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Tanacca71
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- #76
La cena
La disposizione delle cene era sempre la stessa, a capo tavola il Nonno, poi via via i genitori e più giù sorelle, fratelli, nipoti ecc.
Michela aveva l’abitudine di fare gruppetto con le donne di casa più giovani. Forse era la sola occasione per spettegolare. Noi maschietti invece tutti insieme per parlare di calcio e cazzate varie. Aspettai ancora un po’ per sedermi, volevo vedere dove si sarebbe accomodata. Ma con mia sorpresa Michela era sempre in piedi, aspettando la mia decisione.
Gli feci un rapido segno di occupare le ultime due sedie con le spalle rivolte verso il muro.
Gli indicai di mettersi in penultima posizione cosi non era isolata dalle donne e poteva parlare.
Annui. Io mi sedetti in fondo. Davanti avevo dei nipoti che giocavano tra di loro e dietro naturalmente il muro che proteggeva.
L’unica incognita era un'altra cugina che gli era accanto, ma era la miglior postazione possibile. Oltretutto ci avevano messo in un angolo della stanza, e non avevo nessuno a capo tavola dal lato mio, e nessun tavolo a fianco.
Non è che doveva succedere chissà cosa, ma avevo perlustrato la zona come disse il buon Fabietto.
Si fece un po’ di conversazione tra parenti e infine venne fuori dalla parte dei genitori del gran lavoro che avevo fatto con Michela con la matematica. Una nipote incalzò la mia cugina:
N: Come ti trovi con Antonio?
M: Molto bene, è bravissimo, riesco a capire perfettamente quello che spiega. Non ci si annoia con lui.
La mamma di Michela: E’ davvero bravo il mio nipote, ma perché non fate la lezione a casa nostra, c’è il giardino, vi potete mettere fuori.
A: No zia grazie, ci sarebbero troppe distrazioni. Abbiamo trovato un metodo di studio che funziona, Da me non vola una mosca.
M: E’ vero mamma, è un ambiente ideale per noi.
E sul noi, Michela mi prese la mano sotto il tavolo. Una specie di situazione da fidanzatini. Rimanemmo cosi per un po'. Poi mi feci coraggio e gli presi la mano e la poggiai sul ginocchio. Dopo pochi istanti lei iniziò a farmi un leggero massaggio dal ginocchio fino a metà coscia.
Credo che non si spinse più in là perché la tovaglia non era molto lunga dalle parti e si rischiava di vedere il movimento della mano. E i tovaglioli che ci avevano dato erano davvero dei quadretti ridicoli piccolissimi.
Pensai da come poter uscire da quell’impasse.
Mi venne un idea , mi alzai e mi diressi in cucina e poco dopo uscii con diversi tovaglioli giganti, tipo trattoria. Per un po’ al tavolo mi presero in giro, io gli risposi che con tutti i trittici di primi con le salse, non avevo voglia di macchiarmi.
Naturalmente non me ne fregava nulla se mi fossi macchiato di salsa, ma il mio scopo era quello di creare una mini tovaglia con i due grandi tovaglioli appoggiati alle rispettive gambe, mia e di Michela.
Prima di fare questo, vicino al mobile delle tovaglie, molto nascosto dalla sala, ebbi la scaltrezza di spostare tutto il pacco del mio cazzo dalla parte di Michela. Semmai avesse tentato l’affondo, lo avrebbe sentito.
Passai l’enorme straccio a Michela e lei si spostò ancora più vicino alle mie gambe, cosi da formare un tutt’uno compatto. Dopo poco gli rimisi la mano sulla coscia. Questa volta osò di più e con piccoli impercettibili movimenti arrivo sopra il pacco.
Era un cannone, che non poteva esplodere però. Avevo una voglia di aprire la cerniera, ma era una situazione troppo pericolosa.
Mi limitai allora a mettere la mano sopra la sua e gli feci capire che poteva stringerlo con delicatezza.
Non se lo fece ripetere due volte. Era molto delicata e stringeva accarezzando per tutta la lunghezza dell’asta. Io dovetti girarmi sussurrando di fermarsi, perché rischiavo di venire. Lei mi disse che pensava che si potesse venire solo se faceva un lavoretto con la bocca, come quello del film. Gli risposi sotto voce di no, che gli avrei spiegato dopo da soli.
