Esperienza reale Verso una cattiva strada

36. Un anno dopo

Trascorse poco più di un anno. Era la storia d’amore più lunga che Camilla avesse mai avuto fino a quel momento. Anzi, a dirla tutta, era la prima storia d’amore vera, degna di tale nome, che avesse mai vissuto.

In tutto quel tempo, non aveva mai sentito il desiderio di tradire, e di conseguenza non l’aveva fatto. Anche il suo consueto flirtare con i ragazzi era quasi del tutto scomparso.

Giorgio era al settimo cielo. Felice di aver conquistato Camilla, ma ancor di più orgoglioso di non aver mai smesso di credere in lei. Di aver pensato che, con l’amore, potesse cambiare. Diventare non solo una persona diversa, ma una fidanzata capace di amare per davvero.

Da settimane le stava preparando una sorpresa per l’estate: un regalo che unisse il loro anniversario, ad aprile, e il compleanno di Camilla, a giugno. Aveva messo da parte un po’ di soldi con qualche lavoretto, e voleva regalarle una vacanza da sogno in un posto esotico. Si stava facendo aiutare da Chiara, un’amica della sorella che lavorava in un’agenzia di viaggi.

Nel frattempo, Camilla era completamente assorbita dall’università. L’amore l’aveva resa anche più produttiva: passava giornate sui libri, macinando esami su esami.

Un pomeriggio, mentre era a casa di Giorgio a studiare, si addormentò sul divano; appunti fotocopiati le svolazzarono sul petto. Nel dormiveglia sentì il cellulare del fidanzato squillare. Lui rispose subito, allontanandosi verso la cucina. Abbassò solo leggermente la voce, convinto che Camilla stesse dormendo. Lei ascoltò la conversazione e riuscì solo a percepire ciò che veniva detto dall’altra parte del telefono. Distingueva, però, in maniera nitida, una voce di donna.

“Allora, gliel’hai detto?”
“No, non ancora… non è il momento.”
“Gio, dai, se aspetti ancora poi diventa tutto più complicato. Devi dirglielo.”
“È che ora è piena di esami… non voglio distrarla. Aspetto il momento giusto. Non voglio darle altri pensieri. Si dovrà organizzare.”

Camilla inizialmente non diede peso a quelle parole. Ma qualcosa scattò dentro di lei. Chi era quella donna? E cosa c’era da dire? Perché Giorgio non voleva che lei lo sapesse subito?
Secondo lei, Giorgio non era proprio il tipo da tradimenti, specie così alla luce del sole. Rimase con il dubbio. Ma il pensiero si era instillato e non riusciva a scacciarlo via.

Qualche giorno dopo, senza riuscire a far finta di nulla, decise di affrontarlo.
“Chi era al telefono l’altro giorno?”
Giorgio, sorpreso, si voltò verso di lei.
“Quando?”
“L’altro pomeriggio. Eri in cucina. Io dormivo, o almeno… così pensavi.”
“Ah, era… Chiara.”
“Chiara chi?”
“Chiara, l’amica di… mia sorella. Nulla di che.” – disse, titubante.
“Davvero nulla di che? Sembri strano... sembrava che stessi parlando di qualcosa da tenermi nascosto.”
“Ma no, amore, niente di che, davvero.”

Giorgio non tradì emozioni, se non un po’ di imbarazzo. Aveva soltanto paura di rovinare la sorpresa. Ma Camilla la vide in tutt’altro modo. Presto si convinse che la stava tradendo. Soprattutto perché si rivedeva in quei comportamenti: il negare, l’essere titubante… era tutto quello che lei stessa aveva fatto decine di volte in passato.

“Giorgio non è così,” - pensò. - “Non è come me. Lui è buono. Non lo farebbe mai. E ha cambiato anche me. Devo scacciare via questi pensieri.”

Ma non ci riuscì. Il dubbio la stava divorando e la faceva impazzire. Diventò pressante, lo incalzò più volte e lui si irritò, anche per il semplice fatto che proprio lei, proprio Camilla, non si fidasse di lui. Un paio di volte le rispose male, pur continuando ad assicurarle di non avere niente da nascondere. E il peggio accadde quando lei fu invitata a una festa in discoteca di una sua amica.

Camilla aveva sempre amato ballare, ma l’andare in discoteca per lei era soprattutto uno sfogo. Un modo per sentire addosso gli occhi di tutti. Con Giorgio, quella voglia era sparita. Quando però seppe della festa, complici le litigate frequenti delle ultime settimane, sentì nuovamente il bisogno di essere di nuovo guardata. Senza però andare oltre. Almeno inizialmente, il suo desiderio era soltanto quello di sentirsi apprezzata, ammirata.

Si preparò con cura, scegliendo un vestito che non indossava da tempo: un tubino nero, corto e aderente, con le spalle scoperte e un incrocio di lacci sulla schiena nuda. Il tessuto lucido le arrivava appena sopra metà coscia.

Aveva truccato gli occhi con un ombretto scuro e luminoso, un eyeliner marcato e il rossetto rosso che non metteva da mesi. I capelli sciolti, leggermente mossi, le cadevano sulle spalle con un’aria disinvolta.

Quando fu in mezzo alla pista, nel buio, tra le luci intermittenti, si sentì catapultata indietro di un anno. Tutti i cambiamenti che aveva fatto, spariti. Il suo buon senso, dissolto. Le parole d’amore dette a Giorgio, le sue rassicurazioni, volatilizzate.

