Esperienza reale Verso una cattiva strada

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39. Verso una cattiva strada (parte 1)

Camilla uscì dall’hotel con ancora addosso l’adrenalina dell’amplesso appena consumato, ma ogni passo che faceva verso casa la faceva sentire sempre più svuotata e riempita dal senso di colpa e dalla frustrazione di essere tornata quella di sempre. Aveva solo sfiorato l’idea di poter vivere una relazione normale, di poter cambiare, ma poi era stata brutalmente riportata alla realtà dai suoi demoni.

Per quanto, in cuor suo, sperasse nel perdono di Giorgio, sapeva che il secondo tradimento nel giro di qualche settimana sarebbe stato troppo anche per lui. Ma non volle mentire neanche stavolta.
Almeno quello, glielo doveva.

Andò a dormire tormentata. O meglio, provò a dormire, rispondendo a monosillabi a Giorgio e svicolando alle sue domande. All’indomani mattina, di nuovo, gli scrisse.
“Ti devo parlare…”

Si recò da lui, lo aspettò sotto casa e lo fece salire in macchina. Nell’abitacolo non volava una mosca. Lei continuava a fissare il parabrezza, sfiorando nervosamente il volante e picchiettandolo con le unghie. Le lacrime cominciarono a rigarle il viso. Giorgio stava in silenzio e sentiva il cuore accelerare come un razzo. Aveva già capito tutto, anche se lei ancora non aveva aperto bocca.

“Gio, io… ti ho tradito di nuovo.”
Lui sentì un nodo in gola, e le lacrime iniziarono a farsi strada all’interno delle sue viscere.
“Tu…” – proseguì lei piangendo, e girandosi verso di lui con le guance ormai teatro delle cascate che venivano giù dai suoi occhi – “tu puoi accettarlo?”
Lui rimase freddo, preso dal dolore.
“No. Non posso.”

Quelle furono le ultime parole che Camilla sentì da Giorgio. Prima di scoppiare a piangerle in faccia, scese dall’auto, non rivolgendole più lo sguardo, e si diresse a passo svelto verso casa. Lei lo inseguì con un ultimo, flebile sussurro, cercando vanamente di fermarlo.
“Giorgio…”
Ma lui non poteva sentirla. E anche se l’avesse sentita, non sarebbe mai tornato indietro.

Scoppiò a piangere come non aveva mai fatto, bagnando sedile, vestito, volante, e tutto ciò che aveva, facendo quasi un lago. Chiamò Azzurra, che era con me, e lei corse a consolarla. E quello fu il preludio a uno dei nostri ultimi litigi, come già raccontato.

Azzurra provò a tirarla su, ma Camilla ormai si sentiva totalmente in colpa con sé stessa. Voleva farsi del male e punirsi, perché aveva gettato al vento la storia d’amore più bella che avesse mai vissuto. Un ragazzo che l’aveva accettata nonostante i suoi difetti. Che era riuscito anche a perdonarle un tradimento. Si meritava di essere punita.

Diede così il via ad un vortice fatto di avventure di una notte, senza senso. Nella serata in cui uscì con Azzurra per sfogarsi, quella che portò al nostro feroce litigio, si fece sbattere di nuovo in uno squallido bagno di una discoteca.

Il tutto senza neanche essere selettiva: andò letteralmente con il primo che ci provò con lei e che le si avvicinò cingendole i fianchi. Non batté ciglio. Si girò e cominciò a baciarlo. E fu lei a toccargli il petto, a passargli le dita fra i capelli ed avvicinarsi al suo viso, sussurrandogli all’orecchio: “Andiamo a scopare.”

E di nuovo, nel bagno, in equilibrio precario, tra la puzza di piscio e il viavai di persone che entravano e uscivano, il ronzio dell’asciugamani elettrico, il rumore di passi di tacchi e i tonfi sordi della musica che filtrava ovattata dalla porta.

Tutto questo mentre lei era lì, con il vestito alzato, le mutandine calate e uno sconosciuto che la stava penetrando senza decenza. Non stava neanche godendo, aveva solo voglia di piangere, ma allo stesso tempo di punirsi, e sentirsi usata ancora con più forza.

“Vai, cazzo, vai!” – lo spronava mentre le sue mani scivolavano sulle piastrelle umide e ogni tanto doveva risistemarle per non finire faccia al muro.
“Avvertimi quando devi venire.” – gli disse, capendolo dalla velocità che aumentava e dai suoi grugniti.
“Vengo, vengo!” – fece lui.

Si staccò e si avvicinò al cazzo della sua conquista, finendo per ingoiare tutto ancora una volta. Non disse niente. Lui si tirò su i pantaloni e si riallacciò la cintura, in fretta. Lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi si abbassò il vestito e rimise le mutandine al loro posto, coprendo quello sporco orgasmo che aveva appena provato. Tornò in pista come se nulla fosse, sotto lo sguardo attonito di Azzurra.

Ma tutto quello non era ancora abbastanza per lei. Il senso di colpa la divorava sempre di più, così come la voglia, quasi la necessità profonda, di punirsi ancora. Su Instagram, Giorgio pubblicava storie tristi, senza nascondere le sue emozioni, e questo contribuiva ancora di più al suo volersi flagellare. E fu così che scrisse a una delle ultime persone alle quali pensava che avrebbe più scritto.

“Ciao Christian, ci vediamo?”
“Non ti è bastato quello che è successo l’ultima volta? Devo ricordarti com’è finita?”
“No, non mi è bastato. Voglio proprio che mi fai quello.”
“Interessante… ti raggiungo?”
“No, vengo io da te.”
“Ci sono i miei ma… vieni, ho un’idea.”
 
39. Verso una cattiva strada (parte 1)

Camilla uscì dall’hotel con ancora addosso l’adrenalina dell’amplesso appena consumato, ma ogni passo che faceva verso casa la faceva sentire sempre più svuotata e riempita dal senso di colpa e dalla frustrazione di essere tornata quella di sempre. Aveva solo sfiorato l’idea di poter vivere una relazione normale, di poter cambiare, ma poi era stata brutalmente riportata alla realtà dai suoi demoni.

Per quanto, in cuor suo, sperasse nel perdono di Giorgio, sapeva che il secondo tradimento nel giro di qualche settimana sarebbe stato troppo anche per lui. Ma non volle mentire neanche stavolta.
Almeno quello, glielo doveva.

Andò a dormire tormentata. O meglio, provò a dormire, rispondendo a monosillabi a Giorgio e svicolando alle sue domande. All’indomani mattina, di nuovo, gli scrisse.
“Ti devo parlare…”

Si recò da lui, lo aspettò sotto casa e lo fece salire in macchina. Nell’abitacolo non volava una mosca. Lei continuava a fissare il parabrezza, sfiorando nervosamente il volante e picchiettandolo con le unghie. Le lacrime cominciarono a rigarle il viso. Giorgio stava in silenzio e sentiva il cuore accelerare come un razzo. Aveva già capito tutto, anche se lei ancora non aveva aperto bocca.

“Gio, io… ti ho tradito di nuovo.”
Lui sentì un nodo in gola, e le lacrime iniziarono a farsi strada all’interno delle sue viscere.
“Tu…” – proseguì lei piangendo, e girandosi verso di lui con le guance ormai teatro delle cascate che venivano giù dai suoi occhi – “tu puoi accettarlo?”
Lui rimase freddo, preso dal dolore.
“No. Non posso.”

Quelle furono le ultime parole che Camilla sentì da Giorgio. Prima di scoppiare a piangerle in faccia, scese dall’auto, non rivolgendole più lo sguardo, e si diresse a passo svelto verso casa. Lei lo inseguì con un ultimo, flebile sussurro, cercando vanamente di fermarlo.
“Giorgio…”
Ma lui non poteva sentirla. E anche se l’avesse sentita, non sarebbe mai tornato indietro.

