Esperienza reale Elena, una signora di classe

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Questo racconto, il primo che scrivo su questo sito, mischia elementi di fantasia e di realtà. Starà a voi decidere. Se pensate che sia vero, bene. Se pensate che sia tutto inventato, bene lo stesso. Mi piacerebbe avere le vostre impressioni, specie dalle gentili ospiti del forum. Non chiedete foto, per quello ci sono i forum appositi.

Antefatto
Mi ero trasferito da poco in quel complesso residenziale nel pieno centro di una cittadina del nord Italia. Un nuovo lavoro, uno stipendio finalmente adeguato, una casa con tutti i comfort. Libero e felice, alla faccia della donna che mi aveva piantato in asso dopo anni. Amen, acqua passata.
Libero e felice. Finalmente, anche il duro lavoro in palestra iniziava a dare i suoi effetti. Lo sguardo delle donne su di me era cambiato, o forse semplicemente ero cambiato io. Ma gli occhi addosso erano una sensazione molto piacevole. Specie quelli della ragazzina che avevo conosciuto durante il corso di teatro… Giulia, una cascata di capelli scuri, fisico da ballerina con un culo sodo e alto, un seno rigoglioso e la sensualità un po’ ingenua e sbarazzina che solo le ragazze da poco maggiorenni riescono a esprimere. Da poco si era lasciata con il suo ex, un suo coetaneo che – mi disse poi – non l’aveva mai soddisfatta pienamente. Doveva essere mia. Gioco facile, si è consegnata a me dopo nemmeno due settimane di corte nemmeno troppo insistita. Voglia di essere consolata o voglia di cazzo, fatto sta che da allora mi prosciuga, letteralmente, ogni fine settimana. Ma questa è un’altra storia…

È una storia che comincia in ottobre durante il trasferimento nel mio nuovo appartamento. La incontrai mentre, con l’aiuto di un amico, portavo in casa il divano. Mi intrigò. Bionda, fisico minuto ma tonico, con delle gambe spettacolari e un bel culetto a mandolino stretto in jeans skinny che poche altre cinquantenni avrebbero potuto portare con altrettanta disinvoltura. Ai piedi degli stivali di camoscio marroni. La tipa sembrava danarosa. La tipa sembrava snob. Mi salutò con quella fredda cortesia tipica di quelle parti, fingendo di ignorare il mio sguardo che la penetrava senza reverenza. Fingendo di non aver fissato, per un istante, il sudore imperlare i miei bicipiti.
Elena… seppi il suo nome quando suo marito, classico imprenditore lampada-camicia aperta-aperitivi-Porche, la chiamò dal cortile per dirle di sbrigarsi mentre lui portava il macchinone fuori dal garage. Altrimenti avrebbero fatto tardi alla cena natalizia dell’associazione dei costruttori, diceva. La vidi scendere, come una regina, inguainata in un vestitino nero di raso, scarpe decolleté ai piedi e cappottino in tinta. Non ci giurerei, ma mentre la guardavo scendere le scale – di nuovo, sfacciatamente, mentre fumavo l’ennesima sigaretta – mi sembrò di scorgere la balza di un autoreggente. Rientrai in casa, un po’ di controlli incrociati su facebook. Mi si aprì un mondo. Elena era in realtà una signora molto esibizionista, postava quasi giornalmente in un profilo praticamente pubblico le sue foto di fronte allo specchio a figura intera, in costume, seduta in poltrona dal basso per far risaltare le sue meravigliose cosce. La fantasia partì immediatamente, la mano la seguì poco dopo. Solo dopo seppi che quella sera non fui l’unico a restare turbato da quell'incrocio di sguardi.

[segue...]
 
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continua la storia, grazie a chi ha apprezzato. Commenti benvenuti.