Così, al primo sguardo lascivo di un ragazzo che trovò attraente, complici i dubbi che continuavano a frullarle in testa e l’alcol che le scorreva in corpo, non ci volle molto perché tornasse la Camilla di sempre.

Fu una cosa veloce. Sporca, in tutti i sensi. Consumata in uno squallido bagno di una discoteca.

Lei ricurva in avanti, con le mani sulle piastrelle luride. Lui che frugava sotto il suo vestito, con le mutandine appena calate al ginocchio. Le dita ancora impregnate di tabacco che le entravano dentro. E ancora, lei che si contorceva e godeva con la faccia a un centimetro da quel muro sudicio. La porta tenuta chiusa a malapena con un piede. La borsa appoggiata alla maniglia sgangherata.

In un attimo, lui entrò. Con forza. Con voglia. Senza amore. Senza protezione.

Durò poco, ma le bastò per sentirsi di nuovo viva. E di nuovo sporca. Di nuovo attraente. E di nuovo debole. Di nuovo libera. E di nuovo una merda.

Si fece finire in bocca. Come quando quella era la normalità, la naturale conclusione di ogni sua serata. Come quando si faceva usare dai ragazzi, e non conosceva l’amore.

Rimase in ginocchio, attenta soltanto a non toccare il pavimento impregnato di piscio. In equilibrio precario, accolse tutto il seme del ragazzo. Ingoiò. Un boccone amaro, in tutti i sensi.

Poi si rivestirono e tornarono in pista, come se niente fosse. Ma lei, dentro, si sentiva morire. L’aveva fatto di nuovo. Era tornata quella che durante quell’anno aveva faticosamente cercato di cacciare. Solo per un suo stupido dubbio. Un dubbio che era quanto più lontano ci fosse dalla realtà.

Aveva fatto quello proprio a Giorgio, che aveva avuto così tanta fiducia in lei. Il primo, l’unico che era riuscito faticosamente a cambiarla. Lui, che l’aveva fatta diventare una donna migliore. Che l’aveva resa quella ragazza normale che aveva sempre voluto essere.

Tornata a casa, non volle neanche farsi una doccia. Voleva sentirsi sporca. Era giusto che si sentisse così e che continuasse a sentirsi così, almeno per quella notte.

E poi, doveva decidere cosa fare. Se affrontare Giorgio. Se confessare. Se fingere. Se scappare.

Pensieri negativi la pervasero: davvero mi è bastato così poco? È così fragile il mio equilibrio? Forse quest’anno è stato solo una facciata. Solo una parentesi nella mia vita. E la mia strada, quella vera… è la cattiva strada. Sono fatta così. Non posso cambiare. O almeno, non ci riesco.
 
36. Un anno dopo

Trascorse poco più di un anno. Era la storia d’amore più lunga che Camilla avesse mai avuto fino a quel momento. Anzi, a dirla tutta, era la prima storia d’amore vera, degna di tale nome, che avesse mai vissuto.

In tutto quel tempo, non aveva mai sentito il desiderio di tradire, e di conseguenza non l’aveva fatto. Anche il suo consueto flirtare con i ragazzi era quasi del tutto scomparso.

Giorgio era al settimo cielo. Felice di aver conquistato Camilla, ma ancor di più orgoglioso di non aver mai smesso di credere in lei. Di aver pensato che, con l’amore, potesse cambiare. Diventare non solo una persona diversa, ma una fidanzata capace di amare per davvero.

Da settimane le stava preparando una sorpresa per l’estate: un regalo che unisse il loro anniversario, ad aprile, e il compleanno di Camilla, a giugno. Aveva messo da parte un po’ di soldi con qualche lavoretto, e voleva regalarle una vacanza da sogno in un posto esotico. Si stava facendo aiutare da Chiara, un’amica della sorella che lavorava in un’agenzia di viaggi.

Nel frattempo, Camilla era completamente assorbita dall’università. L’amore l’aveva resa anche più produttiva: passava giornate sui libri, macinando esami su esami.

Un pomeriggio, mentre era a casa di Giorgio a studiare, si addormentò sul divano; appunti fotocopiati le svolazzarono sul petto. Nel dormiveglia sentì il cellulare del fidanzato squillare. Lui rispose subito, allontanandosi verso la cucina. Abbassò solo leggermente la voce, convinto che Camilla stesse dormendo. Lei ascoltò la conversazione e riuscì solo a percepire ciò che veniva detto dall’altra parte del telefono. Distingueva, però, in maniera nitida, una voce di donna.

“Allora, gliel’hai detto?”
“No, non ancora… non è il momento.”
“Gio, dai, se aspetti ancora poi diventa tutto più complicato. Devi dirglielo.”
“È che ora è piena di esami… non voglio distrarla. Aspetto il momento giusto. Non voglio darle altri pensieri. Si dovrà organizzare.”

Camilla inizialmente non diede peso a quelle parole. Ma qualcosa scattò dentro di lei. Chi era quella donna? E cosa c’era da dire? Perché Giorgio non voleva che lei lo sapesse subito?
Secondo lei, Giorgio non era proprio il tipo da tradimenti, specie così alla luce del sole. Rimase con il dubbio. Ma il pensiero si era instillato e non riusciva a scacciarlo via.

Qualche giorno dopo, senza riuscire a far finta di nulla, decise di affrontarlo.
“Chi era al telefono l’altro giorno?”
Giorgio, sorpreso, si voltò verso di lei.
“Quando?”
“L’altro pomeriggio. Eri in cucina. Io dormivo, o almeno… così pensavi.”
“Ah, era… Chiara.”
“Chiara chi?”
“Chiara, l’amica di… mia sorella. Nulla di che.” – disse, titubante.
“Davvero nulla di che? Sembri strano... sembrava che stessi parlando di qualcosa da tenermi nascosto.”
“Ma no, amore, niente di che, davvero.”

