Il caldo, 38 gradi.
L’attesa: infinita, estenuante.
L’aria non si muove; l’ombra è poca ed è già occupata dagli altri invitati al matrimonio, stipati entro i suoi confini come fiammiferi nella confezione.
Gli sposi sono impegnati col servizio fotografico ed il momento di sedersi al tavolo, al fresco dell’aria condizionata, sembra non arrivare mai.
Sorseggio l’ennesimo prosecco servito nel giardino, stupendomi ogni volta di come faccia presto a scaldarsi una volta mesciuto.
Ti incontro, dopo averti persa di vista per un po’, durante il mio buffoneggiare itinerante tra i vari gruppetti di amici ed i parenti dello sposo; sento lamentarti per le roventi condizioni ambientali.
Abbracciandoti, sento l’umidità del sudore scenderti lungo la schiena, lasciata scoperta dal tuo svolazzante vestito color salmone.
“Di certo non avresti potuto esser meno vestita di così”
Ti riprendo, in modo visibilmente scherzoso, dopo che pochi minuti prima ti avevo espresso il mio apprezzamento per le tue mise.
In realtà non indossi niente di scandaloso, ma la leggerezza del tessuto non riesce a nascondere le tue forme prorompenti. In controluce, la trasparenza del lungo vestito evidenzia le tue gambe tornite ed il tacco che indossi lancia verso l’alto le rotondità delle tue chiappe. Mi rendo conto di come, per lo sguardo di una qualsiasi persona che si trova nel posto giusto al momento giusto, sia impossibile non risalire le tue gambe e chiedersi se la fine della trasparenza corrisponda ad uno slip od un più protettivo pantaloncino.
So che, quando non mi hai sotto controllo, in situazioni come questa, impazzisci nel vedere come le persone cerchino il dialogo con me, che sia per le mie battute al fulmicotone o anche solo per chiedermi come sto dopo anni che non mi vedono. Stai affogando in un misto di caldo, gelosia ed ammirazione per come intrattengo invitati ed invitate.
Ti sfuggo, di nuovo, avvicinandomi ad un gruppo di amici con le rispettive fidanzate.
Ti conosco abbastanza: so benissimo che posso farti quello che voglio, in questi momenti.
Altre due chiacchiere in qua e là e mi raggiungi; ti abbraccio nuovamente ma, stavolta, lascio cadere nel tuo decolté un cubetto di ghiaccio che da poco custodivo nella mia bocca. L’imbarazzo che qualcuno possa aver visto la scena fugge dal tuo viso quando ti rendi conto che tutti erano impegnati a fare altro, lasciando il posto ad una specie di smorfia d’eccitazione che mi fa rincarare la dose:
“Al prossimo giro ne avrò un altro. Per rinfrescartela.” ti dico, sorridendo.
“E come farai a farlo scivolare lì?”
“Vieni in bagno e te lo spiego”
Ci separiamo con due sorrisi maliziosi. Ma per me non finisce qui, come tu credi.
Mi perdi di vista nuovamente e mi ritrovi con l’arrivo di un messaggio su whatsapp:
“Se non ti muovi si sciolgono”
Neanche il tempo di visualizzare la lettura del messaggio che sento bussare alla porta del bagno, facendomi temere che qualcuno fuori stesse aspettando il suo turno, rovinandomi la sorpresa.
Dubbioso, apro e vengo calamitato dalla tua bocca che cerca di infilare la lingua nella mia.
Mi stacco immediatamente, quasi respingendoti, con la scusa di mettere il paletto della porta, accompagnando il gesto con un polemico ma sorridente
“Era per rinfrescarti, non per scaldarmi”.
Cingo le mie braccia intorno ai tuoi fianchi e ti sollevo con veemenza per il culo, appoggiandolo sul marmo accanto al lavandino; mi giro verso il water, sulla cui tavoletta avevo lasciato un bicchiere pieno di cubetti di ghiaccio, e ne metto uno in bocca, senza fartene accorgere.
Come se tu non aspettassi altro, non opponi resistenza alcuna all’insinuarsi delle mie mani sotto al tuo vestito, alla ricerca della culotte di pizzo rosa che ti avevo visto indossare la mattina prima di uscire.
