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<blockquote data-quote="Gando94" data-source="post: 20652661" data-attributes="member: 284518"><p>Parte 7</p><p></p><p>Gabriele si chiese quanto ancora ci volesse. Era l’una passata e ormai i genitori che ancora erano occupati con i colloqui erano davvero pochi. La porta dell’aula dove sedeva la professoressa di italiano era ancora chiusa e Gabriele non ne poteva più di aspettare. Decise di scrivere un messaggio a sua madre.</p><p> </p><p>GABRIELE:</p><p>Quanto ci vuole ancora? Sei dentro da un’ora…</p><p> </p><p>La risposta non tardò ad arrivare, anche se lui non poteva sapere che il cellulare di sua madre fosse nelle mani di Alex.</p><p> </p><p>MAMMA:</p><p>Tesoro questa non mi molla più. Abbi un po’ di pazienza, tra poco esco.</p><p> </p><p> </p><p>GABRIELE:</p><p>Ok. Io vado un attimo in bagno. Se nel frattempo esci aspettami in portineria.</p><p> </p><p>Gabriele rinfilò il cellulare in tasca e si diresse verso i bagni del primo piano. Aveva decisamente bisogno di rinfrescarsi: la polo era incollata alla schiena, madida di sudore, e il suo viso accaldato sembrava sul punto di sciogliersi. Era così caldo, lì dentro, che sembrava di respirare aria viziata, o peggio, di non respirare affatto.</p><p>Si chiuse la porta del bagno dei maschi alle spalle e si affrettò al lavandino. Aprì l’acqua, che inizialmente uscì bollente. Attese qualche secondo affinché l’acqua fresca uscisse finalmente dal rubinetto, poi ci infilò sotto la testa. Il getto gelido fu come una manna dal cielo. Improvvisamente gli parve di essere rinato.</p><p> </p><p>***</p><p> </p><p>«Sei sicuro che sia qui?»</p><p>Alex, appoggiato contro il vetro della finestra della camera di Gabriele, osservava Sonia di spalle e intenta a rovistare nella stanza. Notò il MacBook nuovo di zecca al centro della scrivania, chiedendosi da quanto Gabriele ce l’avesse. Era la prima volta che lo vedeva e l’amico non glielo aveva ancora detto, quindi immaginò che fosse un acquisto recente. </p><p>Una punta di fastidio gli pervase il petto: la situazione economica modesta della sua famiglia non gli avrebbe mai permesso di averne uno uguale, e anche se avesse iniziato a lavorare avrebbe dovuto risparmiare per almeno un anno prima di poterselo permettere. Gabriele, invece, non doveva mai fare alcuno sforzo per avere quello che voleva. Gli bastava chiedere, e Sonia e Giovanni si premuravano di far avere tutto a quel figlio così intelligente, così a modo, così perfetto… Alex sentì la rabbia montargli da dentro.</p><p>«Sì, sono sicuro», disse infine a labbra strette, con gli occhi fissi sul culo di Sonia. </p><p>«Be’, qui non c’è», rispose lei, aprendo per l’ennesima volta lo stesso cassetto. «Chissà dove l'avrà messo. È un bravo ragazzo, ma è così disordinato…»</p><p>Alex sorrise mentre seguiva con lo sguardo il leggero segno delle mutandine di pizzo sotto la gonna a tubino. Dio, quella donna lo eccitava fino a fargli perdere la ragione.</p><p>Ecco, forse era quella la sua rivincita. Magari non poteva avere computer da migliaia di euro come Gabriele, ma scoparsi sua madre sarebbe stato un buon compromesso. </p><p>A passo felpato si avvicinò a lei, che era ancora di spalle. La coda di capelli neri le accarezzava il collo mentre rovistava tra le cose del figlio. </p><p>Sonia non si accorse nemmeno che lui le era proprio dietro, così vicino che se si fosse voltata si sarebbe ritrovata le sue labbra addosso.</p><p>Alex chinò la testa su di lei, le labbra a pochi millimetri dalla pelle sensibile del suo collo. Respirò piano, e il suo alito caldo fece formicolare la pelle di Sonia.