Esperienza reale Racconto di fantasia I due gemelli - L'ultimo “regalo” di Tata

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1. Premessa.

Questa ennesima vicenda dei due sfortunati "ragazzi" non è il seguito cronologico esatto che prende avvio da dove avevo finito di narrare l'ultima volta, ma racconta di un episodio "tragico" che ci aveva riavvicinati.
Come e in che modo lo vedrete seguendomi passa dopo passo...

2. Lontani eppure così vicini.

Durante la nostra tumultuosa vita, ne abbiamo affrontare tante di peripezie, ma questa vicenda che stavamo vivendo al presente era veramente la prova più dura che eravamo stati chiamati a sopportare. Direi quasi una prova incredibile, poiché – al principio di questi avvenimenti – ciascuno di noi due, nel silenzio del proprio isolamento interiore, si trovò incapace di gestire i propri sentimenti.
Forse per una sorta di rassegnazione da parte di lei, che cercava di limitare i danni ad entrambi (ma questo io lo seppi solo molto più tardi).

Per di più, io non ero affatto soddisfatto del "tran-tran" quotidiano con la mia compagna che stava consumando un rapporto forse mai veramente decollato.
Giorno e notte, in ogni mio respiro, c'era posto soltanto per lei, la mia "Tati", anche se non la potevo vedere ne toccare.
Il nostro, infatti, era sì diventato un rapporto etereo, impalpabile, "spirituale", ma non aveva mai smesso di essere anche un qualcosa di "fisico", e per tutte queste ragioni la lontananza ci consumava i nervi.

In un paese piccolo come uno sputo, dove abitiamo, era assurdo quello che stava accadendo.
Lei, Blanca, veniva controllata "a vista". Di ciò ne ero sicuro da tempo, anche se spesso non riuscivo a distinguere tra la gente le sue "guardie del corpo", mentre loro mi avevano ben inquadrato fin da quando – non avendo altra possibilità di parlarle – le avevo scritto l'ultima lettera, che era finita nelle mani sbagliate; loro, mi “conoscevano” bene, poiché uscivo di casa quasi esclusivamente per accompagnare il mio cagnolino al guinzaglio.
L'unico lusso che mi potevo permettere era di scorgerla da lontano, senza nessun contatto tra di noi…
D’altra parte, lei faceva di tutto per sfuggirmi, e non mi dava punti di riferimento da quando aveva lasciato (più o meno volontariamente) la casa che suo padre le aveva acquistato.
Ci stavo male, e nel mio animo spesso mi domandavo:
- "Ma perché Tati? Che cosa ti ho fatto? Di cosa hai paura? Del tuo gemello?".
Infatti, mi ero reso conto che – anche dentro casa, quando passavo sotto le sue finestre – era terrorizzata, ma non riuscivo a capire da cosa in particolare...
Sì, è vero che quella banda che ne aveva assunto la “gestione” l'aveva praticamente plagiata, dicendole tra l'altro che io ero uno "psicopatico" pericoloso (me lo dissero quasi in faccia, una volta che ci incrociammo per strada), ma io non riuscivo comunque a capacitarmi come la straordinaria intelligenza di Tati aveva potuto soccombere dinanzi a quelle interessate menzogne.
Ci “incontravamo” per strada, uno da una sponda e l'altra dall'altra, e quando ciò accadeva gemella abbassava lo sguardo, timorosa che io vi "leggessi" dentro qualcosa che non mi voleva confessare...

Una volta, però, quei pochi istanti mi bastarono affinché potessi "immergermi" nei suoi occhi e discernere nella profondità della sua anima, e scorgere così con chiarezza una cosa in particolare.
Ne presi atto, malinconicamente, e come se stessi parlando a lei, dissi:
- "Tati, cosa ti sta succedendo? Io ti conosco come me stesso, è inutile che cerchiamo di ingannarci. I tuoi occhi erano il mio sollievo, anche nei momenti difficili sorridevano sempre, erano pieni di gioia, di speranza, di vitalità, mi davano la spinta e il coraggio di vedere che prima o poi tutto si sarebbe sistemato... E adesso? Guardati, ti sei spenta e dimagrita, come una candela, non sei più la mia gemellina! Oh, ma che dico? Tu lo sarai sempre, non basteranno quattro disgraziati a spezzare il nostro meraviglioso incantesimo!".

In effetti, Blanca era davvero cambiata moltissimo, anche fisicamente.
Il suo magnifico caschetto biondo aveva lasciato il posto a una anonima acconciatura fatta di capelli lisci biondo cenere. Le sue bellissime tette, che avevo visto crescere e svilupparsi, con cui avevo giocato mille e mille volte, era come se si fossero liquefatte. E le cosce? E il culo che era stato il mio vanto e il bersaglio di tanti ragazzi? E il suo modo di muoversi, così sensuale nonostante potesse sembrare a prima vista un autentico “maschiaccio”? Tutto era svanito.

Quei pochi istanti, mi permisero però anche di cogliere con certezza la sensazione che lei avesse recepito quel mio stato d’animo.
Non poteva fermarsi, non poteva farmi capire che aveva capito, ma era così.

3. E un giorno accadde che...

Questa "sceneggiata" durò per diversi mesi, ma a quanto pare non bastava, "meritavamo" di soffrire ancora, di più.
Infatti, alcuni paesani – che evidentemente non avevano di meglio da fare – fecero alla mia compagna una "soffiata", dicendole di stare attenta alle corna...
Che assurdità! Certo nessuno sapeva chi eravamo l'uno per l'altra, e noi – per diversi motivi – ci guardammo bene dal mettere in piazza le nostre cose più intime, di cui eravamo sempre stati gelosissimi anche in famiglia.
Avrei voluto spaccare il mondo e andare a prendere per il collo il "colpevole" di quel chiacchiericcio da comari, ma mi convinsi che avrei fatto peggio.
Così, per un po', non mi feci più vedere "con" lei, e – con la morte nel cuore – cambiai itinerario quando uscivo con il cane...

Finché accadde un evento che non coinvolse solo noi due, e che ancora oggi non riesce proprio ad accettare.
Fu una fortuna o una tragedia? Non lo so... Quel che so con sicurezza, invece, è che – ancora una volta – una innocente stava per "pagare" il prezzo (altissimo) del nostro ricongiungimento.
Il mio nuovo itinerario nelle passeggiate con il cane al guinzaglio non durò molto, era così innaturale starci lontani, e così ripresi a percorrere quella via che mi avrebbe portato inevitabilmente ad "incontrarla".
Proprio come un giorno accadde...