Un colpo di fortuna
La bella Elena era diventata un’ossessione. Sognavo di poterla possedere, di sciogliere il dilemma che mi attanagliava, di capire come nella stessa persona potessero convivere l’altera signora che mi salutava algida nei nostri incroci e l’esibizionista che ogni giorno postava sui social foto delle sue gambe, delle sue scarpe di classe, del suo culetto fasciato in leggins che ben poco lasciavano all’immaginazione dei fortunati che la vedevano poi sudare in palestra. Scopavo Giulia con una foga crescente. E mentre lei urlava che ne voleva di più, più forte, più in fondo, io pensavo solo a Elena.
La desideravo, la bramavo ardentemente. Presi coraggio e le chiesi l’amicizia su facebook. La ignorò bellamente. Eppure, le rare volte in cui ci incontravamo per le scale o in cortile, sentivo i suoi occhi addosso. Occhi che giudicavano, che sondavano, che soppesavano.

La fortuna aiuta i perseveranti. Una mattina di inizio primavera stavo andando in garage per prendere l’auto e iniziare la mia solita routine giornaliera. Davvero un peccato chiudersi in ufficio, presenziare a una riunione dopo l’altra, con una giornata del genere fuori. Scesi nel seminterrato. Un’apparizione. Elena, la signora snob e sofisticata, la donna esibizionista e narcisa, lottava strenuamente con la porta basculante che sembrava irrimediabilmente incastrata. Eppure, il mio istinto da galantuomo era bloccato da qualcosa. Mi sorpresi incantato a guardare la curva delle sue cosce perfette lasciata scoperta dal vestitino a fiori blu, il suo culo tornito da ore di step toccare quasi terra mentre eseguiva uno squat perfetto su quei sandali tacco 12. Si accorse della mia presenza. Quasi infastidita, mi chiese – dandomi del lei, da vera snob quale era – se avessi intenzione di rimanere a guardare ancora per molto o se fossi capace di darle una mano. Non me lo feci ripetere due volte. Troppo minuta, lei. Abbastanza forte. Mi tolsi la giacca del completo grigio che indossavo. Restai con la mia camicia aderente. Stavolta era lei a contemplarmi, immobile, armeggiare e forzare gli ingranaggi della porta. In neanche cinque minuti Elena fu in grado di estrarre la sua Porsche dal garage. Dopo aver richiuso il garage, si fermò a ringraziarmi, poggiando il suo culetto sul freddo metallo del macchinone. Disse che altrimenti avrebbe fatto tardi per i preparativi del cocktail che aveva organizzato per il suo compleanno al circolo canottieri, il più esclusivo della città ci tenne a rimarcare. Non che avessi dubbi, pensai tra me e me. Le feci gli auguri e le chiesi se, finalmente, mi fossi meritato la sua amicizia su facebook. Mi avvicinai, sicuro ma non minaccioso, di un passo e le piantai gli occhi nei suoi. Senza remore. Tentò di sfuggire lo sguardo, stavolta. Uno strano bagliore nei suoi occhi mi fece capire che le sicurezze venivano meno. Mi avvicinai ancora, sentii il suo profumo dolce… Dior se l’olfatto non mi ingannava. Un profumo che mi mandò il sangue al cervello. Sentivo il cazzo pulsare sotto i pantaloni. Un bozzo evidente che non le era di certo sfuggito. L’aria si caricò di una tensione sessuale che si poteva quasi toccare.

[segue…]
 

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Un colpo di fortuna
La bella Elena era diventata un’ossessione. Sognavo di poterla possedere, di sciogliere il dilemma che mi attanagliava, di capire come nella stessa persona potessero convivere l’altera signora che mi salutava algida nei nostri incroci e l’esibizionista che ogni giorno postava sui social foto delle sue gambe, delle sue scarpe di classe, del suo culetto fasciato in leggins che ben poco lasciavano all’immaginazione dei fortunati che la vedevano poi sudare in palestra. Scopavo Giulia con una foga crescente. E mentre lei urlava che ne voleva di più, più forte, più in fondo, io pensavo solo a Elena.
La desideravo, la bramavo ardentemente. Presi coraggio e le chiesi l’amicizia su facebook. La ignorò bellamente. Eppure, le rare volte in cui ci incontravamo per le scale o in cortile, sentivo i suoi occhi addosso. Occhi che giudicavano, che sondavano, che soppesavano.

