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36. Un anno dopo
Trascorse poco più di un anno. Era la storia d’amore più lunga che Camilla avesse mai avuto fino a quel momento. Anzi, a dirla tutta, era la prima storia d’amore vera, degna di tale nome, che avesse mai vissuto.
In tutto quel tempo, non aveva mai sentito il desiderio di tradire, e di conseguenza non l’aveva fatto. Anche il suo consueto flirtare con i ragazzi era quasi del tutto scomparso.
Giorgio era al settimo cielo. Felice di aver conquistato Camilla, ma ancor di più orgoglioso di non aver mai smesso di credere in lei. Di aver pensato che, con l’amore, potesse cambiare. Diventare non solo una persona diversa, ma una fidanzata capace di amare per davvero.
Da settimane le stava preparando una sorpresa per l’estate: un regalo che unisse il loro anniversario, ad aprile, e il compleanno di Camilla, a giugno. Aveva messo da parte un po’ di soldi con qualche lavoretto, e voleva regalarle una vacanza da sogno in un posto esotico. Si stava facendo aiutare da Chiara, un’amica della sorella che lavorava in un’agenzia di viaggi.
Nel frattempo, Camilla era completamente assorbita dall’università. L’amore l’aveva resa anche più produttiva: passava giornate sui libri, macinando esami su esami.
Un pomeriggio, mentre era a casa di Giorgio a studiare, si addormentò sul divano; appunti fotocopiati le svolazzarono sul petto. Nel dormiveglia sentì il cellulare del fidanzato squillare. Lui rispose subito, allontanandosi verso la cucina. Abbassò solo leggermente la voce, convinto che Camilla stesse dormendo. Lei ascoltò la conversazione e riuscì solo a percepire ciò che veniva detto dall’altra parte del telefono. Distingueva, però, in maniera nitida, una voce di donna.
“Allora, gliel’hai detto?”
“No, non ancora… non è il momento.”
“Gio, dai, se aspetti ancora poi diventa tutto più complicato. Devi dirglielo.”
“È che ora è piena di esami… non voglio distrarla. Aspetto il momento giusto. Non voglio darle altri pensieri. Si dovrà organizzare.”
Camilla inizialmente non diede peso a quelle parole. Ma qualcosa scattò dentro di lei. Chi era quella donna? E cosa c’era da dire? Perché Giorgio non voleva che lei lo sapesse subito?
Secondo lei, Giorgio non era proprio il tipo da tradimenti, specie così alla luce del sole. Rimase con il dubbio. Ma il pensiero si era instillato e non riusciva a scacciarlo via.
Qualche giorno dopo, senza riuscire a far finta di nulla, decise di affrontarlo.
“Chi era al telefono l’altro giorno?”
Giorgio, sorpreso, si voltò verso di lei.
“Quando?”
“L’altro pomeriggio. Eri in cucina. Io dormivo, o almeno… così pensavi.”
“Ah, era… Chiara.”
“Chiara chi?”
“Chiara, l’amica di… mia sorella. Nulla di che.” – disse, titubante.
“Davvero nulla di che? Sembri strano... sembrava che stessi parlando di qualcosa da tenermi nascosto.”
“Ma no, amore, niente di che, davvero.”
Giorgio non tradì emozioni, se non un po’ di imbarazzo. Aveva soltanto paura di rovinare la sorpresa. Ma Camilla la vide in tutt’altro modo. Presto si convinse che la stava tradendo. Soprattutto perché si rivedeva in quei comportamenti: il negare, l’essere titubante… era tutto quello che lei stessa aveva fatto decine di volte in passato.
“Giorgio non è così,” - pensò. - “Non è come me. Lui è buono. Non lo farebbe mai. E ha cambiato anche me. Devo scacciare via questi pensieri.”
Ma non ci riuscì. Il dubbio la stava divorando e la faceva impazzire. Diventò pressante, lo incalzò più volte e lui si irritò, anche per il semplice fatto che proprio lei, proprio Camilla, non si fidasse di lui. Un paio di volte le rispose male, pur continuando ad assicurarle di non avere niente da nascondere. E il peggio accadde quando lei fu invitata a una festa in discoteca di una sua amica.