Sono tentatissimo dall’idea di strapparla, ma non lo faccio perché non so come andrà a finire questa situazione e sono consapevole del fatto che ti da fastidio avere il mio sperma che cola, nel caso venissi dentro di te. Mi godo, giusto per un secondo, lo spettacolo della tua topa carnosa e depilata che fa capolino dalla trasparenza del pizzo, prima di sfilarti lentamente l’intimo lasciandolo infilato soltanto alla gamba destra.
Le tue cosce, adesso, sono spalancate di fronte ai miei occhi e la gonna del vestito ha ormai raggiunto il tuo seno.
Sei convinta che stia per penetrarti e ti stupisci, in silenzio, quando invece vedi tuffarmi di testa in mezzo alle labbra della tua fica.
Nessuna paura di esser sentiti, però, riesce a farti trattenere un breve ma rumoroso urlo appena il cubetto di ghiaccio entra in contatto con la tua intimità. Con una reazione istintiva stringi le gambe intorno alla mia testa e colpisci il flacone del sapone accanto a te, facendolo cadere sul pavimento.
Spingo, con delicatezza, il piccolo ghiacciolo dentro la tua fica, che immagino anestetizzata dal freddo. Subito dopo, la mia lingua gelida e bagnata d’acqua ed umori, sfiora lentamente il tuo clitoride, prima di succhiarlo con estrema delicatezza per non disturbarti.
“Hai ancora caldo?” borbotto, dopo poco, ridacchiando…
Rispondi con un breve suono, a metà tra un sospiro ed una risata, che mi fa capire che la cosa ti sta piacendo non poco.
L’idea di ciò che sta accadendo mi entusiasma e mi arrapa tantissimo: non so che darei per vedere la scena di noi, nel un bagno di un ristorante, con una sola porta a dividerci da persone che ci conoscono; sarebbe bellissimo poterti vedere da un’altra angolazione, magari dall’alto: appoggiata col culo sul marmo di un lavandino e la schiena al muro, le cosce alzate e spalancate a me, che sono praticamente in ginocchio per regalarti piacere. In estasi tra le varie sensazioni che ti sto provocando, ti stuzzichi con le mani bagnate i capezzoli dopo esserti abbassata l’estremità superiore del vestito.
Uno spettacolo che mi fa godere al solo pensiero.
“Ti ho vista come guardi di continuo quella cavalla alta e scosciata….. porca”
Ridacchi, durante una pausa tra i tuoi soffocati gemiti.
“Pure io la guardo, se non era fidanzata la invitavamo a mangiare due ghiaccioli con noi... chissà se è una ciucciafiche”.
Sento che questo interrogativo ti fa godere, che ti eccita.
Aumento il ritmo dei movimenti della lingua, scendendo e risalendo dal buco, con azioni piuttosto regolari e meccaniche. La posizione, se pur scomoda, è talmente ottimale da permettermi di leccarti anche il buco del culo, inumidendolo per poi penetrarlo col dito medio, mentre col pollice stuzzico la tua fica. Intanto lecco con sempre maggior decisione il tuo clitoride, aumentando ancora il ritmo con l’intensificarsi dei tuoi sospiri.
Sento che i liquidi freddi con cui sono a contatto stanno completamente lasciando il posto a quelli caldi prodotti dalla tua fica liscia e completamente fradicia, che colano abbondanti aiutati dallo scioglimento del ghiacciolo e dalle tue mani che, senza che io me ne fossi accorto, stavano adesso allargandoti le labbra della passera tirando i glutei verso l’esterno.
Confesso che, messa a fuoco mentalmente la scena, incontro grande difficoltà per resistere alla voglia abbassarmi i pantaloni e piantartelo in corpo. So che godrei come un porco ad infilarlo dentro alla tua fica così bagnata.
Ma questo gioco, ormai, mi piace così: voglio farti godere senza darti il cazzo.
Ti conosco abbastanza : stai per venire, lo sento dal modo in cui respiri e ti muovi.