Ci incontrammo una mattina che non erano ancora le 8 lungo una stradina ancora più stretta che conduceva alla sua vecchia casa.
Questa volta, però, eravamo entrambi dallo stesso lato, e chissà perché nessuno dei due decise di cambiare.
Ci avvicinammo inesorabilmente, passo dopo passo, e "finalmente" giungemmo a che i nostri nasi quasi si toccarono, e i nostri occhi si "agganciarono" con una intensità che non ricordavo di aver mai provato prima.
Non abbassai lo sguardo, anche se ero sicuro che sostenere la sua vista mi avrebbe fatto male, rassegnato com'ero ad averla persa per sempre.
Non chiedetemi quanto tempo passò, perché non sarei in grado di quantificarlo, né quanto ne trascorse prima che uno dei due aprisse bocca.
Ma a un certo punto, la mia adorata gemellina scoppiò in un pianto disperato...
Attorno a noi, pedoni e automobili andavano e venivano, e quasi ci sfioravano. Eravamo diventati l'attrazione del luogo, visto che nei paraggi c'erano tutti gli esercizi commerciali già aperti. Ci guardavano, probabilmente con quella morbosa curiosità che li aveva portati ad "accusarci" di fare – come dicono i siciliani – "cose vastase".
Ma io a veder piangere Blanca proprio non resistetti. Era sempre stato più forte di me, per gemellina – anche adesso che abbiamo quasi 60 anni, peraltro molto ben portati – volevo e voglio tutt'ora solo il meglio e nessun dolore...
Così, dopo quasi due anni di "astinenza", presi tra le mie mani il suo viso e la baciai sulla fronte.
Le sue lacrime scorrevano silenziose e senza darle tregua, e così le chiesi:
- "Oh Tati... Perché piangi? Ti hanno fatto male? Cosa è successo? Sai che a me puoi dire tutto...".
Solo a quel punto, lei alzò le mani con le dita tirate in uno spasmo incredibile e mi rispose:
- "Tato, es terrible... ¡¡¡Mami está enferma!!! ¿¿Tú entiendes?? Nuestra madre está enferma... ¡Todo es culpa mía, maldita sea!".
Ah, dimenticavo... Come avete visto, Tati parla spesso in spagnolo. È la lingua del paese della madre. La usa quando è preda della paura per qualcosa, quando è spaventata o c'è qualcosa di eccezionale. Per me non c'è problema, lo capisco perché l'ho imparato da lei quando eravamo piccoli ed era diventato un po' come un linguaggio in codice dato che in famiglia non lo conosceva nessuno...

Ritornando a noi, io non capivo, non potevo capire, ero frastornato da tutto quell'accavallarsi di emozioni in così breve tempo. Come aveva fatto gemella ad avere notizie di Tata se non poteva avvicinare nessuno della famiglia?
Ad ogni modo, era troppo scossa perché io non facessi qualcosa. Al diavolo se quel branco di paesani pettegoli ci vedevano insieme e se d'ora in poi ci sarebbero stati alle costole!
D'altronde, non volevo nemmeno far sentire i fatti nostri a chi – magari – avrebbe travisato ogni cosa, così le proposi:
- "Vieni, andiamo a casa!".
Ma lei, asciugandosi i suoi stupendi occhioni, rossi e gonfi, obiettò:
- "¿Y Silvana? No Tato, no quiero causarte más problemas por mi culpa...”.
Restammo di nuovo "appesi" entrambi per alcuni secondi a quelle ultime parole, poi Blanca si rese conto di aver detto cose che sapeva ma su cui avrebbe voluto tacere per il mio bene: ALTRI... E mi disse:
- "Sí, en fin… Cuando intentabas protegerme y siempre estabas en su camino, fueron esas serpientes venenosas las que a propósito le hicieron saber a Silvana cosas que no eran ciertas a través de no sé quién… Fue Juan quien difundir ese rumor.... Disculpe...".

Si vergognava di avermi – anche se involontariamente – fatto del male, e allora la abbracciai e in un orecchio le sussurrai:
- "Lo immaginavo, ma noi saremo più forti di tutto... Non ti preoccupare, forse è un bene, Silvana dovrà accettarci per quello che siamo: I GEMELLI... E poi, non so nemmeno io perché mi ci sono messo insieme... Ora, però, pensiamo a un problema alla volta...".

4. Un cuore diviso il tre.

Quella mattina, nessuno mi avrebbe potuto fermare. Stavo vivendo una realtà assurda, ma l'orgoglio di avere accanto l'unica creatura che veramente mi capiva mi restituì nuovo coraggio.
Al nostro passaggio, mano nella mano – fu un gesto che ci venne spontaneo di fare, come quando lo facevamo da ragazzini –, molti ci guardavano con morbosa curiosità e poi bisbigliavano tra loro, ed io ben potevo immaginare che non si trattava di cose belle.
Poche centinaia di metri ci separavano dal nostro "traguardo", ma diventarono un'eternità, e quando finalmente giungemmo a destinazione ed io richiusi la porta del mio alloggio alle nostre spalle, provai come un senso di liberazione.
Lì dentro eravamo al sicuro, ma soprattutto LEI era al sicuro... Juan non avrebbe potuto fare nulla.

Inoltre, constatai che Silvana non era in casa.
Entrai nella stanza a piano terra, ansioso di trovare quella tranquillità che avrebbe permesso a Blanca di darmi delle spiegazioni più precise.
C'era un divano letto ancora sfatto da quando mia "suocera" era venuta a stare da me, e lì ci accomodammo.
Per l'esattezza, mi ci sedetti prima io, e mentre – tenendola sempre per mano – mi aspettavo che la mia gemella prendesse posto accanto a me, con estrema naturalezza lei venne a stare sulle mie ginocchia.
Ebbi un brivido... Facevamo sempre così, noi due, fin da piccoli, quando sentivamo la necessità di proteggerci o di essere protetti, e in quell'occasione capii che la mia Tati era tornata... o forse non se ne era mai andata.
La accolsi con il cuore traboccante di felicità, la strinsi a me, e solo allora mi accorsi che aveva il viso tumefatto, come se qualcuno l'avesse picchiata.
Esclamai:
- "Oddio, gemellina! Non è possibile... Chi è stato, e perché??".
Poi, quasi subito intuii cosa era accaduto, ma fu ancora lei – sentendosi protetta – a spiegarmi:
- "En cuanto supe de Tata fue como si despertara de una pesadilla... Quería volver contigo inmediatamente, pero Juan no quería dejarme ir... Sabes que él vivía con el dinero que se embolsó gracias a mí... Me hizo amenazar y golpear... También te amenazó, dijo que vendrá a buscarnos con sus amigos... Ay Tato, ahora tú también estás en peligro, pero yo No pude evitar venir y contarles sobre Tata...”.

Tutto stava inesorabilmente precipitando, e in un impeto d'amore verso la mia gemella le carezzai il viso e le dissi:
- "Dobbiamo chiamare zio... Lui ci aiuterà".
Poi, mi tornò alla mente la ragione percui eravamo lì, e la pregai:
- "Ora, però, dimmi di Tata...".
A quell'ennesima domanda, sentii Blanca stringermi ancora più forte, preda di una reazione nervosa incontrollabile. Chinò il capo dietro le mie spalle e lentamente cominciò a raccontare tutto:
- "Mi gemelo, ya sabes lo que me hicieron hacer esos desgraciados... Bueno, cuando un enviado de Juan pagó bien, le dio permiso para desahogarse por completo... Es decir, para venirse dentro de mí... Tú Entiendes lo que quiero decir, ¿verdad? Y luego necesitaba que me protegieran. Entonces el otro día me acompañaron a surtir la receta de la pastilla, pero cuando llegamos a la clínica afuera de la puerta había un cartel que decía que Tata la reemplazaba por otro médico. Cuando llegó mi turno, ese doctor vio el apellido y me preguntó si éramos parientes... ¡Y me contó qué le pasó a mami! ¿Tú entiendes?”.
Blanca, sempre più agitata, prese a strattonarmi forte per la camicia. Io, però, ancora non riuscivo ad avere chiara la situazione, e tornai ad incalzarla:
- "Tati, per favore, dimmi che è successo, dimmi tutto!".
E per l'emozione la parola mi si strozzò in gola, mentre una lacrima – che prontamente asciugai – rigò il mio viso...
D'altronde, si vedeva chiaramente che gemellina era "sulle spine" e tergiversava, sull'orlo di una crisi di nervi.
Per fortuna che abito in un posto un po' isolato, perché alla fine Blanca sbottò in un urlo che rimbombò per tutta la casa, e tutto d'un fiato mi disse:
- " Mami tiene cáncer de páncreas y le dieron un año de vida!”.
Restai di sasso, e raggelai, poiché solo chi conosce bene l'avventura dei "Tati" può capire certe dinamiche.
Inoltre, Tata era anche il mio medico di base e io non avevo saputo nulla. Ma soprattutto, LEI non mi aveva detto nulla! Perché?

