatissima perché sarà piu o meno un metro e sessanta ma vi assicuro che nella folla risalta e lei sa risaltarsi. Del suo viso non si può non rimanere affascinati, maniaca dei suoi capelli lunghi castano chiari, del suo sorriso smagliante e di quegli occhi chiari magnetici. Ha pure un bel fisico, non uno stecchino (le mie preferite a dire il vero) ma comunque magro, una bella terza di seno e delle gambe asciutte ma non troppo affusolate con quel fianco di appena pochi centimetri oltre la perfezione che dona rotondità alla zona e al fondoschiena.

Ma c’è un motivo per cui non avevo mai provato un interesse per lei che andasse oltre l’amicizia, e il motivo aveva un nome: Sabrina.

Leggo il messaggio mentre le gocce di pioggia cadono sul display rendendo quasi inagibile il touch:

“Buongiorno! Sorridi, sei un uomo molto fortunato!” e un emoticon di un bacio..

Il cuore inizia a palpitare, in quel momento vado avanti per inerzia conoscendo a memoria la strada per i binari della metropolitana e gli incroci che mi porteranno poi in stazione, ma la mia attenzione è solo li. Ho capito perfettamente a cosa si riferisce quel messaggio eppure mi ostino a rileggerlo per controllare se un punto o una virgola mi avessero fatto fraintendere quelle poche parole, come se potessi leggere oltre lo schermo.

Sono già a poche fermate di metro dalla stazione quando decido di rispondere facendo il finto tonto, così, per vivere in maniera quasi distaccata la cosa:

“Ahah a cosa ti riferisci? Al fatto che ti conosco?” (faccina sorridente)

“Lo sai benissimo a cosa mi riferisco… al discorso della panchina.”

Ero certo fosse riferito a quello ma è incredibile come, quando un pensiero diventa realtà e ci viene detto dritto in faccia, il cuore quasi ceda di botto.

Manca una fermata alla Stazione Centrale quando arriva un altro messaggio.

“Stasera ti chiamo e ti dico tutto, mi sa che mi dovrai comprare l’IPhone”.
 
2 - SABRINA

Sabrina soffre di innamoramento facile, peccato non sia mai stata innamorata di me. Eppure io ci avevo perso la testa per lei e ce l’ho sbattuta per un bel po’. Sono diventato il suo punto di riferimento maschile in fatto di confidenze e amicizia, il ragazzo che è sempre a disposizione quando è sola o quando è giù di corda. Non ho ben capito quando da essere uomo sono passato ad essere amico, non ho fatto nulla per farlo accadere eppure è successo, praticamente non appena ci siamo conosciuti.

Io ne rimasi ammaliato già al primo sorriso, un sorriso più discreto rispetto a quello di Aurora, ma altrettanto intrigante. E’ una ragazza estremamente colta e, pare assurdo per quello che sto per raccontare, di principii, legata alla famiglia e con il costante desiderio di un amore vero e corrisposto. Ho fatto fatica a capirla all’inizio, introversa nella vita di tutti i giorni, quasi chiusa con gli estranei, estremamente socievole nelle relazioni, dove, mi perdonerà se leggerà queste cose, cerca di comprare affetto e amore con il sesso.

Mi sono chiesto parecchie volte perché non ha mai cercato di comprare me in questo modo. Forse perché nella mia imbranataggine e timidezza non ho capito i segnali? Forse per la mia indole di ascoltatore che mi ha fatto precipitare nella friend-zone in tempo zero?

L’ho vista innamorarsi delle più svariate persone, mai di me. Quando ho provato a suo tempo a farle capire che si ero suo amico ma che per me era qualcosa di più di amicizia sono sempre stato messo al mio posto, mai in maniera esplicita ma attraverso giri di parole, attraverso discorsi collaterali che però sottendevano tutti alla stessa conclusione: siamo amici niente di più.

Non dico fossi il primo a cui raccontava le sue cose più personali, perché la prima sicuramente sarà stata Aurora, ma ero sicuramente sul podio. Perché voleva il punto di vista maschile diceva. Così mi raccontava di Tizio e Caio, come era andata la serata, i messaggi che si erano scritti. Non mi diceva se ci aveva scopato o meno ma lo lasciava intendere, cioè se una ti dice che ha dormito a casa di uno, o siamo stati la notte insieme, non credo che voglia sottendere ad altro.

Ci sono stato piuttosto male lo ammetto, ero arrivato ad essere quasi maniacale a vedere i suoi post sui social, vedere chi commentava, capire a chi fossero riferiti certi suoi tweet. Ero perfino arrivato a controllare a che ora erano stati scritti per cercare di capire dove era e con chi era. E rodevo dentro. Poi magari arrivava il suo messaggio, mi chiedeva se ci vedevamo, se mi andava di andare al cinema, di fare shopping e mi rialzavo, mi rinfrancavo e mi illudevo nuovamente sulla base di fatto di niente. Ero talmente preso che per quanto fossi attratto da lei e le piaceva mostrare quanto fosse figa sui social io non mi ci masturbavo nemmeno sopra perché mi pareva di rovinare l’idillio di amore nella mia testa.

Ma lei era Sabrina. Coetanea di Aurora, un paio di centimetri più bassa, sottile come piaceva a me, una seconda scarsa ma che sapeva valorizzare e un sedere da copertina. I capelli neri corvino poco piu lunghi delle spalle e occhi di ghiaccio, con una leggera borsa costante sotto che li rendeva ancora piu belli. E poi, devo ammetterlo, sapeva come farlo tirare, conosceva i trucchi della seduzione ed era una gatta morta per natura. Mi raccontavo che io ero fortunato che, a differenza degli altri uomini, io potevo frequentarla di più, conoscerla interiormente per quello che era; giusto il mio ragionamento, l’apprezzavo non solo per la sua bellezza ma perché mi piaceva come ragionava, mi divertiva, non era solo la femme fatale del sabato sera ma era una ragazza comune con le sue insicurezze e con la voglia di essere ancora un po’ bambina. La realtà è che per me tirava fuori tuta e ciabatte, per gli altri si metteva giù da gara.

La conobbi grazie ad un’amicizia comune, entrò a far parte di un ristretto gruppo di persone, tutti lavoratori fuori-sede e la nostra conoscenza si rafforzò subito dato che abitavamo a circa un chilometro di distanza. Frequentai la casa che divideva con la coinquilina assiduamente, fu lei a presentarmi qualche tempo dopo Aurora, anch’essa domiciliata li a due passi.

Noi tre diventammo cosi un sottogruppo della compagnia di amici. Ognuno aveva i suoi giri, a volte si usciva tutti insieme, altri il gruppo si spaccava e si distribuiva in vari network di conoscenze. Noi tre però ci si muoveva spesso assieme; grazie a loro ho conosciuto un sacco di persone con le quali non mi sarei mai relazionato, poi se non c’era voglia di uscire, oppure non c’era nessuno in giro o niente da fare, o ancora era un inutile giorno infrasettimanale capitava che stessimo semplicemente noi tre, o anche solo due di noi cosi per passare la giornata o la serata, e forse quelli erano i momenti che preferivo perché erano quelli dove potevo godere di più della loro attenzione.

Sabrina era il sogno d’amore, Aurora l’amica con cui poter essere se stessi.