</p><p>Lei si bloccò sul posto, sorpresa da quella vicinanza inaspettata e da quell’improvviso calore sulla pelle.</p><p>Alex avvicinò le labbra al corpo di Sonia, poi fece scorrere la lingua dotata di piercing dietro l’orecchio di lei. Sonia sentì un brivido intenso e caldo scorrerle lungo la spina dorsale fino ad arrivare al suo sesso. Le mutandine di pizzo nere, quelle che le erano costate una fortuna ma che avevano il pregio di farla sentire più sensuale che mai, si inumidirono rapidamente.</p><p>«Cosa stai facendo?», strepitò in un istante di lucidità. Tentò di voltarsi, ma Alex le bloccò i polsi contro il piano della scrivania, facendola piegare in avanti. Ora il suo culo era proteso verso di lui, e lui ne approfittò per strusciare il suo uccello contro il corpo di lei.</p><p>Voleva scoparla subito, ferocemente, violentemente, ma allo stesso tempo voleva torturarla, farla impazzire, sentirla implorarlo di prenderla e farla sua.</p><p>Le sollevò la gonna. Sonia, ancora a novanta, si allungò sul pianale della scrivania, poggiando la guancia sul legno freddo. </p><p>«Alex, fermati», lo pregò, le gambe che tremavano per l’eccitamento.</p><p>«Vuoi che mi fermi?», rispose lui roco, mentre le sue dita correvano sotto la gonna. </p><p>«Sì», disse la donna. «Io… noi… non dobbiamo, è sbagliato…»</p><p>Lui ritrasse la mano da sotto la gonna di lei e sospirò. La prese per un braccio e la fece voltare, costringendola a guardarlo negli occhi.</p><p>Il suo viso era accaldato, le sue guance purpuree, le labbra gonfie di desiderio e le pupille dilatate fino a divorare le iridi azzurre. </p><p>«Vorresti dirmi che non vuoi?», le soffiò ad un palmo dal viso.</p><p>Nel bagno della scuola, a Gabriele non sfuggì il cigolio della porta alle sue spalle, nonostante avesse la testa ancora sotto il getto dell’acqua.</p><p>Ci fu un tonfo secco, come se la porta fosse stata chiusa con un calcio.</p><p>«Bene, bene, guarda un po’ chi c’è.»</p><p>Quella voce lo fece tremare. Sollevò la testa di scatto, sbattendo contro il rubinetto. Una fitta gli attraversò il cranio, mentre cercava di rimettersi in piedi.</p><p>Inquadrò due figure, Salvatore e Francesco, di fronte a lui. Gli occhi gli pizzicavano, e rivoli d’acqua fresca gli scivolavano sulle guance, ma li avrebbe riconosciuti anche a palpebre serrate. Il suo cuore affondò. </p><p>«Hey, sfigato», esclamò Francesco, incrociando le braccia al petto. «Credevi che te la saresti cavata tanto facilmente, l’altro giorno?»</p><p>L’altro scoppiò a ridere, una risata tonante e malvagia. «Sei scappato proprio come un povero coglione.»</p><p>«Lasciatemi in pace», disse Gabriele, fissando la porta dietro di loro. «Mia madre mi sta aspettando di sotto.»</p><p>Salvatore ridacchiò. «Ma sentilo, poverino, vuole correre dalla mammina!»</p><p>Ma Sonia era molto lontana da lì.</p><p></p><p></p><p>Continua....</p><p>[automerge]1708267912[/automerge]</p><p>Parte 7</p><p></p><p>Gabriele si chiese quanto ancora ci volesse. Era l’una passata e ormai i genitori che ancora erano occupati con i colloqui erano davvero pochi. La porta dell’aula dove sedeva la professoressa di italiano era ancora chiusa e Gabriele non ne poteva più di aspettare. Decise di scrivere un messaggio a sua madre.</p><p> </p><p>GABRIELE:</p><p>Quanto ci vuole ancora? Sei dentro da un’ora…</p><p> </p><p>La risposta non tardò ad arrivare, anche se lui non poteva sapere che il cellulare di sua madre fosse nelle mani di Alex.</p><p> </p><p>MAMMA:</p><p>Tesoro questa non mi molla più. Abbi un po’ di pazienza, tra poco esco.