Ora, però, era arrivato il momento di agire. Insieme a gemella telefonai a Luca (il figlio, nonché nostro nipote) che ci confermò la realtà dei fatti.
Ci guardammo attoniti, e subito sentimmo – irrinunciabile – la stessa esigenza: dovevamo vederla. A qualunque costo. Se la diagnosi era quella, avremmo trascorso quest'ultimo anno più uniti che mai...
Maria Grazia ci accompagnava nel bene e nel male dal momento che noi – i "gemellini" – avevamo aperto gli occhi su questo mondo, e adesso toccava a noi "proteggerla" fino a che ci sarebbe stato possibile. L'indomani l'avremmo incontrata...

5. Attrazione fatale

Erano circa le 11 di mattina e Silvana era ancora fuori, ma ciò aveva poca importanza: io avevo ritrovato il mio "mondo"...
Noi due eravamo soli in casa, e – alla luce delle minacce che aveva subito – Blanca da quel momento in avanti non avrebbe potuto più uscire da sola. Rischiava grosso, e io ero l'unico a poterle evitare ogni pericolo, poiché lo zio ancora non sapeva nulla, né del presente, né del recente passato a cui era stata costretta la mia "gemella".
Quindi, per non perdere tempo, fulmineamente presi una decisione. Le proposi:
- "Tati, intanto che aspettiamo domani, perché non chiamiamo tuo padre e gli diciamo tutto? Tutta la verità, tanto tu non hai nulla da temere, non hai fatto nulla di male...".
Ma lei, terrorizzata, mi rispose:
- "¡No, Tato, por favor! Confío en ti... Papá me mataría si supiera...”.
Non ebbi il coraggio di contrastarla, almeno per ora, ne aveva passate troppe, povera!
Calò così un silenzio spettrale su di noi. Faccia a faccia, non smettevamo di guardarci, di "nutrirci" di parole che solo noi potevamo "udire", espresse in un linguaggio tutto nostro, totalizzante. Ci avvicinammo: le punte dei nostri nasi si toccarono, le labbra si sfiorarono senza congiungersi, e potemmo sentire - dopo tanto tempo - la bellezza dei nostri respiri...
Sprofondati in una ipnosi sempre più coinvolgente, fu allora che – con un flebile filo di voce, timorosa di rompere l'incantesimo che si era creato – Blanca mi disse una cosa che aspettavo di sentirmi dire da molto tempo ma che in quel momento terribile mi sembrò assurda:
- "Quiero hacer el amor contigo...”.
Perciò, come uno scemo le risposi:
- "Tati, ti sembra il caso?".
Le vidi la delusione dipingersi sul suo viso, e allora subito capii che quello non era un capriccio ma una "necessità", e cercai di riprendermi:
- "Oh vita mia, scusami, sono proprio uno scemo!".

6. Brutalizzata nel corpo e nell'anima.

Blanca era sempre stata la "maestra delle cerimonie" della nostra "strana coppia", e anche in quella circostanza seppe perfettamente dettare i tempi giusti...
Senza perdere nemmeno per un istante il mio sguardo si alzò, e senza tradire emozioni cominciò a spogliarsi.
Si sfilò le sue inseparabili "Vans" candide e sbottonò i jeans attillati, sfilandoseli poi dai piedi. Non aveva calze, e rimase con un minuscolo perizoma bianco.
Con la stessa calma, si aprì la camicetta e la posò sul mio tavolo da lavoro che era alle sue spalle, mettendo in mostra un reggiseno di quelli che amava di più, e cioè senza spalline, "a balconcino".
Eccola, era proprio lei, la mia Tati, ed io tradii un'emozione davvero grande quando lei allargò le braccia e abbozzò un sorriso stentato.
Mi disse:
- "Aquí estoy, estoy todo aquí".
Quelle parole potevano significare tante cose, ma in quel momento una sola permeò la mia anima.
Dio mio com'era cambiata! E il sospetto che mi era sorto quando per la prima volta la rividi in lontananza per strada, adesso era diventato realtà. Si era fatta davvero magrissima, come non era mai stata...
Intanto, quel "sesto senso" che ci aveva fatto sentire ogni cosa l'uno dell'altra, le stava facendo sentire che il mio cuore stava andando in pezzi per lei.
Finì di mettersi a nudo, e quando fu esattamente come era stata tante volte dinanzi a me corse ad abbracciarmi...
Una creatura forte come lei, non riuscì a padroneggiare i sentimenti così contrastanti e si sfogò:
- "Sé que ya no te gusto... Por otro lado, ya no me gusto ni siquiera cuando me paro frente al espejo... No quería decepcionarte pero no es mi culpa, mi pequeño gemelo!”.
In realtà, non era questo il punto: per il solo fatto di averla riavuta sana e salva quando non ci speravo più, avrei accettato di tutto, ma quell'aspetto quasi scheletrico mi fece toccare con mano ciò che aveva sofferto.
E mentre io non riuscivo ad aprir bocca, Blanca tentò di spiegarmi:
- "¡Ay Tato, eso fue horrible! ¡Solo me hacían comer un sándwich al día y a veces ni siquiera era eso! Tenía hambre, un hambre maldita, pero no les importaba, sólo era una máquina de hacer dinero... Estaba desesperada porque sentía que tú también lo estabas, desde que Juan te había humillado en la calle bajo mis ventanas. Me hablaban todos los días de esos niños que se burlaban de ti, pero ¿qué podía hacer?”.
E, per l'ennesima volta, riprese a piangere...
Tentai di staccarla da me, non per indifferenza al suo dolore ma perché volevo correre in cucina e arraffare ciò che trovavo per sfamarla. Gemella doveva rimettersi in sesto, e presto, perché anch'io ero arrivato allo stremo e non riuscivo a vederla in quelle condizioni.
La rassicurai, e le spiegai:
- "Sto male perché tu stai male, ma ti voglio. Non dire che non mi piaci più perché non è così. Ora vado a prenderti qualcosa da mangiare... Sei così magra! E pensare che io ho sempre avuto oltre il necessario... Da oggi ci penserò io a te...".
Ma Blanca mi si avvinghiò ancora di più, e urlò con quanto fiato aveva in gola:
- "¡Usted no entiende! ¡Solo quiero hacerte el amor! Necesito sentirte sobre mí, dentro de mí, el calor de tu cuerpo sobre el mío, ¡tus ganas de tenerme!, ¡eres mi alimento!”.

Adesso si era sfogata... E di fronte a quella implorazione, a un desiderio così grande che poi era anche il mio, non riuscii a dirle di no, e piano piano l'eccitazione mi avvolse e prese il posto della rabbia nei confronti di quelle nullità che lei aveva generato.
Tati aveva preso a denudare anche me. In un attimo, mi sembrò che la macchina del tempo si fosse messa a camminare all'indietro, facendoci tornare a tutte quelle volte che avevamo fatto l'amore nei momenti e nei posti più impensati, nudi senza vergogna l'uno dell'altra e senza paura di essere scoperti, ma con assoluta naturalezza.
Stavamo bene, e non avremmo permesso a nessuno di rovinarci quel tripudio dei sensi.
Mano nella mano, ci sistemammo nuovamente su quel divano letto l'uno di fronte all'altra, con le gambe dell'uno che andavano a cingere i fianchi dell'altra e viceversa, di modo che i nostri sessi strusciassero senza soluzione di continuità, in una "danza" di toccata e fuga che accresceva esponenzialmente la voglia di noi.

