Il Matrimonio

rud1985

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Il caldo, 38 gradi.
L’attesa: infinita, estenuante.
L’aria non si muove; l’ombra è poca ed è già occupata dagli altri invitati al matrimonio, stipati entro i suoi confini come fiammiferi nella confezione.
Gli sposi sono impegnati col servizio fotografico ed il momento di sedersi al tavolo, al fresco dell’aria condizionata, sembra non arrivare mai.
Sorseggio l’ennesimo prosecco servito nel giardino, stupendomi ogni volta di come faccia presto a scaldarsi una volta mesciuto.
Ti incontro, dopo averti persa di vista per un po’, durante il mio buffoneggiare itinerante tra i vari gruppetti di amici ed i parenti dello sposo; sento lamentarti per le roventi condizioni ambientali.
Abbracciandoti, sento l’umidità del sudore scenderti lungo la schiena, lasciata scoperta dal tuo svolazzante vestito color salmone.

“Di certo non avresti potuto esser meno vestita di così”

Ti riprendo, in modo visibilmente scherzoso, dopo che pochi minuti prima ti avevo espresso il mio apprezzamento per le tue mise.
In realtà non indossi niente di scandaloso, ma la leggerezza del tessuto non riesce a nascondere le tue forme prorompenti. In controluce, la trasparenza del lungo vestito evidenzia le tue gambe tornite ed il tacco che indossi lancia verso l’alto le rotondità delle tue chiappe. Mi rendo conto di come, per lo sguardo di una qualsiasi persona che si trova nel posto giusto al momento giusto, sia impossibile non risalire le tue gambe e chiedersi se la fine della trasparenza corrisponda ad uno slip od un più protettivo pantaloncino.
So che, quando non mi hai sotto controllo, in situazioni come questa, impazzisci nel vedere come le persone cerchino il dialogo con me, che sia per le mie battute al fulmicotone o anche solo per chiedermi come sto dopo anni che non mi vedono. Stai affogando in un misto di caldo, gelosia ed ammirazione per come intrattengo invitati ed invitate.
Ti sfuggo, di nuovo, avvicinandomi ad un gruppo di amici con le rispettive fidanzate.

Ti conosco abbastanza: so benissimo che posso farti quello che voglio, in questi momenti.

Altre due chiacchiere in qua e là e mi raggiungi; ti abbraccio nuovamente ma, stavolta, lascio cadere nel tuo decolté un cubetto di ghiaccio che da poco custodivo nella mia bocca. L’imbarazzo che qualcuno possa aver visto la scena fugge dal tuo viso quando ti rendi conto che tutti erano impegnati a fare altro, lasciando il posto ad una specie di smorfia d’eccitazione che mi fa rincarare la dose:

Al prossimo giro ne avrò un altro. Per rinfrescartela.” ti dico, sorridendo.

“E come farai a farlo scivolare lì?”

“Vieni in bagno e te lo spiego”

Ci separiamo con due sorrisi maliziosi. Ma per me non finisce qui, come tu credi.
Mi perdi di vista nuovamente e mi ritrovi con l’arrivo di un messaggio su whatsapp:

“Se non ti muovi si sciolgono”

Neanche il tempo di visualizzare la lettura del messaggio che sento bussare alla porta del bagno, facendomi temere che qualcuno fuori stesse aspettando il suo turno, rovinandomi la sorpresa.
Dubbioso, apro e vengo calamitato dalla tua bocca che cerca di infilare la lingua nella mia.
Mi stacco immediatamente, quasi respingendoti, con la scusa di mettere il paletto della porta, accompagnando il gesto con un polemico ma sorridente

“Era per rinfrescarti, non per scaldarmi”.