Cercai di calmarmi il più possibile scambiando due parole con gli altri al tavolo.
Ma probabilmente lei era eccitata quanto me e dopo pochi minuti mi prese la mano e me le mise sulle sue gambe. Io andai velocemente all’obbiettivo, mi accorsi che aveva gli autoreggenti, indugiai vicino gli slip e misi le dita sopra. Il tessuto era grondo di umori, e lei aveva la stessa espressione in viso della prima cassetta. Era troppo pericoloso, se avesse urlato e avesse avuto un orgasmo? Gli dissi fermiamoci qui. Lei annui a fatica, Ci ricomponemmo, per avere un aspetto accettabile.
Poco dopo ebbi un sussulto, le mia palle debitamente stimolate, senza venire mi facevano male:
M: Che hai? Ti senti male?
A: Si molto. Ho le palle che stanno per esplodere, da quanto sono piene.
Caricai il pietismo al massimo livello
A: Devo venire a tutti i costi stasera, sennò durante la notte mi sentirò male. Poi mi sentirei in imbarazzo a dire ai miei che mi fanno male le palle.
Avevo buttato l’esca, aspettavo che il pesce abboccasse. E cosi fu.
M: Papà, Antonio può venire dopo cena a vedere un film da noi, Può magari passare da negozio di zio e prendere qualche novità, si guarda tutti assieme, che ne dici?
Mia padre mi tirò l’assist inaspettato, rivolgendosi allo zio disse: E’ uscito finalmente il film che aspettavi, gli spietati ,non lo posso mettere ancora fuori a noleggio ma ci è già arrivato. Mio zio si illuminò, era un fan di Eastwood , accettò subito e disse vieni allora? E certo che vengo, in un doppio senso che solo mia cugina poteva solo sapere.
Ora però ero curioso di come si sarebbe organizzata per restare appartati noi due. La aiutai a pianificare il tutto. E avevo solo un pensiero nella testa. Michela aveva deciso di farmi venire per non farmi stare male.
Ma era dannatamente difficile e pericoloso in casa del nemico.
Mi precipitai al negozio, e con il motorino arrivai sotto casa di Michela e finalmente pensai come avrei goduto.
La disposizione delle cene era sempre la stessa, a capo tavola il Nonno, poi via via i genitori e più giù sorelle, fratelli, nipoti ecc.
Michela aveva l’abitudine di fare gruppetto con le donne di casa più giovani. Forse era la sola occasione per spettegolare. Noi maschietti invece tutti insieme per parlare di calcio e cazzate varie. Aspettai ancora un po’ per sedermi, volevo vedere dove si sarebbe accomodata. Ma con mia sorpresa Michela era sempre in piedi, aspettando la mia decisione.
Gli feci un rapido segno di occupare le ultime due sedie con le spalle rivolte verso il muro.
Gli indicai di mettersi in penultima posizione cosi non era isolata dalle donne e poteva parlare.
Annui. Io mi sedetti in fondo. Davanti avevo dei nipoti che giocavano tra di loro e dietro naturalmente il muro che proteggeva.
L’unica incognita era un'altra cugina che gli era accanto, ma era la miglior postazione possibile. Oltretutto ci avevano messo in un angolo della stanza, e non avevo nessuno a capo tavola dal lato mio, e nessun tavolo a fianco.
Non è che doveva succedere chissà cosa, ma avevo perlustrato la zona come disse il buon Fabietto.
Si fece un po’ di conversazione tra parenti e infine venne fuori dalla parte dei genitori del gran lavoro che avevo fatto con Michela con la matematica. Una nipote incalzò la mia cugina:
N: Come ti trovi con Antonio?
M: Molto bene, è bravissimo, riesco a capire perfettamente quello che spiega. Non ci si annoia con lui.
La mamma di Michela: E’ davvero bravo il mio nipote, ma perché non fate la lezione a casa nostra, c’è il giardino, vi potete mettere fuori.
A: No zia grazie, ci sarebbero troppe distrazioni. Abbiamo trovato un metodo di studio che funziona, Da me non vola una mosca.
M: E’ vero mamma, è un ambiente ideale per noi.
E sul noi, Michela mi prese la mano sotto il tavolo. Una specie di situazione da fidanzatini. Rimanemmo cosi per un po'. Poi mi feci coraggio e gli presi la mano e la poggiai sul ginocchio. Dopo pochi istanti lei iniziò a farmi un leggero massaggio dal ginocchio fino a metà coscia.