Colei che tanti anni prima mi aveva fatto uomo - facendomi conoscere il sesso e risolvendo il mio "problemino" - ora non desiderava altro che restituirsi al legittimo "proprietario".
Mi lasciai trasportare da quello stato di grazia che ci faceva sentire come i bimbi di più di 40 anni prima, e facendo una leggera pressione sul suo petto la feci stendere supina.
Con folle bramosia allungai le mie mani e raggiunsi la sua micetta.
Nulla, nella mia vita, avevo mai desiderato più di quel meraviglioso e delicato antro, dall'odore garbato e dal sapore sopraffino, ma quando me la trovai nuovamente di fronte restai per un attimo con il fiato "sospeso".
Ai miei occhi, sembrò che ad essersi spogliata non era stata solo Tati, ma anche la sua "amichetta"... Senza l'ombra di un pelo!
La interrogai con lo sguardo smarrito, e lei timidamente mi rispose:
- "¿Recuerdas mi arboleda que tanto te gustaba? ¡Si supieras qué vergüenza! Cuando Juan y sus amigos decidieron mi destino, una noche me dijo que a los hombres no les gustaba el pelo. Le objeté que estabas perdidamente enamorada de él, pero él me dijo: ¡deja en paz a ese cobarde, olvídalo! ¿Qué podía hacer?, solo contra alguien que era más fuerte que yo ¡tenía que ceder si no quería que me mataran a bofetadas! En fin, Juan lo hizo con las manos... Usó su crema de afeitar y la navaja, y al final, mirándome, me dio asco...”.
Si vedeva che con quelle parole la mia gemella era come se rivivesse istante per istante quei momenti così strazianti per lei... Non tanto per il fastidio della lama, ma perché era come se mi avesse defraudato di qualcosa che mi apparteneva. Si affrettò perciò a rassicurarmi:
- "No te preocupes, no es una depilación permanente, ¡verás que en poco tiempo volverá a crecer más bonita que antes!”.

Ad ogni modo, adesso era bagnatissima, e aveva davvero quella voglia che per ben due volte mi aveva sbattuta in faccia.
Subito mi chinai in avanti, e – dopo essermi messo comodo – cominciai a giocarci, senza voler affrettare i tempi. Accarezzai il monte di venere, scorsi con le dita tremanti in sù e in giù lungo le grandi labbra rese lucide dai suoi umori, e infine leccai e assaporai tutto quel ben di dio di cui ero sempre stato ghiotto.
Mi addentrai a "coccolare" il clitoride con il polpastrello del pollice della mano destra, e lei si lasciò andare a un primo gemito di piacere.
Blanca, improvvisamente tornò a parlare, ansimando come se avesse fatto una corsa, ed elogiò il mio lavoro dicendomi:
- "Hacía años que nadie me lamía como tú...”.
E io, di rimando:
- "Ma certo, mia cara... Quelli probabilmente volevano solo sfogarsi, brutti stronzi! Io, invece, la conosco da sempre, e so cosa ti piace...".
Tati sentì la sua "cosina" contrarsi, mentre io tornai a poggiarci la bocca. Tirai fuori la lingua e la infilai nella profondità del suo addome, tenendo al contempo la mano sul pube per schiacciarlo un po’.
Eravamo entrambi in estasi, la mia lingua calda si muoveva dentro di lei, poi intorno alle labbra, poi di nuovo dentro, e andò a lambire velocemente anche lo sfintere...
Ansimava, la mia gemella, stava impazzendo di piacere al limite della perdita di coscienza, aveva i brividi e i capezzoli – che erano sempre stati molto sensibili – erano diventati turgidi.
A proposito: preoccupato di organizzarmi per farla tornare agli antichi splendori, quasi non mi ero accorto che c'era qualcosa di strano sul suo petto, un piercing che Tati aveva al capezzolo sinistro. Era una barretta che le trapassava la carne, come una sorta di piccolo bilanciere da pesistica lungo circa un centimetro.
Ma la cosa davvero particolare era l'estremità, poiché da un lato questa si chiudeva con un dischetto piatto che brillava sotto il riflesso della luce artificiale.
Allora, ci volli vedere più chiaro, così mi avvicinai e lessi incisa su di esso la lettera "J"...
Incuriosito sempre di più, le domandai:
- "Che cos'è? Perché quella lettera? Se ti piaceva, potevi scegliere un gioiello prezioso e Tato te lo avrebbe regalato... Anche se penso che le tue tette stanno meglio al naturale, sono così belle!".
Blanca mi guardò con una tristezza infinita. Sapeva che la spiegazione che stava per darmi mi avrebbe fatto molto male, ma tra di noi la sincerità non era mai venuta meno.
Perciò ammise:
- "Es una J, viste bien... Cuando una vez intenté huir, Juan logró encontrarme nuevamente. Me dijo que yo era de su propiedad y que si quería podía hacerme marcar. También me dijo que no lo hacía porque entonces yo me devaluaría. Y luego me hizo hacerme este piercing... Sabes bien, mi pequeña gemela, cuánto miedo siempre he tenido de estas cosas. Llamó a un amigo suyo que lo hacía por trabajo, y no pude decirle que no... Créanme, me dolía muchísimo, estaba llorando pero no podía ni moverme porque me habían atado... Sé que no te gusta, no te gusta. A ti tampoco te gustó nunca, si quieres te lo quitaré...”.
Che maledetto! Farla prostituire e per di più farla soffrire, nel corpo e nell'anima, in quel modo.
Avrei voluto assecondare la sua proposta e farglielo togliere subito, per dare un segnale a tutti che Tati era tornata ad essere soltanto mia, ma adesso le priorità erano altre...

Nonostante i suoi terribili racconti, mi sembrava di stare in paradiso quando, a un certo punto, Blanca – con un gesto repentino della mano – mi scansò con decisione.
Si rannicchiò tutta su se stessa come faceva quando da piccola veniva rimproverata, ma stavolta non c'è n'era ragione, nessuno la biasimava. Anzi, io stavo facendo di tutto per dimostrarle che stavo dalla sua parte...
Ma lei cominciò nuovamente a lacrimare, e tra i singhiozzi mi fece capire la ragione di quel comportamento.
Mi disse:
- "¡Qué pena Tato! Mira como estoy reducido... ¡No pude mantener bien lo que tanto te importaba! Todos se aprovecharon de mí, y ahora creo que algo anda mal en mí... Me da mucha vergüenza, y sólo como madre me dejaría examinar, pero ahora...”.
Ora cominciavo a capire anch'io! Esteticamente, era sì cambiata la sua patatina, ma per me era lo stesso la più bella. Mi piaceva come la prima volta che l'avevo vista. L'odore e il sapore erano gli stessi di sempre.
Certo, si vedeva bene che doveva essere stata trattata senza troppo rispetto, e così la strinsi a me abbracciandola e facendole sentire tutto il mio amore:
- "Tranquilla, domani Tata ci saprà consigliare per il meglio... Ma devi essere certa che per me sei sempre la stessa... Non permetterò più a nessuno di toccarti, perché tu sei solo mia...".

