Racconto di fantasia La punizione

Alex666

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[Prima di cominciare: mi sono domandato, prima di pubblicare questa storia, se usare il tag “esperienza reale” o quello “racconto di fantasia”.

Ho scelto il secondo perché - sebbene i fatti siano autentici - io non sono nessuno dei protagonisti.

Carlotta è la mia compagna attuale ma i fatti risalgono ad un momento in cui non ci frequentavamo, e credo che l’etichetta di “esperienza reale” vada data a quanto abbiamo provato in prima persona.

Secondariamente, dialoghi e dettagli sono una mia elucubrazione: non c’ero e ho dovuto lavorare di immaginazione per tirarli giù.

Detto questo, spero che il racconto sia godibile; per i piĂą sensibili, le tematiche affrontate sono quelle legate al mondo della dominazione e del BDSM, per cui chi non le gradisce forse farebbe meglio a non andare avanti; a tutti gli altri auguro buona lettura!]


Carlotta accostò il dito al campanello, poi ebbe un attimo di esitazione.

Ora era ancora in grado di fermarsi, voltarsi e tornare a casa; se avesse premuto quel campanello sarebbe invece stato tutto piĂą difficile.

Ma non era giunta fino a quel punto per poi ritrarsi.

Premette il pulsante e attese qualche istante.

La porta si aprì, rivelando un uomo attorno ai cinquant’anni che indossava una camicia nera sbottonata e un paio di pantaloni dello stesso colore. I capelli, anch’essi neri, rivelavano l’utilizzo di una tintura a buon mercato.

“Prego, entra”, disse facendosi da parte.

Carlotta entrò nell’appartamento.

L’ambiente era estremamente ordinato e l’aria sapeva di detersivo per i pavimenti.

L’uomo la precedette in un salotto arredato con un divano e una libreria, entrambi bianchi; sul pavimento era steso un tappeto a pelo lungo, anch’esso bianco.

L’uomo si sedette sul divano e indicò a Carlotta un punto davanti a sé.

La ragazza si mise in quel punto, in piedi.

“Hai portato la scrittura?”, chiese l’uomo.

Carlotta annuì ed estrasse dalla borsa un plico di alcune pagine tenuto assieme da una graffetta.

L’uomo la scorse rapidamente e si soffermò sull’ultima pagina dove Carlotta aveva apposto la sua firma, poi la ripiegò e la ripose accanto a sè.

Carlotta ci aveva messo una giornata a sottoscrivere quel documento che, se da un lato definiva in maniera molto precisa cosa quell’uomo avrebbe potuto farle, dall’altra la consegnava nelle sue mani e lo metteva al riparo da qualunque recriminazione, soprattutto legale.

“Tu hai preso le tue precauzioni?”, chiese l’uomo.

La ragazza si limitò ad annuire.

Poco prima di uscire di casa aveva lasciato sul tavolo della cucina, in bella mostra, un semplice foglio di carta sul quale aveva scritto: “Nel caso mi capitasse qualcosa, oggi sabato 21 maggio sono uscita per incontrare il sig. XXX XXX in via XXX XXX”.

Se tutto fosse andato bene, come si augurava, quella sera sarebbe rientrata e l’avrebbe distrutto.

O meglio, l’avrebbe riposto in attesa di un nuovo utilizzo.

“Bene, è importante che entrambi affrontiamo questa sessione con l’animo libero e tranquilli, vedrai che sarà un’esperienza memorabile”.

Prese una pausa, come fanno gli attori quando devono entrare in una parte, poi proseguì.

“La prima sessione, quella di oggi, sarà di un’ora. Di meno non ci permetterebbe di entrare nel contesto, di più potrebbe essere impegnativo, almeno all’inizio”.

Carlotta non sapeva cosa rispondere, quindi tacque.

“Vediamo di stabilire qualche regola - proseguì l’uomo - La prima è che mi darai sempre del lei e mi chiamerai padrone”.

Anche in questo caso Carlotta annuì senza parlare.

“La seconda regola è che in mia presenza dovrai essere sempre nuda”.

“Devo spogliarmi?”.

“Mi pare evidente”, rispose l’uomo sollevando un sopracciglio.

Aprì un’anta del mobile ed estrasse una scatola di cartone.

“Butta qui i tuoi vestiti”, le disse.

Era una bella giornata di maggio e Carlotta indossava solo una camicetta ed un paio di jeans. Cominciò slacciando quest’ultima, un bottone per volta.

