Una brava ragazza in cam

Lo_psi

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Sono cresciuta in un paese di quarantamila anime in cui ci si conosce tutti. Ho ricevuto una educazione rigida, mio padre è un carabiniere da qualche anno in pensione, mia madre fa da sempre la casalinga. Come dire, mia madre è stata sempre una figura gregaria, tutto in casa lo ha sempre deciso mio papà. Non che fosse un padre-padrone ma è un uomo molto inquadrato che vive di regole, di orari e di educazione.
Di conseguenza sia io che mio fratello piĂą piccolo Battista, abbiamo imparato ad essere sempre cortesi con il prossimo, educati e rispettosi con i parenti e via dicendo. Spero che in poche parole si intuisca la tipologia di famiglia.
A scuola entrambi abbiamo avuto sempre ottimi risultati, io mi sono diplomata al classico e mio fratello allo scientifico. Nel mio paese naturalmente non c’è l’università e il posto più vicino è il capoluogo che dista quasi 150 km.
GiĂ  da un anno parlavo con mio papĂ  della possibilitĂ  di trasferirmi lontano da casa, per studiare Filosofia in un Ateneo che si diceva fosse tra i migliori (se non il migliore), in Italia.
Quando parlavo di questa opportunità eravamo a tavola, mio padre guardava il telegiornale e ogni tanto mi guardava come per dire < Greta, per caso stai parlando?>, mio fratello si faceva gli affari propri e mia madre guardava un po’ me e un po’ mio padre, aspettando che lui decidesse qualcosa in merito.
A giugno mi sono diplomata col massimo dei voti, questa volta non c’era più tempo per temporeggiare. Quel giorno sarei andata al mare con le amiche, erano le 7:30 di mattina, alle 7:55 sarebbe uscito, né un minuto prima né un minuto dopo: “Papà, pranzo con le amiche al mare, ci tengo moltissimo ad andare in quella università, che facciamo? Quale è la tua risposta affermativa, il montepremi è la felicità di tua figlia”. Sfoggiai una sicurezza che non possedevo e il sorriso più smagliante che potessi assumere. “Va bene” disse, e fece un mezzo sorriso. Non occorreva aggiungere altro, mio padre era di poche parole, rigido ma allo stesso tempo tenero.
Premetto che un anno e mezzo prima ( avevo compiuto da un paio di mesi diciassette anni), feci per la prima volta sesso con un ragazzo. Era uno dei bellocci della scuola, io al quarto anno, lui ripetente al quinto. Lo feci per evitare l’etichetta di “verginella”, non ne potevo più di sentire le compagne che fin dalle medie parlavano di lavatrici, di tavoli da cucina, di ascensori, di garage, tutti i posti dove si dilettavano con i ragazzi, alle superiori direttamente nei bagni della scuola.
Non è stata l’esperienza che da sempre avevo sognato, mancavano: la delicatezza, le coccole, il romanticismo, la convinzione di un piacere sensazionale …
Sua madre era in ospedale per il padre che doveva essere operato alla spalla. Casa libera. Un dolore atroce, nessuna effusione, lui che sembrava più intento a raggiungere l’orgasmo che pensare a me, ed in meno di venti minuti era tutto finito. L’asciugamano che aveva predisposto sopra il suo letto sporca di sangue, io che avevo un dolore cane e mi chiese pure se gentilmente uscendo avrei potuto buttare l’asciugamano nel contenitore dell’immondizia. Incredibile pensa,i ma acconsentii.
Con questo ragazzo lo feci un’altra volta, poi lo mollai, ma lui si passò tutto l’intero anno a venirmi dietro ovunque (naturalmente in senso figurato …), l’invidia delle mie compagne era evidente e per nulla celata.
Così presi l’aereo, trovai una casa in affitto tramite la figlia di un collega di mio papà che l’anno prima si era iscritta allo stesso ateneo se pur in una facoltà diversa, e ritornai a casa.
Conoscevo poco questa ragazza, Clara, avevamo avuto sempre amicizie diverse, oltre un doveroso “ciao” non eravamo mai andate.