La ricoprivo di baci in ogni parte, e tornai a prendermi cura di quella splendida fichetta.
L'avevo lasciata - o meglio, me l'avevano strappato, facendo leva sulla sua bontà - che era un gioiello, con delle labbra sempre a posto, accostate, che come piaceva a me non lasciavano vedere nulla al loro interno, ed ora me la ritrovavo oscenamente spalancata, con le piccole labbra sporgenti dal loro scrigno...

7. Per sempre.

Ci mettemmo nella classica posizione del "sessantanove", e stavo ancora riflettendo su quello scempio, comunque incantato davanti al suo pube, quando sentii un formicolio che conoscevo bene salire dai miei genitali...
Era Blanca, che aveva preso coraggio e stava "giocando" con le mie palle.
La morbidezza delle sue mani sullo scroto, il calore della sua pelle, e le unghie che "solcavano" delicatamente il derma di quella zona così sensibile mi stavano "accendendo" come ai bei tempi.
La mia gemellina, mi stava dimostrando di conoscere il mio corpo come nessun altra, e che non se lo era dimenticato.
Si stava concentrando sulla piccola linea – quasi una cucitura – che divideva a metà lo scroto, e quando i miei gemiti le fecero capire che io gradivo quei "massaggi" lo accolse nel palmo della sua mano.
Sembrò volesse soppesare il contenuto, ma poi cominciò ad accarezzare gentilmente anche i testicoli.
Dentro la loro sacca di pelle, li fece muovere come un set di palline, eccitandosi anche lei, e li tirò per "allungarli" verso il basso.
Nel frattempo, con l’altra mano percorreva lentamente l'asta (in quasi completa erezione) per tutta la sua lunghezza, avvicinandosi alla punta del prepuzio...
Quella parte, era stata la parte che – in gioventù – aveva strenuamente "difeso" da chi avrebbe voluto rimuoverla chirurgicamente. Gli piaceva terribilmente, ne era sempre stata incuriosita e attratta.
Così, divaricando leggermente indice e medio, poggiò quelle due dita sulla punta instabile della mucosa, chiuse gli occhi, e senza più fermarsi prese a scendere verso il basso...
Negli stessi istanti (eravamo "gemelli" anche in questo sentire), anch'io avevo chiuso gli occhi per gustarmi il piacere sublime di quel gesto, finché il prepuzio non fu completamente disteso sotto alla corona del glande, mettendo nella massima tensione il frenulo e provocandomi un dolore troppo forte da sopportare.
Aprii gli occhi. Erano passate alcune ore da quando avevo ritrovato Tati tutta per me, ma solo in quel momento la vidi sorridere di nuovo...
Il cuore mi si aprì e il dolore scomparve, mentre Blanca – sottovoce, come se qualcuno ci potesse sentire – tutta seria e come se parlasse a se stessa sentenziò:
- "Eh, tenemos que empezar a hacer ejercicio de nuevo, esto no es realmente bueno...”.
E cominciò a scappucciarlo e a ricoprirlo ripetutamente, in un movimento che alla fine si trasformò in un superbo pompino, di quelli che solo lei sapeva fare.
Il mio "diavoletto" sapeva bene come muovere le mani, e sapeva cosa a me piacesse a letto...

Intanto, anche io mi stavo dando da fare per farle sentire che nulla era cambiato, e farle gustare la differenza tra amore e sesso, quando sentii le sue mani fermarsi strette sul mio pene e la sua voce che diceva:
- "Por siempre... nunca más te dejaré...”.

8. Come quella volta in collegio.

Le parole di Tati furono il dolce preludio di qualcosa da cui non saremmo più potuti tornare indietro.
Si spostò dalla posizione in cui si trovava, si mise in ginocchio e mi diede il volto. E la luce delle lampade le andò a colpire – quasi un involontario "occhio di bue" – il ventre luccicante dei suoi copiosi succhi...
Poi, si sistemò "a chinino" ad ammirare il mio cazzo, e senza staccare lo sguardo da quel suo capolavoro, mi confidò:
- "¡Es realmente bello! En los últimos años he visto muchos, incluso mucho más grandes, que me han hecho daño, pero el tuyo es algo especial... Porque es tuyo...”.
In quel momento, i miei testicoli erano così gonfi che facevano sfigurare tutto il resto, ma larghezza e lunghezza erano ciò che serviva a una femmina.
Gemella lo prese alla base, poco sopra le palle, per tenerlo ritto. Adesso era davvero duro, un fascio di nervi, più o meno 17 centimetri, e la vena profonda pulsava... Più sopra, il glande era diventato violaceo e - per la prima volta dopo tanto tempo - era nuovamente strozzato dal prepuzio.
Mi guardò, e piano piano si calò su di esso avvolgendolo come un guanto con le piccole labbra, che solo ora vedevo essere sformate.
Quell'orifizio era stato “offeso” e allargato tanto che pensai di averlo davvero piccolo, ma Tati mi fece uno smorzacandela fenomenale, impalandosi da sola in una "danza" di una sensualità unica, un gioco di bacino che solo lei aveva mai saputo farmi, e per me iniziò il Paradiso…
Lei era stupenda per come cavalcava il mio "destriero", per come muoveva quel culo che nonostante tutto era sempre uno spettacolo a vedersi, e per come inarcava la schiena. Sembrava un'anguilla, in quei movimenti di "su-e-giu" ci mancò un niente che le venissi subito dentro...

Pensai che quella scopata fosse davvero quello che Blanca voleva, ma lei aveva in serbo per me qualcosa di esclusivo.
Si sollevò quel tanto che bastava per sfilarsi completamente il mio uccello e mi lasciò con il mio “orgasmo sospeso”.
Tra il mio precum e soprattutto i suoi umori, avevo la cappella ricoperta di uno strato biancastro e viscoso che lentamente mi colava lungo l'asta. Ma a quel punto ecco l'inaspettato...
Gemella tornò a fissarmi, e poi mi annunciò:
- "Tengo algo más en mente para celebrar nuestra segunda primera vez... ¡Créeme!”.
La vidi "intingere" una mano sul mio glande e poi strofinarsela dietro, sul culo. Sapeva che quella pratica mi faceva impazzire più di ogni altra cosa, perciò non perse altro tempo e preso il mio pisello se lo puntò deciso tra le chiappe.
Al primo contatto, sentii che era stretto come quando lo avevo posseduto l'ultima volta prima di averlo dovuto abbandonare contro la mia volontà.
Il nostro reciproco "sesto senso" le fece comprendere questa sensazione, e subito si affrettò a spiegare:
- "¿Lo ves? Finalmente llegué a un acuerdo con Juan: ¡nadie lo usaría! No le dije por qué, pero en mi corazón solo existía el deseo de guardártelo, como el regalo más preciado... Sólo sabía cuántas personas intentaron convencerme, pero aquí está...”.
Detto questo, si fece scivolare il mio membro dentro l'intestino in un solo colpo, fino ad arrivare a "sedersi" con le sue chiappe sulle mie palle.
- "Oh, sí... ¡Rrótame por completo, pequeño gemelo! Él es el único que quiero, quiero sentirlo como una espada, como una con mi barriga", mi disse.
Rimase così un istante, poi allargò le cosce e prendendomi per un polso si portò la mia mano sopra il monte di venere urlando:
- " Este también es tuyo. ¡Déjame disfrutar, por favor!”.
Cominciai allora un movimento circolare sul suo prezioso bottoncino, che lei ricambiò iniziando un fantastico smorzacandela di culo...
Percepivo ogni singola piega del suo budello, ed era una sensazione bellissima mentre mi pompava come una forsennata.
Grazie a quel ritmo, ero ormai al limite, ma non volevo venire. Volevo "aspettarla", volevo venire con lei, e quindi mi concentrai per trattenere l’eiaculazione. Allo stesso tempo, aumentai la velocità del mio pollice sul suo grilletto, e quando capii che c'eravamo mi lasciai andare...
Venimmo insieme, un lunghissimo e interminabile orgasmo che si liberava!