La fortuna aiuta i perseveranti. Una mattina di inizio primavera stavo andando in garage per prendere l’auto e iniziare la mia solita routine giornaliera. Davvero un peccato chiudersi in ufficio, presenziare a una riunione dopo l’altra, con una giornata del genere fuori. Scesi nel seminterrato. Un’apparizione. Elena, la signora snob e sofisticata, la donna esibizionista e narcisa, lottava strenuamente con la porta basculante che sembrava irrimediabilmente incastrata. Eppure, il mio istinto da galantuomo era bloccato da qualcosa. Mi sorpresi incantato a guardare la curva delle sue cosce perfette lasciata scoperta dal vestitino a fiori blu, il suo culo tornito da ore di step toccare quasi terra mentre eseguiva uno squat perfetto su quei sandali tacco 12. Si accorse della mia presenza. Quasi infastidita, mi chiese – dandomi del lei, da vera snob quale era – se avessi intenzione di rimanere a guardare ancora per molto o se fossi capace di darle una mano. Non me lo feci ripetere due volte. Troppo minuta, lei. Abbastanza forte. Mi tolsi la giacca del completo grigio che indossavo. Restai con la mia camicia aderente. Stavolta era lei a contemplarmi, immobile, armeggiare e forzare gli ingranaggi della porta. In neanche cinque minuti Elena fu in grado di estrarre la sua Porsche dal garage. Dopo aver richiuso il garage, si fermò a ringraziarmi, poggiando il suo culetto sul freddo metallo del macchinone. Disse che altrimenti avrebbe fatto tardi per i preparativi del cocktail che aveva organizzato per il suo compleanno al circolo canottieri, il più esclusivo della città ci tenne a rimarcare. Non che avessi dubbi, pensai tra me e me. Le feci gli auguri e le chiesi se, finalmente, mi fossi meritato la sua amicizia su facebook. Mi avvicinai, sicuro ma non minaccioso, di un passo e le piantai gli occhi nei suoi. Senza remore. Tentò di sfuggire lo sguardo, stavolta. Uno strano bagliore nei suoi occhi mi fece capire che le sicurezze venivano meno. Mi avvicinai ancora, sentii il suo profumo dolce… Dior se l’olfatto non mi ingannava. Un profumo che mi mandò il sangue al cervello. Sentivo il cazzo pulsare sotto i pantaloni. Un bozzo evidente che non le era di certo sfuggito. L’aria si caricò di una tensione sessuale che si poteva quasi toccare.

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La milf in porsche è pericolosa e vogliosa. Continua, bel racconto
 
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Grazie delle risposte, mi piace molto giocare con l'attesa

La miccia che fa divampare l'incendio
Quel giorno a lavoro non combinai molto. Vedevo bocche muoversi senza emettere suoni, parole e numeri passare sullo schermo senza un significato. Pensavo a Elena, alle sue cosce lucide e senza un filo di cellulite. Al suo culetto meraviglioso, a come aderiva perfettamente alla stoffa del vestitino. Al suo profumo di donna che avevo assaporato per un istante prima che, ripreso il controllo di sé stessa, mi salutasse con la solita cortese freddezza.

Poco dopo il mio rientro a casa, Giulia venne a trovarmi a sorpresa. Era splendida, nel suo gonnellino nero che le fasciava a malapena il culo, con una camicetta tesa i cui bottoni stavano per esplodere sotto la pressione della sua magnifica quarta. Non la feci neanche parlare, inappagato di quella tensione sessuale inespressa vissuta in mattinata con Elena. La girai contro la porta-finestra dell’ingresso, le alzai la gonna – era venuta senza mutandine, la mia puledrina ventenne – e la infilzai con tutto l’ardore che avevo. “Ehi.. hai più voglia del solito, oggi”, mi disse. Furono le sue uniche parole, poi solo un crescendo di gemiti mentre con foga facevo sbattere le mie palle contro le sue chiappe sode. Misi le mani a coppa sul suo seno, poi le tirai via la camicetta e subito dopo il push-up. Era esposta, nuda, alla mercé di chiunque passasse nel cortile. La sorte mi sorrise di nuovo. Elena rientrava proprio allora con il marito, con due borse di una famose boutique del centro – uno di quei posti in cui ti fanno la radiografia del conto corrente con uno sguardo non appena entri. Giulia, arrivata al culmine del piacere, emise proprio in quel momento urla acutissime. Quasi meccanicamente, Elena girò la testa e la vide. Mi vide. A petto nudo, pompavo la ragazzina da dietro con forza. Incrociò il suo sguardo col mio, per un istante. Scosse la testa e mormorò qualcosa al marito. Non sta bene che i vicini possano pensare che loro, la coppia più “in” del quartiere, si interessi degli affari altrui. Lessi il labiale. “Pervertito”, diceva. Venni con quattro fiotti abbondanti sulla schiena di Giulia, ma ormai nella mia mente c’era solo Elena.