Scoppiò a piangere come non aveva mai fatto, bagnando sedile, vestito, volante, e tutto ciò che aveva, facendo quasi un lago. Chiamò Azzurra, che era con me, e lei corse a consolarla. E quello fu il preludio a uno dei nostri ultimi litigi, come già raccontato.

Azzurra provò a tirarla su, ma Camilla ormai si sentiva totalmente in colpa con sé stessa. Voleva farsi del male e punirsi, perché aveva gettato al vento la storia d’amore più bella che avesse mai vissuto. Un ragazzo che l’aveva accettata nonostante i suoi difetti. Che era riuscito anche a perdonarle un tradimento. Si meritava di essere punita.

Diede così il via ad un vortice fatto di avventure di una notte, senza senso. Nella serata in cui uscì con Azzurra per sfogarsi, quella che portò al nostro feroce litigio, si fece sbattere di nuovo in uno squallido bagno di una discoteca.

Il tutto senza neanche essere selettiva: andò letteralmente con il primo che ci provò con lei e che le si avvicinò cingendole i fianchi. Non batté ciglio. Si girò e cominciò a baciarlo. E fu lei a toccargli il petto, a passargli le dita fra i capelli ed avvicinarsi al suo viso, sussurrandogli all’orecchio: “Andiamo a scopare.”

E di nuovo, nel bagno, in equilibrio precario, tra la puzza di piscio e il viavai di persone che entravano e uscivano, il ronzio dell’asciugamani elettrico, il rumore di passi di tacchi e i tonfi sordi della musica che filtrava ovattata dalla porta.

Tutto questo mentre lei era lì, con il vestito alzato, le mutandine calate e uno sconosciuto che la stava penetrando senza decenza. Non stava neanche godendo, aveva solo voglia di piangere, ma allo stesso tempo di punirsi, e sentirsi usata ancora con più forza.

“Vai, cazzo, vai!” – lo spronava mentre le sue mani scivolavano sulle piastrelle umide e ogni tanto doveva risistemarle per non finire faccia al muro.
“Avvertimi quando devi venire.” – gli disse, capendolo dalla velocità che aumentava e dai suoi grugniti.
“Vengo, vengo!” – fece lui.

Si staccò e si avvicinò al cazzo della sua conquista, finendo per ingoiare tutto ancora una volta. Non disse niente. Lui si tirò su i pantaloni e si riallacciò la cintura, in fretta. Lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi si abbassò il vestito e rimise le mutandine al loro posto, coprendo quello sporco orgasmo che aveva appena provato. Tornò in pista come se nulla fosse, sotto lo sguardo attonito di Azzurra.

Ma tutto quello non era ancora abbastanza per lei. Il senso di colpa la divorava sempre di più, così come la voglia, quasi la necessità profonda, di punirsi ancora. Su Instagram, Giorgio pubblicava storie tristi, senza nascondere le sue emozioni, e questo contribuiva ancora di più al suo volersi flagellare. E fu così che scrisse a una delle ultime persone alle quali pensava che avrebbe più scritto.

“Ciao Christian, ci vediamo?”
“Non ti è bastato quello che è successo l’ultima volta? Devo ricordarti com’è finita?”
“No, non mi è bastato. Voglio proprio che mi fai quello.”
“Interessante… ti raggiungo?”
“No, vengo io da te.”
“Ci sono i miei ma… vieni, ho un’idea.”
Mamma santa davvero zoccola sta ragazza. Sinceramente non mi aspettavo che Giorgio la mandasse a quel paese :D :D :D
 
credo che una così l'unico problema lo crea se te ne innamori, ma se hai ben chiaro che è un pò zoccola ti diverti per un pò alla grande, magari reciti la parte del geloso, ma devi sempre pesare una persona mentre ci stai insieme. Ovvio, se stai insieme ad una persona e te ne innamori e ti fa sti pezzi allora ci soffri a bestia. Giorgio sapeva dall'inizio com'era, è l'unico errore è stato pensare che una persona cambi. di base una persona non cambia mai in positivo durante un rapporto, spesso peggiora. questa è la mia idea. ho avuto storie con tipe un pò zoccole, non a questi livelli, erano dilettanti rispetto a lei, però avendole pesate, ho avuto storie piuttosto lunghe, ma mai innamorato, e questo mi faceva essere molto freddo sotto questo punto di vista, ovviamente fingevo un pò di sentimento e gelosia, il giusto per farle sentire pensate ed in controllo, ma personalmente me la spassavo finchè poi non mi stancavo o si stancavano loro. Mi accorgevo quando avevano qualche cosa sotto, ma facevo il finto tonto. Ovviamente poi ho anche avuto storie normali eh, con sentimenti bellissimi e anche sofferenze. Era solo per spiegare bene che se già sai all'inizio che tipo hai davanti se te ne innamori la colpa è tua, e le conseguenze le piangi in modo consapevole.
 
credo che una così l'unico problema lo crea se te ne innamori, ma se hai ben chiaro che è un pò zoccola ti diverti per un pò alla grande, magari reciti la parte del geloso, ma devi sempre pesare una persona mentre ci stai insieme. Ovvio, se stai insieme ad una persona e te ne innamori e ti fa sti pezzi allora ci soffri a bestia. Giorgio sapeva dall'inizio com'era, è l'unico errore è stato pensare che una persona cambi. di base una persona non cambia mai in positivo durante un rapporto, spesso peggiora. questa è la mia idea. ho avuto storie con tipe un pò zoccole, non a questi livelli, erano dilettanti rispetto a lei, però avendole pesate, ho avuto storie piuttosto lunghe, ma mai innamorato, e questo mi faceva essere molto freddo sotto questo punto di vista, ovviamente fingevo un pò di sentimento e gelosia, il giusto per farle sentire pensate ed in controllo, ma personalmente me la spassavo finchè poi non mi stancavo o si stancavano loro. Mi accorgevo quando avevano qualche cosa sotto, ma facevo il finto tonto. Ovviamente poi ho anche avuto storie normali eh, con sentimenti bellissimi e anche sofferenze. Era solo per spiegare bene che se già sai all'inizio che tipo hai davanti se te ne innamori la colpa è tua, e le conseguenze le piangi in modo consapevole.
Si si ho capito che intendi camilla è una di una scopatina non certo di una storia seria e condivido. Il problema che quelle come Camilla cercano i bravi ragazzi come Giorgio per farsi allegramente i cavoli loro pur essendo fidanzate
 
Si si ho capito che intendi camilla è una di una scopatina non certo di una storia seria e condivido. Il problema che quelle come Camilla cercano i bravi ragazzi come Giorgio per farsi allegramente i cavoli loro pur essendo fidanzate
si, ok, ma un bravo ragazzo o meno, nel caso di Giorgio, sà già che è una zoccola perciò se ci soffre è solo colpa sua. Se uno è davvero un bravo ragazzo non si prende in quel modo una che è una zoccola, perchè mentre stava con un suo amico ci si è approcciato, se sei un bravo ragazzo davvero, stai al posto tuo. Poi una zoccola va a momenti, vuole il porco che se la sbatte e il bravo ragazzo che l'adora, e su questo sono d'accordo al 100%. Ma rimango dell'idea che se uno ha la fortuna di piacere davvero ad una così, e sai pure prima che gran zoccola è, beh, li vai solo di uccello, il cuore lo metti da parte, e in questo modo ti fai un periodo full di scopate memorabili.
 
si, ok, ma un bravo ragazzo o meno, nel caso di Giorgio, sà già che è una zoccola perciò se ci soffre è solo colpa sua. Se uno è davvero un bravo ragazzo non si prende in quel modo una che è una zoccola, perchè mentre stava con un suo amico ci si è approcciato, se sei un bravo ragazzo davvero, stai al posto tuo. Poi una zoccola va a momenti, vuole il porco che se la sbatte e il bravo ragazzo che l'adora, e su questo sono d'accordo al 100%. Ma rimango dell'idea che se uno ha la fortuna di piacere davvero ad una così, e sai pure prima che gran zoccola è, beh, li vai solo di uccello, il cuore lo metti da parte, e in questo modo ti fai un periodo full di scopate memorabili.
Certo sembra che però Giorgio non ci sia riuscito e c'è rimasto dentro con tutte le scarpe
 
40. Verso una cattiva strada (parte 2)

Camilla si preparò in fretta, con una rabbia che le stringeva la gola. Davanti allo specchio tracciò una riga nera sugli occhi e sfumò l’ombretto con le dita. Gli occhi sembravano ancora più grandi e tristi. Indossò un vestito viola stretto, corto e scollato sulla schiena.