Poi le cose cambiarono, non so dirvi in che modo. Lentamente Sabrina incominciò a uscirmi dalla testa e per quanto sempre latente fosse il desiderio di lei, smisi di essere cosi ossessivo e inizia a considerarla un’amica. Continuava a raccontarmi delle sue avventure ma mi dava molto meno fastidio, anzi rimanevo quasi indifferente, avevo finalmente ricominciato a guardarmi in giro e ad interessarmi ad altre ragazze. Avevamo anche prenotato da mesi, noi tre, un viaggio self-made in Thailandia, ed ero contento di andarci solo con loro, le mie amiche.

Poi il messaggio di Aurora. Poche parole che avevano in un nanosecondo fatto riaffiorare una serie di sentimenti sopiti, di emozioni. Ho passato tutto il viaggio in treno, la riunione di lavoro, il rientro con i battiti accelerati, una soglia dell’attenzione sotto lo zero e la voglia solo di tornare a casa e ricevere quella telefonata da Auri. Mi sono illuso che non appena avrei varcato la soglia di casa il telefono avrebbe squillato e invece sono rientrato da quasi un’ora e ancora nulla.

Possibile che stia succedendo? Cosa cambierĂ ? E se fosse solo uno scherzo? Cosa si sono dette? Quali sono gli accordi? Dove? Come? Quando?

Il telefono squilla. E’ Aurora. Bri&Auri1.JPG Bri&Auri2.JPG Bri_in_disco.JPG
 
Diciamo che trae ispirazione da situazioni, emozioni, viste, vissute e sperate, il tutto romanzandole. Sentitevi liberi di commentare positivamente, negativamente, richiedere approfondimenti di parte, esprimere vostro parere e considerazioni sul tema
Rispondo a questa parte... e rispondo a questo autore, lanciando un messaggio a chiunque si avventi su questa china.

Tutta l'epopea di Star Wars è considerata un'opera originale. A ben vedere, di originale c'è poco, però è una storia "collaudata" in un ambiente creato da zero sui toni della fantascienza fantastica. Poi, togliendo questo, quello, quell'altro, alla fine è una storia copiata. Ma è abbastanza non copiata per definirla originale.
Il film The Social Network è basato su fatti reali. Più precisamente, l'adattamento cinematografico di un libro, il quale è un adattamento della realtà. Non è però quanto effettivamente successo: è un film, non un documentario (e anche i documentari non sono reali... ma "costruiti" su quanto realmente accaduto).

Mi domando quindi: se si ha romanzato, adattato, modificato, cambiato una "esperienza reale"... a parte per far abboccare audience che motivo c'è di mettere il tag "esperienza reale"?.

Per chiunque scriva o stia scrivendo: o è successo realmente così (e si e è stati parte o osservatori della cosa) e lo si riporta (nel limite della tutela della privacy delle persone descritte raccontate)... oppure lasciate perdere il rendervi ridicoli con quel tag "Esperienza reale" quando di reale se va molto, molto bene manco c'è il 50%.

Questo non rende il racconto meno godibile, ma non impedisce nemmeno che venga fastidio a leggerlo e sentirselo spacciato per reale quando a volte difficilmente al livello "tratto da una storia vera"....
Quanto invece trovo fastidiosamente stucchevole e ancor più menzognero è l'uso di immagini costruite per "sostenere" questa supposta esperienza reale, mentre in realtà è più o meno una sceneggiatura. E allora diventa 150% inventato... ma non c'è niente di male. Basta non spacciarlo per esperienza reale (anche se ci si ha preso spunto!)

E' bello avere anche opere di fantasia :)
 
Rispondo a questa parte... e rispondo a questo autore, lanciando un messaggio a chiunque si avventi su questa china.

Tutta l'epopea di Star Wars è considerata un'opera originale. A ben vedere, di originale c'è poco, però è una storia "collaudata" in un ambiente creato da zero sui toni della fantascienza fantastica. Poi, togliendo questo, quello, quell'altro, alla fine è una storia copiata. Ma è abbastanza non copiata per definirla originale.
Il film The Social Network è basato su fatti reali. Più precisamente, l'adattamento cinematografico di un libro, il quale è un adattamento della realtà. Non è però quanto effettivamente successo: è un film, non un documentario (e anche i documentari non sono reali... ma "costruiti" su quanto realmente accaduto).

Mi domando quindi: se si ha romanzato, adattato, modificato, cambiato una "esperienza reale"... a parte per far abboccare audience che motivo c'è di mettere il tag "esperienza reale"?.

Per chiunque scriva o stia scrivendo: o è successo realmente così (e si e è stati parte o osservatori della cosa) e lo si riporta (nel limite della tutela della privacy delle persone descritte raccontate)... oppure lasciate perdere il rendervi ridicoli con quel tag "Esperienza reale" quando di reale se va molto, molto bene manco c'è il 50%.

Questo non rende il racconto meno godibile, ma non impedisce nemmeno che venga fastidio a leggerlo e sentirselo spacciato per reale quando a volte difficilmente al livello "tratto da una storia vera"....
Quanto invece trovo fastidiosamente stucchevole e ancor più menzognero è l'uso di immagini costruite per "sostenere" questa supposta esperienza reale, mentre in realtà è più o meno una sceneggiatura. E allora diventa 150% inventato... ma non c'è niente di male. Basta non spacciarlo per esperienza reale (anche se ci si ha preso spunto!)

E' bello avere anche opere di fantasia :)
Trovo il tuo commento assolutamente pertinente e corretto, e lo apprezzo. A mia parziale giustificazione, credimi, essendo neofita nella gestione di un thread, ho inavvertitamente schiacciato entrambi i tag e non ho più trovato il modo (se esiste) di modificare. Non mento dicendo però che metterli entrambi, per quanto esperienza reale e racconto di fantasia cozzano totalmente come concetti, era un'opzione, errata riflettendoci ora, ma lo era.
Per quanto concerne le immagini è un mio vezzo per provare a far capire al lettore come immagino la scena e descrivere meglio i protagonisti, non vuole essere un imporre il proprio pensiero o il voler gridare "guardate, è successo proprio cosi!"
Spero tu abbia apprezzato il "racconto di fantasia".
 
3 - IL DISCORSO DELLA PANCHINA

Febbraio. Domenica pomeriggio. E’ il giorno della settimana che solitamente dedico al relax, senza prendere impegni. Aurora mi aveva chiesto se mi andava di fare due passi, nulla di impegnativo, nel giardino pubblico a metà strada tra casa mia e casa sua. A lei non è mai piaciuto passare tempo da sola.

Tra il pallido sole autunnale e zone di ombra più fredde avevamo chiacchierato di tante cose come tante altre volte, eravamo arrivati a parlare della situazione lavorativa un po’ preoccupante di Sabrina, da quando aveva cambiato responsabile la mansione che tanto aveva amato era diventata insopportabile, i suoi colleghi che reputava amici se ne erano andati e ripercuoteva le sue insicurezze e fragilità personali proprio sul suo lavoro. Aveva crisi di pianto, interiorizzava tutto e temevamo si stesse lentamente avvicinando ad un esaurimento nervoso.

