L’occhio della passione

Lo_psi

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Mi chiamo Attilio, a 14 anni mi sono trasferito a casa di mio padre, che conviveva con una donna già da tempo. Conoscevo la donna da diversi anni, il suo nome è Marisa. La conoscevo perchè mio papà per le vacanze estive, mi portava con lui in villeggiatura in una casa al mare .
Marisa non mi aveva in simpatia, giĂ  da piccolo quando eravamo in villeggiatura, aveva un modo di fare, molto diverso se ci trovassimo in presenza di mio padre o se fossimo soli.
Davanti a mio papà lei era gentile , quasi premurosa, di certo non esacerbata, e sembrava trattare quasi alla pari sia sua figlia che me. Quando mio padre invece non c’era, iniziava a parlare male di lui, con me aveva un tono di voce aspro e la costante era rimproverarmi continuamente.
Tendeva a raccontare di me e della mia giornata, in modo tale che si insinuasse in mio padre la rabbia e come conseguenza le botte che di a poco avrei preso per essermi comportato male.
Io ero un irrequieto,questo va detto. Dopo aver dato questa breve spiegazione di quello che fosse il rapporto tra me e Marisa, salto l’infanzia poiché non è lecito parlare di certe cose…e passerei ad una età accettabile, in modo tale che chiunque possa leggere gli episodi molteplici di erotismo che accadevano tra me e lei.
Per tranquillizzare tutte le sensibilità che leggeranno, l’età accettabile è i 18. Poco importa in questo momento l’età, quanto più mi preme raccontare quello che accadeva.
Marisa proseguì per molti anni quel comportamento ambivalente in cui era “rispettosa” in presenza di mio padre e riottosa in sua assenza ma c’è un più. Lei mi faceva vedere… Con mio padre un giorno si inventò che mi aveva visto col motorino passare col semaforo rosso, era una bugia grossa quanto una trave ma mio padre nemmeno considerò la mia versione, e il passare con il rosso mi costò una sortita di ceffoni . Poi nel pomeriggio ci fu il premio. Mio padre uscì e lei si fece il bagno, non era il giorno in cui usava fare il bagno, di solito lo faceva la domenica, ma quel giorno che le avevo prese (e la odiavo) mi volle dare il solito premietto. La figlia era uscita, mio padre era andato a lavoro e lei preparò la vasca.
L’erezione , mentre studiavo nel soggiorno, appena udii il rubinetto della vasca sgorgare , salì a mille. Sapevo cosa significava, io non riuscivo a resisterle. Dopo un quarto d’ora la vasca era piena, lei scomparì nel corridoio, sentii il rubinetto chiudersi, era il segnale, con le calze nei piedi senza pantofole, percorsi il corridoio, vidi la lucina nell’oscurità uscire dal bagno. Mi aveva lasciato la porta accostata, non era semichiusa, era proprio accostata all’infisso della porta, una ulteriore eccitazione la provavo appena col dito indice spingevo millimetricamente la porta perché essa cigolava, quell’impercettibile spostamento causava rumore….e lei lo sapeva che dietro c’ero io. La vasca era proprio sulla destra a due mattonelle dalla porta ed io la vedevo di schiena, ogni tanto osavo col dito indice spingere di più la porta, come per dirle “porca sono qui, dove mi volevi. Ti sto guardando porca”. Marisa non si voltava mai nello scricchiolio e in quel silenzio tombale che avvolgeva tutta la casa, ma continuava a lavarsi , passava la spugna sui seni con i capezzoli chiari a forma di imbuto. Marisa era molto più giovane di mio padre e 15 anni più grande di me, Marisa era bona, tanto cattiva quanto bona. Marisa si alzava dalla vasca, mi rivolgeva la sua farfallina pelosa e nera in delizioso contrasto con la pelle bianca e con le mani sempre smaltate di rosso, e si asciugava, allargando da dentro la vasca le gambe e passandosi l’asciugamano. Marisa usciva dalla vasca e si passava la crema, io a quel punto lasciavo lo spiraglio e passavo al buco della serratura, chiudendo il più possibile la porta, per ottenere una migliore visuale.