Camilla aveva sempre amato ballare, ma l’andare in discoteca per lei era soprattutto uno sfogo. Un modo per sentire addosso gli occhi di tutti. Con Giorgio, quella voglia era sparita. Quando però seppe della festa, complici le litigate frequenti delle ultime settimane, sentì nuovamente il bisogno di essere di nuovo guardata. Senza però andare oltre. Almeno inizialmente, il suo desiderio era soltanto quello di sentirsi apprezzata, ammirata.
Si preparò con cura, scegliendo un vestito che non indossava da tempo: un tubino nero, corto e aderente, con le spalle scoperte e un incrocio di lacci sulla schiena nuda. Il tessuto lucido le arrivava appena sopra metà coscia.
Aveva truccato gli occhi con un ombretto scuro e luminoso, un eyeliner marcato e il rossetto rosso che non metteva da mesi. I capelli sciolti, leggermente mossi, le cadevano sulle spalle con un’aria disinvolta.
Quando fu in mezzo alla pista, nel buio, tra le luci intermittenti, si sentì catapultata indietro di un anno. Tutti i cambiamenti che aveva fatto, spariti. Il suo buon senso, dissolto. Le parole d’amore dette a Giorgio, le sue rassicurazioni, volatilizzate.
Così, al primo sguardo lascivo di un ragazzo che trovò attraente, complici i dubbi che continuavano a frullarle in testa e l’alcol che le scorreva in corpo, non ci volle molto perché tornasse la Camilla di sempre.
Fu una cosa veloce. Sporca, in tutti i sensi. Consumata in uno squallido bagno di una discoteca.
Lei ricurva in avanti, con le mani sulle piastrelle luride. Lui che frugava sotto il suo vestito, con le mutandine appena calate al ginocchio. Le dita ancora impregnate di tabacco che le entravano dentro. E ancora, lei che si contorceva e godeva con la faccia a un centimetro da quel muro sudicio. La porta tenuta chiusa a malapena con un piede. La borsa appoggiata alla maniglia sgangherata.
In un attimo, lui entrò. Con forza. Con voglia. Senza amore. Senza protezione.
Durò poco, ma le bastò per sentirsi di nuovo viva. E di nuovo sporca. Di nuovo attraente. E di nuovo debole. Di nuovo libera. E di nuovo una merda.
Si fece finire in bocca. Come quando quella era la normalità, la naturale conclusione di ogni sua serata. Come quando si faceva usare dai ragazzi, e non conosceva l’amore.
Rimase in ginocchio, attenta soltanto a non toccare il pavimento impregnato di piscio. In equilibrio precario, accolse tutto il seme del ragazzo. Ingoiò. Un boccone amaro, in tutti i sensi.
Poi si rivestirono e tornarono in pista, come se niente fosse. Ma lei, dentro, si sentiva morire. L’aveva fatto di nuovo. Era tornata quella che durante quell’anno aveva faticosamente cercato di cacciare. Solo per un suo stupido dubbio. Un dubbio che era quanto più lontano ci fosse dalla realtà.
Aveva fatto quello proprio a Giorgio, che aveva avuto così tanta fiducia in lei. Il primo, l’unico che era riuscito faticosamente a cambiarla. Lui, che l’aveva fatta diventare una donna migliore. Che l’aveva resa quella ragazza normale che aveva sempre voluto essere.
Tornata a casa, non volle neanche farsi una doccia. Voleva sentirsi sporca. Era giusto che si sentisse così e che continuasse a sentirsi così, almeno per quella notte.
E poi, doveva decidere cosa fare. Se affrontare Giorgio. Se confessare. Se fingere. Se scappare.
Pensieri negativi la pervasero: davvero mi è bastato così poco? È così fragile il mio equilibrio? Forse quest’anno è stato solo una facciata. Solo una parentesi nella mia vita. E la mia strada, quella vera… è la cattiva strada. Sono fatta così. Non posso cambiare. O almeno, non ci riesco.