Cingo le mie braccia intorno ai tuoi fianchi e ti sollevo con veemenza per il culo, appoggiandolo sul marmo accanto al lavandino; mi giro verso il water, sulla cui tavoletta avevo lasciato un bicchiere pieno di cubetti di ghiaccio, e ne metto uno in bocca, senza fartene accorgere.
Come se tu non aspettassi altro, non opponi resistenza alcuna all’insinuarsi delle mie mani sotto al tuo vestito, alla ricerca della culotte di pizzo rosa che ti avevo visto indossare la mattina prima di uscire.
Sono tentatissimo dall’idea di strapparla, ma non lo faccio perché non so come andrà a finire questa situazione e sono consapevole del fatto che ti da fastidio avere il mio sperma che cola, nel caso venissi dentro di te. Mi godo, giusto per un secondo, lo spettacolo della tua topa carnosa e depilata che fa capolino dalla trasparenza del pizzo, prima di sfilarti lentamente l’intimo lasciandolo infilato soltanto alla gamba destra.
Le tue cosce, adesso, sono spalancate di fronte ai miei occhi e la gonna del vestito ha ormai raggiunto il tuo seno.
Sei convinta che stia per penetrarti e ti stupisci, in silenzio, quando invece vedi tuffarmi di testa in mezzo alle labbra della tua fica.
Nessuna paura di esser sentiti, però, riesce a farti trattenere un breve ma rumoroso urlo appena il cubetto di ghiaccio entra in contatto con la tua intimità. Con una reazione istintiva stringi le gambe intorno alla mia testa e colpisci il flacone del sapone accanto a te, facendolo cadere sul pavimento.
Spingo, con delicatezza, il piccolo ghiacciolo dentro la tua fica, che immagino anestetizzata dal freddo. Subito dopo, la mia lingua gelida e bagnata d’acqua ed umori, sfiora lentamente il tuo clitoride, prima di succhiarlo con estrema delicatezza per non disturbarti.

“Hai ancora caldo?” borbotto, dopo poco, ridacchiando…

Rispondi con un breve suono, a metà tra un sospiro ed una risata, che mi fa capire che la cosa ti sta piacendo non poco.
L’idea di ciò che sta accadendo mi entusiasma e mi arrapa tantissimo: non so che darei per vedere la scena di noi, nel un bagno di un ristorante, con una sola porta a dividerci da persone che ci conoscono; sarebbe bellissimo poterti vedere da un’altra angolazione, magari dall’alto: appoggiata col culo sul marmo di un lavandino e la schiena al muro, le cosce alzate e spalancate a me, che sono praticamente in ginocchio per regalarti piacere. In estasi tra le varie sensazioni che ti sto provocando, ti stuzzichi con le mani bagnate i capezzoli dopo esserti abbassata l’estremità superiore del vestito.

Uno spettacolo che mi fa godere al solo pensiero.

“Ti ho vista come guardi di continuo quella cavalla alta e scosciata….. porca
Ridacchi, durante una pausa tra i tuoi soffocati gemiti.

“Pure io la guardo, se non era fidanzata la invitavamo a mangiare due ghiaccioli con noi... chissà se è una ciucciafiche”.

Sento che questo interrogativo ti fa godere, che ti eccita.
Aumento il ritmo dei movimenti della lingua, scendendo e risalendo dal buco, con azioni piuttosto regolari e meccaniche. La posizione, se pur scomoda, è talmente ottimale da permettermi di leccarti anche il buco del culo, inumidendolo per poi penetrarlo col dito medio, mentre col pollice stuzzico la tua fica. Intanto lecco con sempre maggior decisione il tuo clitoride, aumentando ancora il ritmo con l’intensificarsi dei tuoi sospiri.
Sento che i liquidi freddi con cui sono a contatto stanno completamente lasciando il posto a quelli caldi prodotti dalla tua fica liscia e completamente fradicia, che colano abbondanti aiutati dallo scioglimento del ghiacciolo e dalle tue mani che, senza che io me ne fossi accorto, stavano adesso allargandoti le labbra della passera tirando i glutei verso l’esterno.

