IL CLUB DEGLI AMICI (Capitolo I – Premessa e primi approcci)

suntopless

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Eravamo sposati da qualche anno, ma stavamo insieme da sempre, sin da ragazzini.
Eravamo cresciuti insieme, fatto le stesse esperienze. Anche sessuali. In questo senso ci conoscevamo benissimo, avevamo una intesa eccezionale. Ma non conoscevamo altri corpi e non ne sentivamo il bisogno. Entrambi eravamo gelosi, molto gelosi, fin quasi alla morbosità. Yoko, per colpa mia, vestiva sempre castigata: mai una scollatura, una maglietta attillata o una minigonna. Addirittura al mare indossava solo costumi interi, spesso quelli tipo olimpionici, molto coprenti, a dispetto del suo amore per il sole e l’abbronzatura. Ma anche lei non era da meno: non potevo osare, neanche distrattamente, indirizzare lo sguardo su un’altra donna, bella o brutta che fosse, senza che lei non mi facesse una scenata di gelosia e mi tenesse il muso per ore.
Insomma, il nostro era un rapporto molto chiuso. Quasi che avessimo paura degli altri. Inconsciamente avevamo paura che il nostro rapporto potesse finire a causa di una qualsiasi apertura al mondo esterno. Indubbiamente, a pensarci col senno di poi, un evidente segno di insicurezza che entrambi ci portavano dietro da sempre.
Un giorno, tempo addietro, non eravamo ancora sposati, ci trovavamo al mare in mezzo agli scogli in un angolo solitario dove non veniva quasi mai nessuno. Non ricordo come, né chi prese l’argomento, ma si parlò per la prima volta di topless. Stranamente entrambi ci trovammo d’accordo che lì, in quell’assoluta solitudine, era forse possibile abbassare un po’ quel castigato costume intero e scoprire per un po’ il suo seno. Del resto dal mare nessuno poteva vederci né avremmo corso alcun pericolo di visite improvvise perché il viottolo d’accesso a quell’insenatura tra gli scogli era abbastanza distante e chiaramente visibile da dove avevo posizionato la mia tovaglia, mentre quella di Yoko era assolutamente coperta. Ci decidemmo, entrambi emozionati ed eccitati. Con fatica abbassò le spalline del costume e scoprì il seno. Che spettacolo! Col cuore in gola dapprima, ma sempre più tranquilli col passare del tempo, trascorse così la nostra prima esperienza di topless. Ovviamente la ripetemmo immediatamente nei giorni successivi. Che emozione!
Una di quelle volte, mentre eravamo tranquillamente rilassati al sole, aprimmo gli occhi e ci accorgemmo che due ragazzi con una canoa biposto erano in mare a pochissima distanza da noi e si stavano godendo lo spettacolo del topless di Yoko. Io ebbi un’immediata erezione, lei, invece, nonostante la vergogna che palesemente si notava dal rossore in viso, non si mosse e rimase ferma così esposta. Mi chiese se doveva girarsi, ma entrambi concordammo che sarebbe dovuta restare così: in fondo che male c’era! Per la prima volta altri uomini potevano ammirare il seno di Yoko, una sensazione di gelosia mista però ad eccitazione mi prese.
Non ricordo come, ma ci venne naturale effettuare il passo successivo. In settimana comprammo un bikini, il primo bikini di Yoko da quando era poco più che adolescente, e progettammo di andare al mare in una riserva naturale poco lontana da casa. Un luogo pubblico, insomma, frequentato da altre persone, anche se poche. Il luogo era stupendo, spiaggetta di ciottoli immersa nella natura, mare cristallino, poca gente. Quella mattina, prima di arrivare in spiaggia, nessuno dei due accennò al topless. Eravamo entrambi desiderosi di farlo ma contemporaneamente timorosi ed indecisi. Facemmo un primo bagno straordinario. Dal mare vedemmo tutta la spiaggetta ed in effetti c’erano poche persone, del resto era ancora molto presto, e nessuna donna in topless. Il bagno durò abbastanza, sia per il caldo che per la bellissima location, ma soprattutto perché probabilmente temevamo il passo successivo. Nel frattempo le persone cominciavano a giungere in spiaggia. Un paio di ragazze posizionarono le loro tovaglie vicinissime a noi, da un lato, mentre dall’altro una coppia fece altrettanto. Tornati alle tovaglie presi io l’iniziativa e le chiesi se fosse ancora decisa a togliersi il pezzo di sopra del costume. Mi rispose di sì. Però era titubante perché, come avevamo notato prima, non c’era nessun’altra donna in topless e si sarebbe sentita oltremodo a disagio con gli occhi di tutti addosso. Mentendo le dissi che non avrebbe dovuto importarci ed insistetti un po’. Non avete idea della scena che immediatamente seguì. E’ rimasta scolpita nella mia memoria ed ogni volta che ci penso la rivedo come alla moviola. Yoko che lentamente scioglie dietro la schiena i lacci del costume, chiude gli occhi, poi alza le braccia, fa passare i triangoli del costume oltre la testa e posa il costume al suo fianco mentre lentamente si distende poggiandosi sui gomiti. Che scena! Che sensazioni! Tento di balbettare qualcosa, ma lei mi dice: “John, stai zitto! Non dire nulla per un po’! Lasciami stare!”