“Scrivimi quando arrivi.” - le disse Christian.
Camilla parcheggiò davanti casa sua, poi rimase in macchina tenendo acceso il motore.
“Sono qui.”
“Arrivo.”

Christian si avvicinò ticchettandole con le nocche sul vetro del finestrino. Lei sobbalzò, distratta com’era a scrollare Instagram.
“Allora, dove si va?” - chiese lei con un’aria frizzante.
“Spegni e seguimi.” – ribatté lui senza entusiasmo.
Camilla lo guardò dubbiosa, ma seguì le sue istruzioni.
Scese dall’auto, seguita dagli occhi di Christian che le passarono addosso come uno scanner, dalla cima dei capelli alla punta dei piedi.
“Non è l’outfit più adatto, forse, però non stai così male dai…" – fece poi senza darle la soddisfazione di un vero complimento. Anche se, in realtà, quello che pensava era: quanto sei fica, ti vorrei scopare seduta stante.

Poi la prese per mano — uno dei pochi gesti carini nei suoi confronti — e la portò nel giardino, sul retro. Attraversarono il vialetto. Dalle finestre si vedevano le luci accese del salone.
Lei rallentò il passo e sussurrò: “Non ci sono i tuoi a casa, vero?”
“Sì”, - disse lui. - “Infatti non andiamo a casa…”

Lei continuava a chiedersi dove stessero andando, ma lo seguì comunque. Iniziò a sentire uno strano formicolio in mezzo alle cosce: era di nuovo in una di quelle situazioni che la mettevano di fronte al limite, e la facevano sentire viva.

Christian si guardò intorno circospetto, poi la guidò verso un piccolo capanno degli attrezzi. Era un casotto basso e un po’ malmesso, con le pareti di legno sbiadite dal sole e un tetto in lamiera che cigolava leggermente al vento.

“Ecco il nostro nido d’amore.” - disse lui ridendo.
“Me lo potevi dire, almeno non mi conciavo così…” - si indispettì lei.
“Non volevo perdermi questo spettacolo.” - replicò lui facendole, stavolta, un vero complimento.

Camilla lo guardò con un sorriso ambiguo. Il rumore della chiave nel lucchetto metallico tintinnò nell’aria. Christian aprì la porta, allungò la mano verso la parete di legno per trovare l’interruttore e accese la luce. Dentro c'erano attrezzi da giardino perfettamente ordinati su un lato, e un tavolo da lavoro sull’altro. Le ricordò vagamente le scappatelle nello sgabuzzino della palestra con Edoardo, anche se quel posto era più grande e probabilmente anche più comodo.

“Carino qui…” - disse lei, guardandosi intorno e restando affascinata da quell’ordine quasi maniacale. Poi aggiunse: “È qui che porti le tue conquiste?” - sussurrò facendo l’occhiolino.
“Solo quelle che se lo meritano…”

Camilla si accese, si strinse a lui e si fiondò sulle sue labbra. Christian era vestito con una tuta beige larga, che si gonfiò visibilmente dopo quel contatto. La sua stecca cominciò a crescere dentro il tessuto. I loro corpi premevano l’uno contro l’altro, e Camilla lo sentì premere contro il suo inguine. Iniziò a frugare sotto l’elastico della tuta e, con la mano, afferrò il membro venoso di Christian.

Le tornò alla mente la prima volta che l’aveva visto: era passato tanto tempo da allora, aveva conosciuto altri ragazzi, più dotati, meno dotati. Aveva fatto sesso più violento. Aveva fatto l’amore. Si era innamorata. Ma tutto era iniziato lì, quasi due anni prima, quando la sua vita aveva preso una piega diversa.

Due anni fa non avrebbe mai creduto di ritrovarsi così: dentro un capanno degli attrezzi, nel giardino buio di Christian. Si sarebbe immaginata fidanzata, innamorata, cambiata, migliorata.
Invece era tornata a quello che sapeva fare meglio: farsi usare.

Si mise in ginocchio, sentendo il legno duro delle assi premere contro la pelle, ma senza curarsene.
Voleva espiare i suoi peccati, quella era la sua punizione.

Il cazzo di Christian balzò fuori dai boxer. Lui la guardò compiaciuto, poi con fierezza ammirò la sua asta più dura che mai. Prese la testa di Camilla con una mano e il suo glande si spinse tra le labbra della ragazza, affondando nella sua gola.

Christian godeva, fiero, con petto largo e sguardo sprezzante.
“Brava… vedi che sei proprio una troia. Sei la mia troia.” - disse.
Lei si tirò indietro, si passò la lingua sulle labbra.
“Non sono la tua troia.” - ribatté.
“Ah, no?”
“Sono la troia di tutti.” - rispose, prima di tuffarsi di nuovo sul suo cazzo, ricoprendolo di saliva.
“Brava... poveracci Edoardo e Giorgio che volevano tenersi una troia come te…”

Le parole di Christian, un tempo, l’avrebbero ferita. Ora non voleva più difendersi: era esattamente quello di cui aveva bisogno. Voleva sentirsi dire che era una troia. Che aveva rovinato tutto con tutti i ragazzi con cui era stata, perché quella era la verità. Che non si meritava l’amore né qualsiasi cosa si avvicinasse ad esso. L’unica cosa che si meritava era essere trattata così.

“Lo sai con quanti sono stata, solo nell’ultimo mese?” – disse ancora, durante il pompino – “Con quattro ragazzi.”
Lo ammise guardandolo negli occhi, in un mix di fierezza e umiliazione, mentre lui le afferrava la testa tenendola schiacciata e lasciando fuori dalla sua bocca solo i testicoli, facendola quasi soffocare. Sotto la luce tremolante della lampadina, lui aggiunse: “E se chiamassi un amico e facessimo cinque?”

Lei ci pensò. Fu tentata. Lo squadrò, si guardò intorno. Il pensiero di andare con due ragazzi insieme la stuzzicava: era una fantasia che aveva confidato anche ad Azzurra. Non era mai successo, perché i ragazzi con cui stava non volevano condividerla. Mentre con le conquiste di una sera, sarebbe stato troppo rischioso, non sapendo con chi aveva a che fare. Effettivamente, quello poteva essere un compromesso. Anche se Christian era violento e la trattava di merda, dentro di sé lo desiderava. Alla fine, però, declinò e lui non nascose una smorfia di delusione.

“Allora impegnati.” - le sibilò, continuando a spingerle la testa.
“Dai, vieni qua.” - aggiunse poi, sollevandola con un gesto che per un attimo fu quasi tenero.

La girò con la faccia rivolta verso la parete di legno. Le aveva sfilato il vestito e gli slip, buttandoli in un angolo. Stavolta dedicò anche a lei un po’ di piacere — giusto quanto bastava per farla bagnare e riuscire a entrare senza problemi.