Confesso che, messa a fuoco mentalmente la scena, incontro grande difficoltà per resistere alla voglia abbassarmi i pantaloni e piantartelo in corpo. So che godrei come un porco ad infilarlo dentro alla tua fica così bagnata.

Ma questo gioco, ormai, mi piace così: voglio farti godere senza darti il cazzo.

Ti conosco abbastanza : stai per venire, lo sento dal modo in cui respiri e ti muovi.
Vorrei farti soffrire un po’ e smetto di leccarti il clitoride, continuando però a penetrarti il culo e la fica con la mano destra, mentre con la sinistra tiro la pelle del tuo basso ventre verso l’alto. So che ti piace, quando lo faccio.
Sto per girarmi per prendere un altro cubetto ma la mia intenzione viene stoppata dal bussare sulla porta del bagno.
Ti guardo: sei spaventata ed arrapatissima.
Nessuno di noi se la sente di rispondere “Occupato” e l’attendente prova ad aprire azionando la maniglia.
Scendo nuovamente con la bocca sulle tue parti intime e dopo averti leccato nuovamente in mezzo alle chiappe inizio a fare più pressione sul clitoride, muovendo la lingua in modo circolare.
Questo momento dura pochissimo: sento le tue mani che premono la mia nuca verso il tuo sesso, stai venendo. Forte.
Sento la tua fica aprirsi ancora di più e pulsare mentre succhio con molta delicatezza tutto ciò che la mia bocca incontra. Cerchi di non farti sentire, ma dubito che tu ci sia riuscita; nel contrarti dai anche una gomitata allo specchio.
Mi sposto e noto con piacere che i tuoi succhi, diluiti nell’acqua del ghiaccio, hanno creato un laghetto sotto al tuo culo. Tutto è bagnato e qualche goccia cade sul pavimento.
Abbiamo poco tempo prima che la nostra figura di merda diventi palese: butto i ghiaccioli nel cesso, tiro lo sciacquone e, mentre tu cerchi goffamente di asciugarti e ricomporti, con la faccia ancora scombussolata dall’orgasmo, prendo un po’ d’acqua dal lavandino e mi bagno i capelli.
Usciamo insieme, mentre la signora in attesa ci guarda con curiosità e stupore.

“Signora, stia attenta ai piccioni appostati sugli alberi”

Le dico per smorzare la tensione, toccandomi i capelli bagnati.
Risate. E sapore di fica, visto che, nella furia, mi sono dimenticato di darmi una sciacquata.
Ma, dato che ti conosco abbastanza, so che questo sapore di fica nella mia bocca sarà un pretesto per tornare in bagno al più presto.


[Continua...]
 
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Fantocci

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Mitico:victory:scritto in modo stupendo:hand:e finalmente una storia non cuck:closed::welcome::closed::eek:k!:

La prima cosa che ho pensato anche io e che volevo scrivere :lol:

Questo racconto prova che una storia può essere dannatamente erotica senza che la propria moglie/fidanzata sia sodomizzata/umiliata/concessa al primo che passa.
 
OP
rud1985

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La prima cosa che ho pensato anche io e che volevo scrivere :lol:

Questo racconto prova che una storia può essere dannatamente erotica senza che la propria moglie/fidanzata sia sodomizzata/umiliata/concessa al primo che passa.

Questo commento mi fa davvero piacere

Grazie
 
OP
rud1985

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La situazione non decolla. Affatto.
La sofferenza per il caldo, solo in parte smorzata dai condizionatori - non proprio infallibili - del locale, viene sostituita dalla noia. Tremenda noia.
Con un amico, cerchiamo di vivacizzare un po’ una situazione che pare implodere dentro se stessa.
Coinvolgiamo il padre dello sposo, la sorella; cerchiamo di iniettare vitalità nei paranoici geni del triste addetto al piano bar.

Un brindisi.
Un “viva gli sposi”.
Qualche applauso.
Poi giù, in picchiata, si precipita nuovamente nella noia.