Giorgio non tradì emozioni, se non un po’ di imbarazzo. Aveva soltanto paura di rovinare la sorpresa. Ma Camilla la vide in tutt’altro modo. Presto si convinse che la stava tradendo. Soprattutto perché si rivedeva in quei comportamenti: il negare, l’essere titubante… era tutto quello che lei stessa aveva fatto decine di volte in passato.

“Giorgio non è così,” - pensò. - “Non è come me. Lui è buono. Non lo farebbe mai. E ha cambiato anche me. Devo scacciare via questi pensieri.”

Ma non ci riuscì. Il dubbio la stava divorando e la faceva impazzire. Diventò pressante, lo incalzò più volte e lui si irritò, anche per il semplice fatto che proprio lei, proprio Camilla, non si fidasse di lui. Un paio di volte le rispose male, pur continuando ad assicurarle di non avere niente da nascondere. E il peggio accadde quando lei fu invitata a una festa in discoteca di una sua amica.

Camilla aveva sempre amato ballare, ma l’andare in discoteca per lei era soprattutto uno sfogo. Un modo per sentire addosso gli occhi di tutti. Con Giorgio, quella voglia era sparita. Quando però seppe della festa, complici le litigate frequenti delle ultime settimane, sentì nuovamente il bisogno di essere di nuovo guardata. Senza però andare oltre. Almeno inizialmente, il suo desiderio era soltanto quello di sentirsi apprezzata, ammirata.

Si preparò con cura, scegliendo un vestito che non indossava da tempo: un tubino nero, corto e aderente, con le spalle scoperte e un incrocio di lacci sulla schiena nuda. Il tessuto lucido le arrivava appena sopra metà coscia.

Aveva truccato gli occhi con un ombretto scuro e luminoso, un eyeliner marcato e il rossetto rosso che non metteva da mesi. I capelli sciolti, leggermente mossi, le cadevano sulle spalle con un’aria disinvolta.

Quando fu in mezzo alla pista, nel buio, tra le luci intermittenti, si sentì catapultata indietro di un anno. Tutti i cambiamenti che aveva fatto, spariti. Il suo buon senso, dissolto. Le parole d’amore dette a Giorgio, le sue rassicurazioni, volatilizzate.

Così, al primo sguardo lascivo di un ragazzo che trovò attraente, complici i dubbi che continuavano a frullarle in testa e l’alcol che le scorreva in corpo, non ci volle molto perché tornasse la Camilla di sempre.

Fu una cosa veloce. Sporca, in tutti i sensi. Consumata in uno squallido bagno di una discoteca.

Lei ricurva in avanti, con le mani sulle piastrelle luride. Lui che frugava sotto il suo vestito, con le mutandine appena calate al ginocchio. Le dita ancora impregnate di tabacco che le entravano dentro. E ancora, lei che si contorceva e godeva con la faccia a un centimetro da quel muro sudicio. La porta tenuta chiusa a malapena con un piede. La borsa appoggiata alla maniglia sgangherata.

In un attimo, lui entrò. Con forza. Con voglia. Senza amore. Senza protezione.

Durò poco, ma le bastò per sentirsi di nuovo viva. E di nuovo sporca. Di nuovo attraente. E di nuovo debole. Di nuovo libera. E di nuovo una merda.

Si fece finire in bocca. Come quando quella era la normalità, la naturale conclusione di ogni sua serata. Come quando si faceva usare dai ragazzi, e non conosceva l’amore.

Rimase in ginocchio, attenta soltanto a non toccare il pavimento impregnato di piscio. In equilibrio precario, accolse tutto il seme del ragazzo. Ingoiò. Un boccone amaro, in tutti i sensi.

Poi si rivestirono e tornarono in pista, come se niente fosse. Ma lei, dentro, si sentiva morire. L’aveva fatto di nuovo. Era tornata quella che durante quell’anno aveva faticosamente cercato di cacciare. Solo per un suo stupido dubbio. Un dubbio che era quanto più lontano ci fosse dalla realtà.

Aveva fatto quello proprio a Giorgio, che aveva avuto così tanta fiducia in lei. Il primo, l’unico che era riuscito faticosamente a cambiarla. Lui, che l’aveva fatta diventare una donna migliore. Che l’aveva resa quella ragazza normale che aveva sempre voluto essere.

Tornata a casa, non volle neanche farsi una doccia. Voleva sentirsi sporca. Era giusto che si sentisse così e che continuasse a sentirsi così, almeno per quella notte.

E poi, doveva decidere cosa fare. Se affrontare Giorgio. Se confessare. Se fingere. Se scappare.

Pensieri negativi la pervasero: davvero mi è bastato così poco? È così fragile il mio equilibrio? Forse quest’anno è stato solo una facciata. Solo una parentesi nella mia vita. E la mia strada, quella vera… è la cattiva strada. Sono fatta così. Non posso cambiare. O almeno, non ci riesco.
Anche io molto sorpreso che comunque una come lei è arrivata a quasi un anno. Alla prima occasione ha ripreso a cercare altri volatili
 
Ahhhh eccole le comode scorciatoie, le scuse e l'immaturità. Non avrei scommesso arrivasse a quasi un anno.
Io la vedo anche come sintomo di estrema insicurezza. Appena ha avuto qualche dubbio su di lui, per la paura è caduta nei suoi vecchi schemi, forse per paura di essere ferita lei stessa (a Roma si dice "chi mena per primo mena due volte").
 