Ci sedemmo su una panchina e nascosti dietro gli occhiali da sole mi chiese inaspettatamente quale fosse la mia situazione nei confronti di Bri (Sabrina). Non me l’aspettavo una domanda così diretta. In tutti quegli anni non me l’aveva mai fatta. Lo sapeva benissimo che io ne ero stato cotto ma non aveva mai toccato l’argomento. Cosa voleva sentirsi dire? La tranquillizzai dicendo che era tutto sotto controllo e che mi spiaceva per la sua situazione.

Non mi credette e rincarò la dose

A: “Ti piace ancora?”

“Ma sai, un po’ di acqua sotto i ponti ne è passata”

A: “Quindi non ti fai più le seghe pensando a lei?”

Sono rimasto interdetto alcuni secondi. Nessuno di noi è un puritano, ma sentire certi termini in bocca a ragazze con cui i discorsi, seppur a tema sessuale, erano rimasti sempre nell’ambito di certi limiti nei termini, mi aveva un po’ sconvolto. Ripresi fiato.

“Ma guarda che non me le sono mai fatte su di l..”

A: “Non dire cazzate… guardami in faccia e dimmi che non ti sei mai segato pensado a lei”

Momento di imbarazzo, e io non so nascondere l’imbarazzo perché divento ancora rosso.

“Vabbe’ si, all’inizio inizio si!”.

Ho detto prima che per una sorta di platonico rispetto non mi ci segavo, ma prima che affiorassero i sentimenti, non appena l’avevo conosciuta, mi ci ero spippettato eccome!. La sotto qualcosa incominciava a spingere sui pantaloni.

A: “E su di me?”

Mi guardava dritto negli occhi e io guardavo lei. Come una sfida. Risposi di si, sempre per quel discorso che non riesco a mentirle.

A: “e ci mancherebbe che non lo avessi fatto perché sono figa anche io! E cosa facevi? Immaginavi o guardavi le mie foto”

“Ma è successo solo qualche volta, all’inizio quando non potevamo considerarci ancora amici, e comunque si, guardavo le tue foto su Facebook”

A: “e quali erano le tue foto preferite?”. Incalzava con le domande, non facevo in tempo a rispondere che lei ne aveva già pronta un’altra.

Inizialmente dissi di non ricordarmele, anche se le avevo ancora bene a mente. Su sua insistenza cedetti e ci ritrovammo sulla panchina a scorrere i suoi vecchi album sui Social per rintracciare quelle due foto su cui ero sicuro avevo fantasticato in passato.

Quando ritrovai una delle suddette foto, seduta su un muretto con vista sulla spiaggia, in un bikini argento, all’epoca ventiduenne in una delle sue solite pose che usava per le foto che rendeva pubbliche, un mix tra ingenuità e seduzione, lei esclamò:

A: “ah ti piacevo giovane eh!!!

Facendo un po’ il disinteressato le dissi che era una bellissima ragazza anche ora.

A: “E cosa ti piace di me?”

“beh i tuoi occhi, lo sguardo..”

A: “Ohh non fare il romantico… del mio corpo intendo”

“a parte che gli occhi fanno parte del corpo, il tuo sguardo provocante e si, le tue tette”

Lei abbozzò un sorriso, si apri la giacca a vento quasi a mostrarmi che erano ancora li, al loro posto, e scoppio a ridere. Dopo qualche secondo di silenzio mi baciò sulla guancia

A: “Comunque si vede che ora sei tranquillo, cioè una volta il tuo umore dipendeva totalmente da Bri e a volte eri veramente pesante, non ti si poteva vedere, da un pò invece mi diverto un da matti quando ci sei e anche quando siamo soli noi tre, e mi piace quando sei cosi”

Ancora lei:

A: “Sai io sapevo che tu ci stavi male e che lei un po’ si approfittava di te anche solo per avere compagnia e un po’ ti dava illusioni ma non sapevo come dirtelo. Ma ora se mi dici che ti è passata..”

“Si si tranquilla”.

Silenzio. Tanto silenzio.

A: “Posso dirti un discorso che abbiamo fatto due weekend fa, quando Bri ha ospitato Patrizia?”

“Certo”.

Patrizia era un’amica di infanzia di Sabrina, della sua città natale. Fisicamente l’esatto opposto: alta, piuttosto in carne, per nulla fine. Assolutamente non il mio tipo. Sboccata come poche.

A: “In pratica stavamo parlando di cose da donne, e Patrizia ha raccontato che si era trovata coinvolta (Patrizia era dipendente per un’azienda che organizzava eventi nel mondo del cinema e della musica) in un festino dove circolava tranquillamente cocaina e finito con diversi accoppiamenti diciamo promiscui; e che si era trovata in una stanza con questo attore e un’altra ragazza e..”

“Ma tu le credi?”

A: “boh, non lo so, guarda che lei è malata, le ho sentito dire delle cose anche altre volte che hanno lasciato allibita anche me! Ma non è questo il punto! Il punto è che dopo ha iniziato a divagare, a fantasticare di gente piu o meno conosciuta che vorrebbe vedere in quei contesti… ha fatto anche il tuo nome..”

“In che senso?”

A: “Nel senso che lei ti si farebbe ahahah”

“Ahahahha… no lei no, proprio non ce la farei, però che ha detto dai sono curioso”.

A: “Niente, che secondo lei tu sei figo, poi una serie di cose volgarissime, poi è tornata sul discorso delle cose di gruppo… ha chiesto anche a noi”

“Cosa?”

A: “Se ci avessimo mai pensato, con chi lo faremmo, dove, come, quando… era un fiume in piena”

“E voi?” Iniziavo ad essere molto curioso, anche perché sentivo nella voce di Aurora un po’ di imbarazzo. Mai ci eravamo spinti a parlare di fantasie e ancora non capivo come ci eravamo arrivati e perché, ma mi piaceva.

A: “Abbiamo detto ognuna la nostra, cioè tra persone famose e gente che conoscevamo… abbiamo nuovamente parlato di te”

“Cioè avete fantasticato su fare una cosa a tre con me?”. Iniziavo a pensare mi stesse prendendo in giro”

A: “No però tra le persone che conoscevamo ho ri-tirato fuori il tuo nome”. L’imbarazzo cresce e non mi stava più guardando in faccia. “Cioè se dovessi fare una cosa del genere con uno che conosco io lo farei, cioè preferisco uno come te con cui ho un certo grado di confidenza e so che mi rispetta piuttosto che uno tipo Roby (altro nostro conoscente) che si è passato mezza Milano. Mi prometti che non ti fai illusioni?”

“Vai avanti”

A: “Bri non lo ha escluso.” “Sai però come è lei che su queste cose ci sguazza, lei propendeva più per uno sconosciuto però quando parlavamo delle persone conosciute di te ha detto che sarebbe stato ok”

Ero tra lo stupito, l’incredulo, il divertito, il sospettoso e un’altra serie di emozioni dure da descrivere. Non dissi nulla perché davvero non sapevo cosa dire, perciò quel mio tacere non fece altro che amplificare il vociare in lontananza di famiglie che passeggiavano e il cinguettio timido di qualche uccellino.

Il vero shock fu quando Aurora riaprì bocca, guardandomi specchiata negli occhiali da sole:

A: “Tu la faresti una cosa del genere con me e Bri”?