. Obbedisco e noto, quasi come se Yoko avesse dato il via, che poco dopo e praticamente in contemporanea sia la ragazza della coppia accanto si toglie anche lei il pezzo di sopra del costume sia le ragazze dall’altro lato tolgono anch’esse la maglietta che ancora indossavano e restano in topless perché non avevano nemmeno indossato il costume. Finalmente! Yoko è ancora con gli occhi chiusi cercando di abituarsi alla situazione. Qualche minuto ancora, apre gli occhi e si accorge anche lei delle altre donne in topless. Mi guarda, la vedo rincuorata, si alza e si dirige in acqua per un altro bagno. In topless, ovviamente, con il seno che stupendamente ondeggiava! Inutile dire che fu una giornata meravigliosa e che a casa ci venne naturale scopare come dei matti!
Da allora, tranne quando andavamo al mare con amici e parenti, quando ancora indossava i classici e coprenti costumi interi, ci si allontanava sempre un po‘ dalla città per andare in spiagge anche affollate, ma dove era difficilissimo fare incontri con persone che conoscevamo. Lì Yoko praticava sempre il topless, ogni volta con minore vergogna ed ogni volta con maggiore sicurezza.
Dopo tanti anni di fidanzamento e successivamente di matrimonio questa era l’unica eccentricità che ci concedevamo. L’unica apertura, dal punto di vista fisico/materiale, al mondo esterno.
Passavano gli anni e nella nostra mente, dapprima credo solo nella mia, si cominciavano ad affacciare altri pruriti, altre esigenze. Ne parlavamo, di tanto in tanto, sia quando si faceva l’amore che quando eravamo in altre normali situazioni. In principio si immaginavano alcune situazioni, alcune circostanze, poi ci chiedevamo se era possibile realizzarle, ma soprattutto se le volevamo attuare veramente. Io sembravo più deciso, anche se dentro me ero un bollire di gelosia, lei invece sembrava ondeggiare di continuo tra il possibilista e il categorico rifiuto. A volte si arrabbiava pure, talmente tanto che sospettando che non l’amassi più, sembrava chiudersi in se stessa e non mi parlava più per delle ore.
Erano ovviamente delle fantasie durante le quali immaginavamo di incontrarci con un’altra coppia e di giocare con loro inizialmente in modo soft, stuzzicandoci eroticamente, per poi procedere sempre più fino allo scambio di coppia.
Nei momenti in cui lei sembrava chiudersi ad ogni possibilità di attuazione delle nostre immaginazioni, per tentare di convincerla arrivavo addirittura a proporle anziché uno scambio di coppia di provare l’approccio soltanto con un altro uomo. Non avrebbe così avuto alcun eccesso di gelosia, sarebbe stata soltanto lei al centro tra due uomini. Ma anche a queste proposte rifiutava sospettando che non l’amassi più. Yoko non capiva allora: le mie fantasie, le mie richieste non erano segnali di un amore che si affievoliva. Al contrario, amavo Yoko ogni giorno di più ma devo confessare che anch’io spesso non capivo da dove spuntassero fuori tutte le mie voglie, le mie insistenze.
Un giorno, mentre facevamo l’amore, sembrò improvvisamente essere convinta e me lo confessò apertamente. Certo, aveva ancora tanti timori, tante incertezze, ma capiva finalmente il tipo di discorso che più volte le avevo fatto. Le avevo detto che probabilmente le mie esigenze erano nate dal fatto di non conoscere altra donna, sessualmente, se non lei. Non era mancanza d’amore la mia, né c’era la minima possibilità che Yoko non mi piacesse più o mi piacesse di meno rispetto a prima. Yoko era sempre stata e lo era tuttora un gran bel pezzo di femmina. Una di quelle che avrebbero fatto girare la testa a qualsiasi uomo se solo lo avesse voluto. Finalmente lo capiva anche lei. Mi confessò che anche lei, in effetti, nutriva qualche curiosità: anche lei non conosceva, sessualmente, altro uomo all’infuori di me.
A prescindere dal fatto che ancora né lei né io avevamo deciso chiaramente se buttarci in uno scambio di coppia oppure se invitare a partecipare a far sesso con noi soltanto un altro uomo, entrambi non sapevamo come potere attuare in concreto il nostro progetto.
Di sicuro non volevamo fare nulla con qualcuno che conoscevamo. Pensavamo che nessuno, nel cerchio delle nostre amicizie e conoscenze, potesse avere una mentalità talmente aperta da potere accettare una nostra simile proposta. E poi che immensa vergogna, pensavamo, se la nostra proposta avesse ricevuto un rifiuto: come avremmo potuto in seguito vedere nuovamente questa persona, come avremmo potuto in futuro parlare tranquillamente con questa persona, come se nulla fosse successo?

CONTINUA . . .

Capitolo II
 
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love_sk

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CONTINUA . . .

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