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29. Finalmente
L’amica la riaccompagnò a casa. Quando furono davanti al portone, Camilla ricevette un messaggio di Edoardo, il quale le chiedeva di vedersi per parlare. Lei sospirò. Non era arrabbiata con lui, piuttosto non sapeva come comportarsi dopo quello che era successo durante la serata.
“Sono quasi arrivata a casa, mi sta accompagnando Monica.”
“Aspettami, per favore. Tra dieci minuti sono lì.”
Camilla ci penso più e più volte, scrivendo e cancellando il messaggio. Poi optò per un semplice e freddo ok. L’amica aspettò che arrivasse l’auto di Edoardo, poi la salutò.
Lui si accostò al marciapiede.
“Che fai, sali?”
Lei annuì ed aprì lo sportello.
Edoardo guidò fino a un parcheggio poco distante. In macchina c’era un silenzio di tomba, e tutto intorno anche. La città si era ritirata dopo una notte di follie, e nell’aria rimaneva solo un leggero odore di fuochi d’artificio che penetrava dai finestrini chiusi, mentre i vetri dell’abitacolo si stavano appannando.
“Senti…” - cominciò lui – “mi dispiace.”
Camilla aspettò che lui dicesse altro, ma Edoardo era tipo di poche parole.
“Bene, ok, ti dispiace.”
Edoardo non si aspettava certo i salti di gioia, ma si auspicava comunque una reazione migliore. Si girò chinando lo sguardo, Camilla incrociò il suo occhio che stava cominciando a farsi violaceo per via del cazzotto ricevuto da Christian, e si intenerì.
“Ti fa male?” – gli chiese, facendogli una carezza.
“Ahi!” – fece lui con una smorfia di dolore – “Quel coglione di Christian…”
“Puoi dirlo forte!” - disse lei sorridendo.
L’atmosfera si stava rilassando.
“Adesso vedrai come scalderà la panchina, e sticazzi dei play-off…”
Camilla rise ancora. D’altronde, sentir parlare male di Christian, vuoi o non vuoi la faceva stare perfidamente meglio. Sentì la voglia di abbracciare Edoardo e gli si gettò al collo accarezzandolo. Lui rimase rigido come uno stoccafisso.
“Non ti capisco…” – disse sussurrando.
“Non mi capisco neanche io.” – replicò lei. Poi gli diede un bacio sulla guancia e tornò al suo posto. Ma lui chiuse gli occhi e si avvicinò alle sue labbra. Camilla si sentì confusa.
“Aspetta, forse dovremmo…” – provò a dire prima che le loro bocche si toccassero. Ma Edoardo era ormai troppo vicino e tutti i pensieri e le parole furono superati dalla voglia che la stava prendendo.
Fuori le temperature erano rigide, ma dentro l’aria cominciava a surriscaldarsi tanto che i ragazzi dovettero levarsi pesanti giacconi. Era faticoso e scomodo muoversi all’interno della Smart di Edoardo. Si incastrarono l’uno sopra l’altro sul sedile del passeggero, per non avere l’ulteriore impiccio del volante. Limitarono i movimenti allo stretto indispensabile per permettere di congiungersi. Lui si abbassò quanto bastava i pantaloni; lei si alzò il vestito, fece scivolare le calze fino alle ginocchia e si sedette sopra di lui.
Non sapevano se fosse più la scomodità o il piacere di fare quella cosa. Per strada non c’era ormai quasi nessuno, se non qualche persona isolata che rientrava dopo i bagordi dell’ultimo dell’anno. Il loro amplesso era nascosto al mondo esterno dai vetri totalmente appannati dai loro fiati che continuavano a scambiarsi baci. Camilla si reggeva come poteva alle pareti dell’abitacolo, mentre Edoardo con forza la prendeva dai fianchi e la spingeva su di lui.
Durò pochi minuti, poi esplose di piacere dentro di lei. Nella concitazione e scomodità della situazione, lo sperma colò dappertutto, e si macchiarono entrambi. Si dovettero pulire rapidamente con una salvietta, ma il vestito viola di Camilla rimase in parte imbrattato.
Godettero del calore dei loro corpi ancora un po’, rimanendo l’uno dentro l’altro come la chiave in un lucchetto, baciandosi e lasciandosi andare a tenere carezze. Camilla realizzò in quel momento di volere qualcosa di più serio e si lasciò sfuggire una frase.
“Proviamoci, dai…”
A Edoardo brillarono gli occhi. La baciò ancora appassionatamente e poi la strinse forte a sé. Si rivestirono con calma, nello spazio angusto dell’abitacolo. Una volta tornati sotto casa di Camilla, Edoardo la afferrò per le guance e le tastò di nuovo le labbra. Fu un bacio così lungo che non voleva lasciarla andare, la guardò sognante sparire dentro il portone tra le prime luci dell’alba.
Camilla si appoggiò al vetro gelido del portone, e fece un respiro profondo, portandosi le mani al petto. Forse stavolta era la volta buona per cambiare. Forse lasciarsi andare a quello che provava ed iniziare una relazione seria poteva essere il primo passo verso un cambiamento, il primo passo per abbandonare la cattiva strada. Entrambi si addormentarono sereni e felici di aver finalmente cominciato la loro relazione.