Vorrei farti soffrire un po’ e smetto di leccarti il clitoride, continuando però a penetrarti il culo e la fica con la mano destra, mentre con la sinistra tiro la pelle del tuo basso ventre verso l’alto. So che ti piace, quando lo faccio.
Sto per girarmi per prendere un altro cubetto ma la mia intenzione viene stoppata dal bussare sulla porta del bagno.
Ti guardo: sei spaventata ed arrapatissima.
Nessuno di noi se la sente di rispondere “Occupato” e l’attendente prova ad aprire azionando la maniglia.
Scendo nuovamente con la bocca sulle tue parti intime e dopo averti leccato nuovamente in mezzo alle chiappe inizio a fare più pressione sul clitoride, muovendo la lingua in modo circolare.
Questo momento dura pochissimo: sento le tue mani che premono la mia nuca verso il tuo sesso, stai venendo. Forte.
Sento la tua fica aprirsi ancora di più e pulsare mentre succhio con molta delicatezza tutto ciò che la mia bocca incontra. Cerchi di non farti sentire, ma dubito che tu ci sia riuscita; nel contrarti dai anche una gomitata allo specchio.
Mi sposto e noto con piacere che i tuoi succhi, diluiti nell’acqua del ghiaccio, hanno creato un laghetto sotto al tuo culo. Tutto è bagnato e qualche goccia cade sul pavimento.
Abbiamo poco tempo prima che la nostra figura di merda diventi palese: butto i ghiaccioli nel cesso, tiro lo sciacquone e, mentre tu cerchi goffamente di asciugarti e ricomporti, con la faccia ancora scombussolata dall’orgasmo, prendo un po’ d’acqua dal lavandino e mi bagno i capelli.
Usciamo insieme, mentre la signora in attesa ci guarda con curiosità e stupore.
“Signora, stia attenta ai piccioni appostati sugli alberi”
Le dico per smorzare la tensione, toccandomi i capelli bagnati.
Risate. E sapore di fica, visto che, nella furia, mi sono dimenticato di darmi una sciacquata.
Ma, dato che ti conosco abbastanza, so che questo sapore di fica nella mia bocca sarà un pretesto per tornare in bagno al più presto.
L’attesa: infinita, estenuante.
L’aria non si muove; l’ombra è poca ed è già occupata dagli altri invitati al matrimonio, stipati entro i suoi confini come fiammiferi nella confezione.
Gli sposi sono impegnati col servizio fotografico ed il momento di sedersi al tavolo, al fresco dell’aria condizionata, sembra non arrivare mai.
Sorseggio l’ennesimo prosecco servito nel giardino, stupendomi ogni volta di come faccia presto a scaldarsi una volta mesciuto.
Ti incontro, dopo averti persa di vista per un po’, durante il mio buffoneggiare itinerante tra i vari gruppetti di amici ed i parenti dello sposo; sento lamentarti per le roventi condizioni ambientali.
Abbracciandoti, sento l’umidità del sudore scenderti lungo la schiena, lasciata scoperta dal tuo svolazzante vestito color salmone.
“Di certo non avresti potuto esser meno vestita di così”
Ti riprendo, in modo visibilmente scherzoso, dopo che pochi minuti prima ti avevo espresso il mio apprezzamento per le tue mise.
In realtà non indossi niente di scandaloso, ma la leggerezza del tessuto non riesce a nascondere le tue forme prorompenti. In controluce, la trasparenza del lungo vestito evidenzia le tue gambe tornite ed il tacco che indossi lancia verso l’alto le rotondità delle tue chiappe. Mi rendo conto di come, per lo sguardo di una qualsiasi persona che si trova nel posto giusto al momento giusto, sia impossibile non risalire le tue gambe e chiedersi se la fine della trasparenza corrisponda ad uno slip od un più protettivo pantaloncino.
So che, quando non mi hai sotto controllo, in situazioni come questa, impazzisci nel vedere come le persone cerchino il dialogo con me, che sia per le mie battute al fulmicotone o anche solo per chiedermi come sto dopo anni che non mi vedono. Stai affogando in un misto di caldo, gelosia ed ammirazione per come intrattengo invitati ed invitate.
Ti sfuggo, di nuovo, avvicinandomi ad un gruppo di amici con le rispettive fidanzate.