Camilla apprezzò il gesto, e si eccitò. Cominciò a sentirsi lubrificata, godendo della lingua vorace di Christian. Poi lui si inginocchiò, si piegò sulle ginocchia, ed entrò. Non si ricordava fosse così grosso, e così piacevole.

Anche quella volta, come l’ultima con il professore, il suo culo fu vittima dei palmi selvaggi di un uomo. Christian grugniva, la palpeggiava, le graffiava la pelle, sudava e godeva. Lei sentiva il suo addome premere contro la schiena, spingendo fino quasi ad aderire perfettamente.

La piegò in avanti, mettendole una mano davanti alla bocca per soffocare i gemiti che stavano diventando troppo forti. I suoi genitori erano comunque a poche decine di metri, al di là del giardino.

“Devi fare piano.” - le sussurrò.
Lui, invece, aumentò il ritmo. Colpi fortissimi.
“Anche tu...” - ansimò lei.
“No.” – fece lui con voce ferma, prendendola per i capelli.

Camilla raggiunse l’orgasmo. Uno dei più intensi. Sentiva un groviglio di sensazioni esploderle dentro. Era giusto, si disse, essere punita così, trattata da troia. La faceva sentire umiliata, ma allo stesso tempo viva. Le piaceva il potere che aveva sugli uomini. Anche se Christian sembrava immune: più lui la trattava male, più questo la faceva godere.

Christian tirò fuori il cazzo, bagnato, e cominciò a masturbarsi, prendendola per la nuca.
“Dai, che vengo.”
“Vienimi dentro.”
Da quando prendeva la pillola, farsi venire dentro era qualcosa che Camilla aveva imparato ad apprezzare. Fu lei a dare degli ordini a lui, per la prima volta nel loro rapporto. Christian accettò, senza controbattere.

Allora lui la fece sedere sul tavolo da lavoro, e si dovette piegare molto sulle ginocchia per essere all’altezza giusta. Le spalancò le gambe. Prima le stuzzicò l’ingresso con la punta, poi la penetrò piano, lentamente, strusciandosi dentro di lei fino a venire.

Lei lo sentì completamente, mentre il sesso di entrambi si mescolava in un unico liquido caldo.

Christian si avvicinò e, con quello che sembrò un gesto quasi affettuoso, le diede un bacio sulle labbra. Poi due buffetti sulla guancia, come si fa con un cane.
Si fermò, la guardò con aria severa e le disse:
“Lo sai che, se ci rivedremo, ogni volta sarà così, vero?”
Lei abbassò lo sguardo.
“Va bene.”
Una smorfia si disegnò sul viso di Christian. Era la prima volta che vedeva Camilla così remissiva.
Per un attimo gli fece quasi pena. Ma restò nella sua parte.

“Capisci perché ti meriti di essere trattata così?” - le disse, quasi con calma, come si spiega una cosa ovvia a qualcuno, mentre si ripuliva – “Tu ti meriti di essere trattata così. Non ti meriti nient’altro. E io ti tratterò così. Non sono come quei poveracci di Edoardo e Giorgio che speravano che tu cambiassi. Tu sei così e meriti solo questo.”

Lei abbassò ulteriormente lo sguardo, sembrava potesse perforare le assi di legno che facevano da pavimento. Ma era effettivamente quello che pensava anche lei. Sembrava che lui le stesse leggendo nella mente.

“Hai ragione…” – disse, con aria mesta.

Si rivestì in silenzio, con gesti sommessi. Lui si tirò su la tuta, continuando a scrutarla con curiosità. Christian era sempre stato così: duro, severo. Un po’ per fare il figo, un po’ perché era davvero il suo carattere. E un po’ perché Camilla glielo permetteva. Ma vederla così triste— dopo un sesso così violento — gli fece venire un leggero tentennamento. Era come se lei subisse il suo modo di essere, senza volerlo davvero fino in fondo.

Per un tempo infinitesimale gli passò in mente di fare esattamente quello che avevano fatto Giorgio ed Edoardo: provare a cambiarla. Poi però tornò in sé, ammorbidendo però il tono.

“Allora ci vediamo… se vuoi ancora.”
“Sì, credo di sì.” – fece lei senza neanche guardarlo negli occhi.
Lui la accompagnò al cancello, e la guardò sparire nel buio.

Camilla cercò invano di dormire, ma come spesso le accadeva in quel periodo, non ci riuscì.
Ripensò a quello che era successo. Il pensiero la riportò anche a Edoardo: anche lui, prima di Giorgio, aveva cercato di mettere un freno a quella che era la sua natura. Ed in effetti prima ancora anche Riccardo. E Ludovico. Ed Emanuele.

Ma Giorgio era stato il primo a riuscirci. Eppure lei, alla fine, tornava sempre indietro, come se ogni tanto spuntasse fuori la voglia di trasgredire, di essere quella che era o che credeva di essere.

Ripensò alla proposta di Christian. Forse un’esperienza così l’avrebbe aiutata a capire e magari cambiare, una volta per tutte. Specie se l’amico di Christian era come lui.

Mi concederò questo sfizio, pensò. Verrò usata, come lo sono stata tante altre volte, ma poi basta. Voglio uscire da questa strada. Mi metterò lì, paziente, ad aspettare il vero amore. E stavolta non lo lascerò andare. Voglio quello che mi cambierà definitivamente. Come aveva fatto Giorgio. Ma io, stupida, stupida, ho rovinato tutto.

Si diede due colpetti sulla fronte con la mano, trattenendo a stento una lacrima. Poi prese il cellulare e scrisse a Christian.

“Va bene. Facciamolo.”
Lui rispose quasi subito.
“Cosa?”
“Porta il tuo amico. Siete liberi venerdì sera? Da me non c’è nessuno.”
"Un attimo che lo sento.”

Camilla rimase in attesa, il cuore le batteva forte. Quella cosa stava andando oltre ogni fantasia. Ne aveva parlato tante volte, certo, ma pensava che sarebbe rimasto tutto nella sfera dei sogni proibiti. E invece stava per diventare reale.

La eccitava. La spaventava. La tormentava. Le faceva pensare ancora una volta che, in fondo, lei era così. E non poteva cambiare. Allora tanto valeva assecondare le sue fantasie. Pensò di nuovo a Giorgio, a Edoardo, a tutti quelli che erano passati. Poi sentì il cellulare vibrare.

“Va bene. Noi ci siamo.”

Non rispose. Bloccò il telefono e spense lo schermo. Si buttò all’indietro sul letto, le braccia molli dietro la testa, gli occhi puntati sul soffitto. Sospirò. Probabilmente stava per toccare il punto più basso della sua vita.
 
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40. Verso una cattiva strada (parte 2)

Camilla si preparò in fretta, con una rabbia che le stringeva la gola. Davanti allo specchio tracciò una riga nera sugli occhi e sfumò l’ombretto con le dita. Gli occhi sembravano ancora più grandi e tristi. Indossò un vestito viola stretto, corto e scollato sulla schiena.

“Scrivimi quando arrivi.” - le disse Christian.
Camilla parcheggiò davanti casa sua, poi rimase in macchina tenendo acceso il motore.
“Sono qui.”
“Arrivo.”

Christian si avvicinò ticchettandole con le nocche sul vetro del finestrino. Lei sobbalzò, distratta com’era a scrollare Instagram.
“Allora, dove si va?” - chiese lei con un’aria frizzante.
“Spegni e seguimi.” – ribatté lui senza entusiasmo.
Camilla lo guardò dubbiosa, ma seguì le sue istruzioni.
Scese dall’auto, seguita dagli occhi di Christian che le passarono addosso come uno scanner, dalla cima dei capelli alla punta dei piedi.
“Non è l’outfit più adatto, forse, però non stai così male dai…" – fece poi senza darle la soddisfazione di un vero complimento. Anche se, in realtà, quello che pensava era: quanto sei fica, ti vorrei scopare seduta stante.