Avremmo voluto goderci fino in fondo quel lento fluire delle nostre linfe sopra e dentro i nostri corpi caldi, sudati e ansimanti, ma all'improvviso un urlo ci fece sobbalzare, destandoci dalla nostra estasi:
- "Ma... Che cazzo state facendo? Ti sei fatto scopare da quella puttana? Siete pazzi, disgustosi, mi fate schifo!".
Era la voce di Silvana che era appena rientrata, ma noi – troppo impegnati in quello scambio reciproco di autentico affetto che nessuno avrebbe potuto capire – non avevamo sentito aprire e richiudere la porta...
Fu una sensazione strana: forse a causa di quell'imprevisto, il mio cazzo – dopo aver sborrato da poco anche l'anima – tornò in tiro, e Tati non ebbe la benché minima voglia di farselo uscire dal culo.
Così, riversa sul mio petto, volle sfidare con lo sguardo la sua rivale... Non disse nulla, ma si sentì fiera di essersi ripresa ciò che gli apparteneva da sempre, cioè io...
Ma alla fine, non facendocela più a tenersi tutto per sè, con una risatina spiegò alla mia compagna:
- "Stai tranquilla, non è la prima volta... Non sei stata la prima a sorprenderci, per quanto alla PUTTANA non gliene possa fregare proprio un cazzo... Si, quella è la parola giusta: cazzo! Forse Tato non te l’ha mai detto, ma sappi anche che per quanto ti impegni lui vuole solo me. PERCHÉ NOI SIAMO GEMELLI!".

Fu come un flash accecante, una retrospettiva che mi riportò con Blanca a quando avevamo 16 anni... Fu allora che si fece inculare – da me – per la prima volta. Al collegio, dove sua madre l'aveva spedita, e quando ci scoprirono eravamo pressappoco nella medesima posizione...

Forse, senza averlo voluto fare deliberatamente, Tati mi aveva "liberato". Silvana se ne andò sbattendo la porta, mentre noi due rimanemmo tranquillamente così come stavamo.
Quasi 50 anni dopo, l'esclamazione "PERCHÉ NOI SIAMO GEMELLI" era tornata a renderci consapevoli di ciò che era veramente la nostra natura...

9. La "réunion" dei Tati.

Il giorno dopo, era il "gran giorno". Avremmo rivisto la nostra mammina. Era passato così tanto tempo che non riuscivo a immaginare come l'avrei trovata. Oltretutto, per me la malattia – soprattutto quella delle persone più care – era sempre stata un tabù che pur sforzandomi non ero mai riuscito a superare...
E anche la mia gemella – gemelli anche in questo, eravamo – "impazziva" di fronte al dolore, ma era stato proprio quel "problema" di Maria Grazia a spingerla di nuovo tra le mie braccia.
Maria Grazia aveva fatto questo "miracolo", riuscendo dove io avevo fallito per ben due anni...

Quando perciò quella mattina – ancora insonnolito – mi svegliai e la cercai a tastoni sul divano letto, non trovandola aprii subito gli occhi per capire cosa stava accadendo.
Blanca era lì accanto, vestita di tutto punto, e prese a strattonare le lenzuola per farmi muovere. Mi incitò alla sua maniera, senza darmi tregua finché non mi fossi deciso ad alzarmi:
- "¡A Tato, date prisa! Tata nos espera... Nos necesita...”.
Ma era più forte di lei... Scostando, infatti, il lenzuolo mise giocoforza in mostra il mio pisello... Come sempre, non riuscì neanche stavolta a non farmi un pompino da fare perdere i sensi a chi non era abituato ai suoi "trattamenti". Splendido, meglio di un caffè di prima mattina...
Cercai di tergiversare ancora, perché sentivo dentro di me qualcosa che mi diceva che stavolta – anche tutti e tre insieme – i “Tati” non ce l’avrebbero fatta.

Alla fine, però, ci mettemmo in macchina, e dopo una ventina di chilometri fummo a destinazione...
Trovammo mammina che stava nervosamente spazzando lo spazio antistante la sua villetta. Mi accorsi subito che l'emozione stava travolgendo anche lei, ma mi feci forza... Presi per mano gemella e corsi verso colei che era sempre stata la nostra guida materiale e spirituale.
Blanca tremava, era troppa la pressione a cui in questi giorni era stata sottoposta.
Giunti davanti a lei, non riuscimmo a pronunciare nemmeno una parola, nessuno dei tre, ma i nostri occhi "parlavano", eccome!
Ci abbracciammo in un "triangolo" perfetto, e sentimmo fluire – dall’uno verso gli altri – una forte energia positiva. Il mondo fuori non esisteva, e noi eravamo nella nostra realtà personale...
Poi, Tata ci salutò uno alla volta, come faceva sempre, e quando fu la volta di gemella le disse:
- "Bimba mia, cosa devi dirmi di così importante? Ragazzi, in verità anch'io devo dirvi qualcosa...".
Non riuscì a proseguire, mentre la vista le si offuscava dalle lacrime e da una malinconia mai vista fino a quel momento in una persona positiva come lei.
Riuscì solo a dire:
- "Su, entriamo...".

In casa, ci sedemmo su un divano che Maria Grazia aveva fatto trasportare lì anni prima dalla casa dei nonni, e lei si sistemò in mezzo a noi due.
Noi gemelli ovviamente non sapevamo l’origine di quell’arredo, ma la prima cosa che Tata fece fu quella di tirare fuori una vecchia fotografia ingiallita dal tempo.
La guardammo per qualche minuto tutti e tre: raffigurava una ragazzina di poco più di sei anni che teneva stretti a se due neonati...
Poi mammina ci chiese:
- "Li riconoscete?".
Ci guardammo consultandoci con lo sguardo, ma non trovammo nessuna risposta. A noi, quei tre non dicevano proprio nulla...
Così, fu di nuovo Maria Grazia a parlare:
- "Siamo noi! Tanti, tanti anni fa... Ma cosa è cambiato? Nulla... Il nostro spirito è quello di allora se non fosse che...".
Si interruppe, e una nuova lacrima le rigò il viso. Prontamente se la asciugò, e – sospirando come per togliersi un peso dall'anima – riprese:
- "Sì, ragazzi, avete detto a Luca che dovete parlarmi, ma anch'io devo dirvi una cosa... Molto importante... Se non fosse stato per voi, chissà se avrei mai avuto il coraggio!".
Io e gemella sapevamo tutto, ci guardammo per un attimo e infine la abbracciammo come quando avevamo combinato qualche marachella e volevamo la sua protezione. Stavolta, però, era diverso...
Fu mammina a trovare le parole giuste, e finalmente sputò il rospo:
- "Ricordate che noi siamo Tati, vero? Ebbene, non potevo lasciarvi fuori da questo segreto... Come medico avevo capito subito che cosa mi stava succedendo. Ho un tumore, e mi resta un anno... Si vede che il mio compito è finito, oramai voi siete grandi, volevo solo dirvi questo con sincerità...".
Blanca, che dietro a quella sua scorza dura ha un cuore capace di slanci incredibili, si strinse ancora più forte a lei e gridò, come tutte le volte che da bambini tentavano di dividerci:
- "Noooooo... Tata mia, noi abbiamo ancora bisogno di te! Facciamo una cosa, adesso tocca a noi occuparci di te, vero Tato? Non dire nulla, lascia fare a noi... Tu guaritai…".