Certamente lentezza del servizio non favorisce il buonumore ma, ripensando al mio aperitivo al sapor di Donna, realizzo che c’è la possibilità di sfruttare i lunghi tempi morti a mio favore.
Ti conosco abbastanza e, anche se non ho mai fatto qualcosa per riceverne in cambio, so che vorresti ricambiare il piacere che ti ho donato. E questo mi da gusto, a dir la verità.
Vorrei approfittarne anche se questo fosse il matrimonio più divertente e dinamico dell’anno: ho sempre voglia della tua calda bocca, per non parlare della tua fica, che sarà ancora fradicia dopo l’episodio dei ghiaccioli.
Tra l’altro, nella prima ora trascorsa da quando ci siamo messi seduti, ciò che è accaduto nel bagno non viene più ricordato, se non giusto per buttare giù due ipotesi comiche su “cosa avrà pensato la signora”.
Forse sei accasciata all’idea di aspettare di essere a casa: stanchi, pieni di cibo, assonnati, svogliati ed annoiati da questo interminabile ricevimento… farsi una doccia, in modo che il sonno s’impadronisca più che mai dei nostri corpi e, poi, magari, cimentarsi nella “solita” pecorina sul divano, prima di addormentarsi stravolti.
Io no. Oggi non sono allettato da quel tipo di situazione: voglio che tu mi faccia godere ora. Qui.

“Perché non racconti a Giulia cos’è successo prima?” ti chiedo, improvvisamente, lasciandoti di stucco, interrompendo un discorso che stavi facendo con la mia migliore amica.

Mi guardi, sei shockata. Come se ti avessi agguantato per un piede mentre ti stai arrampicando su un muro.
Aspetti che aggiunga una conclusione alla mia domanda… attendi un finale, che ti dia la speranza di uscire da questo baratro dentro al quale sembra che ti ho scaraventata.
Io, però, taccio ancora per qualche secondo.

“Dai, la storia del piccione amore” ti indirizzo, con un sorrisone. Visibilmente beffardo.
“Ehm…era…” - non sai come uscirne! –
“era… eravamo in bagno entrambi…… e… ed una… “ - mi imbarazzo per te ma, credimi, non riesco a trattenere le risate –
“…..e c’era una…. una che aspettava fuori ed ha pensato male quando siamo usciti e…e…”

Meglio intervenire.
“… e allora mi sono bagnato i’cciuffo e le ho detto <<signoraaa, attenta ai piccioni!! >> … Chissà cos’ha pensato che facessimo, vero more?” Ti salvo in corner, interrompendoti. Ridere.
Sei sollevata, sospiri e, con la coda dell’occhio, mi guardi malissimo, mentre bevo un sorso di vino bianco ghiacciato.

“Eccola, Giulia! Era lei, guarda” esclamo, senza urlare, indicando una signora che non c’entrava niente ma che passava proprio alle spalle della mia amica.

Il tempo che entrambe siate girate e faccio cadere, con tempestività furtiva, un po’ più che un goccio di vino bianco proprio nel solco che divide i tuoi grandi seni.
“Stavolta mi da una bottigliata”, penso.
Ti giri di scatto: mi aspetto il peggio.
Invece mi dai un bacio. Rapido, dura un’istante. Irruento. Di quelli con la lingua che ti capovolge il sistema nervoso. Di quelli di cui ti rimane la voglia. Porco.
Porca.
Le mie labbra e la mia faccia sanno ancora della tua passera. Probabilmente pure il colletto della mia camicia. Era proprio il sapore che volevi sentire.

“Inumidivo, sai… si scivola meglio” sussurro, nel tuo orecchio, riferendomi al vino gelido che cola tra le tue tette.

Tanto per darti un’idea di cosa mi piacerebbe fare in questo momento.

“Sai che non funziona..” La tua solita scarsa fiducia sull’efficacia delle spagnole.