</p><p> </p><p> </p><p>GABRIELE:</p><p>Ok. Io vado un attimo in bagno. Se nel frattempo esci aspettami in portineria.</p><p> </p><p>Gabriele rinfilò il cellulare in tasca e si diresse verso i bagni del primo piano. Aveva decisamente bisogno di rinfrescarsi: la polo era incollata alla schiena, madida di sudore, e il suo viso accaldato sembrava sul punto di sciogliersi. Era così caldo, lì dentro, che sembrava di respirare aria viziata, o peggio, di non respirare affatto.</p><p>Si chiuse la porta del bagno dei maschi alle spalle e si affrettò al lavandino. Aprì l’acqua, che inizialmente uscì bollente. Attese qualche secondo affinché l’acqua fresca uscisse finalmente dal rubinetto, poi ci infilò sotto la testa. Il getto gelido fu come una manna dal cielo. Improvvisamente gli parve di essere rinato.</p><p> </p><p>***</p><p> </p><p>«Sei sicuro che sia qui?»</p><p>Alex, appoggiato contro il vetro della finestra della camera di Gabriele, osservava Sonia di spalle e intenta a rovistare nella stanza. Notò il MacBook nuovo di zecca al centro della scrivania, chiedendosi da quanto Gabriele ce l’avesse. Era la prima volta che lo vedeva e l’amico non glielo aveva ancora detto, quindi immaginò che fosse un acquisto recente. </p><p>Una punta di fastidio gli pervase il petto: la situazione economica modesta della sua famiglia non gli avrebbe mai permesso di averne uno uguale, e anche se avesse iniziato a lavorare avrebbe dovuto risparmiare per almeno un anno prima di poterselo permettere. Gabriele, invece, non doveva mai fare alcuno sforzo per avere quello che voleva. Gli bastava chiedere, e Sonia e Giovanni si premuravano di far avere tutto a quel figlio così intelligente, così a modo, così perfetto… Alex sentì la rabbia montargli da dentro.</p><p>«Sì, sono sicuro», disse infine a labbra strette, con gli occhi fissi sul culo di Sonia. </p><p>«Be’, qui non c’è», rispose lei, aprendo per l’ennesima volta lo stesso cassetto. «Chissà dove l'avrà messo. È un bravo ragazzo, ma è così disordinato…»</p><p>Alex sorrise mentre seguiva con lo sguardo il leggero segno delle mutandine di pizzo sotto la gonna a tubino. Dio, quella donna lo eccitava fino a fargli perdere la ragione.</p><p>Ecco, forse era quella la sua rivincita. Magari non poteva avere computer da migliaia di euro come Gabriele, ma scoparsi sua madre sarebbe stato un buon compromesso. </p><p>A passo felpato si avvicinò a lei, che era ancora di spalle. La coda di capelli neri le accarezzava il collo mentre rovistava tra le cose del figlio. </p><p>Sonia non si accorse nemmeno che lui le era proprio dietro, così vicino che se si fosse voltata si sarebbe ritrovata le sue labbra addosso.</p><p>Alex chinò la testa su di lei, le labbra a pochi millimetri dalla pelle sensibile del suo collo. Respirò piano, e il suo alito caldo fece formicolare la pelle di Sonia.</p><p>Lei si bloccò sul posto, sorpresa da quella vicinanza inaspettata e da quell’improvviso calore sulla pelle.</p><p>Alex avvicinò le labbra al corpo di Sonia, poi fece scorrere la lingua dotata di piercing dietro l’orecchio di lei. Sonia sentì un brivido intenso e caldo scorrerle lungo la spina dorsale fino ad arrivare al suo sesso. Le mutandine di pizzo nere, quelle che le erano costate una fortuna ma che avevano il pregio di farla sentire più sensuale che mai, si inumidirono rapidamente.</p><p>«Cosa stai facendo?», strepitò in un istante di lucidità. Tentò di voltarsi, ma Alex le bloccò i polsi contro il piano della scrivania, facendola piegare in avanti. Ora il suo culo era proteso verso di lui, e lui ne approfittò per strusciare il suo uccello contro il corpo di lei.