Io la vedo anche come sintomo di estrema insicurezza. Appena ha avuto qualche dubbio su di lui, per la paura è caduta nei suoi vecchi schemi, forse per paura di essere ferita lei stessa (a Roma si dice "chi mena per primo mena due volte").
Ma Giorgio secondo me la perdonerà comunque ha proprio il classico profilo da cornuto e non escluderei che ora stanno ancora insieme
 
Io la vedo anche come sintomo di estrema insicurezza. Appena ha avuto qualche dubbio su di lui, per la paura è caduta nei suoi vecchi schemi, forse per paura di essere ferita lei stessa (a Roma si dice "chi mena per primo mena due volte").
Per esperienza, le persone che ho conosciuto, hanno sempre manifestato questi atteggiamenti, per semplice immaturità nel gestire i dubbi, alimentata da una vendetta da ottenere, non perché traditi fisicamente ma solo per avere disatteso le loro certezze. Il tutto per la diffusa tendenza a non sopportare di aspsettare. La pazienza è un piccolo passo verso la maturità. Pareri miei.
 
Per esperienza, le persone che ho conosciuto, hanno sempre manifestato questi atteggiamenti, per semplice immaturità nel gestire i dubbi, alimentata da una vendetta da ottenere, non perché traditi fisicamente ma solo per avere disatteso le loro certezze. Il tutto per la diffusa tendenza a non sopportare di aspsettare. La pazienza è un piccolo passo verso la maturità. Pareri miei.
Analisi perfetta
 
37. Una vecchia lezione (parte 1)

A quanto pareva, Camilla era tornata quella di sempre. Anche se quello che fece l’indomani, forzandosi, andando contro tutta sé stessa, era una prova — confusa, ma concreta — che una parte di lei era davvero cambiata.

Decise di non nascondere tutto, di non far finta che andasse tutto bene, di non negare fino alla morte un altro tradimento. Era pronta ad affrontare la verità, consapevole che avrebbe potuto portare alla rottura con Giorgio. E così fece: gli scrisse, e si videro.

Camilla cominciò a gironzolare nervosamente per il salone, mordicchiandosi le unghie. Giorgio temeva ciò che lei gli stava per dire. È cambiata, pensò, non fa più quelle cose. Ma dentro si sentiva morire. Si sforzò comunque di sorriderle.

“Che succede, amore? Tutto a posto?”
Lei non rispose subito. Rimase in silenzio, poi fece tre respiri profondi. Lo guardò di sfuggita, poi abbassò gli occhi sul pavimento.
“Gio…”
Lui la fissava, teso, senza dire una parola.
“Io… ti ho tradito. Ti ho tradito ieri. Sono andata con un altro.”
Giorgio rimase di ghiaccio. Più che altro, si sentiva uno stupido. Uno stupido per aver creduto davvero di aver cambiato Camilla, che invece si stava rivelando quella di sempre. E, soprattutto, dopo un anno. Lo avrebbe accettato di più se fosse successo all’inizio, quando tutto era ancora sul nascere, ma dopo un anno, cazzo? Faceva davvero male.

Non ebbe la forza di controbattere. Fu lei ad innervosirsi.
“Allora? Non dici niente?”
“Che ti devo dire?” - rispose lui, guardandosi le mani, le braccia poggiate sul tavolo, pesanti.
Camilla rimase in piedi, interdetta.
“Non lo so… incazzati. Urlami addosso. Dimmi che sono una merda, che sono una puttana.”
Ma Giorgio era veramente un ragazzo speciale. Forse troppo accondiscendente, direbbe qualcuno.
“E a cosa servirebbe?” - rispose. “A umiliarti ancora di più? A farti sentire in colpa? Io sono ferito, sappilo. Questa cosa mi ha fatto malissimo. Ma voglio solo sapere se mi ami ancora. E se è stato solo uno sbaglio di una notte.”

Camilla quasi si mise a piangere.
“Sono una stupida, io…” - balbettò.
Giorgio continuò.
“Ho sbagliato qualcosa? Non ti ho fatto sentire desiderata? Voluta? Amata?”
Lei strizzò gli occhi, cercando di tirar dentro le lacrime. La voce strozzata.
“Tu non c’entri niente. Semmai io… che sono sempre la solita. Ti ho sentito parlare l’altro giorno…”
“Te l’ho già detto. Non te lo posso dire, ma fidati: era una bella cosa.”
“Lo so. Lo immagino. Ti conosco. Ma io ho creduto che mi stessi tradendo. Mi sono specchiata in quello che facevo io. E che, a quanto pare, ho rifatto. Perché non sono cambiata. Sono sempre la solita. E tu non mi meriti.”

Scoppiò in lacrime, appoggiandosi alla finestra, guardando fuori. Lui si alzò, la raggiunse e l’abbracciò da dietro.
“Amore… io ti amo. E se tu mi garantisci che non succederà più, io ti credo. Perché ho visto davvero chi sei. Quanto sei cambiata. Hai fatto errori, sì. Forse anche adesso. Ma io credo in te. In noi. E penso che possiamo superarlo.”
Camilla si girò tra le sue braccia e lo baciò. Si sentì di nuovo amata. Ma forse, per lei, quell’amore era troppo. E credeva di non meritarselo.

Nelle settimane successive - non seppe nemmeno lei da cosa scaturisse tutto quello - si sentiva sempre più lontana da Giorgio. Forse credeva di non meritarsi il suo amore. Oppure vide come un segno di debolezza, e non di forza, l’accettare così, quasi senza reagire, il suo tradimento.