L’ impressione comunque era stata ottima, allegra, sorridente, cordiale. Mi disse che la ragazza con cui divideva la casa, aveva abbandonato gli studi. Perfetto, pensai.
I primi di settembre ero giĂ  nella nuova casa, chiamavo i miei tutti i giorni, quasi sempre parlavo con mia madre ma sapevo che mio papĂ  avrebbe saputo pure le virgole della conversazione.
Quattrocento euro di affitto, più cinquecento euro per mantenermi, la metà dello stipendio di mio padre, mi sentivo pure in colpa, oltre che avere una grossa responsabilità verso me stessa, l’avevo verso di lui.
Frequentai le lezioni, tutte molto interessanti, a gennaio le prime materie da sostenere. Clara per quel che vedevo studiava pochissimo, però spendeva moltissimo, all’inizio non davo molta importanza alle borse Louis Vuitton, le scarpe e vestiti che costavano un occhio della testa, poi la cosa mi iniziò ad incuriosire ma evitai di domandare per la mia innata discrezione.
Un sabato mattina mi alzai, preparai il latte, misi “sopra” la caffettiera e senza pensarci feci per entrare nella camera di Clara per dirle se voleva del caffè. La trovai con le gambe spalancate sopra la scrivania, lo stereo acceso a volume moderato ma non abbastanza da accorgersi che avevo aperto la porta, aveva un aggeggio tra le gambe, gemeva, il computer di fronte a lei. Rimasi di sasso, una situazione inaspettata e facevo anche fatica a connettere tutte le parti che stavo vedendo e darci un senso, richiusi la porta ma la maniglia fece rumore, ed un istante dopo Clara era dietro le mie spalle.
“Hai visto eh?”
“Io? Cosa, no, si, no”
“Non ti muovere di qua”. Riaprì la porta, fece un gesto di ciao con la mano verso il computer, e dopo 5 secondi era di nuovo accanto a me.
“Andiamo in cucina e prendiamoci il caffè”
Non vi racconto tutte le sfumature della discussione perché durò quasi un’ora. Riporto le parti salienti: Clara entrava in un sito a pagamento, lei si spogliava, si masturbava, assecondava le richieste degli utenti, vendeva i suoi video, le sue foto, spediva dietro pagamento i suoi indumenti intimi….e faceva un sacco di soldi. Quasi cinquemila euro ogni mese.
Piuttosto di sentirmi piĂą tranquilla ora che sapevo i fatti, mi sentivo sempre piĂą smarrita.
Andai in bagno mi feci una doccia, provai a studiare ma pensavo a quello che mi aveva detto Clara.
Pensai: “cioè in poche parole fa la puttana, si fa pagare. Ma no, non è una puttana mica scopa. Si lo è, una che mostra la phica a pagamento come altro la potrei definire. Ma in fondo lo fa su un computer. Una moltitudine di maschi che le guardano la phica, che schifo. Eh ma non è che ci esce, è solo virtuale, lei dice che non sanno nemmeno il suo vero nome. Alla sua coscienza però cosa racconta che ha la phica più guardata d’ Italia”.
Questo conflitto/dialogo con me stessa durò diversi giorni, con lei cercavo di comportarmi come sempre. Se lo avesse saputo mio padre, in un’ora sarei ritornata a casa.
Quella sera a cena, di fronte alla pizza e alla coca-cola, le feci qualche altra domanda. Mi interessai dei pagamenti come avvenivano, poi chiesi il genere di richieste degli utenti, e se avesse mai avuto paura che qualcuno la riconoscesse.
Sembrava di avere il controllo su tutto, una sicurezza che le invidiavo e una sfrontatezza che non faceva parte del mio carattere.
“Greta appena finiamo la pizza, vedo di fare un due/trecento euro, perché non ti metti con la sedia in un angolino della mia stanza e guardi come funziona”
“Non mi va di farmi vedere dai tuoi clienti, scusa ma non ce la faccio”
“Ma no scema, facciamo in modo che la cam non ti inquadri. Oh, poi se non ti interessa per me va bene uguale”
Invece io ero molto incuriosita, il mio portatile aveva una cam incorporata, ma non l’avevo mai usata, naturalmente sapevo di queste cose, ma il mio massimo era stato vedere qualche video porno sul computer e provare un po’ di vergogna, poi mi bagnavo con un misto di eccitazione tra l’essere scoperta in casa da qualcuno, e per quei grossi peni che trivellavano la pornostar del filmato.