Asciugandosi i piedi, Marisa si metteva a pecorella, la sua lumachetta era a 50 cm dal mio naso, vedevo la spartizione delle labbra separate dai peli neri, vedevo perfino le piccole labbra. Quando Marisa metteva le ciabatte era il segnale che stava lasciando il bagno, ed io sempre un istante di più rimanevo attaccato fino all’ultimo fotogramma, a quella porta. Lei usciva e capivo che vedeva nel corridoio la mia ombra che aveva appena lasciato il posto dell’erotismo. Questi bagni, queste procedure durarono anni, né sa qualcosa la mia mano e non solo.
Masturbazioni infinite dopo quegli eventi, ricordo con un certo gusto, che volutamente dopo che lei usciva dal bagno io entravo in quello che usavamo io e mio padre, come a dirle “porca vedi che mi fai fare, sono di nuovo col cazzo in mano che mi sego per te”.
Un’altra chicca, era il controllare la pasta al forno la domenica, si abbassava a 90 gradi (come quando in bagno si asciugava i piedi),con un vestitino invernale corto a metà coscia, a gambe unite, lisce e bianchissime e guardando il forno ed io (volutamente) disteso nel divano della cucina, guardavo quel bel primo piano, spesso con le mutande nere in raso, alcune volte bianche in merletto, altre senza nulla. Lei adorava girare senza mutande.
Lo capii una notte, che entrò nel suo bagno, sentii nitidamente la sua porta scricchiolare, poi attraversò il corridoio ed io che dormivo nel divano letto che separava un grande ingresso dalla cucina alla stanza da pranzo, la vidi passare con una maglia di lana intima, pantofole, cosce di fuori e fagiola pure, dato che non indossava mutande. Quella visione quella notte mi costò fare il boscaiolo per tre volte.
Ma la porca aveva altri giochi da fare con me, in estate rientrando a casa usava una vestaglia in cotone completamente smanicata e poiché usava non portare mai il reggiseno, quella vestaglia lasciava ai lati completamente scoperto il seno, il suo capezzolo stava vicino a me, quanto la sua spalla, lo vedevo assolutamente in modo chiaro come vedevo il suo viso, stesso primo piano. Io le parlavo, le parlavo sempre quando indossava quella vestaglia e lei come argomento sceglieva quasi sempre di parlare male di mio padre e la mia erezione invece era cosi forte che i miei peli venivano estirpati dal pene che ingabbiato nella mutante, reclamava la propria intenzione di essere usato. Non appena rientrava a casa mio padre, avvolgeva il tessuto smanicato su se stesso, da rendere compatto l’indumento al corpo e ad impedirne qualsiasi possibilità di guardare ciò che non si sarebbe dovuto guardare. Strane operazioni.
La porca di Marisa lasciava in lavanderia le sue mutande bene in vista (mentre fuori vista quelle della figlia) ed io mi divertivo a venire sui suoi umori e lasciarli lì come le avevo trovate, lei le lavava senza mai dirmi una parola ma era ben visibile lo sperma .
Di inverno oltre il vestitino in lana corto a metĂ  coscia, usava portare una vestaglia in cotone rosa e bianca a quadretti, di solito sotto indossava un body o merlettato in nero o dello stesso tipo in bianco. Si vedevano solo le cosce in riflesso ma il busto completamente coperto.
Marisa decise di farsi uno dei suo bagni imprevisti e dato che eravamo solo io, sua figlia e lei, decise di pulire la cucina, coperta con la sola vestaglia bianco e rosa. Non solo era trasparente ma vedevo senza fatica la riga del sedere quando camminava, vedevo perfino la conchiglia più giù del sedere, non vedevo solo i capezzoli perche erano sempre lisci (anche in acqua) così levigati che non si vedevano nemmeno attraverso quel velo di vestaglia. Ma la topa si vedeva abbastanza bene, soprattutto quando mi si mise di fronte e spostando il lato della vestaglia che chiude l’indumento, lasciando un solo velo, vidi in modo nitido il rettangolone. Fui costretto a correre in bagno, lei sapeva il perché…