Ti provoco, minacciandoti di riportarti in bagno per smentirti.
“Oppure vuoi che sento quella tettona se ti insegna?” sfida tremenda. Ti conosco: non puoi sopportarla. Tra l’altro, ho ottimi motivi che mi fanno pensare che ti faresti volentieri anche lei. Declini la sfida con una smorfia.
“Prendi la bottiglia allora… e il ghiaccio magari” mi sorprendo con questa risposta, ma ancora di più quando vedo alzarti e dirigerti verso il bagno.

Ti seguo con lo sguardo, allibito ed affascinato dalle tue forme.
L’alcol che ho addosso mi da l’impulso di saltarti addosso ogni volta che guardo il tuo corpo, figurati se mi provochi anche, con questi exploit inaspettati. Passi tra le persone girandoti un paio di volte, con un sorriso ammiccante, per vedere la mia reazione. Io rimango seduto, fermo, fissandoti... noto come sia impossibile non guardarti in tutta la tua prosperità, innalzata da quelle scarpe che, ai tuoi piedi, diventano una sorta di strumento erotico. Sei quasi arrivata alla porta del famoso bagno; ti accingi ad aprirla ma….

Cazzo! Il bagno è occupato!

Ti volti, delusa, verso di me, ancora seduto, per cercare uno sguardo di conforto.
Ma ti frego: mi alzo e me ne vado. Esco fuori, al caldo… non mi vedi più. Chissà cosa pensi. Tornerai a sederti o mi seguirai? Boh, non mi interessa. So come attirarti.
Mentre esco, i camerieri servono il secondo primo piatto. Perfetto, penso: tutti resteranno dentro.
Dopo pochi minuti, ricevi una foto: una panchina, approssimativamente ombreggiata, circondata da siepi. Sopra di essa: due calici di vino bianco ed il cestello del ghiaccio, con la sua bottiglia.
Non credo che tu sappia in quale zona del giardino mi trovi ma, mentre aspetto una tua risposta, vedo che esci dal ristorante e ti dirigi all’incirca verso di me.
“Psssst!!” cerco di farmi sentire, per indirizzarti. Eccoti.
Brindiamo, sei bellissima; sei tanta, tutta mia. Poi sei alta, co ‘sti tacchi.
Topona. C’è il ghiaccio, il vino; si muore dal caldo, è vero… siamo all’ombra ma….

“Qui mi pare troppo… ci vedono, non credi?” cerchi di scoraggiarmi, mentre le mie mani cercano di farsi strada sotto al tuo vestito: vogliono scoprire quanto la tua culotte sia ancora bagnata. Non ti rispondo: ti bacio, con passione; spero che questo riesca ad esprimere il mio disaccordo. Voglio che assapori ancora ciò che rimane della tua fica nella mia bocca, che ti ecciti. Continuo a frugare, tirandoti sul il vestito ma… ehi.

Dove sono le mutande?!!!!! Non te le sei rimesse dopo la leccata??!!!


Quando realizzi che questa scoperta mi fa perdere il contatto con la realtà, cerchi di spingermi sulla panchina, forse per montarmi sopra ma… no. Mi spiace. Oggi non funziona così.
Stavolta sei stata tu a sorprendere me, ma non credere di aver vinto; cerco di capovolgere la situazione: con decisione, ti spingo a sederti mentre io rimango in piedi, di fronte a te. Ti bacio nuovamente, mentre con altrettanta risolutezza abbasso la parte di sopra del tuo vestito, lasciandoti a tette all’aria. Non hai scuse: oltre alla siepe, piuttosto alta ci sono io, in piedi, ad interpormi tra il tuo topless ed il ristorante, che si trova una cinquantina di metri alle mie spalle. Nessuno può vederci. Forse.
Sei un po’ brilla ed è più facile trasportarti dove mi pare: voglio scoparti le tette, proprio qui, nella siepe. È tutto il giorno che me le sbatti in faccia.. a me, agli altri, a tutti. Basta. E, se tu non lo avessi ancora capito, prendo la bottiglia, gelata e bagnata, dal cestello e la posiziono proprio in mezzo ai tuoi seni. Mi accorgo che i tuoi capezzoli sono di marmo. Grossi, bellissimi.