Poi la prese per mano — uno dei pochi gesti carini nei suoi confronti — e la portò nel giardino, sul retro. Attraversarono il vialetto. Dalle finestre si vedevano le luci accese del salone.
Lei rallentò il passo e sussurrò: “Non ci sono i tuoi a casa, vero?”
“Sì”, - disse lui. - “Infatti non andiamo a casa…”

Lei continuava a chiedersi dove stessero andando, ma lo seguì comunque. Iniziò a sentire uno strano formicolio in mezzo alle cosce: era di nuovo in una di quelle situazioni che la mettevano di fronte al limite, e la facevano sentire viva.

Christian si guardò intorno circospetto, poi la guidò verso un piccolo capanno degli attrezzi. Era un casotto basso e un po’ malmesso, con le pareti di legno sbiadite dal sole e un tetto in lamiera che cigolava leggermente al vento.

“Ecco il nostro nido d’amore.” - disse lui ridendo.
“Me lo potevi dire, almeno non mi conciavo così…” - si indispettì lei.
“Non volevo perdermi questo spettacolo.” - replicò lui facendole, stavolta, un vero complimento.

Camilla lo guardò con un sorriso ambiguo. Il rumore della chiave nel lucchetto metallico tintinnò nell’aria. Christian aprì la porta, allungò la mano verso la parete di legno per trovare l’interruttore e accese la luce. Dentro c'erano attrezzi da giardino perfettamente ordinati su un lato, e un tavolo da lavoro sull’altro. Le ricordò vagamente le scappatelle nello sgabuzzino della palestra con Edoardo, anche se quel posto era più grande e probabilmente anche più comodo.

“Carino qui…” - disse lei, guardandosi intorno e restando affascinata da quell’ordine quasi maniacale. Poi aggiunse: “È qui che porti le tue conquiste?” - sussurrò facendo l’occhiolino.
“Solo quelle che se lo meritano…”

Camilla si accese, si strinse a lui e si fiondò sulle sue labbra. Christian era vestito con una tuta beige larga, che si gonfiò visibilmente dopo quel contatto. La sua stecca cominciò a crescere dentro il tessuto. I loro corpi premevano l’uno contro l’altro, e Camilla lo sentì premere contro il suo inguine. Iniziò a frugare sotto l’elastico della tuta e, con la mano, afferrò il membro venoso di Christian.

Le tornò alla mente la prima volta che l’aveva visto: era passato tanto tempo da allora, aveva conosciuto altri ragazzi, più dotati, meno dotati. Aveva fatto sesso più violento. Aveva fatto l’amore. Si era innamorata. Ma tutto era iniziato lì, quasi due anni prima, quando la sua vita aveva preso una piega diversa.

Due anni fa non avrebbe mai creduto di ritrovarsi così: dentro un capanno degli attrezzi, nel giardino buio di Christian. Si sarebbe immaginata fidanzata, innamorata, cambiata, migliorata.
Invece era tornata a quello che sapeva fare meglio: farsi usare.

Si mise in ginocchio, sentendo il legno duro delle assi premere contro la pelle, ma senza curarsene.
Voleva espiare i suoi peccati, quella era la sua punizione.

Il cazzo di Christian balzò fuori dai boxer. Lui la guardò compiaciuto, poi con fierezza ammirò la sua asta più dura che mai. Prese la testa di Camilla con una mano e il suo glande si spinse tra le labbra della ragazza, affondando nella sua gola.

Christian godeva, fiero, con petto largo e sguardo sprezzante.
“Brava… vedi che sei proprio una troia. Sei la mia troia.” - disse.
Lei si tirò indietro, si passò la lingua sulle labbra.
“Non sono la tua troia.” - ribatté.
“Ah, no?”
“Sono la troia di tutti.” - rispose, prima di tuffarsi di nuovo sul suo cazzo, ricoprendolo di saliva.
“Brava... poveracci Edoardo e Giorgio che volevano tenersi una troia come te…”

Le parole di Christian, un tempo, l’avrebbero ferita. Ora non voleva più difendersi: era esattamente quello di cui aveva bisogno. Voleva sentirsi dire che era una troia. Che aveva rovinato tutto con tutti i ragazzi con cui era stata, perché quella era la verità. Che non si meritava l’amore né qualsiasi cosa si avvicinasse ad esso. L’unica cosa che si meritava era essere trattata così.

“Lo sai con quanti sono stata, solo nell’ultimo mese?” – disse ancora, durante il pompino – “Con quattro ragazzi.”
Lo ammise guardandolo negli occhi, in un mix di fierezza e umiliazione, mentre lui le afferrava la testa tenendola schiacciata e lasciando fuori dalla sua bocca solo i testicoli, facendola quasi soffocare. Sotto la luce tremolante della lampadina, lui aggiunse: “E se chiamassi un amico e facessimo cinque?”

Lei ci pensò. Fu tentata. Lo squadrò, si guardò intorno. Il pensiero di andare con due ragazzi insieme la stuzzicava: era una fantasia che aveva confidato anche ad Azzurra. Non era mai successo, perché i ragazzi con cui stava non volevano condividerla. Mentre con le conquiste di una sera, sarebbe stato troppo rischioso, non sapendo con chi aveva a che fare. Effettivamente, quello poteva essere un compromesso. Anche se Christian era violento e la trattava di merda, dentro di sé lo desiderava. Alla fine, però, declinò e lui non nascose una smorfia di delusione.

“Allora impegnati.” - le sibilò, continuando a spingerle la testa.
“Dai, vieni qua.” - aggiunse poi, sollevandola con un gesto che per un attimo fu quasi tenero.

La girò con la faccia rivolta verso la parete di legno. Le aveva sfilato il vestito e gli slip, buttandoli in un angolo. Stavolta dedicò anche a lei un po’ di piacere — giusto quanto bastava per farla bagnare e riuscire a entrare senza problemi.

Camilla apprezzò il gesto, e si eccitò. Cominciò a sentirsi lubrificata, godendo della lingua vorace di Christian. Poi lui si inginocchiò, si piegò sulle ginocchia, ed entrò. Non si ricordava fosse così grosso, e così piacevole.

Anche quella volta, come l’ultima con il professore, il suo culo fu vittima dei palmi selvaggi di un uomo. Christian grugniva, la palpeggiava, le graffiava la pelle, sudava e godeva. Lei sentiva il suo addome premere contro la schiena, spingendo fino quasi ad aderire perfettamente.

La piegò in avanti, mettendole una mano davanti alla bocca per soffocare i gemiti che stavano diventando troppo forti. I suoi genitori erano comunque a poche decine di metri, al di là del giardino.

“Devi fare piano.” - le sussurrò.
Lui, invece, aumentò il ritmo. Colpi fortissimi.
“Anche tu...” - ansimò lei.
“No.” – fece lui con voce ferma, prendendola per i capelli.

Camilla raggiunse l’orgasmo. Uno dei più intensi. Sentiva un groviglio di sensazioni esploderle dentro. Era giusto, si disse, essere punita così, trattata da troia. La faceva sentire umiliata, ma allo stesso tempo viva. Le piaceva il potere che aveva sugli uomini. Anche se Christian sembrava immune: più lui la trattava male, più questo la faceva godere.