</p><p>Voleva scoparla subito, ferocemente, violentemente, ma allo stesso tempo voleva torturarla, farla impazzire, sentirla implorarlo di prenderla e farla sua.</p><p>Le sollevò la gonna. Sonia, ancora a novanta, si allungò sul pianale della scrivania, poggiando la guancia sul legno freddo. </p><p>«Alex, fermati», lo pregò, le gambe che tremavano per l’eccitamento.</p><p>«Vuoi che mi fermi?», rispose lui roco, mentre le sue dita correvano sotto la gonna. </p><p>«Sì», disse la donna. «Io… noi… non dobbiamo, è sbagliato…»</p><p>Lui ritrasse la mano da sotto la gonna di lei e sospirò. La prese per un braccio e la fece voltare, costringendola a guardarlo negli occhi.</p><p>Il suo viso era accaldato, le sue guance purpuree, le labbra gonfie di desiderio e le pupille dilatate fino a divorare le iridi azzurre. </p><p>«Vorresti dirmi che non vuoi?», le soffiò ad un palmo dal viso.</p><p>Nel bagno della scuola, a Gabriele non sfuggì il cigolio della porta alle sue spalle, nonostante avesse la testa ancora sotto il getto dell’acqua.</p><p>Ci fu un tonfo secco, come se la porta fosse stata chiusa con un calcio.</p><p>«Bene, bene, guarda un po’ chi c’è.»</p><p>Quella voce lo fece tremare. Sollevò la testa di scatto, sbattendo contro il rubinetto. Una fitta gli attraversò il cranio, mentre cercava di rimettersi in piedi.</p><p>Inquadrò due figure, Salvatore e Francesco, di fronte a lui. Gli occhi gli pizzicavano, e rivoli d’acqua fresca gli scivolavano sulle guance, ma li avrebbe riconosciuti anche a palpebre serrate. Il suo cuore affondò. </p><p>«Hey, sfigato», esclamò Francesco, incrociando le braccia al petto. «Credevi che te la saresti cavata tanto facilmente, l’altro giorno?»</p><p>L’altro scoppiò a ridere, una risata tonante e malvagia. «Sei scappato proprio come un povero coglione.»</p><p>«Lasciatemi in pace», disse Gabriele, fissando la porta dietro di loro. «Mia madre mi sta aspettando di sotto.»</p><p>Salvatore ridacchiò. «Ma sentilo, poverino, vuole correre dalla mammina!»</p><p>Ma Sonia era molto lontana da lì.</p><p></p><p></p><p>Continua....</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Gando94, post: 20652661, member: 284518"] Parte 7 Gabriele si chiese quanto ancora ci volesse. Era l’una passata e ormai i genitori che ancora erano occupati con i colloqui erano davvero pochi. La porta dell’aula dove sedeva la professoressa di italiano era ancora chiusa e Gabriele non ne poteva più di aspettare. Decise di scrivere un messaggio a sua madre. GABRIELE: Quanto ci vuole ancora? Sei dentro da un’ora… La risposta non tardò ad arrivare, anche se lui non poteva sapere che il cellulare di sua madre fosse nelle mani di Alex. MAMMA: Tesoro questa non mi molla più. Abbi un po’ di pazienza, tra poco esco. GABRIELE: Ok. Io vado un attimo in bagno. Se nel frattempo esci aspettami in portineria. Gabriele rinfilò il cellulare in tasca e si diresse verso i bagni del primo piano. Aveva decisamente bisogno di rinfrescarsi: la polo era incollata alla schiena, madida di sudore, e il suo viso accaldato sembrava sul punto di sciogliersi. Era così caldo, lì dentro, che sembrava di respirare aria viziata, o peggio, di non respirare affatto. Si chiuse la porta del bagno dei maschi alle spalle e si affrettò al lavandino. Aprì l’acqua, che inizialmente uscì bollente. Attese qualche secondo affinché l’acqua fresca uscisse finalmente dal rubinetto, poi ci infilò sotto la testa. Il getto gelido fu come una manna dal cielo. Improvvisamente gli parve di essere rinato. *** «Sei