Sorrisi quasi isterico, per prendere tempo. Avevo la salivazione azzerata e il battito accelerato. Mentire solo per fare il distaccato verso la cosa, per non rimanerne a quel punto disilluso oppure crederci e dire che sarei morto anche seduta stante una cosa del genere. Cercai di rimanere il piĂą calmo possibile.

“Si, lo farei”

A: “Anche io, davvero”.

Non so perché ma me la aspettavo una affermazione del genere. Aurora, più esuberante e meno riflessiva rispetto a Sabrina, mi aveva sempre abituato a coupe de teatre. Trasalì qualche attimo, mi resi conto che le mie parti basse non erano rimaste indifferenti all’affermazione

A: “E’ da qualche giorno che ci penso e che non riesco a togliermi l’idea dalla testa, più che altro per provare, chissà come sarebbe, cioè ci vogliamo bene, sarebbe strano ma a me le cose pazze piacciono, me lo sono immaginato tu tra noi due, niente cose lesbiche eh! Perché so già che tu uomo pensi a quello”

Riprese ancora lei quasi a voler smorzare la tensione che si era creata

A: “…comunque non ti illudere, quel discorso quando c’era Patrizia era un pourparler, dovrei riprovare a tirare fuori l’argomento e non so dirti se mai riuscirò a farlo, come reagirebbe lei davanti ad un discorso serio sulla cosa .. ma se per te è ok io ci provo“

Interruppi il mio silenzio con un “Dai, provaci”

A: “Ahahahh… stasera ti farai una sega pensando a quella cosa?”

“Si ovvio”. Non mi vergognavo di ammettere una cosa cosi scontata.

A: “Bravo. Se lo fai poi mandami la foto che utilizzerai che sono curiosa”

Eravamo in piedi, pronti per salutarci e ritornare ognuno alla propria casa.

A: “Ahh se un giorno dovesse mai succedere però mi merito un premio”

“Se succede ti regalo quello che vuoi”

A: “Voglio l’IPhone nuovo” disse allontanandosi e ridendo.

Più o meno alle 20 inviai ad Aurora una foto sua e di Bri vestite a puntino una sera durante una gita alle Cinque terre. Eravamo stati li un weekend un paio di anni prima. La foto l’avevo scattata io.
 

Allegati

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4 - LA TELEFONATA

Mentre attendo la telefonata di Aurora cerco di rivivere tutto il discorso della panchina, un po’ per iniziare a fantasticare su ciò che fino a stamattina era imponderabile, un po’ per capire cosa attendermi; anche perché dopo quel giorno l’argomento è stato trattato marginalmente solo in un altro paio di occasioni: La prima volta ero stato io a chiedere ad Aurora, circa una settimana dopo, se avesse approcciato al discorso con Sabrina, ma il suo secco no mi aveva fatto capire che non gradiva pressioni; la seconda volta fu lei a dirmi di punto in bianco, circa un mese e mezzo fa, che aveva cominciato a lavorare per me, sottolineando il tutto con un sorriso furbetto che non poteva non fare riferimento a nient’altro. Lei aveva sganciato la bomba, ora la palla era nelle mani dell’altra.

Rispondo al telefono cercando un “Ciao” il più naturale possibile, non mi riesce tanto a dire il vero.

A: “Ciao Treasure” dall’altra parte “come stai? Che fai?”. La sua voce sicuramente trasmette più serenità della mia.

Cinque, forse dieci minuti di convenevoli e chiacchiere da bar, per sapere delle nostre giornate reciproche e di cose successe nei giorni precedenti il nostro ultimo incontro, poi una volta esaurito il discorso mi chiede, senza giri di parole:

A: “Quindi, cosa hai pensato quando ti ho mandato il messaggino stamattina?”

“Eh… che non so ancora se mi stai prendendo in giro o meno, e non aspettavo altro che mi chiamassi”

A: “Ohhh ancora che non mi credi… è vero è vero!”

“Quindi sono fortunato?”

A:”Allora.. ne abbiamo parlato… piu di una volta a dire il vero.. non so da dove cominciare”. Quelle sue pause tra una parola e l’altra, la parlata che diventa incerta, il tono della voce non più cosi sicuro e deciso e che anzi trasmette quasi vergogna…

“Dall’inizio, da dove vuoi” La mia voce riflette la mia impazienza

A:”Non credevo fosse così difficile, dopo che ci eravamo parlati io e te mi ero ripromessa che alla prima occasione avrei tirato fuori il discorso con lei ma poi al momento clou non ce la facevo”. Non potevo biasimarla, io non ne sarei stato assolutamente capace.

A:”Vabbeh, un sabato dopo pranzo, prima di uscire ho ripreso il discorso di Patrizia e abbiamo ripreso a sviscerare i nomi. Più che altro mi ha fatto specie perché ne ho parlato con naturalezza e anche lei, cioè quel discorso e l’idea di provare non è rimasto indifferente ne a me ne a lei. Non c’era imbarazzo, assurdo, e parlavamo di io e lei insieme a fare robe con lo stesso uomo quando ti ricordi quante storie aveva fatto per quella cosa con Marco (Marco era un uomo di una decina di anni più grande che aveva approfittato di Sabrina una sola singola sera e lei si era fatta castelli in aria sulla base del nulla, mentre con Aurora aveva avuto una frequentazione qualche mese dopo, frequentazione che non aveva funzionato ma almeno per un paio di mesi erano stati intimi). Ho dovuto prenderla un po’ alla larga poi le ho chiesto se era stata sincera quando con Patrizia era saltato fuori il tuo nome”

Eccoci, il momento della veritĂ .

A: “Non ho ben capito il suo discorso a dire il vero ahah, ma è stato abbastanza confuso, mi diceva che era sincera che però non aveva mai pensato seriamente alla cosa, che con gli amici certi discorsi non si possono fare, che certe cose non si possono fare e li sono intervenuta io e mi devi fare un monumento! Le ho detto che proprio perché eravamo amici se si voleva provare a creare una situazione del genere se i patti fossero stati chiari e nessuno avesse sputtanato nessuno era meglio che passare per due zoccole qualunque con uno sconosciuto.”

“Ma le hai detto che io e te ci eravamo già parlati”

A: “Ahaha no tranqui, non gliel’ho detto subito”

“Ahaah, che bastardella”

A: “Boh poi ha tirato fuori un discorso sul pudore, ma li è venuta fuori l’avvocato mancato che c’è in me e ho incominciato con un pippone sul fatto che io e lei già ci siamo viste nude in svariate occasioni..”