Christian tirò fuori il cazzo, bagnato, e cominciò a masturbarsi, prendendola per la nuca.
“Dai, che vengo.”
“Vienimi dentro.”
Da quando prendeva la pillola, farsi venire dentro era qualcosa che Camilla aveva imparato ad apprezzare. Fu lei a dare degli ordini a lui, per la prima volta nel loro rapporto. Christian accettò, senza controbattere.

Allora lui la fece sedere sul tavolo da lavoro, e si dovette piegare molto sulle ginocchia per essere all’altezza giusta. Le spalancò le gambe. Prima le stuzzicò l’ingresso con la punta, poi la penetrò piano, lentamente, strusciandosi dentro di lei fino a venire.

Lei lo sentì completamente, mentre il sesso di entrambi si mescolava in un unico liquido caldo.

Christian si avvicinò e, con quello che sembrò un gesto quasi affettuoso, le diede un bacio sulle labbra. Poi due buffetti sulla guancia, come si fa con un cane.
Si fermò, la guardò con aria severa e le disse:
“Lo sai che, se ci rivedremo, ogni volta sarà così, vero?”
Lei abbassò lo sguardo.
“Va bene.”
Una smorfia si disegnò sul viso di Christian. Era la prima volta che vedeva Camilla così remissiva.
Per un attimo gli fece quasi pena. Ma restò nella sua parte.

“Capisci perché ti meriti di essere trattata così?” - le disse, quasi con calma, come si spiega una cosa ovvia a qualcuno, mentre si ripuliva – “Tu ti meriti di essere trattata così. Non ti meriti nient’altro. E io ti tratterò così. Non sono come quei poveracci di Edoardo e Giorgio che speravano che tu cambiassi. Tu sei così e meriti solo questo.”

Lei abbassò ulteriormente lo sguardo, sembrava potesse perforare le assi di legno che facevano da pavimento. Ma era effettivamente quello che pensava anche lei. Sembrava che lui le stesse leggendo nella mente.

“Hai ragione…” – disse, con aria mesta.

Si rivestì in silenzio, con gesti sommessi. Lui si tirò su la tuta, continuando a scrutarla con curiosità. Christian era sempre stato così: duro, severo. Un po’ per fare il figo, un po’ perché era davvero il suo carattere. E un po’ perché Camilla glielo permetteva. Ma vederla così triste— dopo un sesso così violento — gli fece venire un leggero tentennamento. Era come se lei subisse il suo modo di essere, senza volerlo davvero fino in fondo.

Per un tempo infinitesimale gli passò in mente di fare esattamente quello che avevano fatto Giorgio ed Edoardo: provare a cambiarla. Poi però tornò in sé, ammorbidendo però il tono.

“Allora ci vediamo… se vuoi ancora.”
“Sì, credo di sì.” – fece lei senza neanche guardarlo negli occhi.
Lui la accompagnò al cancello, e la guardò sparire nel buio.

Camilla cercò invano di dormire, ma come spesso le accadeva in quel periodo, non ci riuscì.
Ripensò a quello che era successo. Il pensiero la riportò anche a Edoardo: anche lui, prima di Giorgio, aveva cercato di mettere un freno a quella che era la sua natura. Ed in effetti prima ancora anche Riccardo. E Ludovico. Ed Emanuele.

Ma Giorgio era stato il primo a riuscirci. Eppure lei, alla fine, tornava sempre indietro, come se ogni tanto spuntasse fuori la voglia di trasgredire, di essere quella che era o che credeva di essere.

Ripensò alla proposta di Christian. Forse un’esperienza così l’avrebbe aiutata a capire e magari cambiare, una volta per tutte. Specie se l’amico di Christian era come lui.

Mi concederò questo sfizio, pensò. Verrò usata, come lo sono stata tante altre volte, ma poi basta. Voglio uscire da questa strada. Mi metterò lì, paziente, ad aspettare il vero amore. E stavolta non lo lascerò andare. Voglio quello che mi cambierà definitivamente. Come aveva fatto Giorgio. Ma io, stupida, stupida, ho rovinato tutto.

Si diede due colpetti sulla fronte con la mano, trattenendo a stento una lacrima. Poi prese il cellulare e scrisse a Christian.

“Va bene. Facciamolo.”
Lui rispose quasi subito.
“Cosa?”
“Porta il tuo amico. Siete liberi venerdì sera? Da me non c’è nessuno.”
"Un attimo che lo sento.”

Camilla rimase in attesa, il cuore le batteva forte. Quella cosa stava andando oltre ogni fantasia. Ne aveva parlato tante volte, certo, ma pensava che sarebbe rimasto tutto nella sfera dei sogni proibiti. E invece stava per diventare reale.

La eccitava. La spaventava. La tormentava. Le faceva pensare ancora una volta che, in fondo, lei era così. E non poteva cambiare. Allora tanto valeva assecondare le sue fantasie. Pensò di nuovo a Giorgio, a Edoardo, a tutti quelli che erano passati. Poi sentì il cellulare vibrare.

“Va bene. Noi ci siamo.”

Non rispose. Bloccò il telefono e spense lo schermo. Si buttò all’indietro sul letto, le braccia molli dietro la testa, gli occhi puntati sul soffitto. Sospirò. Probabilmente stava per toccare il punto più basso della sua vita.
MMMM racconto scritto benissimo Cristian l'ha usata proprio bene da maschio alpha. Comunque ho un dubbio su chi possa essere il terzo:D:D:D:D
 
E con questo si conclude il racconto. Ringrazio tutti i lettori che hanno seguito la storia e che hanno contribuito anche con scambi di idee, opinioni ed esperienze vissute.

-----

41. Verso una cattiva strada (parte 3 + epilogo)

Camilla preparò tutto, anche se aveva ancora qualche remora. Approntò un aperitivo per fare due chiacchiere e conoscere l’amico di Christian, che non aveva mai visto, e assicurarsi di voler davvero andare fino in fondo. Ma sì, nonostante tutto, lo voleva.

Tra uno spritz e qualche patatina, la conversazione fluiva piacevole. L’amico di Christian, Vittorio, era un ragazzo piuttosto alto, intorno al metro e ottantacinque, castano chiaro, riccio, con occhi nocciola, un fisico esile da maratoneta. Non faceva parte della squadra di pallavolo; era un amico del liceo. Camilla si era messa un vestitino estivo leggero, con fantasie floreali e tropicali, con le spalline sottili, facile da sfilare.

Il feeling si percepiva, e ci volle poco perché si ritrovarono sul divano. Camilla si voltò verso Christian, lo baciò, poi sorrise e si girò verso Vittorio, baciando anche lui. Le loro mani — quattro mani affamate — cominciarono a esplorarle il corpo, sopra e sotto il vestito. In breve, si spostarono sul letto. Camilla era ormai completamente eccitata, ogni timore era svanito. Desiderava sentirsi una regina, e ricevere le attenzioni di quei due ragazzi. Anche se, a dire il vero, Christian non gliene dava mai quanto voleva. Ma fu Vittorio ad accogliere il suo desiderio, scivolando deciso tra le sue cosce. Lei era sdraiata a pancia in su, ormai nuda. La sua lingua cominciò a solleticarle le grandi labbra, mentre Christian, inginocchiato sopra di lei, le si posizionò sul petto, spingendo l’erezione erezione sul suo viso.

E lei era lì, a farsi schiaffeggiare in faccia dalla stecca di Christian. Un mese prima era innamorata di Giorgio, credeva di aver trovato l’amore. Ora era cambiata — o forse tornata a essere quella di sempre, anzi pure peggio. Era stata con molti ragazzi nell’ultimo mese, e adesso stava addirittura facendo una cosa a tre.

Dopo averle procurato un primo orgasmo, strozzato dal sesso di Christian che le riempiva la bocca, Vittorio si avvicinò con il bacino, sfiorandole il clitoride col glande. Era morbido, non ancora completamente eretto, lungo e sottile, e leggermente ricurvo verso il basso. Le prese i fianchi, le mise un cuscino sotto la schiena e poi entrò lentamente.