L’amica la riaccompagnò a casa. Quando furono davanti al portone, Camilla ricevette un messaggio di Edoardo, il quale le chiedeva di vedersi per parlare. Lei sospirò. Non era arrabbiata con lui, piuttosto non sapeva come comportarsi dopo quello che era successo durante la serata.
“Sono quasi arrivata a casa, mi sta accompagnando Monica.”
“Aspettami, per favore. Tra dieci minuti sono lì.”
Camilla ci penso più e più volte, scrivendo e cancellando il messaggio. Poi optò per un semplice e freddo ok. L’amica aspettò che arrivasse l’auto di Edoardo, poi la salutò.
Lui si accostò al marciapiede.
“Che fai, sali?”
Lei annuì ed aprì lo sportello.
Edoardo guidò fino a un parcheggio poco distante. In macchina c’era un silenzio di tomba, e tutto intorno anche. La città si era ritirata dopo una notte di follie, e nell’aria rimaneva solo un leggero odore di fuochi d’artificio che penetrava dai finestrini chiusi, mentre i vetri dell’abitacolo si stavano appannando.
“Senti…” - cominciò lui – “mi dispiace.”
Camilla aspettò che lui dicesse altro, ma Edoardo era tipo di poche parole.
“Bene, ok, ti dispiace.”
Edoardo non si aspettava certo i salti di gioia, ma si auspicava comunque una reazione migliore. Si girò chinando lo sguardo, Camilla incrociò il suo occhio che stava cominciando a farsi violaceo per via del cazzotto ricevuto da Christian, e si intenerì.
“Ti fa male?” – gli chiese, facendogli una carezza.
“Ahi!” – fece lui con una smorfia di dolore – “Quel coglione di Christian…”
“Puoi dirlo forte!” - disse lei sorridendo.
L’atmosfera si stava rilassando.
“Adesso vedrai come scalderà la panchina, e sticazzi dei play-off…”
Camilla rise ancora. D’altronde, sentir parlare male di Christian, vuoi o non vuoi la faceva stare perfidamente meglio. Sentì la voglia di abbracciare Edoardo e gli si gettò al collo accarezzandolo. Lui rimase rigido come uno stoccafisso.
“Non ti capisco…” – disse sussurrando.
“Non mi capisco neanche io.” – replicò lei. Poi gli diede un bacio sulla guancia e tornò al suo posto. Ma lui chiuse gli occhi e si avvicinò alle sue labbra. Camilla si sentì confusa.
“Aspetta, forse dovremmo…” – provò a dire prima che le loro bocche si toccassero. Ma Edoardo era ormai troppo vicino e tutti i pensieri e le parole furono superati dalla voglia che la stava prendendo.
Fuori le temperature erano rigide, ma dentro l’aria cominciava a surriscaldarsi tanto che i ragazzi dovettero levarsi pesanti giacconi. Era faticoso e scomodo muoversi all’interno della Smart di Edoardo. Si incastrarono l’uno sopra l’altro sul sedile del passeggero, per non avere l’ulteriore impiccio del volante. Limitarono i movimenti allo stretto indispensabile per permettere di congiungersi. Lui si abbassò quanto bastava i pantaloni; lei si alzò il vestito, fece scivolare le calze fino alle ginocchia e si sedette sopra di lui.
Non sapevano se fosse più la scomodità o il piacere di fare quella cosa. Per strada non c’era ormai quasi nessuno, se non qualche persona isolata che rientrava dopo i bagordi dell’ultimo dell’anno. Il loro amplesso era nascosto al mondo esterno dai vetri totalmente appannati dai loro fiati che continuavano a scambiarsi baci. Camilla si reggeva come poteva alle pareti dell’abitacolo, mentre Edoardo con forza la prendeva dai fianchi e la spingeva su di lui.
Durò pochi minuti, poi esplose di piacere dentro di lei. Nella concitazione e scomodità della situazione, lo sperma colò dappertutto, e si macchiarono entrambi. Si dovettero pulire rapidamente con una salvietta, ma il vestito viola di Camilla rimase in parte imbrattato.
Godettero del calore dei loro corpi ancora un po’, rimanendo l’uno dentro l’altro come la chiave in un lucchetto, baciandosi e lasciandosi andare a tenere carezze. Camilla realizzò in quel momento di volere qualcosa di più serio e si lasciò sfuggire una frase.
“Proviamoci, dai…”
A Edoardo brillarono gli occhi. La baciò ancora appassionatamente e poi la strinse forte a sé. Si rivestirono con calma, nello spazio angusto dell’abitacolo. Una volta tornati sotto casa di Camilla, Edoardo la afferrò per le guance e le tastò di nuovo le labbra. Fu un bacio così lungo che non voleva lasciarla andare, la guardò sognante sparire dentro il portone tra le prime luci dell’alba.
Camilla si appoggiò al vetro gelido del portone, e fece un respiro profondo, portandosi le mani al petto. Forse stavolta era la volta buona per cambiare. Forse lasciarsi andare a quello che provava ed iniziare una relazione seria poteva essere il primo passo verso un cambiamento, il primo passo per abbandonare la cattiva strada. Entrambi si addormentarono sereni e felici di aver finalmente cominciato la loro relazione.