“Come vi siete già viste nude?” La interrompo senza riflettere

A:”Ma si, durante le vacanze che abbiamo fatto, quando ci cambiamo insieme, negli spogliatoi del padel… fatto sta che sappiamo tutto di cosa ha fatto una e cosa ha fatto l’altra con tanto di dettagli, che tu staresti zitto e che un uomo non direbbe mai detto di no a due belle fighe come noi! Io le ho detto che ci pensavo da un po’ alla cosa, che mi piacerebbe provare giusto per capire cosa si prova e che saprei sostenerla. Lei era dubbiosa eh, non è che siamo arrivate ad una conclusione però ho cominciato a insinuarle l’idea, però poi nel pomeriggio la vedevo in faccia e sicuramente ci stava rimuginando. Tu non lo sai perché non te l’ho detto ma la sera ci siamo visti anche con te, quando siamo andati all’aperitivo in Buenos Aires, era quel giorno, ed è stata lei a volerti chiamarti per l’aperitivo, io non ci pensavo perché credevo che dopo quel discorso lei non ti volesse vedere o facesse scena muta per imbarazzo interiore, e invece lei è stata serenissima quella sera con te, anche se credo stesse dissimulando e ci continuasse a pensare. Poi ne abbiamo parlato ancora la settimana dopo, lei era un continuo si e no. Cambiava idea ogni 2 minuti. Ci scherzava sopra, immaginava scene da film porno li in casa sua o quando saremo in Thailandia e dopo un minuto si incupiva e diceva che non era il caso, che era troppo rischioso per l’amicizia, che non se la sentiva, che si sentiva sporca, poi ritornava a disegnare scene divertenti tipo che tu ci rifiutavi e che eravamo noi che ci stavamo facendo illusioni. Non ci capivo nulla quel giorno, so solo che ad un certo punto voleva convincermi lei che era meglio un altro rispetto a te per fare quella porcata. Dopo una decina di giorni mi ha chiesto lei senza che fossi io a parlarne se avevo parlato a te della cosa, per tastare il terreno. Sono rimasta colpita perché non eravamo rimaste d’accordo dovessi farlo perciò le ho detto che l’avrei fatto e lei mi ha pregato però solo di capire cosa pensassi e di non dire ancora che “l’altra” sarebbe stata lei, cioè in pratica per lei quella che doveva passare per puttana ero io qualora tu avessi detto di no.”

Tutto quello sproloquio mi strappò un sorriso dall’altro capo del telefono.

A: “Li però mi sono incazzata un po’ e gliel’ho detto che se voleva farlo non è che poteva nascondersi all’infinito e che tu avevi fatto di tutto per lei e che figuriamoci se non volevi scopartela, anzi che fossi stata in te l’avrei mandata a cagare da un bel po’ e che te lo meritavi cazzo!!!”

Risi di gusto, era una sorta di rivincita per me.

A: “Ho fatto passare un po’ di tempo prima di dirle che te avevo parlato, cioè che eri rimasto un po’ scioccato e li per li dovevi pensarci, che anche tu temevi per l’amicizia e cose così, non ti ho fatto passare per una bestia dai! Sono stata brava no?”

“Bravissima”

A: “A questo punto ne parlavamo l’altro giorno e siccome avevamo passato il punto di non ritorno, abbiamo convenuto che è meglio prima parlarne tutti e tre assieme per mettere in chiaro alcune cose”

“Ma tipo? Cioè dobbiamo decidere le cose a tavolino?”

A: “Ma no scemetto, però mettiti nei suoi panni, è già abbastanza in crisi di suo, questa idea da un parte l’attira dall’altra la scombussola, sei il suo migliore amico che ha e sa che è una cosa che cambierà gli equilibri tra di noi, ed è spaventata. Poi lo sai, lei è una da peso anche sbagliando al sesso, lo vive meno serenamente che me.

“Non so cosa dire, sei una grande!”

A: “Lo so”

A: “Poi però parliamo sempre di Bri ma mai di me, tu ti rendi conto che fooooorse mi scoperai?”

“Beh ma quello possiamo farlo indipendentemente da lei” dico in tono un po’ da sbruffone.

La verità è che aver rotto quel taboo con Aurora, dove di sesso se ne parlava ma sempre riferito ad altri e mai così apertamente di noi a me eccita da morire. Il minimo rammarico è che se avessi saputo prima che Aurora era così libertina sul sesso e che se ne fregava delle conseguenze, se aveva anche una sola minima attrazione verso di me, ci saremmo potuti divertire e rilassare ben prima.

A: “Io sono un po’ emozionata… e tu?”

Ci dilunghiamo in discorsi filosofici sull’amicizia, sull’equilibrio dei rapporti. Velocemente il tema sesso esce dalle nostre chiacchiere.

Quando ci salutiamo sono quasi le 22.00, non appena premo il pulsante di chiusura chiamata mi rendo conto che non ho chiesto la domanda piĂą importante, quale sarebbe stato il next step?

Il mio dubbio dura pochi secondi, la risposta ce l’ho già. Sabrina il giorno prima aveva mandato un semplice messaggio con scritto “Giovedi cena da me, cucino io!”. Oggi è martedi. Mancano due giorni. Non sarà facile prendere sonno stanotte.
 
5 – STASERA A CASA DI BRI

Pìù ci si arrovella nei pensieri e si vuole decidere a priori il proprio comportamento più si finisce al non giungere ad una conclusione. Così se nel giorno successivo la telefonata di Aurora mi sono scervellato per rispondermi alla domanda “Io arrivo al nostro rendez-vous e cosa devo fare o dire?” vivendo quasi in stato catatonico e risultando inutile al resto del mondo, oggi ho cercato di pensarci il meno possibile, dicendomi di improvvisare e succeda quel che succeda. L’agitazione è iniziata a salire solo nel momento in cui è arrivato il momento di prepararmi. Ho tergiversato un po’ con i colleghi in ufficio per non avere troppo tempo da solo a casa per pensare, sono rientrato, ho fatto una doccia bollente e cominciato a prepararmi. Cosa mi devo mettere? E’ una normale serata tra amici? si aspettano che vada la tutto a puntino, poco credibile per il mio stile infrasettimanale? Potrei sempre dire che rientravo direttamente da lavoro… o andiamo sul più casual? Ecco il primo, forse il più inutile, dei dubbi. Opto per l’opzione casual chic, sportivo il giusto ma niente cose desuete e troppo di bassa qualità. Una camicia, un jeans e delle sneakers vanno più che bene.

ChissĂ  cosa si metteranno loro. ChissĂ  come avranno vissuto questa attesa? Mi sto facendo io troppe paranoie?

Mancano pochi minuti alla mia uscita di casa e mi inizio a chiedere se loro saranno già la. Bri per forza dato che è casa sua, ma Aury? Cosa sarebbe meglio per me? Mi immagino siano già la entrambe e abbiano già iniziato a parlare della cosa.

Tra casa mia e casa di Bri sono esattamente 4 minuti in auto. A volte è più il tempo che ci metto a trovare parcheggio che quello in movimento, decido comunque di andare in auto. E’ quando salgo in auto che sento di avere la salivazione azzerata. Cerco di fare un po’ di training autogeno e parto. Trovo parcheggio abbastanza facilmente a circa duecento metri dall’ingresso del palazzo. Perfetto, è a fianco di un giardinetto pubblico con tanto di fontanella, posso bere per togliere l’arsura in bocca. Il tempo dell’ultima sigaretta dato che Sabrina odia quando fumo (e mi concede ogni tanto l’accesso al balcone per farlo quando vede che la mia dipendenza ha il sopravvento) e sono pronto.

Suono il campanello.

Non c’è bisogno nemmeno di chiedere chi è, mi apre il cancello che da accesso alla corte e poi quella di accesso alla sua scala.

Il tragitto in ascensore è un lunghissimo unico respiro, respiro che quasi inizia a mancarmi.

La porta è aperta, entro. Abbozzo un “Ciao”.