La serata trascorse veloce, Giulia andò a cena con delle sue amiche. Io non avevo fame. Non di cibo, almeno. Aprii il computer, andai automaticamente nel file in cui avevo scaricato le foto di Elena che prendevo da facebook. Dio quanto la desideravo. Nonostante il cazzo mi facesse quasi male dalla scopata con Giulia, non resistetti. Stampai una foto di Elena, quella in cui era in piscina. Ammirai il suo culetto che sfidava le leggi della gravità, le sue cosce lunghe e sensuali, i suoi lunghi capelli ricci e il suo viso perfetto da bambolina voltato leggermente di profilo. Venni su quel foglio in pochi secondi. Avevo ancora voglia di lei. Proiettai sullo schermo una delle mie foto preferite: Elena seduta in poltrona, con delle favolose decolleté rosse ai piedi. Dal basso verso l’alto si stagliavano le sue gambe da dea, i polpacci ben definiti da scultura greca e – ancora, sempre – la mia vera ossessione: le sue cosce, strette al punto da essere quasi unite, sotto una gonna nera. Sborrai ancora una volta. Mi addormentai senza immaginare la sorpresa che mi aspettava la mattina dopo.

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La miccia che fa divampare l'incendio
Quel giorno a lavoro non combinai molto. Vedevo bocche muoversi senza emettere suoni, parole e numeri passare sullo schermo senza un significato. Pensavo a Elena, alle sue cosce lucide e senza un filo di cellulite. Al suo culetto meraviglioso, a come aderiva perfettamente alla stoffa del vestitino. Al suo profumo di donna che avevo assaporato per un istante prima che, ripreso il controllo di sé stessa, mi salutasse con la solita cortese freddezza.

Poco dopo il mio rientro a casa, Giulia venne a trovarmi a sorpresa. Era splendida, nel suo gonnellino nero che le fasciava a malapena il culo, con una camicetta tesa i cui bottoni stavano per esplodere sotto la pressione della sua magnifica quarta. Non la feci neanche parlare, inappagato di quella tensione sessuale inespressa vissuta in mattinata con Elena. La girai contro la porta-finestra dell’ingresso, le alzai la gonna – era venuta senza mutandine, la mia puledrina ventenne – e la infilzai con tutto l’ardore che avevo. “Ehi.. hai più voglia del solito, oggi”, mi disse. Furono le sue uniche parole, poi solo un crescendo di gemiti mentre con foga facevo sbattere le mie palle contro le sue chiappe sode. Misi le mani a coppa sul suo seno, poi le tirai via la camicetta e subito dopo il push-up. Era esposta, nuda, alla mercé di chiunque passasse nel cortile. La sorte mi sorrise di nuovo. Elena rientrava proprio allora con il marito, con due borse di una famose boutique del centro – uno di quei posti in cui ti fanno la radiografia del conto corrente con uno sguardo non appena entri. Giulia, arrivata al culmine del piacere, emise proprio in quel momento urla acutissime. Quasi meccanicamente, Elena girò la testa e la vide. Mi vide. A petto nudo, pompavo la ragazzina da dietro con forza. Incrociò il suo sguardo col mio, per un istante. Scosse la testa e mormorò qualcosa al marito. Non sta bene che i vicini possano pensare che loro, la coppia più “in” del quartiere, si interessi degli affari altrui. Lessi il labiale. “Pervertito”, diceva. Venni con quattro fiotti abbondanti sulla schiena di Giulia, ma ormai nella mia mente c’era solo Elena.