Credo che non si spinse più in là perché la tovaglia non era molto lunga dalle parti e si rischiava di vedere il movimento della mano. E i tovaglioli che ci avevano dato erano davvero dei quadretti ridicoli piccolissimi.
Pensai da come poter uscire da quell’impasse.
Mi venne un idea , mi alzai e mi diressi in cucina e poco dopo uscii con diversi tovaglioli giganti, tipo trattoria. Per un po’ al tavolo mi presero in giro, io gli risposi che con tutti i trittici di primi con le salse, non avevo voglia di macchiarmi.
Naturalmente non me ne fregava nulla se mi fossi macchiato di salsa, ma il mio scopo era quello di creare una mini tovaglia con i due grandi tovaglioli appoggiati alle rispettive gambe, mia e di Michela.
Prima di fare questo, vicino al mobile delle tovaglie, molto nascosto dalla sala, ebbi la scaltrezza di spostare tutto il pacco del mio cazzo dalla parte di Michela. Semmai avesse tentato l’affondo, lo avrebbe sentito.
Passai l’enorme straccio a Michela e lei si spostò ancora più vicino alle mie gambe, cosi da formare un tutt’uno compatto. Dopo poco gli rimisi la mano sulla coscia. Questa volta osò di più e con piccoli impercettibili movimenti arrivo sopra il pacco.
Era un cannone, che non poteva esplodere però. Avevo una voglia di aprire la cerniera, ma era una situazione troppo pericolosa.
Mi limitai allora a mettere la mano sopra la sua e gli feci capire che poteva stringerlo con delicatezza.
Non se lo fece ripetere due volte. Era molto delicata e stringeva accarezzando per tutta la lunghezza dell’asta. Io dovetti girarmi sussurrando di fermarsi, perché rischiavo di venire. Lei mi disse che pensava che si potesse venire solo se faceva un lavoretto con la bocca, come quello del film. Gli risposi sotto voce di no, che gli avrei spiegato dopo da soli.
Cercai di calmarmi il più possibile scambiando due parole con gli altri al tavolo.
Ma probabilmente lei era eccitata quanto me e dopo pochi minuti mi prese la mano e me le mise sulle sue gambe. Io andai velocemente all’obbiettivo, mi accorsi che aveva gli autoreggenti, indugiai vicino gli slip e misi le dita sopra. Il tessuto era grondo di umori, e lei aveva la stessa espressione in viso della prima cassetta. Era troppo pericoloso, se avesse urlato e avesse avuto un orgasmo? Gli dissi fermiamoci qui. Lei annui a fatica, Ci ricomponemmo, per avere un aspetto accettabile.
Poco dopo ebbi un sussulto, le mia palle debitamente stimolate, senza venire mi facevano male:
M: Che hai? Ti senti male?
A: Si molto. Ho le palle che stanno per esplodere, da quanto sono piene.
Caricai il pietismo al massimo livello
A: Devo venire a tutti i costi stasera, sennò durante la notte mi sentirò male. Poi mi sentirei in imbarazzo a dire ai miei che mi fanno male le palle.
Avevo buttato l’esca, aspettavo che il pesce abboccasse. E cosi fu.
M: Papà, Antonio può venire dopo cena a vedere un film da noi, Può magari passare da negozio di zio e prendere qualche novità, si guarda tutti assieme, che ne dici?
Mia padre mi tirò l’assist inaspettato, rivolgendosi allo zio disse: E’ uscito finalmente il film che aspettavi, gli spietati ,non lo posso mettere ancora fuori a noleggio ma ci è già arrivato. Mio zio si illuminò, era un fan di Eastwood , accettò subito e disse vieni allora? E certo che vengo, in un doppio senso che solo mia cugina poteva solo sapere.
Ora però ero curioso di come si sarebbe organizzata per restare appartati noi due. La aiutai a pianificare il tutto. E avevo solo un pensiero nella testa. Michela aveva deciso di farmi venire per non farmi stare male.
Ma era dannatamente difficile e pericoloso in casa del nemico.
Mi precipitai al negozio, e con il motorino arrivai sotto casa di Michela e finalmente pensai come avrei goduto.