Bene, alla fine entrai in camera sua, dal cassetto del comodino tirò fuori una serie di oggetti che mai e poi mai avrei potuto pensare fossero destinati per quel tipo di uso, tranne che un classico vibratore, riconoscibile dalla forma inconfondibile di fallo.
Dalle 22:00 alle 2:30 di notte, si vestiva, si spogliava, si rivestiva, si masturbava, gemeva , ogni tanto mi guardava, sorrideva, parlava, rideva; io ogni tanto sbadigliavo, ogni tanto mi eccitavo, ogni tanto mi scendeva sonno, mi allontanavo a bere, andavo in bagno, ormai quasi non facevo piĂą caso alle sue posizioni oscene. Lei era assolutamente disinvolta e a proprio agio.
“Bene, quattro ore di cam, 230 euro, non male”
Entrai nella mia stanza, misi una gamba sulla sedia e immaginai di avvicinare la cam nella mia phichetta. Troppa vergogna pensai.
Serate, mattinate, pomeriggi, ormai Clara non chiudeva la porta della camera, sentivo tutto. Soldi, masturbazione, spogliarelli, soldi.
Le materie sostenute, andarono tutte e tre bene, i prossimi esami ad aprile. Potevo rilassarmi mentalmente un po’.
Cinquecento euro al mese per il mantenimento, considerati i libri da comprare: alcuni di seconda mano, altri nuovi, altri ancora in fotocopia. Ero sempre che contavo i centesimi.
“Clara come faccio ad iscrivermi a questo sito?”
“Wow, brava Greta, benvenuta nel club”
“Voglio solo vedere e non so se accenderò mai la cam”
“A proposito” disse Clara, come se non mi avesse sentito “intanto devi comprare una cam Hd, è molto importante che la gente ti veda bene, per loro l’immagine è molto importante”
Mi trovavo con 30 euro e dovevo fare gli ultimi quattro giorni, prima di tornare a casa dei miei per un paio di settimane.
“tranquilla, ti presto io i soldi che occorrono (mi aveva parlato di un aggeggio soft per la phichetta, tanto per iniziare disse…) poi me li restituirai appena guadagni”
Due giorni dopo arrivò a casa un pacco, c’era all’interno un affare per me, vibrava che sapeva di frullatore, mia madre l’avrebbe usato per montare la panna probabilmente.
Tornai a casa, tutto era come sempre, mio padre affettuoso il giusto, mio fratello per i fatti propri, mia madre l’ombra di mio padre (mi ero chiesta in passato se avesse un proprio pensiero o anche quello fosse di mio papà).
Una noia, il paese era sempre uguale. Stesse facce. Coprifuoco la sera ad esclusione del sabato. Fui contenta di ritornare nella mia nuova casa.
Tre ore dopo accesi il computer, feci l’iscrizione, misi una foto nel profilo con una sottana nera che mi riprendeva dal seno in giù, segnai l’età 19, ed entrai.
Non mi sono mai descritta fisicamente fino adesso. Sono una ragazza carina, non una straphica, una ragazza normale, carina. Clara mi diceva continuamente che li avrei stesi tutti. Per carità i ragazzi per strada mi guardavano, i conoscenti ci provavano ogni tanto, ma con i giusti modi, perché aleggiava il fantasma di mio padre, conosciuto da tutti in paese, come i suoi colleghi del resto, ma direi anche come ogni vigile urbano del paese.
A scuola anche ero apprezzata ma era difficile che qualcuno si rivolgesse a me con toni volgari.
Comunque sono alta 1.65, magra, terza di seno, capelli ricci lunghi biondo/castano, phichetta con i peli curati, un bel sedere rotondo, occhi grandi nocciola, labbra carnose, belle mani con unghie naturali e un bel nasino. Del viso il “pezzo forte” sono gli occhioni e del corpo a me piace il sedere ma c’è chi dice che ho un bellissimo seno. Uso costumi normali, mutandine normali in merletto di vari colori, niente tatuaggi e niente piercing.