Ti conosco abbastanza: so benissimo che posso farti quello che voglio, in questi momenti.
Altre due chiacchiere in qua e là e mi raggiungi; ti abbraccio nuovamente ma, stavolta, lascio cadere nel tuo decolté un cubetto di ghiaccio che da poco custodivo nella mia bocca. L’imbarazzo che qualcuno possa aver visto la scena fugge dal tuo viso quando ti rendi conto che tutti erano impegnati a fare altro, lasciando il posto ad una specie di smorfia d’eccitazione che mi fa rincarare la dose:
“Al prossimo giro ne avrò un altro. Per rinfrescartela.” ti dico, sorridendo.
“E come farai a farlo scivolare lì?”
“Vieni in bagno e te lo spiego”
Ci separiamo con due sorrisi maliziosi. Ma per me non finisce qui, come tu credi.
Mi perdi di vista nuovamente e mi ritrovi con l’arrivo di un messaggio su whatsapp:
“Se non ti muovi si sciolgono”
Neanche il tempo di visualizzare la lettura del messaggio che sento bussare alla porta del bagno, facendomi temere che qualcuno fuori stesse aspettando il suo turno, rovinandomi la sorpresa.
Dubbioso, apro e vengo calamitato dalla tua bocca che cerca di infilare la lingua nella mia.
Mi stacco immediatamente, quasi respingendoti, con la scusa di mettere il paletto della porta, accompagnando il gesto con un polemico ma sorridente
“Era per rinfrescarti, non per scaldarmi”.
Cingo le mie braccia intorno ai tuoi fianchi e ti sollevo con veemenza per il culo, appoggiandolo sul marmo accanto al lavandino; mi giro verso il water, sulla cui tavoletta avevo lasciato un bicchiere pieno di cubetti di ghiaccio, e ne metto uno in bocca, senza fartene accorgere.
Come se tu non aspettassi altro, non opponi resistenza alcuna all’insinuarsi delle mie mani sotto al tuo vestito, alla ricerca della culotte di pizzo rosa che ti avevo visto indossare la mattina prima di uscire.
Sono tentatissimo dall’idea di strapparla, ma non lo faccio perché non so come andrà a finire questa situazione e sono consapevole del fatto che ti da fastidio avere il mio sperma che cola, nel caso venissi dentro di te. Mi godo, giusto per un secondo, lo spettacolo della tua topa carnosa e depilata che fa capolino dalla trasparenza del pizzo, prima di sfilarti lentamente l’intimo lasciandolo infilato soltanto alla gamba destra.
Le tue cosce, adesso, sono spalancate di fronte ai miei occhi e la gonna del vestito ha ormai raggiunto il tuo seno.
Sei convinta che stia per penetrarti e ti stupisci, in silenzio, quando invece vedi tuffarmi di testa in mezzo alle labbra della tua fica.
Nessuna paura di esser sentiti, però, riesce a farti trattenere un breve ma rumoroso urlo appena il cubetto di ghiaccio entra in contatto con la tua intimità. Con una reazione istintiva stringi le gambe intorno alla mia testa e colpisci il flacone del sapone accanto a te, facendolo cadere sul pavimento.
Spingo, con delicatezza, il piccolo ghiacciolo dentro la tua fica, che immagino anestetizzata dal freddo. Subito dopo, la mia lingua gelida e bagnata d’acqua ed umori, sfiora lentamente il tuo clitoride, prima di succhiarlo con estrema delicatezza per non disturbarti.
“Hai ancora caldo?” borbotto, dopo poco, ridacchiando…
Rispondi con un breve suono, a metà tra un sospiro ed una risata, che mi fa capire che la cosa ti sta piacendo non poco.
L’idea di ciò che sta accadendo mi entusiasma e mi arrapa tantissimo: non so che darei per vedere la scena di noi, nel un bagno di un ristorante, con una sola porta a dividerci da persone che ci conoscono; sarebbe bellissimo poterti vedere da un’altra angolazione, magari dall’alto: appoggiata col culo sul marmo di un lavandino e la schiena al muro, le cosce alzate e spalancate a me, che sono praticamente in ginocchio per regalarti piacere. In estasi tra le varie sensazioni che ti sto provocando, ti stuzzichi con le mani bagnate i capezzoli dopo esserti abbassata l’estremità superiore del vestito.