Trascorse poco più di un anno. Era la storia d’amore più lunga che Camilla avesse mai avuto fino a quel momento. Anzi, a dirla tutta, era la prima storia d’amore vera, degna di tale nome, che avesse mai vissuto.
In tutto quel tempo, non aveva mai sentito il desiderio di tradire, e di conseguenza non l’aveva fatto. Anche il suo consueto flirtare con i ragazzi era quasi del tutto scomparso.
Giorgio era al settimo cielo. Felice di aver conquistato Camilla, ma ancor di più orgoglioso di non aver mai smesso di credere in lei. Di aver pensato che, con l’amore, potesse cambiare. Diventare non solo una persona diversa, ma una fidanzata capace di amare per davvero.
Da settimane le stava preparando una sorpresa per l’estate: un regalo che unisse il loro anniversario, ad aprile, e il compleanno di Camilla, a giugno. Aveva messo da parte un po’ di soldi con qualche lavoretto, e voleva regalarle una vacanza da sogno in un posto esotico. Si stava facendo aiutare da Chiara, un’amica della sorella che lavorava in un’agenzia di viaggi.
Nel frattempo, Camilla era completamente assorbita dall’università. L’amore l’aveva resa anche più produttiva: passava giornate sui libri, macinando esami su esami.
Un pomeriggio, mentre era a casa di Giorgio a studiare, si addormentò sul divano; appunti fotocopiati le svolazzarono sul petto. Nel dormiveglia sentì il cellulare del fidanzato squillare. Lui rispose subito, allontanandosi verso la cucina. Abbassò solo leggermente la voce, convinto che Camilla stesse dormendo. Lei ascoltò la conversazione e riuscì solo a percepire ciò che veniva detto dall’altra parte del telefono. Distingueva, però, in maniera nitida, una voce di donna.
“Allora, gliel’hai detto?”
“No, non ancora… non è il momento.”
“Gio, dai, se aspetti ancora poi diventa tutto più complicato. Devi dirglielo.”
“È che ora è piena di esami… non voglio distrarla. Aspetto il momento giusto. Non voglio darle altri pensieri. Si dovrà organizzare.”
Camilla inizialmente non diede peso a quelle parole. Ma qualcosa scattò dentro di lei. Chi era quella donna? E cosa c’era da dire? Perché Giorgio non voleva che lei lo sapesse subito?
Secondo lei, Giorgio non era proprio il tipo da tradimenti, specie così alla luce del sole. Rimase con il dubbio. Ma il pensiero si era instillato e non riusciva a scacciarlo via.
Qualche giorno dopo, senza riuscire a far finta di nulla, decise di affrontarlo.
“Chi era al telefono l’altro giorno?”
Giorgio, sorpreso, si voltò verso di lei.
“Quando?”
“L’altro pomeriggio. Eri in cucina. Io dormivo, o almeno… così pensavi.”
“Ah, era… Chiara.”
“Chiara chi?”
“Chiara, l’amica di… mia sorella. Nulla di che.” – disse, titubante.
“Davvero nulla di che? Sembri strano... sembrava che stessi parlando di qualcosa da tenermi nascosto.”
“Ma no, amore, niente di che, davvero.”
Giorgio non tradì emozioni, se non un po’ di imbarazzo. Aveva soltanto paura di rovinare la sorpresa. Ma Camilla la vide in tutt’altro modo. Presto si convinse che la stava tradendo. Soprattutto perché si rivedeva in quei comportamenti: il negare, l’essere titubante… era tutto quello che lei stessa aveva fatto decine di volte in passato.
“Giorgio non è così,” - pensò. - “Non è come me. Lui è buono. Non lo farebbe mai. E ha cambiato anche me. Devo scacciare via questi pensieri.”
Ma non ci riuscì. Il dubbio la stava divorando e la faceva impazzire. Diventò pressante, lo incalzò più volte e lui si irritò, anche per il semplice fatto che proprio lei, proprio Camilla, non si fidasse di lui. Un paio di volte le rispose male, pur continuando ad assicurarle di non avere niente da nascondere. E il peggio accadde quando lei fu invitata a una festa in discoteca di una sua amica.