Dicevo che ero appena entrata nel sito.
La chat mi sembrò una folla di depravati, appena accesi la cam “troia mostrami la phica, girati a pecora e mostraci il buco, sgrillettati” e poi altra gente che mi chiamava amore, mi mandava emoticon con baci, fiori, dichiarazioni d’amore allucinanti. Considerato che fossi in chat da 10 minuti e non sapevano nulla di me ma proprio nulla, era una cosa da matti.
Facevo fatica anche a leggere, cinquecento assatanati che facevano le richieste più disparate. Mi fermai al piede: “amore mio, per mostrarmi i piedini quanto vuoi”. Gli utenti pagavano in fiches , chiamate “token”,che acquistavano tramite carta di credito, quello che versavano, una parte lo trattenevo io, una parte andava al sito.
Clara era sul lato corto della scrivania, mi suggerì una cifra, io quasi per sfida la triplicai. Non avrebbe mai accettato quell’utente di sborsare quello che corrisponde a 40 euro per vedere un mio piede. “tutti vedono i miei piedi, a mare migliaia di persone, in estate mentre cammino un esercito di persone, figurarsi pagare 40 euro per un piede”. Due secondi dopo questo istantaneo pensiero, l’utente versò 40 euro. Rimasi in cam un’ora, qualcuno mi diceva che mi avrebbe leccato le ascelle “che schifo pensai” .
Senza essermi mai spogliata feci in un’ora 110 euro, tutti miei. Caspita.
L’indomani riprovai, Clara praticamente passava tutto il giorno in cam ma era disponibile a farmi compagnia quando lo chiedevo. Non mi sentivo sicura, avevo un certo timore. Un’ora 80 euro, il giorno dopo 125 euro, ancora non avevo mostrato nemmeno un seno. Forse non ci sarei riuscita.
Iniziai a leggere velocemente le richieste, a gestire meglio le conversazioni private. Mi accorsi che centinaia di persone sbavavano per me. Pensavo che fosse una cosa ridicola, un gioco…da pazzi ma a loro piaceva così, ed io ci facevo soldi.
Dopo un mese avevo un abbondante gruppo di persone che ormai “conoscevo” bene che mi seguivano sempre.
Uno era disposto a mandarmi sul conto personale 200 euro se gli avessi dato le mie mutande sporche. Follia.
Vidi le mie mutandine viola con i ricami, erano sporche al centro, provavo una certa vergogna a fare vedere i miei umori, pensavo “che schifo”…e intanto questo tizio si eccitava proprio di questo.
Dopo due mesi avevo scoperto il seno ed avevo circa venti richieste di fidanzamento, una cinquantina di richieste di una vacanza con i tizi, e credo più di un centinaio richieste per un caffè o per una cena. Non so a quali giuramenti d’amore sarebbero arrivati pur di avere il mio numero di telefono.
Situazioni veramente paradossali, tanto piĂą che in viso avevo visto si e no tre persone, un ragazzo brutto e magro ma con un pisello smisurato, un vecchio di oltre sessanta anni e un ragazzo normale che non mi diceva nulla.
Pensai che ero guardata veramente da tutti, che mi giuravano amore senza mai avermi visto in viso… “ma come si fa” pensavo.
Alla fine usai “il frullatore” sul mio clitoride, quel giorno pensai che tutti quegli sbavatori si meritavano un premio e forse perché iniziai a prenderci gusto ad essere così adulata o meglio adorata.
Quel giorno quando tolsi le mutandine ci fu un visibilio di gente che si sarebbe buttata pure sotto un treno , pur di “vedermela”. I “ti prego” che non si contavano più ed io mi divertivo di questo, ero anche pagata per questi spettacolini e pure bene.
Avevo provato un paio di volte “l’attrezzo” ma l’avevo spento subito, perché mi sentivo ridicola e perché mi faceva solletico.