Qualche colpo e la sua erezione riempì la figa di Camilla, che iniziava a sentirlo duro dentro di lei. Era madida di sudore, ma un solo orgasmo non le bastava. Continuava a succhiare Christian con impegno, liberandosi la bocca ogni tanto per masturbarlo o per lasciar uscire qualche forte gemito. Chissà i vicini cosa pensavano.

“Allora, principessa, ti piace?” — scherzò Christian che mai l’aveva chiamata così.
“Sì… sì…” – fece lei in preda al piacere, con un filo di voce – “però adesso voglio che me la lecchi tu.”

Per una volta, lui acconsentì. Si scambiarono i ruoli: la fece girare a pancia in giù, inginocchiata. Vittorio si sdraiò con le gambe aperte, le braccia dietro la nuca, pronto a godersi il suo turno. Camilla si buttò sul suo membro con la bocca, mentre Christian, da dietro, iniziò a leccarla. Era rossa e gonfia. Le massaggiava i glutei, e lei si eccitava ancora di più. Era la prima volta che Christian le dedicava così a lungo i favori della sua lingua. Ogni tanto condiva il suo cunnilingus con qualche schiaffo sul culo che la faceva sobbalzare.

Le smorfie sul viso di Vittorio tradivano il suo piacere. Era vicino al limite. Camilla si staccò, accorgendosene dai suoi grugniti.
“Devi venire?”
“Quasi… aspetta.” – rispose lui allontanandola con una mano.

Lei si fermò, per farlo recuperare ed approfittarne per rifiatare. Voleva che quella cosa durasse ancora e ancora.

Appena Christian smise di leccarla, si avvicinò prepotente e la penetrò con un colpo secco. La prese da dietro con violenza, tirandola per i capelli e spalmando ancora i palmi sui suoi glutei. Camilla si sentiva usata a più non posso, trattata come un oggetto, e questo la eccitava. Vittorio guardava la scena e intanto si riprendeva, recuperando le energie. Camilla era esausta, i capelli ormai sudati e raccolti in una coda arruffata; lasciava che Christian la possedesse come meglio credeva. E lui era dietro di lei, sudato, i pettorali lucidi, tronfio e prestante.

Ma Camilla voleva sentire ancora Vittorio dentro di lei. Gli lanciò uno sguardo complice, si sfilò da Christian, si sedette sopra di lui e cominciò a cavalcarlo. Christian si mise in piedi accanto a lei, sul letto. Camilla lo stimolava con una mano e, ogni tanto, lo leccava sul glande. Raggiunse un altro orgasmo mentre lui le stuzzicava i capezzoli colpendoli con il suo cazzo. Vittorio si avvicinò nuovamente al limite.

Appagata dall’orgasmo, Camilla volle dare tutte le sue attenzioni ai ragazzi. Ma prima desiderava ancora sentirsi trattata da principessa, illudersi di essere adorata. Quando invece stava solo venendo usata, per l’ennesima volta. Fu ancora Vittorio a scendere tra le sue gambe, mentre Christian la baciava con foga. Le sue mani forti, che tante volte aveva visto schiacciare il pallone, ora le sfioravano con delicatezza il collo, i capelli, i capezzoli. Con il palmo, poi con il dorso. Poi delle palpatine leggere. Vittorio le stuzzicava il clitoride con piccoli colpi di lingua e due dita dentro. E finalmente un altro orgasmo, più forte ancora.

Camilla si inginocchiò tra di loro, poi si chinò per dare piacere a entrambi. Cominciò da Vittorio: bastarono pochi colpi di bocca per farlo venire, succhiandolo piano fino all’ultima goccia. Lui gemeva, con il respiro rotto dal piacere.

Christian, dopo essersi mostrato generoso, tornò a essere lo stronzo di sempre.
“Adesso ti riempio quel bel faccino.” – le disse rivolgendole quasi una smorfia di disprezzo – “Sdraiati.”

Lei si passò la lingua sulle labbra, vogliosa. Christian le salì sopra a cavalcioni, esplodendo sul suo volto, un po’ sui capelli sudati, un po’ sulle labbra. Strusciò il membro ancora semiduro sulle sue tette, lasciando le ultime gocce sui capezzoli. Camilla si pulì gli occhi con il pollice e lo guardò con un’espressione lasciva.

Si alzò lentamente, soddisfatta del piacere ricevuto - e regalato. Le sue forme ondeggiarono mentre scendeva dal letto. Lanciò un sorriso ai due ragazzi. Ma appena fu in bagno, li sentì ridacchiare. Le parve di sentirli appellarla con la parola "troia". Sai che novità.

Quindi era così anche quella volta. Non era una principessa, ma solo una che si era illusa di esserlo. Pensava di essere stata desiderata da due uomini, ma era stata solo usata. Come accadeva sempre. Tranne con le persone che la avevano amata davvero. E che lei aveva lasciato andare.

*

Quello fu l’ultimo episodio riguardante Camilla che seppi direttamente da Azzurra, perché dopo qualche settimana ci lasciammo. Da allora, ho solo notizie indirette. So che ha messo la testa a posto, o almeno così pare. Sembra che stia con lo stessi ragazzo da un paio d’anni. Forse quella fu solo una parentesi dei suoi vent’anni confusi, vissuti tra desiderio, istinti, insicurezza e voglia.

Oppure, forse, anche quel ragazzo verrà tradito. O magari è già stato tradito e lui, ignaro, ancora non lo sa. Ancora non conosce la vera Camilla.

Quel che so è che Camilla è una ragazza che a tratti ho odiato, per i suoi comportamenti e l’ascendente che aveva su Azzurra. E che ha reso complicata anche la nostra storia, specie sul finale, per colpa della sua presenza costante e della sua inclinazione a deviare sempre, e incessantemente, verso una cattiva strada.
 
E con questo si conclude il racconto. Ringrazio tutti i lettori che hanno seguito la storia e che hanno contribuito anche con scambi di idee, opinioni ed esperienze vissute.

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41. Verso una cattiva strada (parte 3 + epilogo)

Camilla preparò tutto, anche se aveva ancora qualche remora. Approntò un aperitivo per fare due chiacchiere e conoscere l’amico di Christian, che non aveva mai visto, e assicurarsi di voler davvero andare fino in fondo. Ma sì, nonostante tutto, lo voleva.

Tra uno spritz e qualche patatina, la conversazione fluiva piacevole. L’amico di Christian, Vittorio, era un ragazzo piuttosto alto, intorno al metro e ottantacinque, castano chiaro, riccio, con occhi nocciola, un fisico esile da maratoneta. Non faceva parte della squadra di pallavolo; era un amico del liceo. Camilla si era messa un vestitino estivo leggero, con fantasie floreali e tropicali, con le spalline sottili, facile da sfilare.

Il feeling si percepiva, e ci volle poco perché si ritrovarono sul divano. Camilla si voltò verso Christian, lo baciò, poi sorrise e si girò verso Vittorio, baciando anche lui. Le loro mani — quattro mani affamate — cominciarono a esplorarle il corpo, sopra e sotto il vestito. In breve, si spostarono sul letto. Camilla era ormai completamente eccitata, ogni timore era svanito. Desiderava sentirsi una regina, e ricevere le attenzioni di quei due ragazzi. Anche se, a dire il vero, Christian non gliene dava mai quanto voleva. Ma fu Vittorio ad accogliere il suo desiderio, scivolando deciso tra le sue cosce. Lei era sdraiata a pancia in su, ormai nuda. La sua lingua cominciò a solleticarle le grandi labbra, mentre Christian, inginocchiato sopra di lei, le si posizionò sul petto, spingendo l’erezione erezione sul suo viso.