La serata trascorse veloce, Giulia andò a cena con delle sue amiche. Io non avevo fame. Non di cibo, almeno. Aprii il computer, andai automaticamente nel file in cui avevo scaricato le foto di Elena che prendevo da facebook. Dio quanto la desideravo. Nonostante il cazzo mi facesse quasi male dalla scopata con Giulia, non resistetti. Stampai una foto di Elena, quella in cui era in piscina. Ammirai il suo culetto che sfidava le leggi della gravità, le sue cosce lunghe e sensuali, i suoi lunghi capelli ricci e il suo viso perfetto da bambolina voltato leggermente di profilo. Venni su quel foglio in pochi secondi. Avevo ancora voglia di lei. Proiettai sullo schermo una delle mie foto preferite: Elena seduta in poltrona, con delle favolose decolleté rosse ai piedi. Dal basso verso l’alto si stagliavano le sue gambe da dea, i polpacci ben definiti da scultura greca e – ancora, sempre – la mia vera ossessione: le sue cosce, strette al punto da essere quasi unite, sotto una gonna nera. Sborrai ancora una volta. Mi addormentai senza immaginare la sorpresa che mi aspettava la mattina dopo.

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Ancora, ancora. Continua ti prego....
 
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Continua la saga di Elena, da signora per bene a...

La svolta
La mattina seguente tornai in garage, sperando di essere nuovamente fortunato. Nessuna traccia di Elena, la signora stava probabilmente ancora dormendo. Appartiene a quella classe fortunata che non ha bisogno di alzarsi presto, andare a lavoro, preoccuparsi delle bollette. Questo mancato incontro mi mise abbastanza di malumore e ne fece le spese la stagista dell’ufficio, quella che quasi ogni mattina con la scusa di raccogliere da terra un foglio dalla fotocopiatrice mi fa intravedere i suoi succinti tanga. Avesse avuto una faccia alla pari del culo, non avrei esitato un momento a fottermela in bagno. L’avevo già fatto con la stagista precedente, più di una volta, scopandola a pecorina – i pantaloni e le mutandine leggermente abbassati – contro la porta tenendole una mano sulla bocca per non far sentire i suoi gemiti.
Ancora un po’ innervosito, nonostante le quasi due ore di workout intenso in palestra, rientrai a casa. Quasi meccanicamente, come ogni giorno, controllai se avessi ricevuto posta. Una lettera dell’assicurazione, la tassa dei rifiuti e… un sacchetto di quelli argentati con cui si impacchettano i regali, con un fiocco di velluto rosso. Una minuta e graziosa grafia femminile mi chiedeva di aprirlo solo una volta entrato in casa. Un tuffo al cuore, volai verso l’uscio con le pulsazioni a mille. Non poteva essere Lei…

Scartai quasi con violenza l’involucro. All’interno, un biglietto e un perizoma nero di pizzo leggermente umido. Istintivamente, lo avvicinai al naso per annusarlo. Un afrodisiaco profumo di donna invase totalmente il mio olfatto, un sottofondo persistente di Dior. Ebbi un’erezione immediata. Cercai di mantenere il controllo per leggere attentamente il biglietto: una serie di numeri e segni. Sembravano delle coordinate GPS. Le misi immediatamente su Google Maps. Non mi sbagliavo, si trattava di una via secondaria in una zona abbastanza periferica della città. Sussultai… che si trattasse di un appuntamento? Ero confuso, eccitato e disorientato. In una situazione del genere anche un uomo sicuro di sé, abituato a essere cacciatore e non preda, era in difficoltà. Cercai di distrarmi, aprii un libro. Nulla, la testa tornava sempre lì. Elena aveva deciso di giocare con me e questo travolgimento dei ruoli mi mandava il sangue alla testa. La volevo. Come un pezzo di acciaio con un magnete, mi sentii attratto nuovamente verso quel pacchetto. Presi il suo perizoma tra le mani e lo avvolsi intorno al mio cazzo. Ebbi uno degli orgasmi più violenti della mia vita. Quella donna mi stava facendo impazzire.