Tati non si voleva rassegnare, stava per prendere l'iniziativa e chissà cosa aveva in mente di pianificare quando Maria Grazia le chiese:
- "Ma non dovevate dirmi qualcosa pure voi? Su, vi ascolto...".
Gemella raggelò... Sperava che se ne fosse dimenticata, ma quando si avvide che così non era mi guardò come per chiedere aiuto. La mia proposta di farsi visitare da mammina l'aveva accettata a malincuore per farmi piacere, e ora? Oltretutto, significava spiegare tutte le peripezie a cui l'avevano sottoposta, e un po' se ne vergognava... Significava anche mettere un altro macigno sul cuore di mammina…
Così, mentre Blanca si era già seduta sulle mie ginocchia, fui io a parlare:
- "Oh Tata, tu non sai nulla... Sono stato io a convincerla a venire da te. Ma capisco che non è facile dirti tutto, non lo è neppure per me, Dio mio!".
Cominciai a spiegare che erano anni che era finita nelle mani di Juan in casa sua, e che la "vendeva" per fare soldi e campare alle sue spalle... Spesso mi interrompevo nel racconto, perché se lei ne era rimasta segnata nel corpo io ero distrutto dentro. Io che non l'avevo mai toccata neanche con un dito, avevo "assistito" a tutto il male che le avevano fatto...
Alla fine, conclusi:
- "Vedi mammina, ieri abbiamo finalmente ritrovato la nostra unione più completa... Tu mi capisci, vero? È stato tutto così dolce e tenero... Ma Tati non è più la stessa. Intimamente intendo dire... L'hanno maltrattata, e adesso non so se possiamo continuare a VIVERE come abbiamo sempre fatto... Per favore, la puoi visitare tu? Di un altro dottore si vergogna, povera!".

Maria Grazia si coprì il volto con le mani. Avrebbe voluto denunciare tutti, ma non ne aveva più la forza. L'importante era che la sua "bimba" ora era di nuovo nelle mie braccia...
Si alzò per prima dal divano e cingendole i fianchi si avviò verso lo studio che aveva allestito in casa, mentre io restai li ad attendere l’esito.
Ma quando Tati, voltandosi verso di me, capì che io non le avrei seguite – volevo che avessero un loro momento di vera privacy – si fermò immediatamente e ricordò alla nostra cugina maggiore:
- "Mammina, io non vado più da nessuna parte senza Tato. Troppo tempo siamo stati divisi, e poi non ho segreti per lui... Abbiamo sempre condiviso tutto e continueremo a farlo!".
Subito, mi tornò alla mente quando – in I media – ci volevano dividere e lei scatenò un casino… Così, mi alzai e presi per mano la mia gemella, seguii le due donne e ci accomodammo entrambi davanti alla scrivania dello studio.
Tata, da parte sua, cominciò a farle le domande di prassi, a volte anche un po' imbarazzanti, ma con calma Blanca rispose a tutto... Si sentiva "a casa" e tranquilla...
Poi, Maria Grazia la aiutò a togliere le scarpe, i jeans e le mutandine, la pregò di stendersi sul lettino, si mise dei guanti di lattice e le allargò le gambe.
Le labbra della patatina della mia gemella si schiusero e Tata le alzò la maglietta fino a mettere in mostra la parte inferiore del seno.
La vidi esitare, aveva visto che non portava il reggiseno e sembrava volesse scoprire anche tutte le tette ma si fermò.
Poi spostò lo sguardo giù in basso e disse a Tati:
- "Questo piercing quando l’hai messo? Non me lo ricordavo...".
Era un piercing applicato al cappuccio del clitoride, e c'è da dire che la nostra mammina era sempre stata la ginecologa di Tati percui conosceva bene ogni aspetto del suo corpo...
Ebbene, gemella con un po' di vergogna – più che per essere nuda davanti a lei per dover spiegare ancora una volta queste situazioni – le rispose:
- "Me l’hanno messo due settimane fa’ e mi fa ancora male... A me non piace e nemmeno a Tato, ma ormai... Juan mi disse che era molto richiesto dai clienti...".
Me ne ero accorto anch’io il giorno prima, quando eravamo tornati a fare l’amore, ma siccome lei non mi disse nulla io non volli crearle altro imbarazzo.

Dopo quella "confessione" era ancora più tesa, ma Maria Grazia ne approfittò per infilarle due dita nella fica e controllare la vagina e l'utero.
Non fece commenti, e invece scoprì completamente le mammelle. Iniziò a toccarle con perizia, e ne rimase quasi sconvolta. Esclamò:
- "Ma che ti è successo, bimba mia! Erano il tuo orgoglio... E anche quello del tuo gemello!".
Sentendomi chiamato in causa, intervenni io:
- "Mammina, sapessi! La trattavano come un cane a catena... Mangiava come un uccellino. Non vedi come è tutta dimagrita? Ma stai tranquilla che adesso ci penso io! Avevano cercato di spezzare quel filo rosso che ci lega fin dal momento che siano nati, ma ci siamo dati da fare e adesso lo abbiamo riannodato per bene ed è tutto come prima... O quasi!".
Sorrise Maria Grazia, diede un buffetto sulla guancia a Tati come a volerle dire che aveva capito tutto, e riprese a palpeggiare quelle mammelle, che nonostante tutto erano sempre uno spettacolo, e a controllare i capezzoli...
Ecco, era più forte di lei, ogni volta che anch’io "giocavo" con quei meravigliosi bottoncini di carne Tati si bagnava, e anche adesso le accadde la stessa cosa.
Quella micetta un po’ slabbrata a causa di tutti i cazzi che l'avevano penetrata contro la sua volontà, era diventata una fontana, e Blanca si lasciò andare...
Allora mammina si tolse i guanti e, dandole una carezza affettuosa sull'addome, le disse:
- "Coraggio, è tutto apposto! Non credo che tu voglia sottoporti a un intervento per rimettere in ordine le labbra, e non credo che Tato lo voglia...".
Mi lanciò uno sguardo, tanto che dovetti rassicurare gemella, e confermai:
- "Oh mammina, certo che io la voglio così com'è... La mia Tati e nient'altro! Ieri, oggi e sempre!".

La visita era finita e i timori di Blanca erano svaniti. La aiutai amorevolmente a rivestirsi, e quando tornammo a guardare Maria Grazia era come se fossero passati anni luce.
Si era fatta di nuovo seria, ci strinse a sé come quando eravamo arrivati, e prese a parlare:
- "Ragazzi miei, non ci nascondiamo... Tra poco resterete soli, io non ci sarò più. Certamente, vi sarò sempre accanto, sarò nei vostri cuori e nei vostri ricordi, ma sarà diverso. Per questo voglio che mi promettete di non lasciarvi mai più. Non cercate altrove la vostra forza, avete dentro di voi tutta l'energia di cui avete bisogno... Insomma, mi avete capito... Tato, è lei la tua femmina... Tati, è lui il tuo maschio...".

10. L’eredità di Tata.

Quel giorno Tata ci aveva congedati con delle parole che più chiare di così non potevano essere.
Sapeva tutto di noi da sempre, e dunque sapeva anche che il nostro legame andava oltre una affettività esasperata, e si esplicava in una unione fisica fuori controllo.
Avevamo provato sinceramente ad avere una vita "normale" come tutti, ma non ci eravamo riusciti: ci eravamo cercati anche nella "notte" più buia di sempre, quando sembrava che il mondo intero fosse contro di noi, e finalmente ci stavamo ritrovando.
In poche parole, Maria Grazia ci aveva affidato un'eredità di cui eravamo ben lieti di portare il peso...