sicuro che sia qui?» Alex, appoggiato contro il vetro della finestra della camera di Gabriele, osservava Sonia di spalle e intenta a rovistare nella stanza. Notò il MacBook nuovo di zecca al centro della scrivania, chiedendosi da quanto Gabriele ce l’avesse. Era la prima volta che lo vedeva e l’amico non glielo aveva ancora detto, quindi immaginò che fosse un acquisto recente. Una punta di fastidio gli pervase il petto: la situazione economica modesta della sua famiglia non gli avrebbe mai permesso di averne uno uguale, e anche se avesse iniziato a lavorare avrebbe dovuto risparmiare per almeno un anno prima di poterselo permettere. Gabriele, invece, non doveva mai fare alcuno sforzo per avere quello che voleva. Gli bastava chiedere, e Sonia e Giovanni si premuravano di far avere tutto a quel figlio così intelligente, così a modo, così perfetto… Alex sentì la rabbia montargli da dentro. «Sì, sono sicuro», disse infine a labbra strette, con gli occhi fissi sul culo di Sonia. «Be’, qui non c’è», rispose lei, aprendo per l’ennesima volta lo stesso cassetto. «Chissà dove l'avrà messo. È un bravo ragazzo, ma è così disordinato…» Alex sorrise mentre seguiva con lo sguardo il leggero segno delle mutandine di pizzo sotto la gonna a tubino. Dio, quella donna lo eccitava fino a fargli perdere la ragione. Ecco, forse era quella la sua rivincita. Magari non poteva avere computer da migliaia di euro come Gabriele, ma scoparsi sua madre sarebbe stato un buon compromesso. A passo felpato si avvicinò a lei, che era ancora di spalle. La coda di capelli neri le accarezzava il collo mentre rovistava tra le cose del figlio. Sonia non si accorse nemmeno che lui le era proprio dietro, così vicino che se si fosse voltata si sarebbe ritrovata le sue labbra addosso. Alex chinò la testa su di lei, le labbra a pochi millimetri dalla pelle sensibile del suo collo. Respirò piano, e il suo alito caldo fece formicolare la pelle di Sonia. Lei si bloccò sul posto, sorpresa da quella vicinanza inaspettata e da quell’improvviso calore sulla pelle. Alex avvicinò le labbra al corpo di Sonia, poi fece scorrere la lingua dotata di piercing dietro l’orecchio di lei. Sonia sentì un brivido intenso e caldo scorrerle lungo la spina dorsale fino ad arrivare al suo sesso. Le mutandine di pizzo nere, quelle che le erano costate una fortuna ma che avevano il pregio di farla sentire più sensuale che mai, si inumidirono rapidamente. «Cosa stai facendo?», strepitò in un istante di lucidità. Tentò di voltarsi, ma Alex le bloccò i polsi contro il piano della scrivania, facendola piegare in avanti. Ora il suo culo era proteso verso di lui, e lui ne approfittò per strusciare il suo uccello contro il corpo di lei. Voleva scoparla subito, ferocemente, violentemente, ma allo stesso tempo voleva torturarla, farla impazzire, sentirla implorarlo di prenderla e farla sua. Le sollevò la gonna. Sonia, ancora a novanta, si allungò sul pianale della scrivania, poggiando la guancia sul legno freddo. «Alex, fermati», lo pregò, le gambe che tremavano per l’eccitamento. «Vuoi che mi fermi?», rispose lui roco, mentre le sue dita correvano sotto la gonna. «Sì», disse la donna. «Io… noi… non dobbiamo, è sbagliato…» Lui ritrasse la mano da sotto la gonna di lei e sospirò. La prese per un braccio e la fece voltare, costringendola a guardarlo negli occhi. Il suo viso era accaldato, le sue guance purpuree, le labbra gonfie di desiderio e le pupille dilatate fino a divorare le iridi azzurre. «Vorresti dirmi che non vuoi?», le soffiò ad un palmo dal viso. Nel bagno della scuola, a Gabriele non