Quella forma di amore così grande, incondizionato, avrebbe dovuto legarla ancora di più a lui. Farle capire che era il ragazzo perfetto. L’unico che l’avesse amata davvero, che l’avesse accettata per com’era. E invece… ebbe l’effetto contrario. Tornò quella voglia di fuggire, di sabotare tutto, di tradire ancora. Per poi pentirsene, fustigarsi e darsi la colpa.

E più cercava di zittirla, più quella voce dentro si faceva sentire. Quindi, prese forma sotto la pelle. E si trasformò in un volto conosciuto.

Camilla incontrò il professore nei corridoi dell’università, dopo parecchi mesi. Dopo averlo evitato, e in fondo anche dimenticato. Ma bastò uno sguardo, e le tornò in mente tutto. Gli sorrise. Lui ricambiò, quasi senza espressione. Fu lei, stavolta, a fare il primo passo.

“Professore… che ne dice di una bella giornata in hotel?” – gli scrisse la sera.
Lui Visualizzò. Aspettò più di un’ora prima di rispondere.
“Signorina… pensi che, dopo più di un anno e senza avermi più risposto, basti un messaggio così per farmi capitolare?”
“Sì.”

E aveva ragione. Spudoratamente. Il professore cancellò e riscrisse il messaggio più volte. Poi, alla fine, cedette.
“Venerdì alle 18, all’hotel dell’altra volta.”
 
37. Una vecchia lezione (parte 1)

A quanto pareva, Camilla era tornata quella di sempre. Anche se quello che fece l’indomani, forzandosi, andando contro tutta sé stessa, era una prova — confusa, ma concreta — che una parte di lei era davvero cambiata.

Decise di non nascondere tutto, di non far finta che andasse tutto bene, di non negare fino alla morte un altro tradimento. Era pronta ad affrontare la verità, consapevole che avrebbe potuto portare alla rottura con Giorgio. E così fece: gli scrisse, e si videro.

Camilla cominciò a gironzolare nervosamente per il salone, mordicchiandosi le unghie. Giorgio temeva ciò che lei gli stava per dire. È cambiata, pensò, non fa più quelle cose. Ma dentro si sentiva morire. Si sforzò comunque di sorriderle.

“Che succede, amore? Tutto a posto?”
Lei non rispose subito. Rimase in silenzio, poi fece tre respiri profondi. Lo guardò di sfuggita, poi abbassò gli occhi sul pavimento.
“Gio…”
Lui la fissava, teso, senza dire una parola.
“Io… ti ho tradito. Ti ho tradito ieri. Sono andata con un altro.”
Giorgio rimase di ghiaccio. Più che altro, si sentiva uno stupido. Uno stupido per aver creduto davvero di aver cambiato Camilla, che invece si stava rivelando quella di sempre. E, soprattutto, dopo un anno. Lo avrebbe accettato di più se fosse successo all’inizio, quando tutto era ancora sul nascere, ma dopo un anno, cazzo? Faceva davvero male.

Non ebbe la forza di controbattere. Fu lei ad innervosirsi.
“Allora? Non dici niente?”
“Che ti devo dire?” - rispose lui, guardandosi le mani, le braccia poggiate sul tavolo, pesanti.
Camilla rimase in piedi, interdetta.
“Non lo so… incazzati. Urlami addosso. Dimmi che sono una merda, che sono una puttana.”
Ma Giorgio era veramente un ragazzo speciale. Forse troppo accondiscendente, direbbe qualcuno.
“E a cosa servirebbe?” - rispose. “A umiliarti ancora di più? A farti sentire in colpa? Io sono ferito, sappilo. Questa cosa mi ha fatto malissimo. Ma voglio solo sapere se mi ami ancora. E se è stato solo uno sbaglio di una notte.”

Camilla quasi si mise a piangere.
“Sono una stupida, io…” - balbettò.
Giorgio continuò.
“Ho sbagliato qualcosa? Non ti ho fatto sentire desiderata? Voluta? Amata?”
Lei strizzò gli occhi, cercando di tirar dentro le lacrime. La voce strozzata.
“Tu non c’entri niente. Semmai io… che sono sempre la solita. Ti ho sentito parlare l’altro giorno…”
“Te l’ho già detto. Non te lo posso dire, ma fidati: era una bella cosa.”
“Lo so. Lo immagino. Ti conosco. Ma io ho creduto che mi stessi tradendo. Mi sono specchiata in quello che facevo io. E che, a quanto pare, ho rifatto. Perché non sono cambiata. Sono sempre la solita. E tu non mi meriti.”

Scoppiò in lacrime, appoggiandosi alla finestra, guardando fuori. Lui si alzò, la raggiunse e l’abbracciò da dietro.
“Amore… io ti amo. E se tu mi garantisci che non succederà più, io ti credo. Perché ho visto davvero chi sei. Quanto sei cambiata. Hai fatto errori, sì. Forse anche adesso. Ma io credo in te. In noi. E penso che possiamo superarlo.”
Camilla si girò tra le sue braccia e lo baciò. Si sentì di nuovo amata. Ma forse, per lei, quell’amore era troppo. E credeva di non meritarselo.

Nelle settimane successive - non seppe nemmeno lei da cosa scaturisse tutto quello - si sentiva sempre più lontana da Giorgio. Forse credeva di non meritarsi il suo amore. Oppure vide come un segno di debolezza, e non di forza, l’accettare così, quasi senza reagire, il suo tradimento.