Sabrina è li, indaffarata a sistemare la tavola. C’è solo lei, mannaggia!. Mi risponde con un “Ciao, come va?” senza nemmeno guardarmi in faccia, come fa sempre tutte le volte che entro da lei. E’ talmente naturale il nostro rapporto che non c’è bisogno di attese all’uscio, permessi o formalismi vari. Non faccio in tempo a rispondere che le suona il telefono, è suo padre. Mi fa cenno di spegnerle la cassa da cui usciva la musica e continua a trafficare in cucina parlando con lui. Lei ha optato per un look decisamente più casalingo, un leggins nero, una maglietta bianca con qualche disegno, raccordata in vita per lasciare scoperta la pancia, i capelli neri raccolti e gli occhiali da vista. Rigorosamente scalza come fa sempre a casa anche in pieno inverno. L’ho vista centinaia di volte con quel look, mi piace, non posso negarlo, mi piace quando si mette in tiro per uscire, osando magari qualcosina in più del dovuto, mi piace quando è in pigiama, mi piace quando è cosi semplice in casa, ma sempre con quel non so che di affascinante. Capisco che la cotta per lei, per lo meno per il suo fisico, non mi è mai passata.

Chiusa la telefonata, viene da me, mi bacia sulla guancia, mi abbraccia in modo affettuoso e mi chiede scusa. Rimango un po’ interdetto. Lei è una grande donatrice di abbracci ma in quel contesto che significava? E’ la prima volta che siamo nella stessa stanza e che incrociamo gli sguardi da quando sapevamo che entrambi avevamo accettato, almeno a parole, quel gioco. Io so che tu sai e tu sai che io so. Non è necessario dircelo. Possiamo dire quello che vogliamo ma in quel momento c’è tensione e vergogna.

Non so chi dei due sia più a disagio ma quei minuti da soli nell’attesa di Auri, che l’aveva avvertita del ritardo, sono infiniti. Parliamo, ma entrambi sappiamo che gli argomenti di cui stiamo parlando, essenzialmente questioni lavorative, sono di poco interesse. Confido nel ciclone Aurora per rompere quell’empasse in cui ci siamo infilati.

Finalmente arriva, con il suo sorriso e la sua poca voglia di stare zitta e di fatto una chiacchierata monotona diventa il palcoscenico di Aurora, autentica mattatrice di discorsi. La osservo: di sicuro la più elegante tra i tre, forse perché l’unica che non ha avuto modo di cambiarsi rientrando da lavoro. La camicetta bianca lascia intravedere il reggiseno e le sue discrete forme, la gonna classica da completo color bordeux lascia scoperto dal ginocchio in giu. La décolleté firmata con tacco, color della gonna è molto apprezzata dal sottoscritto.

Sabrina è una brava cuoca quando ha voglia, ma per le cose più informali tende a fare il minimo indispensabile. I discorsi a tavola sono ben lontani da quello cui tutti e tre stavamo pensando. Io vorrei si parlasse di quello, non ho il coraggio di farlo. L’unica che può farlo, che avrebbe il coraggio di farlo è Aurora , ma al momento è troppo impegnata a tener viva la conversazione su altri temi, conversazione che probabilmente se fosse per Bri e me andrebbe avanti a monosillabi. Per fortuna c’è il vino, vizio capitale mio e di Aurora, molto meno di Bri, quasi astemia. Sicuramente può aiutare ad allentare qualche freno inibitore. Di “quel” discorso nemmeno l’ombra, inizio a credere che non si affronterà il tema stasera. Fuori è calato il buio, siamo seduti a tavola io e Aurora mentre Sabrina inizia a rassettare e mette in tavola amari e whisky. Me ne servo subito uno, quasi a ruota un secondo. Aurora anche. Continuiamo a parlare, non c’è più la tensione che c’era all’inizio. L’effetto whisky mi ha rilassato parecchio. Vado a fumare sul balcone, Aurora mi segue, lei non è una dipendente come me ma a volte me ne chiede una.

Siamo sul balcone a fumare. Io sono piegato con le braccia appoggiate alla ringhiera. Lei è a fianco con la schiena appoggiata alla ringhiera e lo sguardo verso l’interno. Forse perché è da lei che è partito tutto, perché è lei il punto di riferimento di quella situazione, non ho paura di affrontare con lei l’argomento.

Le dico solo “Quindi?”

Lei mi guarda, sorride, e scostando di lato la mano che teneva la sigaretta, mi bacia. Il primo bacio con Aurora. Intenso, non uno stampo, entrambi sorridiamo e continuiamo a baciarci. Un bacio che sa parecchio di fumo. Nessun commento, mi dice solo di aspettare un secondo che doveva andare in bagno e di fumarmi un’altra sigaretta nel frattempo. Mentre fumo la seconda sul balcone fa capolino Sabrina, è agitatissima, credo abbia visto che ci siamo baciati, e credo che sappia che è giunto il momento di affrontare la cosa.

Sorriso di circostanza e discorsi brevi nel vuoto, quanto ci mette Aurora a rientrare? Ho finito la sigaretta. Rientriamo in casa. E’ in quel momento che mi ritrovo a fianco del tavolo al centro del soggiorno e quasi mi scontro con Aurora che è uscita troppo rapidamente dal corridoio che immette in soggiorno. E’ su di giri, un bel po’ di effetto il whisky lo ha fatto anche su di lei. Siamo in piedi, uno fronte l’altra, mi stringe. Mi stringe forte e inevitabilmente non può non sentire la mia erezione contro la sua pancia. Ci baciamo ancora, più forte, con parecchia lingua manco fossimo due quindicenni. Non mi interessa che Sabrina ci stia guardando, non mi interessa cosa stia succedendo li attorno, che si era detto che doveva solo essere un incontro per parlarne, voglio che Aurora non smetta mai. Io con le mani sul suo fondoschiena, il cazzo contro il suo corpo.

A: “Adesso baciatevi voi due”

La sua frase cade come un fulmine a ciel sereno. Nessuno dei tre dice più nulla. Possibile che il mio primo bacio con la ragazza che più avevo bramato in vita mia fosse deciso, quasi imposto, da una terza persona? E’ stato cosi. Vedo Sabrina spostarsi dalla tavola vicino alla cucina e, lasciando gli occhiali sulla tavola, fare un passo verso di me. Faccio anche io il movimento di andarle incontro. Quando sono vicino mi chino con la testa per raggiungere quel corpo mingherlino. Ci baciamo, non intensamente come con Aurora, ma è un bacio. Poi lei si stacca e si sposta. Non mi è mai capitato di baciare due donne in un’unica serata, figuriamoci due amiche.

Auri riprende a baciarmi, ci stuzzichiamo, si leva le scarpe e finiamo sul divano, Bri è li a fianco, seriosa, guarda ma non batte ciglio. Nemmeno quando Aurora le chiede se vuole fare lei ha sussulti, risponde con la sua voce un po’ contratta di continuare pure lei.

Ho le mani di Aurora sotto la camicia, le mie provano ad andare su di lei ma si muove troppo e quando faccio per abbozzare un avvicinamento al seno me le ritrae dicendomi uno scherzoso “pussa via”.

Lei però tocca eccome e io glielo lascio fare, guardo un po’ lei, un po’ nel vuoto, non ho il coraggio di incrociare lo sguardo di Sabrina, anche se ormai i taboo sono caduti.