“Non devi fare uno strip - la rimproverò l’uomo - Tu sei qui per essere torturata, non avrai nessun vantaggio ad essere sexy. Spogliati come se io fossi il tuo medico”.

A sentire quelle parole Carlotta sentì lo stomaco contrarsi, ma cercò di mascherarlo.

Si tolse la camicetta, poi si liberò anche delle scarpe e dei pantaloni.

Sotto aveva indossato il suo miglior completo intimo, un coordinato reggiseno-perizoma di pizzo bianco; solo in quel momento si rese conto di quanto fuori luogo fosse stata la tua scelta.

“Via tutto!”, la intimò l’uomo percependo un po’ di esitazione.

Carlotta gettò il reggiseno nella scatola, poi si liberò anche del perizoma.

Rimase a testa bassa, imbarazzata di essere nuda nel salotto di uno sconosciuto, il quale per altro non faceva nulla per attenuare questo imbarazzo.

L’uomo la osservò per qualche istante, poi le disse: “Mettiti questi alle caviglie”.

Carlotta sollevò nuovamente lo sguardo e vide che l’uomo le stava porgendo due cavigliere di cuoio, larghe un paio di dita e corredate di un moschettone.

Le allacciò alle caviglie.

“Allunga i polsi verso di me”.

Eseguì l’ordine, e dopo un attimo l’uomo le strinse ai polsi due bracciali identici a quelli che aveva appena assicurato alle caviglie.

“Mani dietro alla schiena!”.

Passò dietro alla ragazza e allacciò i due moschettoni tra loro, ammanettandola, poi tornò davanti a lei.

Passò la mano aperta sul torso, toccandole i seni e indugiando sui capezzoli.

“Hai un bel corpo. Di faccia fai schifo, ma hai una bella pelle e sarà divertente farti soffrire”.

Tornò a sedersi.

“Via mail mi hai detto che avevi bisogno di essere punita e di soffrire. Dimmi qualcosa di più”.

Carlotta deglutì. L'osservazione che l’uomo aveva appena fatto sul suo viso le aveva fatto male, anche se non aveva reagito.

“Ho tradito il mio ragazzo, il quale l’ha scoperto e si è sfogato con mio padre. Neppure lui l’ha presa bene, mi ha insultata e umiliata, e temo che abbia ragione”.

All’uomo sfuggì un risolino.

“Dovessi punire tutte le donne che tradiscono il loro uomo non avrei tempo per respirare! Da quanto tempo stavi con questo ragazzo?”.

“Da quando avevo sedici anni”

“E ora ne hai?”

“Ventisei”

“Quindi in dieci anni questa figa insignificante ha ricevuto solo due cazzi?”, disse l’uomo indicando verso l’inguine di Carlotta.

“Tra l’altro, questa striscetta centrale non mi piace - aggiunse prima che Carlotta potesse rispondere - La prossima volta dovrai essere totalmente depilata, chiaro?”.

“Sì, padrone”.

“Ora dimmi: in dieci anni hai preso solo due cazzi?”.

“No”.

“Quanti?”.

Carlotta esitò un attimo, poi: “Otto”.

L’uomo annuì. “Non sono comunque tanti, ma c’è da considerare che sei brutta e probabilmente scopi anche male. Tra questi otto hai contato anche l’ultimo, quello che è stato scoperto dal tuo ragazzo?”.

“No”.

“In che senso no. Non l’hai contato o non te l’ha dato?”.

“Nel senso che non era un cazzo”, rispose imbarazzata.

L’uomo sorrise: “Oh ma bene, siamo passati al lesbo quindi! Ma tra poco mi parlerai con dettaglio di ognuno di questi cazzi e ovviamente anche di questa figa. Prima di proseguire, hai stabilito una safeword?”.

La ragazza annuì.

“Quando la pronuncerai, io interromperò la pratica a cui ti starò sottoponendo, anche nel caso in cui fosse tra quelle delle quali mi hai già dato il tuo assenso firmato . Io garantisco il rispetto di questo accordo, va da sé che abusare di questa via di uscita renderà tutto quanto molto meno interessante e certamente meno punitivo, visto il tuo obiettivo”.

“Certo, capisco. Prometto che, se mai ne farò uso, sarà quando sarò oltre il limite della sopportazione”.

“Bene, vedo che hai capito. Ti consiglio di scegliere una parola semplice che tu sia sicura di non dimenticare, perché io non mi fermerò qualunque altra cosa tu dirai, neppure se ti metterai a piangere. Cosa hai scelto?”.