Si, naturalmente io mi toccavo, non sono mica una suora, sul letto, più spesso in inverno sotto le coperte che in estate. Usavo le dita e non avevo pensieri precisi, pensavo un po’ di tutto e a volte proprio a nulla, tanto che mi giudicavo “strana”.
Un ditino da vergine fino ai 17 anni, due ditini dopo, ma preferivo la toccata clitoridea.
Ad ogni modo non mi accorsi che ero già bagnata quando poggiai il frullatore in cima al monte di venere. I ragazzi (ma probabilmente c’erano anche vecchi maiali, lesbiche e coppie) mi imploravano letteralmente di abbassare la cam, nel mentre una bretellina della sottoveste “involontariamente” era scesa, scoprendo parzialmente un capezzolo.
Appena finalmente abbassai la cam ci fu una pioggia, una inondazione, un’onda di schiuma che mi avrebbe ricoperto, 10, 15,50, 80 persone mi dissero che stavano schizzando. Chi sul computer sopra la tastiera, chi sullo schermo proprio in direzione della mia phica, chi sulla mano, chi sulla pancia, chi sul pavimento.
Ero bagnata fradicia, loro lo vedevano ed impazzivano per questo e il frullatore che avevo sottovalutato, non mi faceva piĂą solletico ma anzi mi dava un piacere incredibile. Un orgasmo stupendo, leggere questa gente impazzita per me, mi eccitava che non riuscivo piĂą a smettere di toccarmi.
Tremila euro il primo mese, pure così il secondo, settemila il terzo. Iniziai a dare il mio numero e presto mi accorsi che era un errore da non ripetere. Quelle dieci o quindici persone che lo avevano, mi chiamavano tutto il giorno, a qualsiasi orario, erano oltre modo invadenti, addirittura gelosi. Indagavano e chiedevano. Cambiai scheda e dissi a casa che avevo cambiato compagnia telefonica
Ormai ero ogni giorno in cam, avevo comprato altri “arnesi” elettrici e non, nel sedere non mettevo nulla (non mi piaceva) ma lo mostravo. Mi eccitavo a vederli eccitati. Mi trovai assorbita da questo gioco, stavo trascurando lo studio, uscivo pochissimo con i colleghi e tutti i miei rapporti erano fittizi perché virtuali.
La gente credeva di conoscermi ma io ero consapevole che non mi conoscessero. D’accordo vedevano tette e phica , ora in viso portavo una mascherina, alcuni erano “fissati” con i miei riccioli, dicevano di “venire” sui miei capelli.
Quando mi accorsi di passare la metà della giornata in cam e l’altra metà a dormire, dissi basta.
Avevo un conto in banca che non avrei saputo come giustificare a mio papĂ . Ogni mese o paio di mesi , tornavo a casa per una o due settimane.
Ogni tanto mi chiedevo se tra i passanti ci fosse qualcuno che conoscesse la mia phica, la cosa mi eccitava ma al tempo stesso mi faceva paura. Avevo un forte senso di colpa verso mio padre.
“cosa avevo preso di tutta l’educazione che mi aveva dato?”
Però al tempo stesso non avevo fatto nulla, mi ero solo masturbata con tanti occhi che mi guardavano. Era lo stesso conflitto che avevo avuto tempo fa, per spiegarmi se Clara stesse facendo una cosa giusta o sbagliata.
Per due mesi non accesi il computer se non per ricerche universitarie, mail e facebook. Avevo tanti soldi e francamente rientrare nella vita normale mi faceva sentire bene. Mi ero alienata dentro quello schermo.
Iniziai ad uscire con i colleghi, ce ne erano un paio che secondo me, mi stavano dietro, ma non ci provavano in modo diretto. Pensai quanto fossero diversi i contatti reali da quelli virtuali, chissà se anche questi davanti al computer diventassero dei “porci” assatanati.
Si concluse il primo anno, poi il secondo, poi il terzo. Nel sito entravo ogni tanto, sia per divertirmi che per fare qualche soldo, due massimo tre volte a settimana per un paio di ore e comunque facevo sempre un bel gruzzoletto di circa 1.500 euro al mese che mi permetteva di vivere serenamente.