Ritornando a casa, eravamo anche consapevoli di essere diventati la "pietra dello scandalo" per il paese intero. Era infatti presumibile che Silvana fosse andata a parlare – o sparlare, vista la sua più totale incapacità ad essere riservata – gettando parole di fuoco contro di noi.
Questo fatto, portava con sé due problemi: il primo, Blanca sarebbe tornata ad essere (una volta di più) una "rovina famiglie", mentre io sarei finito sulla graticola come un irriconoscente.
Perciò, dopo aver girovagato a lungo senza meta, era notte fonda quando fummo di nuovo in quel luogo che era divenuto così inospitale.
Al nostro passaggio, si sentivano solo i rumori di cui ci eravamo quasi disabituati: cani che guaivano, l'acqua della fontana della piazza che scorreva inesorabile, condizionatori in funzione... Insomma, in quel silenzio così spettrale, la paura di incontrare qualcuno in strada – faccia a faccia – era talmente tanta che sobbalzavamo ad ogni minimo cenno di vita...
E fu un sollievo incredibile quando – chiusa la porta a chiave alle nostre spalle – ci guardammo negli occhi.
Poi, cominciammo a spogliarci. Non volevamo perdere nemmeno un istante, poiché sentivamo di essere stati già defraudati ingiustamente di troppo tempo, e anzi sentivamo impellente la necessità di "inaugurare" subito questa nuova vita, secondo il cuore di Tata.
Dentro di noi scese una calma incredibile, e
Tati si sdraiò sul divano letto, chiuse gli occhi e si abbandonò con fiducia alle mie mani.
In quel momento, il mio desiderio di possederla "profondamente" lasciò il posto a una strana voglia. Un "flash", e una voce dentro di me mi disse:
- "Leccala! Leccala tutta, non lo avete mai fatto!".
La guardai, e decisi che quello era il momento... Salii sul divano insieme a lei, e gattonando verso il suo orecchio destro le sussurrai:
- "Rilassati, vedrai che ti piacerà...".

Si abbandonò nelle mie mani, mentre io mi chinai con il viso fino a poter cominciare a leccare i suoi piedi e le sue caviglie.
Poi risalii lentamente, ed ebbi l’impressione che la mia lingua le faceva il solletico ma che in fin dei conti la faceva stare bene.
Continuai a salire sempre più su, accarezzando con la punta i polpacci e poi le ginocchia e le cosce.
A quest'ultimo tocco, gemella divaricò istintivamente le gambe più che poté, ed io – comprendendo il messaggio – raggiunsi senza indugio la pussy alitandovi sopra con leggerezza, precisamente su quel monte di venere che nel frattempo si era gonfiato per l'eccitazione.
Blanca ebbe un lungo brivido lungo tutta la schiena, e me lo disse, e un sussulto le causò un quasi impercettibile discostarsi delle grandi labbra che subito si richiusero.
Erano passati solo una decina di minuti e già Tati aveva una voglia matta di "sfogarsi", ma conoscendo bene quella "macchina" perfetta che era il suo corpo mi fermai un momento prima...
Attesi qualche istante, e poi mi dedicai a pennellare la fica dal basso in alto, fino a quel clitoride che si era di colpo inturgidito.
Un secondo brivido di piacere pervase il ventre di lei, mentre io continuai a leccare in modo sempre più frenetico, tanto che Blanca mi disse:
- "¡Me haces morir! Ni siquiera esas fieras que se creían tan buenas me habían hecho jamás un cunnilingus tan intenso...”.

Mi sentii gratificato da quelle sue bellissime parole che venivano accompagnate dai fatti, e con rinnovato entusiasmo ripresi a pennellare e a strusciare il viso su quella micetta, senza però calcolare che quello sfregamento sarebbe stato "letale" anche per gemella... La quale, non resistendo più, mi spruzzò un getto potente sulla mia bocca, sul viso, e mi inzuppò le mani.
Dopo un primo momento di sorpresa, cominciai a gustarmi quei succhi quando la mia femmina mi spinse la testa contro la sua intimità.
Eravamo considerati dei "peccatori", ma io considerai che il Paradiso doveva essere proprio così...
Mi mancava l'aria, ma per nulla al mondo mi sarei staccato dal mio "fiero pasto"...
Presi allora a mugolare anch'io mentre la penetravo, con la saliva che andava a mescolarsi ai suoi umori nella vagina ormai ridotta a un lago.
La mia lingua la leccava anche attorno al buco del culo. Si muoveva lentamente in senso circolare, e ad ogni rotazione si avvicinava sempre più "pericolosamente" al "centro".
Quando arrivai finalmente ad appoggiare la lingua nel foro, Blanca ebbe un nuovo balzo. Io strinsi forte le mie mani sui suoi fianchi e – poggiando i gomiti sulle lenzuola – proseguii nella risalita.
Le baciai ancora il pube, e poi la pancia e l'ombelico, fino a raggiungere i seni.
Ahimè!, le tette di mia cugina non erano più così floride come due anni prima, ma erano pur sempre un'attrazione irresistibile ed io avevo giurato a me stesso che me ne sarei preso cura, riportandole agli antichi splendori...

Preso da quel fantastico momento, cacciai di nuovo fuori la lingua e – aiutandomi con le mani per tenerle ferme – iniziai a giocare con le mammelle.
Vi affondai con tutto il viso per poi riemergere, annusai a pieni polmoni, e con gli occhi non mi lasciai sfuggire il minimo dettaglio.
Era si, in alcuni suoi modi di fare, vagamente mascolina, ma le tette della mia gemella avevano un potere infallibile su di me, e la lingua andò da sola come fosse il braccio impazzito di un robot.
Leccai ogni minuscola porzione della superficie, irrorandola di saliva in abbondante quantità, tanto che a un certo punto vidi Blanca scoppiare in una risata.
Mi spiegò:
- "Dicen que la saliva es un excelente humectante para la piel... Asegúrate de hacer un buen trabajo, los han tratado mal...”.
Ma era tutto un pretesto per mascherare l'eccitazione che stava nuovamente montando, e infatti percepii sul mio corpo nudo un senso di umido: era la sua fichetta che si era "svegliata" ancora una volta e voleva partecipare anche lei alla festa delle tette...
Feci un balzo in avanti, e diedi il mio contributo al benessere delle areole. Una superficie infinita, di tonalità più scura, con cui mi divertivo a giocarci fin da ragazzino percorrendola in un senso e nell'altro.
Era, però, solo un passo di avvicinamento verso i capezzoli, che "aggredii" effettuando dei movimenti rotatori su tutto quel favoloso "accessorio".
Sempre in tiro, lo erano anche adesso, vogliosi, e richiedevano un'attenzione speciale.
Così mi misi al lavoro, colpendoli alternativamente, e vedendoli ingrossarsi via via che la mia lingua lì umettava.
Quei due gioielli erano ormai diventati dei chiodi.
Le facevano male, e questo era ciò che io non volevo... Percui, feci in modo di condurre a termine il gioco, tirando a me quei grumi di carne finche Tati, lacerando con le grida il cuore della notte, non strepitò:
- "Ohhhhh... Siiii...".
Era venuta ancora!

Stremati entrambi, ci abbracciammo baciandoci teneramente. Quella notte l'avevo solo leccata, ma ciò fu sufficiente a farla godere incredibilmente...

FINE.
 

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