Senza troppa voglia ingurgitai qualcosa. Avevo lo stomaco totalmente chiuso, l’eccitazione aveva preso il sopravvento. Presi il cellulare e vidi una notifica su messenger. Elena aveva accettato la mia amicizia e mi aveva inviato un link ad un sito che permetteva di caricare foto e video a tempo. Mi precipitai ad aprire la pagina. Era un video… il cuore si fermò un’altra volta. La ripresa iniziava con una poltrona – quella poltrona che tante volte avevo ammirato insieme alle sue gambe meravigliose – vuota. Un rumore di tacchi sul parquet preannunciò il suo arrivo. Elena era meravigliosa, con un vestitino corto rosso e le scarpe di vernice nera con tacco e plateau. Fece partire una musica di sottofondo e, muovendosi a tempo, fece scivolare il vestito lungo i suoi fianchi sinuosi. Finalmente la vidi nuda, con addosso solo un perizoma nero di pizzo.

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Tanto tuonò che piovve

L'incontro e la rivelazione
Mentre vedevo le mani di Elena muoversi sul suo seno, percorrere il suo addome piatto per raggiungere la stoffa delle mutandine, mi ritrovai quasi inconsapevolmente a muovere le mie mani sull’asta che, prepotente, denunciava la mia eccitazione. Superò l’elastico del perizoma e la vidi massaggiarsi con lenti movimenti circolari all’altezza del clitoride. Una visione che avrebbe fatto drizzare il cazzo a un morto. Una splendida signora cinquantenne, con il fascino consapevole che solo le donne mature possono avere, che si masturbava con sensuale maliziosità su una poltrona da migliaia di euro. Pian piano, quella donna glaciale che ero abituato a salutare si trasformò in una Venere erotica, che sommessamente gemeva mentre si donava piacere e, indirettamente, ne donava a me. Finalmente, proruppe in un orgasmo trattenuto a stento e, alzatasi ancora tremante dalla poltrona, la vidi armeggiare e tornare con un foglio che recitava: domani, ore 14, 2° piano, porta destra.

Inutile dire che non riuscii a chiudere occhio quella notte. Decisi di essere al meglio di me, presi un giorno di ferie. La mattina uscii a correre, feci una colazione leggera e finalmente una doccia. Curai attentamente barba e capelli, misi una goccia del mio profumo preferito e una ventata di tabacco fendette l’aria. Decisi per un abbigliamento sportivo che mettesse in risalto il fisico che avevo costruito con il duro allenamento.
Salii in macchina. Giunsi in quella zona anonima, grigia. Arrivai all’indirizzo, un condominio anonimo. Il portone si aprì con un rumore metallico. Feci le scale e, trovata la porta della casa dischiusa, entrai.

Elena era bella come non mai. Indossava un vestito bianco ricamato con delle scarpe beige abbinate alla cintura che stringeva, evidenziandoli, i suoi fianchi e alle scarpe – ovviamente, decolleté con tacco 12 – che calzava elegantemente. I capelli erano piastrati di fresco. Un rossetto rosso tenue le valorizzava le labbra non molto carnose ma decisamente sensuali. Mi accolse seduta, nella stessa posa della foto che tante erezioni mi aveva procurato. La guardai, lei ricambiò il mio sguardo quasi con aria di rimprovero. Solo in quel momento mi accorsi che, silenziosamente, una lacrima le rigava il volto. Continuando a darmi del lei, mi disse: “Andrea, lei non ha idea di cosa sta facendo alla mia vita! Sono sempre stata una donna fedele, amo mio marito. È una persona buona, che mi ha regalato una vita di agio e benessere. Ha mille attenzioni per me e mi riempie di regali”. Non capivo. “Certo, mi è sempre piaciuto esibire il mio fisico. Ne sono sempre andata fiera, anche se questo ha spesso condotto le persone a giudicarmi. Sentivo gli apprezzamenti degli uomini, anche quelli più pesanti. Anche quelli dei manovali stranieri della ditta di mio marito. Anche quelli dei ragazzi che frequentano la mia stessa palestra. Ma nessuno mi ha mai guardato come lei, ogni volta mi sento penetrare e un fuoco inizia a bruciarmi dentro”. Trasalii. “Dalla prima volta che l’ho incrociata mi è successa una cosa che non credevo possibile. Andrea, lei è l’unico che riesce a farmi eccitare. Mio marito non è mai stato molto abile con il sesso, non mi sfiora più da anni, e io pensavo di essere riuscita a domare i miei desideri. Ma da quando l’ho vista e, soprattutto, dalla sera in cui ho sentito quanto facesse fremere di godimento quella ragazza, non riesco a non desiderarla”