Camilla aveva sempre amato ballare, ma l’andare in discoteca per lei era soprattutto uno sfogo. Un modo per sentire addosso gli occhi di tutti. Con Giorgio, quella voglia era sparita. Quando però seppe della festa, complici le litigate frequenti delle ultime settimane, sentì nuovamente il bisogno di essere di nuovo guardata. Senza però andare oltre. Almeno inizialmente, il suo desiderio era soltanto quello di sentirsi apprezzata, ammirata.
Si preparò con cura, scegliendo un vestito che non indossava da tempo: un tubino nero, corto e aderente, con le spalle scoperte e un incrocio di lacci sulla schiena nuda. Il tessuto lucido le arrivava appena sopra metà coscia.
Aveva truccato gli occhi con un ombretto scuro e luminoso, un eyeliner marcato e il rossetto rosso che non metteva da mesi. I capelli sciolti, leggermente mossi, le cadevano sulle spalle con un’aria disinvolta.
Quando fu in mezzo alla pista, nel buio, tra le luci intermittenti, si sentì catapultata indietro di un anno. Tutti i cambiamenti che aveva fatto, spariti. Il suo buon senso, dissolto. Le parole d’amore dette a Giorgio, le sue rassicurazioni, volatilizzate.
Così, al primo sguardo lascivo di un ragazzo che trovò attraente, complici i dubbi che continuavano a frullarle in testa e l’alcol che le scorreva in corpo, non ci volle molto perché tornasse la Camilla di sempre.
Fu una cosa veloce. Sporca, in tutti i sensi. Consumata in uno squallido bagno di una discoteca.
Lei ricurva in avanti, con le mani sulle piastrelle luride. Lui che frugava sotto il suo vestito, con le mutandine appena calate al ginocchio. Le dita ancora impregnate di tabacco che le entravano dentro. E ancora, lei che si contorceva e godeva con la faccia a un centimetro da quel muro sudicio. La porta tenuta chiusa a malapena con un piede. La borsa appoggiata alla maniglia sgangherata.
In un attimo, lui entrò. Con forza. Con voglia. Senza amore. Senza protezione.
Durò poco, ma le bastò per sentirsi di nuovo viva. E di nuovo sporca. Di nuovo attraente. E di nuovo debole. Di nuovo libera. E di nuovo una merda.
Si fece finire in bocca. Come quando quella era la normalità, la naturale conclusione di ogni sua serata. Come quando si faceva usare dai ragazzi, e non conosceva l’amore.
Rimase in ginocchio, attenta soltanto a non toccare il pavimento impregnato di piscio. In equilibrio precario, accolse tutto il seme del ragazzo. Ingoiò. Un boccone amaro, in tutti i sensi.
Poi si rivestirono e tornarono in pista, come se niente fosse. Ma lei, dentro, si sentiva morire. L’aveva fatto di nuovo. Era tornata quella che durante quell’anno aveva faticosamente cercato di cacciare. Solo per un suo stupido dubbio. Un dubbio che era quanto più lontano ci fosse dalla realtà.
Aveva fatto quello proprio a Giorgio, che aveva avuto così tanta fiducia in lei. Il primo, l’unico che era riuscito faticosamente a cambiarla. Lui, che l’aveva fatta diventare una donna migliore. Che l’aveva resa quella ragazza normale che aveva sempre voluto essere.
Tornata a casa, non volle neanche farsi una doccia. Voleva sentirsi sporca. Era giusto che si sentisse così e che continuasse a sentirsi così, almeno per quella notte.
E poi, doveva decidere cosa fare. Se affrontare Giorgio. Se confessare. Se fingere. Se scappare.
Pensieri negativi la pervasero: davvero mi è bastato così poco? È così fragile il mio equilibrio? Forse quest’anno è stato solo una facciata. Solo una parentesi nella mia vita. E la mia strada, quella vera… è la cattiva strada. Sono fatta così. Non posso cambiare. O almeno, non ci riesco.