“Stringitele”. Voglio che il freddo della bottiglia ti congeli il seno.

Non riesco, però, a resistere alla voglia di prendere ciò che rimane di un paio dei cubetti di ghiaccio dall’acqua del cestello e, visto che hai fatto la svelta a presentarti senza slip, piazzarteli sotto la fica. Mi sembra di capire che vuoi farmi godere quando, staccandoti dal mio bacio, butti, con scarsa cura, la bottiglia dentro al cestello, versando pure un po’ di vino. Sento allentarsi i miei pantaloni, dai quali tiri fuori la camicia, e lo prendi in mano. Ti accarezzo con dolcezza su una guancia mentre lo guardi venir fuori dai boxer. Non so da quanto tempo ormai era così duro. Ti metti in bocca la cappella, ingoiandola tutta ma, prima che tu possa pomparmi nuovamente, te lo tolgo: devo versarci un po’ di vino sopra.

“Vieni: ubriacati ciucciandomi il cazzo” mormora la mia voce, con tono non troppo deciso, stavolta.

Il tuo corpo è completamente bagnato dal vino e dall’acqua del ghiaccio, il tuo vestito pure. Il clima torrido ora è l’alleato che supporta questa nostra pazzia.

Sei senza controllo: Volgare ed Eccitata.

Seduta di fronte a me, col cazzo in mezzo alle zinne, godi, o quantomeno i tuoi sospiri ne danno l’impressione, premendo su e giù la fica sui rimasugli dei cubetti di ghiaccio, mentre le tue puppone si muovono su e giù, facendo coprire e scoprire il mio glande. È bellissimo vedere il movimento del tuo bacino che cerca piacere. Godo.
Riesco solo a pensare a quanto mi piacerebbe fartela strusciare sulla bottiglia gelida, se non addirittura a penetrarti col collo di essa.
Distogliere l’attenzione dall’immagine che ho davanti è impossibile: impazzisco nel vedere la cappella fare capolino sotto al tuo mento, godo nel vedere come muovi il tuo seno, su e giù per l’asta.
Non posso fare altro che prendere i tuoi capezzoli tra le mie mani, stringerli e scoparti le tette. Sempre più forte. Come, sempre più forte, stringo i tuoi capezzoli e le tue tette, per farti capire che sto per godere. Finalmente. Dopo ore ed ore di eccitazione.
So che vuoi accogliere il mio piacere in gola, ami farlo, ma sento che sono troppo arrapato, da troppo tempo, perché tu possa contenerlo tutto. Ed infatti qualcosa esce dalla tua bocca, gocciolandoti sul petto bagnato. Scena che innalza all’inverosimile la mia goduria.
Prima di provare a ricomporci, stuzzico un po’ i tuoi capezzoli con ciò che rimane della mia erezione.
Ti chiedo un fazzoletto, quando vedo che cerchi, con scarso successo, di asciugarti il petto: sei tutta appiccicata.
Prima di tornare verso il ristorante, ci alziamo e ci baciamo con passione e dolcezza.
Sento il sapore del mio sperma abitarti la bocca.
Gli interrogativi su “come facciamo a rientrare così conciati” svaniscono nel preciso istante in cui, proprio di fronte alla porta d’ingresso del locale - dove tutti possono vederci - ti faccio fare il bagno facendo pressione sul rubinetto della fontanella lì posizionata, giustificando a tutti l’umidità del tuo vestito.

Si. Del tuo vestito.
 

eretico50

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Gulp........:eek: :p: :sbaaavv: che avventura.........mi hai fatto salire l'adrenalina a mille.........
Curiosando nei vecchi post si trovano cose interessanti come questa......BRAVO RUD........:ave:
 

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