Già dal secondo anno, avevo detto a mio papà che soldi non me ne servivano perché lavoravo ai tavoli in un pub. Lui aveva sempre apprezzato i lavoratori, non discriminando il tipo di lavoro, poi una studentessa che si manteneva gli studi lavorando, era una cosa del tutto onorevole e da ammirare.
Ah se avesse saputo…credo che non sarei qui a raccontare.
Al quarto anno conobbi una docente particolarmente brava, la sua materia mi piaceva così tanto che decisi di fare la tesi con lei.
Così giunsi al quinto ed ultimo anno, era il mese di ottobre, quell’anno faceva un freddo incredibile, nei quattro anni trascorsi avevo avuto due storie, una durata un paio di mesi, l’altra quasi un anno, con colleghi perennemente squattrinati a cui io pagavo uscite al pub e cene. Dicevo che ero di famiglia benestante, mentre la mia risorsa era quella phichetta di cui gli utenti del sito facevano follie per quanto la bramavano.
Proposte di vacanza alle Maldive, chi a Cortina, chi in Messico, chi crociera, chi mi proponeva di andare direttamente a casa e presentarmi alla sua famiglia come la fidanzata. Solite assurditĂ  che ormai avevo imparato a gestire con un sorriso
Ma ormai non ero piĂą inghiottita da tutto questo calderone. A volte godevo davvero, altre fingevo. Agli utenti non importava molto questo.
Dicevo delle due storie reali, ad essere sincera godevo di più a masturbarmi che a scopare; quel giorno di ottobre entrai al supermercato. C’era un nuovo cassiere, sembrava imbranato, aveva i capelli abbastanza lunghi con i boccoli, spettinati ma che davano una certa compostezza alla capigliatura nera, occhialini da intellettuale, le poche parole che disse, furono molto pacate, c’ era una certa galanteria, strano per un cassiere di supermercato. La sua voce era calda.
Così tornai là una seconda, una terza, una quarta volta, insomma si arrivò a fine Aprile, belle giornate, noi ci salutavamo dandoci del tu (lui doveva avere un 5 o 6 anni in più di me), qualche battuta di scherzo sui prodotti e nulla.
Confesso che a me piaceva ma lui non si faceva avanti, però vedevo che con l’arrivo del caldo, un secondo di più, i suoi occhi si soffermavano sulle mie minigonne, anche sulle mie tette. Un giorno davanti alla porta a vetri dell’uscita mi girai volutamente e lo trovai a fissarmi il sedere mentre passava i prodotti di una cliente.
A quel ragazzo piacevo, ne ero quasi certa.
Tra una settimana sarei andata a trovare a casa i miei. Era l’ultima spesa prima della partenza. Mentre riempivo il carrello, pensai “Ora gli dico se vuole uscire. Farei la figura della cretina, per non dire della porca. E se è sposato? Che figura di m…! Insomma proporre un caffè non significa andiamo a scopare”
Giunsi alla cassa e ritornò il pensiero, tre clienti prima di me, due, uno. No, decisi di non dire nulla.
“Sei fidanzata?” mi chiese passando i prodotti “te lo chiedo perché non ti ho mai visto in compagnia, scusa eh non avrei dovuto chiederlo”
Mi piaceva caspita. Voce calda, imbarazzato, aveva avuto anche un certo coraggio ma poi aveva fatto un passo indietro.
Stavo sorridendo “no” dissi “ e tu?”
“ma figurati, cioè ho avuto una lunga storia finita male”
“ah, capita” uscii la carta di credito dal borsellino.
“so che posso rischiare il licenziamento, ma se ti va una di queste volte di vederci fuori di qui…”
C’era una vecchietta che stava assistendo alla discussione
“signora lei che dice” chiesi con un sorriso molto genuino e cortese.
La signora fece finta di non capire ma fece un passo indietro.
Il cassiere aveva le guancie rosse dall’imbarazzo, mi ispirava tanta tenerezza, gli dissi:
“se per te questa sera va bene, ti lascio il mio numero”
Tornando a casa pensai se magari lui fosse entrato nel sito e mi “conoscesse” e poi “vedendola” mi avrebbe dato della puttana. Ma che andavo pensando.