E’ arrivata in basso con la mano, mi ha slacciato il bottone dei pantaloni per muoversi piu libermente. Non va dritta sul mio coso. Tocca con un dito il mio inguine, a destra e a sinistra e ogni volta che lo fa io ho i brividi e trasalisco. Ogni tanto mi bacia, sempre con la mano li sotto, inizia a stringerlo e sento la sua mano muoversi sopra il cotone delle mutande.

“Mi piace” dice mordendosi il labbro inferiore e sorridendo, a “te piace?” Rispondo con un si gutturale. Rincara la dose “Ti piace se entro?” e senza il mio permesso, non che volessi negarglielo, sento la sua mano entrare e carezzare il mio pene. Sono durissimo. Ci gioca, lo tocca, lo stringe. Sono già quasi al limite.

Mi sussurra all’orecchio “Vuoi che ti faccia una sega?” e poi all’altra, sempre li a fianco, seduta sul bracciolo del divano, “lo sai che lui si fa le seghe sulle nostre foto?”

Serafica Bri risponde con un serafico “Immagino”.

A: “Adesso ci puoi guardare dal vivo, non è meglio?”

Auri continua nel suo gioco con le mie parti basse, tocca in punta, lo stritola, inizia a fare movimenti su e giu, piano.

Sabrina ha capito dove vuole arrivare l’altra, le dice solo però “non qui però che sporchi tutto, vai in bagno”.

Non ho forza ne potere decisionale. Non so se fosse previsto, come finirà la serata e tutto questo casino, forse è stato meglio cosi, rompere il ghiaccio con i fatti e non a parole. So che voglio godermi il momento e se qualcuna di loro mi chiedesse qualsiasi cosa in questo momento lo farei.

Dopo le parole di Sabrina, Auri fa la faccia da bambina rimproverata che a me fa impazzire e dice solo “uffi”, si rialza un po’ goffamente dal divano, mi prende per mano. Ho ancora i jeans sbottonati e un po’ già cadenti che rendono la mia camminata tragicomica.

Il bagno è stretto e lungo, di quello delle case di una volta. Entra Auri ma si ferma sulla porta, sta cercando di capire dove mettersi. “Aspetta” sento dire dal soggiorno dove Sabrina è ancora ferma e subito dopo sento i suoi passi avvicinarsi “fai nella doccia che cosi va via subito”

A: “Vuoi farlo tu?”

S: “No no, fai tu” e quasi fosse un gatto sale e si siede a gambe incrociate sopra la lavatrice posta a fianco della doccia con le pareti completamente in vetro. In pratica ha un biglietto di prima fila e un para schizzi davanti.

Auri è dietro di me, siamo in piedi, mi cinge, io sono leggermente proiettato con il corpo in avanti, ho un piede dentro il box doccia e la mano appoggiata al muro. Mi ha abbassato completamente in pantaloni e si è messa leggermente più a fianco. Mi sta facendo una sega. Non si muove fortissimo, la posizione non aiuta, ma so già che non durerò molto nonostante questo. Non ce la faccio piu, non appena accelera un secondo il movimento sono io a dirle di non fermarsi. Non lo fa.

Nel silenzio generale, si sente solo il mio respiro. Pesante, affannoso, liberatorio. Sento la sua mano che non ha intenzione di fermarsi, il seno di Aurora premere contro il mio fianco, sento lo sguardo di Bri curioso e severo. Mi appoggio con entrambe le mani contro il muro, le gambe cedono un poco. Chiudo gli occhi. Con il senno di poi è stato meglio spostarsi li, ho sporcato parecchio. La parete della doccia, il piatto, la mano di Aurora, anche sul suo piede nudo è finito qualcosa. Non sono un feticista, ma ammetto che vedere il mio sperma sul suo collo del piede e sulle unghie rosse mi da una scarica di eccitazione ulteriore.

Non c’è stato bisogno di dirsi nulla negli immediati secondi successivi. Aurora si è affrettata a pulirsi mano e piede, Sabrina, finito lo spettacolo, è tornata in soggiorno subito. Sono rimasto fermo nella doccia un po’, mi sono messo a ripulirla con il getto d’acqua e ad asciugarla per non lasciare aloni sulla parete. Prima ho pulito il mio coso con la carta igienica.

Esco che una è già sul divano e l’altra ha già in spalla lo zaino porta pc, chiaro segnale che non c’era altro da fare o da dire, che a nostro modo eravamo rimasti tutti e tre segnati da quella serata perché era come se fosse ricomparsa quella tensione iniziale. Erano oltre le undici. “Andiamo Treasure” mi dice Aurora e mi da un bacio in bocca, dolce, delicato, ma sempre in bocca. “Ciao” dico a Sabrina che si è alzata e avvicinata alla porta, e faccio per baciarla. Voglio baciarla in bocca. Lei mi scosta la bocca e mi fa baciare solo la guancia.

Ci rimango male, ma stasera non posso lamentarmi di nulla.

Scendo le scale con Aurora e andiamo verso le nostre auto, ci fumiamo una sigaretta. Poche parole, tanti sorrisi. Mi chiede più di una volta se mi è piaciuto, mi rassicura dicendo che a lei è piaciuto.

Mi saluta con un altro bacio e con un “dove la trovi un’altra amica come me?”.

Che succederà da domani non lo so. Era solo l’inizio questa serata o già la fine?
 

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6 – AURORA - 1 parte

Mi era spiaciuto la mattina dopo farmi la doccia perché era stato come lavare via le sensazioni della sera prima, il tatto di Aurora, il calore delle sue mani ma non potevo ovviamente esimermi. Tralascio il fatto che, lavorativamente, fui altamente improduttivo, troppe distrazioni, ma passai l’intera giornata a chiedermi se e cosa potevo fare o dire. Avrei dovuto cercare di stimolare il dialogo intervenendo nella nostra chat magari con una delle solite battute oppure fare l’affettuoso chiedendo come stessero o ancora fare riferimenti a quello che era successo? E intanto le ore passavano, io non scrivevo e la chat rimaneva muta. Ad ogni Whats’up ricevuto un sussulto e poi la disillusione perché non proveniva da loro. Mi sono macerato tutto il giorno chiedendomi chi doveva fare la prima mossa, mi davo piccole scadenze che se entro tal orario nessuno avesse scritto avrei scritto io per poi rimangiarmi ovviamente la parola con me stesso. E poi c’erano i momenti in cui cercavo di fare il punto della situazione e cercavo di immaginare cosa stessero facendo loro, dove fossero. E cosi la giornata passò per interno senza che nessuno si fece vivo.

Il giorno successivo, il sabato, mi sveglia più rilassato. Sapevo che quel giorno Bri sarebbe partita per tornare qualche giorno nella sua città natale e sarebbe rientrata solo il martedi,. Questo non la escludeva da ipotetici messaggi ma paradossalmente il fatto che fisicamente non fosse possibile incontrarla mi dava come un’autogiustificazione eventualmente nell’evitare di scriverle. Con Aurora per quanto la situazione fosse assolutamente non definita avevo un rapporto già piu definito e avevo meno remore a scrivere. Mi anticipò lei quella mattina. Mi chiese se mi andava una pizza la sera dopo, domenica! Si, ovvio che mi andava ma perché chiedermelo un giorno e mezzo prima? Io quando ho visto il suo nome sull’anteprima del messaggio pensavo già di dovermi vestire per fiondarmi da lei! In realtà mi avrebbe scritto nei messaggi successivi che aveva deciso all’ultimo di passare il weekend in Liguria con una sua amica e sarebbe rientrata l’indomani, Domenica, prima di cena, cosi mi chiedeva se mi andava una pizza insieme. Sensazione contrastati: da una parte delusione perché con il weekend a disposizione contavo di vederci dato che non avevo altri programmi dall’altra la pace di demandare un incontro che in qualche modo avrebbe significato molto in termini di sviluppi futuri.