Quella forma di amore così grande, incondizionato, avrebbe dovuto legarla ancora di più a lui. Farle capire che era il ragazzo perfetto. L’unico che l’avesse amata davvero, che l’avesse accettata per com’era. E invece… ebbe l’effetto contrario. Tornò quella voglia di fuggire, di sabotare tutto, di tradire ancora. Per poi pentirsene, fustigarsi e darsi la colpa.

E più cercava di zittirla, più quella voce dentro si faceva sentire. Quindi, prese forma sotto la pelle. E si trasformò in un volto conosciuto.

Camilla incontrò il professore nei corridoi dell’università, dopo parecchi mesi. Dopo averlo evitato, e in fondo anche dimenticato. Ma bastò uno sguardo, e le tornò in mente tutto. Gli sorrise. Lui ricambiò, quasi senza espressione. Fu lei, stavolta, a fare il primo passo.

“Professore… che ne dice di una bella giornata in hotel?” – gli scrisse la sera.
Lui Visualizzò. Aspettò più di un’ora prima di rispondere.
“Signorina… pensi che, dopo più di un anno e senza avermi più risposto, basti un messaggio così per farmi capitolare?”
“Sì.”

E aveva ragione. Spudoratamente. Il professore cancellò e riscrisse il messaggio più volte. Poi, alla fine, cedette.
“Venerdì alle 18, all’hotel dell’altra volta.”
Camilla è proprio una troia ....................................................................
 
I cambiamenti avvengono, a nostra insaputa, o meglio non c'è la percezione. La sicurezza che si costruisce dentro di noi, sulla presenza dell' altro etc... Vengo spazzati via, come ho già detto in precedenza dalle pretese e impazienza. Quando si sta bene, non siamo abituati ad accorgercene, risalta sempre l'errore e la sensazione di colpa. Come falene con la luce, siamo portati a cercare il dolore.
 
I cambiamenti avvengono, a nostra insaputa, o meglio non c'è la percezione. La sicurezza che si costruisce dentro di noi, sulla presenza dell' altro etc... Vengo spazzati via, come ho già detto in precedenza dalle pretese e impazienza. Quando si sta bene, non siamo abituati ad accorgercene, risalta sempre l'errore e la sensazione di colpa. Come falene con la luce, siamo portati a cercare il dolore.
Diciamo che in questo caso non me la sento nemmeno di comprendere il provero giorgio che ben sapeva la puttanagine di camilla ma nonostante tutto............
 
Diciamo che in questo caso non me la sento nemmeno di comprendere il provero giorgio che ben sapeva la puttanagine di camilla ma nonostante tutto............
Allora dipende da come ci poniamo di fronte alla questione. Reagiamo in maniera adolescenziale, saliamo di livello, etc... Giorgio sapeva con chi aveva a che fare, ha giocato le sue carte; più che cambiare la persona, Camilla, uno cambia le situazioni, crea delle aree "sicure". Con parole e gesti dimostri le alternative possibili. Tutto cade al primo intoppo. Le cose dette e fate, arrivano ad essere usate contro di te, accusato di aver provato a cambiare la persona. Complotto, sospetti etc... Anche tossicità. Quante se ne sentono.
 
Allora dipende da come ci poniamo di fronte alla questione. Reagiamo in maniera adolescenziale, saliamo di livello, etc... Giorgio sapeva con chi aveva a che fare, ha giocato le sue carte; più che cambiare la persona, Camilla, uno cambia le situazioni, crea delle aree "sicure". Con parole e gesti dimostri le alternative possibili. Tutto cade al primo intoppo. Le cose dette e fate, arrivano ad essere usate contro di te, accusato di aver provato a cambiare la persona. Complotto, sospetti etc... Anche tossicità. Quante se ne sentono.
Certo ma infatti io non accuso giorgio di voler cambiare per forza Camilla ma sapeva bene in che situazione si era messo, Anche se a ma nessuno mi toglie dalla testa che a Giorgio una situazione cosi in fondo eccita pure:D:D:D
 
No Giorgio tutto tranne che eccitato era...Anzi, ci aveva quasi sperato di essere riuscito a cambiarla. È vero, sapeva bene in che situazione si stava andando a mettere ma effettivamente dopo un anno anche tutti noi credevamo in un minimo cambiamento. E invece, al primo intoppo (che alla fine neanche era un intoppo vero, se vogliamo), eccola scadere nei suoi soliti schemi
 
No Giorgio tutto tranne che eccitato era...Anzi, ci aveva quasi sperato di essere riuscito a cambiarla. È vero, sapeva bene in che situazione si stava andando a mettere ma effettivamente dopo un anno anche tutti noi credevamo in un minimo cambiamento. E invece, al primo intoppo (che alla fine neanche era un intoppo vero, se vogliamo), eccola scadere nei suoi soliti schemi
Povero Giorgio
 
38. Una vecchia lezione (parte 2)

La trafila fu la stessa. Camilla che percorreva la hall a passo deciso, i tacchi a punta rumorosi, gli occhi indiscreti del receptionist e di qualche cliente che la seguivano curiosi e bramosi, la camera 506, il professore che l’aspettava in accappatoio.

Ma stavolta Camilla voleva essere punita. Per una sorta di karma che si stava addossando da sola.

Balzò subito voracemente al collo del professore, sfilandogli con un gesto rapido l’accappatoio: sotto era già nudo. Fece volare i tacchi sul pavimento, si sfilò il vestito che finì per terra a fare compagnia alle scarpe.