[segue…]
 

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Mentre vedevo le mani di Elena muoversi sul suo seno, percorrere il suo addome piatto per raggiungere la stoffa delle mutandine, mi ritrovai quasi inconsapevolmente a muovere le mie mani sull’asta che, prepotente, denunciava la mia eccitazione. Superò l’elastico del perizoma e la vidi massaggiarsi con lenti movimenti circolari all’altezza del clitoride. Una visione che avrebbe fatto drizzare il cazzo a un morto. Una splendida signora cinquantenne, con il fascino consapevole che solo le donne mature possono avere, che si masturbava con sensuale maliziosità su una poltrona da migliaia di euro. Pian piano, quella donna glaciale che ero abituato a salutare si trasformò in una Venere erotica, che sommessamente gemeva mentre si donava piacere e, indirettamente, ne donava a me. Finalmente, proruppe in un orgasmo trattenuto a stento e, alzatasi ancora tremante dalla poltrona, la vidi armeggiare e tornare con un foglio che recitava: domani, ore 14, 2° piano, porta destra.

Inutile dire che non riuscii a chiudere occhio quella notte. Decisi di essere al meglio di me, presi un giorno di ferie. La mattina uscii a correre, feci una colazione leggera e finalmente una doccia. Curai attentamente barba e capelli, misi una goccia del mio profumo preferito e una ventata di tabacco fendette l’aria. Decisi per un abbigliamento sportivo che mettesse in risalto il fisico che avevo costruito con il duro allenamento.
Salii in macchina. Giunsi in quella zona anonima, grigia. Arrivai all’indirizzo, un condominio anonimo. Il portone si aprì con un rumore metallico. Feci le scale e, trovata la porta della casa dischiusa, entrai.

Elena era bella come non mai. Indossava un vestito bianco ricamato con delle scarpe beige abbinate alla cintura che stringeva, evidenziandoli, i suoi fianchi e alle scarpe – ovviamente, decolleté con tacco 12 – che calzava elegantemente. I capelli erano piastrati di fresco. Un rossetto rosso tenue le valorizzava le labbra non molto carnose ma decisamente sensuali. Mi accolse seduta, nella stessa posa della foto che tante erezioni mi aveva procurato. La guardai, lei ricambiò il mio sguardo quasi con aria di rimprovero. Solo in quel momento mi accorsi che, silenziosamente, una lacrima le rigava il volto. Continuando a darmi del lei, mi disse: “Andrea, lei non ha idea di cosa sta facendo alla mia vita! Sono sempre stata una donna fedele, amo mio marito. È una persona buona, che mi ha regalato una vita di agio e benessere. Ha mille attenzioni per me e mi riempie di regali”. Non capivo. “Certo, mi è sempre piaciuto esibire il mio fisico. Ne sono sempre andata fiera, anche se questo ha spesso condotto le persone a giudicarmi. Sentivo gli apprezzamenti degli uomini, anche quelli più pesanti. Anche quelli dei manovali stranieri della ditta di mio marito. Anche quelli dei ragazzi che frequentano la mia stessa palestra. Ma nessuno mi ha mai guardato come lei, ogni volta mi sento penetrare e un fuoco inizia a bruciarmi dentro”. Trasalii. “Dalla prima volta che l’ho incrociata mi è successa una cosa che non credevo possibile. Andrea, lei è l’unico che riesce a farmi eccitare. Mio marito non è mai stato molto abile con il sesso, non mi sfiora più da anni, e io pensavo di essere riuscita a domare i miei desideri. Ma da quando l’ho vista e, soprattutto, dalla sera in cui ho sentito quanto facesse fremere di godimento quella ragazza, non riesco a non desiderarla”

[segue…]
E vai che si prosegue. Avanti tutta dunque
 

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