Un giorno c’era sua madre, dopo che sua figlia baciò la nonna ed uscì , le disse “mamma vado a farmi il bagno, accenditi la tv che ora arrivo”
Il mio cuore iniziò a pompare ma credo che la maggior parte del sangue fosse concentrato altrove, trovai questa volta la porta aperta, quanto il palmo di una mano.
Ero stato sempre combattuto “un giorno lo dirà a mio padre, facendomi uccidere o no?” non sapevo darmi una risposta. L’unica cosa che pensavo era che me lo mettesse contro in tutte le cose, mi facesse prendere ceffoni per tutte le futilità possibili, che inventasse pure cose mai accadute; ma mai, mai ,aveva detto a mio padre che la spiavo. Quella porta così tanto aperta mi faceva paura ma al tempo stesso mi eccitava tremendamente, non soltanto la vedevo chiaramente ma era lì, proprio lì accanto a me. Voleva essere scopata? Ci avrei dovuto provare? Per tutti quegli anni l’avevo pensato ma se la sua provocazione fosse dovuta a portarmi proprio là, che io agissi, la toccassi, poi me la sarei dovuta vedere con mio padre…mio padre aveva delle mani pesanti, molto pesanti.
La guardai, quei capezzoli ad imbuto invertito, ballavano. Era seduta, quella magnifica terza col capezzolo a punta rosa chiaro stava dritto che avrebbe potuto reggere una gruccia, ne vedevo il profilo, poi si distese, aveva la striscia di peli neri, la porca in un’occasione che mi doveva essere sfuggita, si era depilata. Ogni volta che si depilava mio padre la scopava. Usava la crema Marisa, rimaneva in bagno con quella crema depilatoria tra le cosce una decina di minuti, poi con una linguetta di plastica passava nelle parti ricoperte di crema e compariva quella fi…tta come aveva deciso di disegnarla: rettangolino, rettangolone, rettangolo corto, lungo e stretto. Porca la miseria, non mi dava tregua, non la dava al mio braccio e al mio coso.
Si passò la spugna nei polpacci, che belli, nelle caviglie strette, poi la pietra pomice sui piedi, io me lo sono uscito, tirai fuori un fazzolettino di carta dal jeans, il rischio adesso era massimo, se quella vecchia di sua madre fosse arrivata, io non avevo nessuna via di fuga e non avevo giustificazioni, in quel lato del corridoio c’era solo il bagno di Marisa e la camera da letto che divideva con mio padre. Il pisello sarei riuscito a metterlo dentro per tempo, almeno quello? Pensai in un nano secondo a tutto questo, ma la voglia di segarmela in diretta era troppa, una mano nel fazzolettino e l’altra nell’arnesone scoppiettante. Si alzò in piedi , si girò con quel culetto sublime in bella mostra, alzò un braccio e con l’altra mano passò la spugna nella ascella depilata ed io venni. Lei lo sentì chiaramente il mio “ihhhhh-ihh-ihhhh” cercando di non far rumore ma col fiato corto, lo so perché per riflesso incondizionato, il suo viso si voltò un poco verso me e la provenienza del suono, poi tornò dritto a guardare le mattonelle di fronte a lei. Inondai nel fazzolettino quel sedere tondo, andai in bagno, tirai l’acqua per buttare il fazzolettino e non so perché mi venne in mente di ritornare lì, arrivai appena davanti la porta, la porta si spalancò, disse a voce alta ma senza gridare ma che con assoluta certezza sua mamma sentì “ …e tu devi stare sempre dietro la porta, a fare che non si sa”. L’imbarazzo e la vergogna che provai furono indescrivibili, adesso sua madre sapeva. Pensai che questa volta l’avrebbe raccontato a mio padre e sarebbe stata la mia fine, invece nulla.
A venti anni me ne andai da quella casa, fui contento, però i giochi erano ormai per sempre finiti.

Mi piacerebbe leggere numerosi commenti, anche non necessariamente positivi. Ricordo che il mio thread è su PhicaHelp sesso, "lo psicologo risponde". Ringrazio tutti per l'attenzione e il tempo che mi avete accordato. Alla prossima
 

eretico50

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Romagna
Ha ha...hai avuto un'adolescenza molto movimentata .....e' per quello che hai studiato psicologia....per farti poi autoanalisi......tra cugine , sorellastre e matrigne....c'era da perdere la...vista..:p
 

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