Il professore si sedette sul bordo del letto e lei vi si inginocchiò davanti, quasi con sottomissione. Iniziò con foga a fargli un pompino, le sue labbra morbide davano quel tocco di delicatezza ai colpi decisi della mano e il professore già tribolava.

Vedendo la faccia dell’uomo pregna di godimento si eccitò, cominciò a toccarsi da sola, sentendosi sempre più bagnata. Allungò le dita ormai impregnate di lei verso la bocca del professore, che le succhiò voglioso.

Lo spinse indietro sul letto e lo raggiunse sopra al materasso, risalì le gambe dell’uomo e si mise di schiena su di lui, prendendo la sua asta di marmo ed infilandosela dentro. Ondeggiò su di lui avanti e indietro, dapprima lentamente, poi sempre con più vigore.

“Sculacciami, professore!” – disse con tono deciso.
Il professore era chiaramente eccitato da quella scena, del fatto di stare scopando nuovamente Camilla, ma era anche piuttosto sorpreso dalla sua foga. Certo, lei era sempre stata provocante ma con quella malizia ambigua che lo teneva sempre sul filo del rasoio.

Quella volta, invece era più esplicita e più vigorosa che mai, e lui la prese in parola. Lasciò le impronte delle sue mani forti sulle sue natiche, stampando sul suo culo bianco cinque dita rosse. Camilla si contorceva e si teneva con le mani il sedere, per allargarlo ancora di più, lui continuava ad assestarle schiaffoni sulle chiappe. Lei gli prese l’altra mano e gli fece massaggiare lo spazio tra le natiche. Gli guidò l’indice sull’apertura dell’ano.
“Dai, mettimi un dito dentro!”

Il professore non se lo fece ripetere due volte e infilò la sua falange nell’entrata sul retro di Camilla. Il dito entrò facilmente, nonostante lei non avesse mai fatto sesso anale, e le provocò da subito un piacere forte e diverso. Godette a volume sempre più alto, bagnata a più non posso. L’uomo, ormai gasatissimo, continuava ad ansimare sotto i colpi del suo bacino, fino a che Camilla raggiunse finalmente l’orgasmo.

Si sfilò, lasciando il cazzo del professore fiero e gocciolante, riprese fiato per qualche secondo, adagiandosi sul letto a pancia in giù. Poi la voglia si riaccese nei suoi occhi, si voltò verso il professore dicendogli semplicemente:
“A pecora.”
Quindi, si mise a quattro zampe.

Lui si accostò ed entrò nuovamente senza la minima difficoltà. Proseguì a stantuffarla senza sosta mentre lei gemeva e gemeva, e continuava a spronarlo, mentre lui faceva rimbalzare il suo palmo sulle sue natiche. Quella destra, ormai, era completamente rossa: i contorni sfocati delle dita del professore si erano si erano espansi lasciando un’unica grande macchia rossa. La prese poi per i capelli, tirandola a sé e facendola piegare come un arco.

Camilla si sentì posseduta come non lo era mai stata, ebbe un altro orgasmo per quel sesso così feroce che forse in parte le era mancato. A sentirla mugolare così, il professore si eccitò ancora di più e ululò, preannunciando la sua imminente venuta.

Fece quasi per sfilarsi ma Camilla, sentendo il corpo dell’uomo cominciare a contrarsi e i suoi gemiti profondi strozzarglisi in gola, si spinse ancora di più verso di lui per sentire dentro tutto il suo piacere.

Lui, in preda al godimento più profondo, si lasciò trasportare riempiendo completamente Camilla. Solo dopo qualche secondo realizzò quello che era appena successo. Si asciugò il sudore della fronte con un braccio.

“Cazzo, signorina, prendi la pillola, vero?”
Camilla, ancora sudata e con il trucco leggermente sbavato, si girò e gli sorrise.
“No professore… sarai un ottimo papà.”
Lui sbiancò.
“Ma che cazzo stai dicendo?” – urlò, sfilandosi di fretta e balzando in piedi.
“Professore, stai tranquillo” – disse ridacchiando – “Non sono mica scema. Non voglio fare un figlio a ventun’anni.”
“Sei proprio la solita, signorina…” – concluse lui tirando il fiato.

Si estese a pancia in su sul letto, con il membro che cominciava a perdere vigore. Lei rotolò tra le lenzuola fino a finire con la testa sul suo petto e gli accarezzò i peli neri.
“Vedo che ancora te la cavi, professore…” – sussurrò, prima di stampargli un bacio sulle labbra.

Si alzò dal letto e zampettando si diresse verso il bagno. Si deve una veloce ripulita e si rivestì in fretta, mentre il professore era ancora inerme sul letto.

“Beh, grazie professore. Alla prossima… forse.”
Lui non ribatté. Sapeva che Camilla era così e che se ci sarebbe stata un’altra volta, sarebbe dipeso soltanto da lei.
“ Ciao, signorina.” - si limitò a dire guardandola uscire incartata nel suo vestito rosso, come se fosse un regalo che si era appena fatto.

Il vestito gli stringeva il culo e glielo faceva risaltare, svettava sulle sue gambe lunge. Il culo sul quale aveva appena lasciato un’impronta del suo passaggio.
 
38. Una vecchia lezione (parte 2)

La trafila fu la stessa. Camilla che percorreva la hall a passo deciso, i tacchi a punta rumorosi, gli occhi indiscreti del receptionist e di qualche cliente che la seguivano curiosi e bramosi, la camera 506, il professore che l’aspettava in accappatoio.