Aurora arriverà a minuti, sono quasi le 22.30. Mi ha avvertito quasi quattro ore fa che un po’ perché si era mossa tardi nel rientrare, un po’ per il traffico imprevisto per la pizza non avrebbe fatto in tempo. Ho provato a rilanciare che se voleva preparavo io qualcosa e si sarebbe potuta fermare a cena da me, ma ha rifiutato. Mi ha chiesto però, una volta riaccompagnata a casa l’amica, se scendevo e mi andava di fumarci una sigaretta assieme. Finalmente mi scrive “Scendi”. E’ riuscita a trovare parcheggio praticamente sotto casa mia. Sono già pronto, scendo. La vedo scendere dalla sua auto non appena varco il cancello di ingresso al complesso di palazzine dove abito. Non c’è che dire, è più bella del solito, ma io sono di parte perché ora la vedo con occhi diversi. Indossa un vestito a fiori abbastanza leggero, un chiodo di pelle nera e dei Dr.Martens. Mi viene incontro e mi abbraccia, con il suo solito sorriso e con l’appellativo Treasure, Tesoro. Ha le guance appena scottate dal sole. Mi chiede di fare due passi. Camminiamo lungo le vie periferiche di una Milano particolarmente silenziosa. Mi racconta della due giorni di mare e di certi piccoli problemi di incompatibilità nel convivere con questa sua amica con cui era andata. E’ lei che mi chiede se mi ero ripreso dal giovedi sera.

“Beh si, cioè ci ho pensato un sacco, mi è piaciuto da matti però è stato strano”

A: “Dai è stato figo no? Cioè una cosa diversa ma il ghiaccio dovevamo romperlo! C’è stato un momento che mi sono detta che forse stavamo esagerando poi Bri ha tirato fuori gli amari e sai che io ci perdo la testa per quelli… è stato meglio cosi no?”

“Si, per fortuna che c’eri tu perché io non sapevo come fare a far sbloccare la situazione”

Fa spallucce, io l’abbraccio affettuosamente e lei si stringe ancora di più a me.

A: “Vedrai che ora sarà più facile, mica ti aspettavi tutto e subito”

“No no, anzi non mi aspettavo nemmeno quello a dire il vero, però, insomma, ho visto Bri un po’ rigida sulla cosa..”

A: “Ma no, vedrai che poi le passa”

“Sarà, ma è come se fosse stata bloccata, che non lo volesse fare, che fosse forzata, non vorrei che si sentisse male al ripensarci, sappiamo come è fatta, che poi nel periodo in cui è, con tutti i problemi che ha…”

A: “Ma mi stai dicendo che o con anche lei o niente?”

“No dai non mettermi in bocca parole che non ho detto, con te mi sembra tranquilla la situazione e solo Dio sa quanta voglia ho di saltarti addosso dopo giovedi; per lei sono preoccupato, non vorrei che questa cosa che devi ammetterlo è un po’ particolare la mandasse completamente in burn out!”

Aury sorride, sentirsi dire che le vorrei saltare addosso le ha fatto piacere.

A: “Tienilo per te, cioè non dirlo a lei, ma io e Bri abbiamo parlato, venerdi… lei è tranquilla, però mi ha detto che è rimasta bloccata l’altra sera, che non sapeva bene come comportarsi. Ha bisogno del suo tempo però non ha rinnegato nulla, anzi continuava a dire che sentiva i brividi lungo la schiena. Le ho chiesto se voleva che smettessimo o che magari di coinvolgerla più avanti cosi aveva tempo per pensarci, mi ha detto di no, anzi ha detto che vorrebbe che fosse una cosa di tutti e tre questa, non mia e tua o non tua e sua e basta, solo di non metterle fretta anche le prossime volte eventualmente, che deciderà lei quando sarà pronta. E sa che ci sei rimasto male per la storia del bacio, ma non sa come dirtelo.

Mi sento molto sollevato

A: “Ha anche fatto apprezzamenti per il tuo pisellino, le piace”

Il mio ego ha un momento di gloria.

Mi fermo un secondo. La prendo, la bacio. Lei ricambia. Camminiamo per strada come due ragazzini innamorati, tenendoci per mano. Ogni tanto, se non c’è nessuno nelle vicinanze, ci scostiamo in qualche posto un po’ più coperto e ci baciamo con passione, lei controlla che li sotto a me funzioni sempre tutto, io metto le mani sul suo petto, ma devo dire che tra la spessa pelle del chiodo e il reggiseno la sensazione è nulla. Sono brevi momenti di alcuni secondi, per quanto semi-nascosti i palazzi più alti riescono tranquillamente a vedere cosa succede. Non siamo delle star perciò non è che dobbiamo nasconderci, ma un po’ di decoro vogliamo tenerlo. Arriviamo sotto casa mia, alla sua auto.

A: “Magari puoi accompagnarmi e poi torni a piedi”. Anche casa sua è vicinissima e in dieci minuti a piedi sarei di nuovo a casa, non ho motivo per rifiutare

Salgo in auto, lei è già al posto di guida e si sta togliendo i Dr.Martens

A: “Scusa non ce la facevo più a tenerli, guido scalza”

Scendiamo dall’auto sotto casa sua per fumarci l’ultima sigaretta, ormai una prassi. Senza stivali ma solo con le calze di spugna il suo outfit ha cambiato effetto totalmente, è buffa. Provo a baciarla, non vuole, ma si affretta a dire che li davvero ci sono i suoi vicini di casa e non vuole che la vedano, mi chiede di attendere la fine della sigaretta e tornare in auto che tanto deve infilarsi nuovamente le scarpe.

Siamo di nuovo in auto, ci baciamo, limoniamo. Lei ride, io rido. Mi chiede attendere un attimo, riavvia il motore. Fa circa 500 metri e ferma l’auto in un posto più discreto, nel parcheggio di un supermercato, ovviamente deserto, in mezzo a due camioncini. Non c’è nessuno all’orizzonte. Ricomincia a baciarmi. Mi ripete che non vuole farsi vedere sotto casa fare certe cose e che quel posto era meglio. Mi chiede di chiudere gli occhi. Non so cosa abbia in mente. Pochi secondi e sento una pressione sul mio inguine, un solletico, e di nuovo la pressione sui miei pantaloni. Riapro gli occhi. Ha cambiato posizione, si è messa di traverso con la schiena appoggiata alla portiera, è perpendicolare a me. Si è tolta la calza dal piede, e proprio con il piede mi sta stuzzicando li in basso. Lo ripeto ancora, non ho il feticcio del piede, ma è bello, fine, perfetto con lo smalto rosso. Mi fa sorridere quando mi dice che non aveva resistito e che però stavolta non dovevo sporcarlo. E’ già duro.

Continua...

Foto: A passeggio con Auri.
 

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