“Gabry”, rispose Carlotta.

“Chi è? Il tuo fidanzato tradito?”.

“No, è il nome di mia sorella”.

“Non sapevo avessi una sorella. E’ più grande o più giovane?”.

“Nessuna delle due, siamo gemelle”.

“Interessante. Monozigote?”

“Sì, siamo identiche”.

“E tua sorella è una lesbica come te?”.

“Io non sono lesbica. Comunque Gabriella ha una figlia di cinque anni”

“Che tu non sia lesbica lo appureremo. Quindi tua sorella è una buona madre di famiglia. E’ sposata o come te prende cazzi in giro?”

“No. Il padre di sua figlia è uno conosciuto in vacanza, un francese. Quando ha scoperto di essere incinta non è più riuscita a rintracciarlo”.

L’uomo ridacchiò.

“Bene, quindi è una zoccola anche lei. Deve essere orgoglioso tuo padre di avere due figlie puttane, tra le quali una lesbica. E se lei è identica a te, significa che è brutta anche lei”.

Si alzò in piedi.

“Seguimi”.

Carlotta lo tallonò fino alla stanza da letto, al centro della quale troneggiava un letto doppio su quale stava un nudo materasso, dai quattro angoli si allungavano quattro catene.

"Sdraiati sulla pancia!”, le ordinò.

Carlotta eseguì l’ordine. L’uomo allacciò i moschettoni legati ai polsi e alle caviglie alle catene.

Ora era completamente immobilizzata, a disposizione di quell’uomo che vedeva per la prima volta.

L’uomo le passò le dita sotto alla pianta dei piedi, provocandole un contrazione dei muscoli della gamba, sebbene trattenuta dal legame .

“Non ti piace il solletico, vero?”.

“Lo soffro terribilmente”.

Le passò nuovamente un dito sotto al piede, strappandole un risolino.

“Hai un bel piede, che numero porti?”

“Trentasei”.

L’uomo si inginocchiò sul letto tra le gambe di Carlotta e si protese su di lei.

“Hai una bella schiena, anche”, disse passandole un dito lungo la spina dorsale.

Carlotta ebbe un brivido, ma un attimo dopo le dita dell’uomo le attaccarono le ascelle.

La ragazza fece per abbassare le braccia, ma le catene la tenevano solidamente ancorata.

Si contorse per le risate, pur senza riuscire a sottrarsi al supplizio.

L’uomo le passò le dita lungo i fianchi, aumentando la sofferenza.

“Basta, sto morendo!”, urlò Carlotta, ma senza sortire conseguenze.

Le dita le stuzzicarono la pelle per alcuni minuti, poi l’uomo finalmente smise.

Carlotta aveva il fiatone.

“Facciamo una pausa. Vogliamo parlare dei cazzi che hai preso allora?”, le chiese.

La ragazza annuì, ancora incapace di parlare.

“Il primo di chi è stato?”.

“Il mio ragazzo”.

“Quello con cui sei stata tutti questi anni?”.

Carlotta annuì.

“Come è stato?”.

La ragazza prese fiato.

“Praticamente mi obbligò, dicendo che se non gliela davo mi avrebbe lasciata e sarebbe andato con altre che erano più disponibili”.

“Carino. Come fu l’esperienza?”.

“Molto spiacevole, ovviamente”.

L’uomo le passò una mano sul sedere.

“Dopo quella volta poi avete preso a scopare regolarmente?”.

“No, cercavo di evitarlo quando potevo, e siccome abitavamo ancora con i genitori era poco frequente che avessimo occasioni. Non dovevo impegnarmi molto”.

“Però lui è rimasto con te”.

“Evidentemente sta folla di ragazze che volevano dargliela c’era solo nella sua mente. Dopotutto non era Brad Pitt”.

“Neanche tu sei Angelina Jolie, eh”.

Le diede una manata sulle chiappe.

“Hai un bel sedere. Quanti cazzi hai preso in culo?”.

Carlotta scosse la testa in segno di diniego.

“Nessuno? E come mai?”.

“Ho paura mi faccia male”.

“Immagino sia superfluo dirti che sarà un’esperienza che tu farai presto”.

Carlotta non rispose, ma ricordava bene un punto dell’accordo che aveva firmato.

Il punto 34, nello specifico, chiedeva se fosse stata disponibile al sesso anale, e lei aveva risposto “Non mi piace, ma posso prestarmi per accontentare il padrone”.

Con le mani afferrò le natiche di Carlotta e le aprì, scoprendo il buco del sedere.