Ma stavolta Camilla voleva essere punita. Per una sorta di karma che si stava addossando da sola.

Balzò subito voracemente al collo del professore, sfilandogli con un gesto rapido l’accappatoio: sotto era già nudo. Fece volare i tacchi sul pavimento, si sfilò il vestito che finì per terra a fare compagnia alle scarpe.

Il professore si sedette sul bordo del letto e lei vi si inginocchiò davanti, quasi con sottomissione. Iniziò con foga a fargli un pompino, le sue labbra morbide davano quel tocco di delicatezza ai colpi decisi della mano e il professore già tribolava.

Vedendo la faccia dell’uomo pregna di godimento si eccitò, cominciò a toccarsi da sola, sentendosi sempre più bagnata. Allungò le dita ormai impregnate di lei verso la bocca del professore, che le succhiò voglioso.

Lo spinse indietro sul letto e lo raggiunse sopra al materasso, risalì le gambe dell’uomo e si mise di schiena su di lui, prendendo la sua asta di marmo ed infilandosela dentro. Ondeggiò su di lui avanti e indietro, dapprima lentamente, poi sempre con più vigore.

“Sculacciami, professore!” – disse con tono deciso.
Il professore era chiaramente eccitato da quella scena, del fatto di stare scopando nuovamente Camilla, ma era anche piuttosto sorpreso dalla sua foga. Certo, lei era sempre stata provocante ma con quella malizia ambigua che lo teneva sempre sul filo del rasoio.

Quella volta, invece era più esplicita e più vigorosa che mai, e lui la prese in parola. Lasciò le impronte delle sue mani forti sulle sue natiche, stampando sul suo culo bianco cinque dita rosse. Camilla si contorceva e si teneva con le mani il sedere, per allargarlo ancora di più, lui continuava ad assestarle schiaffoni sulle chiappe. Lei gli prese l’altra mano e gli fece massaggiare lo spazio tra le natiche. Gli guidò l’indice sull’apertura dell’ano.
“Dai, mettimi un dito dentro!”

Il professore non se lo fece ripetere due volte e infilò la sua falange nell’entrata sul retro di Camilla. Il dito entrò facilmente, nonostante lei non avesse mai fatto sesso anale, e le provocò da subito un piacere forte e diverso. Godette a volume sempre più alto, bagnata a più non posso. L’uomo, ormai gasatissimo, continuava ad ansimare sotto i colpi del suo bacino, fino a che Camilla raggiunse finalmente l’orgasmo.

Si sfilò, lasciando il cazzo del professore fiero e gocciolante, riprese fiato per qualche secondo, adagiandosi sul letto a pancia in giù. Poi la voglia si riaccese nei suoi occhi, si voltò verso il professore dicendogli semplicemente:
“A pecora.”
Quindi, si mise a quattro zampe.

Lui si accostò ed entrò nuovamente senza la minima difficoltà. Proseguì a stantuffarla senza sosta mentre lei gemeva e gemeva, e continuava a spronarlo, mentre lui faceva rimbalzare il suo palmo sulle sue natiche. Quella destra, ormai, era completamente rossa: i contorni sfocati delle dita del professore si erano si erano espansi lasciando un’unica grande macchia rossa. La prese poi per i capelli, tirandola a sé e facendola piegare come un arco.

Camilla si sentì posseduta come non lo era mai stata, ebbe un altro orgasmo per quel sesso così feroce che forse in parte le era mancato. A sentirla mugolare così, il professore si eccitò ancora di più e ululò, preannunciando la sua imminente venuta.

Fece quasi per sfilarsi ma Camilla, sentendo il corpo dell’uomo cominciare a contrarsi e i suoi gemiti profondi strozzarglisi in gola, si spinse ancora di più verso di lui per sentire dentro tutto il suo piacere.

Lui, in preda al godimento più profondo, si lasciò trasportare riempiendo completamente Camilla. Solo dopo qualche secondo realizzò quello che era appena successo. Si asciugò il sudore della fronte con un braccio.

“Cazzo, signorina, prendi la pillola, vero?”
Camilla, ancora sudata e con il trucco leggermente sbavato, si girò e gli sorrise.
“No professore… sarai un ottimo papà.”
Lui sbiancò.
“Ma che cazzo stai dicendo?” – urlò, sfilandosi di fretta e balzando in piedi.
“Professore, stai tranquillo” – disse ridacchiando – “Non sono mica scema. Non voglio fare un figlio a ventun’anni.”
“Sei proprio la solita, signorina…” – concluse lui tirando il fiato.

Si estese a pancia in su sul letto, con il membro che cominciava a perdere vigore. Lei rotolò tra le lenzuola fino a finire con la testa sul suo petto e gli accarezzò i peli neri.
“Vedo che ancora te la cavi, professore…” – sussurrò, prima di stampargli un bacio sulle labbra.

Si alzò dal letto e zampettando si diresse verso il bagno. Si deve una veloce ripulita e si rivestì in fretta, mentre il professore era ancora inerme sul letto.

“Beh, grazie professore. Alla prossima… forse.”
Lui non ribatté. Sapeva che Camilla era così e che se ci sarebbe stata un’altra volta, sarebbe dipeso soltanto da lei.
“ Ciao, signorina.” - si limitò a dire guardandola uscire incartata nel suo vestito rosso, come se fosse un regalo che si era appena fatto.

Il vestito gli stringeva il culo e glielo faceva risaltare, svettava sulle sue gambe lunge. Il culo sul quale aveva appena lasciato un’impronta del suo passaggio.
Sempre più troia beato il professore comunque
 
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