sfuggì il cigolio della porta alle sue spalle, nonostante avesse la testa ancora sotto il getto dell’acqua. Ci fu un tonfo secco, come se la porta fosse stata chiusa con un calcio. «Bene, bene, guarda un po’ chi c’è.» Quella voce lo fece tremare. Sollevò la testa di scatto, sbattendo contro il rubinetto. Una fitta gli attraversò il cranio, mentre cercava di rimettersi in piedi. Inquadrò due figure, Salvatore e Francesco, di fronte a lui. Gli occhi gli pizzicavano, e rivoli d’acqua fresca gli scivolavano sulle guance, ma li avrebbe riconosciuti anche a palpebre serrate. Il suo cuore affondò. «Hey, sfigato», esclamò Francesco, incrociando le braccia al petto. «Credevi che te la saresti cavata tanto facilmente, l’altro giorno?» L’altro scoppiò a ridere, una risata tonante e malvagia. «Sei scappato proprio come un povero coglione.» «Lasciatemi in pace», disse Gabriele, fissando la porta dietro di loro. «Mia madre mi sta aspettando di sotto.» Salvatore ridacchiò. «Ma sentilo, poverino, vuole correre dalla mammina!» Ma Sonia era molto lontana da lì. Continua.... [automerge]1708267912[/automerge] Parte 7 Gabriele si chiese quanto ancora ci volesse. Era l’una passata e ormai i genitori che ancora erano occupati con i colloqui erano davvero pochi. La porta dell’aula dove sedeva la professoressa di italiano era ancora chiusa e Gabriele non ne poteva più di aspettare. Decise di scrivere un messaggio a sua madre. GABRIELE: Quanto ci vuole ancora? Sei dentro da un’ora… La risposta non tardò ad arrivare, anche se lui non poteva sapere che il cellulare di sua madre fosse nelle mani di Alex. MAMMA: Tesoro questa non mi molla più. Abbi un po’ di pazienza, tra poco esco. GABRIELE: Ok. Io vado un attimo in bagno. Se nel frattempo esci aspettami in portineria. Gabriele rinfilò il cellulare in tasca e si diresse verso i bagni del primo piano. Aveva decisamente bisogno di rinfrescarsi: la polo era incollata alla schiena, madida di sudore, e il suo viso accaldato sembrava sul punto di sciogliersi. Era così caldo, lì dentro, che sembrava di respirare aria viziata, o peggio, di non respirare affatto. Si chiuse la porta del bagno dei maschi alle spalle e si affrettò al lavandino. Aprì l’acqua, che inizialmente uscì bollente. Attese qualche secondo affinché l’acqua fresca uscisse finalmente dal rubinetto, poi ci infilò sotto la testa. Il getto gelido fu come una manna dal cielo. Improvvisamente gli parve di essere rinato. *** «Sei sicuro che sia qui?» Alex, appoggiato contro il vetro della finestra della camera di Gabriele, osservava Sonia di spalle e intenta a rovistare nella stanza. Notò il MacBook nuovo di zecca al centro della scrivania, chiedendosi da quanto Gabriele ce l’avesse. Era la prima volta che lo vedeva e l’amico non glielo aveva ancora detto, quindi immaginò che fosse un acquisto recente. Una punta di fastidio gli pervase il petto: la situazione economica modesta della sua famiglia non gli avrebbe mai permesso di averne uno uguale, e anche se avesse iniziato a lavorare avrebbe dovuto risparmiare per almeno un anno prima di poterselo permettere. Gabriele, invece, non doveva mai fare alcuno sforzo per avere quello che voleva. Gli bastava chiedere, e Sonia e Giovanni si premuravano di far avere tutto a quel figlio così intelligente, così a modo, così perfetto… Alex sentì la rabbia montargli da dentro. «Sì, sono sicuro», disse infine a labbra strette, con gli occhi fissi sul culo di Sonia. «Be’, qui non c’è», rispose lei, aprendo per l’ennesima volta lo stesso cassetto. «Chissà dove l'avrà messo. È un bravo ragazzo, ma è così