Uno spettacolo che mi fa godere al solo pensiero.
“Ti ho vista come guardi di continuo quella cavalla alta e scosciata….. porca”
Ridacchi, durante una pausa tra i tuoi soffocati gemiti.
“Pure io la guardo, se non era fidanzata la invitavamo a mangiare due ghiaccioli con noi... chissà se è una ciucciafiche”.
Sento che questo interrogativo ti fa godere, che ti eccita.
Aumento il ritmo dei movimenti della lingua, scendendo e risalendo dal buco, con azioni piuttosto regolari e meccaniche. La posizione, se pur scomoda, è talmente ottimale da permettermi di leccarti anche il buco del culo, inumidendolo per poi penetrarlo col dito medio, mentre col pollice stuzzico la tua fica. Intanto lecco con sempre maggior decisione il tuo clitoride, aumentando ancora il ritmo con l’intensificarsi dei tuoi sospiri.
Sento che i liquidi freddi con cui sono a contatto stanno completamente lasciando il posto a quelli caldi prodotti dalla tua fica liscia e completamente fradicia, che colano abbondanti aiutati dallo scioglimento del ghiacciolo e dalle tue mani che, senza che io me ne fossi accorto, stavano adesso allargandoti le labbra della passera tirando i glutei verso l’esterno.
Confesso che, messa a fuoco mentalmente la scena, incontro grande difficoltà per resistere alla voglia abbassarmi i pantaloni e piantartelo in corpo. So che godrei come un porco ad infilarlo dentro alla tua fica così bagnata.
Ma questo gioco, ormai, mi piace così: voglio farti godere senza darti il cazzo.
Ti conosco abbastanza : stai per venire, lo sento dal modo in cui respiri e ti muovi.
Vorrei farti soffrire un po’ e smetto di leccarti il clitoride, continuando però a penetrarti il culo e la fica con la mano destra, mentre con la sinistra tiro la pelle del tuo basso ventre verso l’alto. So che ti piace, quando lo faccio.
Sto per girarmi per prendere un altro cubetto ma la mia intenzione viene stoppata dal bussare sulla porta del bagno.
Ti guardo: sei spaventata ed arrapatissima.
Nessuno di noi se la sente di rispondere “Occupato” e l’attendente prova ad aprire azionando la maniglia.
Scendo nuovamente con la bocca sulle tue parti intime e dopo averti leccato nuovamente in mezzo alle chiappe inizio a fare più pressione sul clitoride, muovendo la lingua in modo circolare.
Questo momento dura pochissimo: sento le tue mani che premono la mia nuca verso il tuo sesso, stai venendo. Forte.
Sento la tua fica aprirsi ancora di più e pulsare mentre succhio con molta delicatezza tutto ciò che la mia bocca incontra. Cerchi di non farti sentire, ma dubito che tu ci sia riuscita; nel contrarti dai anche una gomitata allo specchio.
Mi sposto e noto con piacere che i tuoi succhi, diluiti nell’acqua del ghiaccio, hanno creato un laghetto sotto al tuo culo. Tutto è bagnato e qualche goccia cade sul pavimento.
Abbiamo poco tempo prima che la nostra figura di merda diventi palese: butto i ghiaccioli nel cesso, tiro lo sciacquone e, mentre tu cerchi goffamente di asciugarti e ricomporti, con la faccia ancora scombussolata dall’orgasmo, prendo un po’ d’acqua dal lavandino e mi bagno i capelli.
Usciamo insieme, mentre la signora in attesa ci guarda con curiosità e stupore.
“Signora, stia attenta ai piccioni appostati sugli alberi”
Le dico per smorzare la tensione, toccandomi i capelli bagnati.
Risate. E sapore di fica, visto che, nella furia, mi sono dimenticato di darmi una sciacquata.
Ma, dato che ti conosco abbastanza, so che questo sapore di fica nella mia bocca sarà un pretesto per tornare in bagno al più presto.
[Continua...]
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