“Cominciamo a farti fare un assaggio”, disse.

Si leccò il dito medio e titillò l’ano della ragazza, che reagì con un sospiro.

“Sei tesa?”.

“Un pochino. Non sono abituata”.

L’uomo introdusse il dito nell’ano di Carlotta.

“Non ci avevi mai messo nulla?”.

“Qualche volta delle penne o una candela”.

“E non ti era piaciuto?”.

Carlotta scosse la testa.

L’uomo prese a far scorrere il dito avanti e indietro.

“Intanto parliamo del secondo cazzo che hai preso”.

Calotta deglutì.

“Il secondo è stato durante le vacanze estive, ero con i miei compagni di scuola”.

“Hai trovato uno che ti piaceva?”.

“No, è stato solo sesso”.

“Sono le migliori. E il terzo”.

Il dito affondò ancora più a fondo e strappò un lamento alla ragazza.

“Sempre quell’estate. Anzi, sempre lo stesso giorno”.

“Ah però, te ne sei fatti due assieme. Avevi voglia?”.

“Ero incazzata con il mio ragazzo, e poi questi mi piacevano”.

L’uomo agitò il dito dentro lo sfintere della ragazza.

“Sei veramente una troia. Solo quei due?”.

Carlotta non rispose.

“Allora?”.

“No, erano in quattro”, rispose Carlotta a bassa voce.

“Lo stesso giorno? Sei peggio delle troie che battono per strada. Come hai fatto ad attirarli, considerando che sei cessa? Eri l’unica ragazza?”.

“No, c’erano anche altre, ma forse non sono così male come dici tu”.

L’uomo sfilò il dito dall’ano della ragazza e - senza lasciarle il tempo di rilassarsi - ne inserì due.

Carlotta urlò, anche per la sorpresa.

“Ti ho detto che mi devi dare del lei e devi portare rispetto! Fallo un’altra volta e ti troverai altro che quattro cazzi a riempirti! Mi sono spiegato?”.

Agitò le dita dentro al corpo della ragazza-

Carlotta aveva gli occhi chiusi per lo sforzo di non piangere.

“Sì, padrone, chiedo scusa”, disse con un filo di voce.

“Fa male?”.

“Sì padrone”.

“Bene, era quello che volevo. Allora, come capita che una brutta come te attiri quattro giovani cazzi?”.

“Credo che sia perchè mi sono messa a prendere il sole in topless”.

“Ma certo, saranno stati degli sfigati che non avevano mai visto un paio di tette. Eravate al mare?”.

“No, in campagna, ma era una bella giornata e ci siamo messi a prendere il sole in un prato”.

“Eravate tutti i costume?".

“Sì. Le ragazze in bikini e i ragazzi con i boxer”.

“Eri solo tu in topless?”.

“No, anche mia sorella”.

All’uomo sfuggì un risolino sarcastico: “Chissà come mai non ne sono stupito, le più puttane del gruppo. E tua sorella quanti se ne è fatti? Quattro anche lei? Dieci?”.

“No, solo due”.

“Ah, solo due! Una suora allora, la sorellina!”.

Prese a stantuffare le due dita appaiate; Carlotta, da parte sua, si sentiva profondamente violata.

Era giĂ  umiliante essere nuda e legata davanti ad uno sconosciuto, essere penetrata analmente era da sempre un segnale di prevaricazione, lo sapeva.

“Ma fa male”, disse.

“Bene, è quello che voglio”.

Il trattamento durò per qualche minuto, poi Carlotta sentì con sollievo le due dita uscire dal suo sedere.

Per come era legata non poteva vedere l’espressione del suo carceriere, ma avrebbe scommesso che vi avrebbe visto della soddisfazione dipinta sul volto.

Lo sentì armeggiare sui moschettoni che la tenevano ancorata al letto.

“Sei libera, puoi girarti”.

Si voltò supina.

Le spalle erano indolenzite per l’immobilità forzata.

“Allarga braccia e gambe come prima!”, ordinò.

Il sollievo sarebbe durato poco, evidentemente.

La ancorò nuovamente agli angoli del letto, questa volta con la pancia in su.

Era completamente esposta e vulnerabile.

L’uomo le passò una mano sul corpo, carezzandole seni e vagina.

“Ora parleremo di tutti gli altri cazzi che hai preso - le annunciò - Ma prima soffrirai ancora un po’”.

Con le dita le attaccò le ascelle, e un attimo dopo Carlotta proruppe in una risata che però era un lamento.
 

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