disordinato…» Alex sorrise mentre seguiva con lo sguardo il leggero segno delle mutandine di pizzo sotto la gonna a tubino. Dio, quella donna lo eccitava fino a fargli perdere la ragione. Ecco, forse era quella la sua rivincita. Magari non poteva avere computer da migliaia di euro come Gabriele, ma scoparsi sua madre sarebbe stato un buon compromesso. A passo felpato si avvicinò a lei, che era ancora di spalle. La coda di capelli neri le accarezzava il collo mentre rovistava tra le cose del figlio. Sonia non si accorse nemmeno che lui le era proprio dietro, così vicino che se si fosse voltata si sarebbe ritrovata le sue labbra addosso. Alex chinò la testa su di lei, le labbra a pochi millimetri dalla pelle sensibile del suo collo. Respirò piano, e il suo alito caldo fece formicolare la pelle di Sonia. Lei si bloccò sul posto, sorpresa da quella vicinanza inaspettata e da quell’improvviso calore sulla pelle. Alex avvicinò le labbra al corpo di Sonia, poi fece scorrere la lingua dotata di piercing dietro l’orecchio di lei. Sonia sentì un brivido intenso e caldo scorrerle lungo la spina dorsale fino ad arrivare al suo sesso. Le mutandine di pizzo nere, quelle che le erano costate una fortuna ma che avevano il pregio di farla sentire più sensuale che mai, si inumidirono rapidamente. «Cosa stai facendo?», strepitò in un istante di lucidità. Tentò di voltarsi, ma Alex le bloccò i polsi contro il piano della scrivania, facendola piegare in avanti. Ora il suo culo era proteso verso di lui, e lui ne approfittò per strusciare il suo uccello contro il corpo di lei. Voleva scoparla subito, ferocemente, violentemente, ma allo stesso tempo voleva torturarla, farla impazzire, sentirla implorarlo di prenderla e farla sua. Le sollevò la gonna. Sonia, ancora a novanta, si allungò sul pianale della scrivania, poggiando la guancia sul legno freddo. «Alex, fermati», lo pregò, le gambe che tremavano per l’eccitamento. «Vuoi che mi fermi?», rispose lui roco, mentre le sue dita correvano sotto la gonna. «Sì», disse la donna. «Io… noi… non dobbiamo, è sbagliato…» Lui ritrasse la mano da sotto la gonna di lei e sospirò. La prese per un braccio e la fece voltare, costringendola a guardarlo negli occhi. Il suo viso era accaldato, le sue guance purpuree, le labbra gonfie di desiderio e le pupille dilatate fino a divorare le iridi azzurre. «Vorresti dirmi che non vuoi?», le soffiò ad un palmo dal viso. Nel bagno della scuola, a Gabriele non sfuggì il cigolio della porta alle sue spalle, nonostante avesse la testa ancora sotto il getto dell’acqua. Ci fu un tonfo secco, come se la porta fosse stata chiusa con un calcio. «Bene, bene, guarda un po’ chi c’è.» Quella voce lo fece tremare. Sollevò la testa di scatto, sbattendo contro il rubinetto. Una fitta gli attraversò il cranio, mentre cercava di rimettersi in piedi. Inquadrò due figure, Salvatore e Francesco, di fronte a lui. Gli occhi gli pizzicavano, e rivoli d’acqua fresca gli scivolavano sulle guance, ma li avrebbe riconosciuti anche a palpebre serrate. Il suo cuore affondò. «Hey, sfigato», esclamò Francesco, incrociando le braccia al petto. «Credevi che te la saresti cavata tanto facilmente, l’altro giorno?» L’altro scoppiò a ridere, una risata tonante e malvagia. «Sei scappato proprio come un povero coglione.» «Lasciatemi in pace», disse Gabriele, fissando la porta dietro di loro. «Mia madre mi sta aspettando di sotto.» Salvatore ridacchiò. «Ma sentilo, poverino, vuole correre dalla mammina!» Ma Sonia era molto lontana da lì. Continua.... [/QUOTE]
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