Luca, si presentò puntuale alle 20:30 sotto casa, una macchina mezza scassata, aveva un profumo buonissimo, il viso un po’ disteso un po’ imbarazzato, era vestito casual, io completino intimo blu con merletti, gonna nera , maglietta blu un po’ scollata davanti e scarpe con tacco
Luca era laureato in matematica, non era riuscito a trovare lavoro e aveva accettato quello di cassiere. Aveva 29 anni, come avevo previsto qualche anno in più di me. Fidanzato per sei anni, era stato tradito con l’ex della sua ragazza e per questo si erano lasciati, già da un anno.
La sua timidezza lo rendeva molto affascinante. Si è vero, io ero diventata una porca ma solo virtualmente, nella realtà ero la brava ragazza di sempre e non solo in apparenza.
Un’ottima pizza, nella pizzeria di un suo amico, una conversazione molto distesa e nulla di più. Una piacevolissima serata in buona compagnia. Tornai a casa prima di mezzanotte.
Entrai sul sito e il nuovo vibratore entrò dentro me, per la gioia di tutti gli osservatori. Mezz’ora dopo avevo spento tutto e dormivo.
Casa, mamma, papà, niente fratello perché all’università anche lui in un’altra città.
I miei rapporti con i maschi non erano elemento di discussione con papà, mamma chiedeva (sapevo che mio padre avrebbe saputo ogni parola) io ero sempre vaga. “Si frequento uno ma per ora siamo amici” dissi in quel caso.
In realtĂ  tornai, con il pensiero di vedere Luca, comunque ci sentivamo tutti i giorni e ci messaggiavamo.
Nella sessione di luglio mi laureai e forse c’era la possibilità di continuare con un dottorato di ricerca. Luca ad agosto fece due colloqui per entrare in una azienda che faceva statistiche. Dopo tre mesi di frequentazione nemmeno un bacio ma io non so come e perché, ma mi sentivo la sua fidanzata. Telefonate tutti i giorni, vedersi due o tre volte a settimana.
Le mie cam proseguivano, ma non mi sentivo più a mio agio, pensavo che questa phica non fosse la loro. Loro che non erano dei loro ma dei perfetti sconosciuti. Iniziai a chiacchierare sempre un po’ di più e a mostrarmi sempre un po’ meno, tra le varie proteste generali. C’è chi la prendeva alla larga, dicendomi che ero sempre stupenda ma alla fine si finiva lì: volevano mostrata la phica.
Il 3 di agosto prima di scendere dalla macchina, Luca mi diede un lunghissimo bacio, con una lingua felpata, una passione e un sentimento che mai nessuno (dei pochi) ragazzi conosciuti mi aveva trasmesso.
Giorno 4, lo invitai a casa mia, era già salito ma per pochi minuti, questa volta gli preparai una cena con i fiocchi. Il dolce lo consumammo nel letto. Un momento così intenso e passionale che fu come fare per la prima volta sesso. Alle 3 di notte, quando si congedò da casa mia. Entrai per l’ultima volta nel sito. Erano passati cinque anni, le parole, i pensieri, i vari spergiuramenti di amore erano sempre gli stessi. Non salutai nessuno, mi cancellai dal sito e spensi il computer.
Oggi sono passati 10 anni, insegno all’università, abbiamo con Luca due bambini, ed io ho un segreto che solo Clara sa che ormai non vedo da tanti anni.
Ogni tanto accendo la cam, in un sito non a pagamento. Devo dire che i miei peletti castani piacciono sempre e la mia phichetta si bagna come una lumaca nel leggere quello che i "maialoni" mi scrivono. Ho scoperto che anche Luca ne ha uno… di segreto...ma questa è un’altra storia.

Spero sia stato di vostro gradimento. Ragazzi, anche se parlo al femminile, sono un maschietto. Per intenderci ho il pisellino, quindi non fate proposte di uscite :D
Il mio thread è "lo psicologo risponde". Un saluto a tutti.
 
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Grazie Peppegiuit. Una buona domenica a te e Mourinho ...ne deduco che di sicuro non sei uno juventino :D
 
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