E lei era lì, a farsi schiaffeggiare in faccia dalla stecca di Christian. Un mese prima era innamorata di Giorgio, credeva di aver trovato l’amore. Ora era cambiata — o forse tornata a essere quella di sempre, anzi pure peggio. Era stata con molti ragazzi nell’ultimo mese, e adesso stava addirittura facendo una cosa a tre.

Dopo averle procurato un primo orgasmo, strozzato dal sesso di Christian che le riempiva la bocca, Vittorio si avvicinò con il bacino, sfiorandole il clitoride col glande. Era morbido, non ancora completamente eretto, lungo e sottile, e leggermente ricurvo verso il basso. Le prese i fianchi, le mise un cuscino sotto la schiena e poi entrò lentamente.

Qualche colpo e la sua erezione riempì la figa di Camilla, che iniziava a sentirlo duro dentro di lei. Era madida di sudore, ma un solo orgasmo non le bastava. Continuava a succhiare Christian con impegno, liberandosi la bocca ogni tanto per masturbarlo o per lasciar uscire qualche forte gemito. Chissà i vicini cosa pensavano.

“Allora, principessa, ti piace?” — scherzò Christian che mai l’aveva chiamata così.
“Sì… sì…” – fece lei in preda al piacere, con un filo di voce – “però adesso voglio che me la lecchi tu.”

Per una volta, lui acconsentì. Si scambiarono i ruoli: la fece girare a pancia in giù, inginocchiata. Vittorio si sdraiò con le gambe aperte, le braccia dietro la nuca, pronto a godersi il suo turno. Camilla si buttò sul suo membro con la bocca, mentre Christian, da dietro, iniziò a leccarla. Era rossa e gonfia. Le massaggiava i glutei, e lei si eccitava ancora di più. Era la prima volta che Christian le dedicava così a lungo i favori della sua lingua. Ogni tanto condiva il suo cunnilingus con qualche schiaffo sul culo che la faceva sobbalzare.

Le smorfie sul viso di Vittorio tradivano il suo piacere. Era vicino al limite. Camilla si staccò, accorgendosene dai suoi grugniti.
“Devi venire?”
“Quasi… aspetta.” – rispose lui allontanandola con una mano.

Lei si fermò, per farlo recuperare ed approfittarne per rifiatare. Voleva che quella cosa durasse ancora e ancora.

Appena Christian smise di leccarla, si avvicinò prepotente e la penetrò con un colpo secco. La prese da dietro con violenza, tirandola per i capelli e spalmando ancora i palmi sui suoi glutei. Camilla si sentiva usata a più non posso, trattata come un oggetto, e questo la eccitava. Vittorio guardava la scena e intanto si riprendeva, recuperando le energie. Camilla era esausta, i capelli ormai sudati e raccolti in una coda arruffata; lasciava che Christian la possedesse come meglio credeva. E lui era dietro di lei, sudato, i pettorali lucidi, tronfio e prestante.

Ma Camilla voleva sentire ancora Vittorio dentro di lei. Gli lanciò uno sguardo complice, si sfilò da Christian, si sedette sopra di lui e cominciò a cavalcarlo. Christian si mise in piedi accanto a lei, sul letto. Camilla lo stimolava con una mano e, ogni tanto, lo leccava sul glande. Raggiunse un altro orgasmo mentre lui le stuzzicava i capezzoli colpendoli con il suo cazzo. Vittorio si avvicinò nuovamente al limite.

Appagata dall’orgasmo, Camilla volle dare tutte le sue attenzioni ai ragazzi. Ma prima desiderava ancora sentirsi trattata da principessa, illudersi di essere adorata. Quando invece stava solo venendo usata, per l’ennesima volta. Fu ancora Vittorio a scendere tra le sue gambe, mentre Christian la baciava con foga. Le sue mani forti, che tante volte aveva visto schiacciare il pallone, ora le sfioravano con delicatezza il collo, i capelli, i capezzoli. Con il palmo, poi con il dorso. Poi delle palpatine leggere. Vittorio le stuzzicava il clitoride con piccoli colpi di lingua e due dita dentro. E finalmente un altro orgasmo, più forte ancora.

Camilla si inginocchiò tra di loro, poi si chinò per dare piacere a entrambi. Cominciò da Vittorio: bastarono pochi colpi di bocca per farlo venire, succhiandolo piano fino all’ultima goccia. Lui gemeva, con il respiro rotto dal piacere.

Christian, dopo essersi mostrato generoso, tornò a essere lo stronzo di sempre.
“Adesso ti riempio quel bel faccino.” – le disse rivolgendole quasi una smorfia di disprezzo – “Sdraiati.”

Lei si passò la lingua sulle labbra, vogliosa. Christian le salì sopra a cavalcioni, esplodendo sul suo volto, un po’ sui capelli sudati, un po’ sulle labbra. Strusciò il membro ancora semiduro sulle sue tette, lasciando le ultime gocce sui capezzoli. Camilla si pulì gli occhi con il pollice e lo guardò con un’espressione lasciva.

Si alzò lentamente, soddisfatta del piacere ricevuto - e regalato. Le sue forme ondeggiarono mentre scendeva dal letto. Lanciò un sorriso ai due ragazzi. Ma appena fu in bagno, li sentì ridacchiare. Le parve di sentirli appellarla con la parola "troia". Sai che novità.

Quindi era così anche quella volta. Non era una principessa, ma solo una che si era illusa di esserlo. Pensava di essere stata desiderata da due uomini, ma era stata solo usata. Come accadeva sempre. Tranne con le persone che la avevano amata davvero. E che lei aveva lasciato andare.

*

Quello fu l’ultimo episodio riguardante Camilla che seppi direttamente da Azzurra, perché dopo qualche settimana ci lasciammo. Da allora, ho solo notizie indirette. So che ha messo la testa a posto, o almeno così pare. Sembra che stia con lo stessi ragazzo da un paio d’anni. Forse quella fu solo una parentesi dei suoi vent’anni confusi, vissuti tra desiderio, istinti, insicurezza e voglia.

Oppure, forse, anche quel ragazzo verrà tradito. O magari è già stato tradito e lui, ignaro, ancora non lo sa. Ancora non conosce la vera Camilla.

Quel che so è che Camilla è una ragazza che a tratti ho odiato, per i suoi comportamenti e l’ascendente che aveva su Azzurra. E che ha reso complicata anche la nostra storia, specie sul finale, per colpa della sua presenza costante e della sua inclinazione a deviare sempre, e incessantemente, verso una cattiva strada.
Wow bello ben scritto in onesta credo che ha solo trovato uno che accetta le corna.Grazie di tutto comunque questo racconto è un piccolo capolavoro peccato sia finito
 
Qui non era una escalation di porcaggine in stile pornografica, ma una semplice caduta, se mai è caduta, in un modo di approcciare le relazioni sessuali etc...
 
Qui non era una escalation di porcaggine in stile pornografica, ma una semplice caduta, se mai è caduta, in un modo di approcciare le relazioni sessuali etc...
Esatto, il mio intento era più di descrivere il saliscendi di pensieri ed esperienze che affronta una ventenne come Camilla, decisamente allegra.

Comunque, grazie a tutti per i commenti. Purtroppo di cose da raccontare vissute in prima persona, o di storie come questa che ho saputo da altri, non ne ho più.

Sono tentato di scrivere un racconto su una mia fantasia con una cliente (che resterà tale, perché io al contrario di Camilla sono fedele 😁), ma sono in dubbio perché qui i racconti con tag misto reale/di fantasia (o peggio, solo di fantasia) non vengono mai particolarmente apprezzati, quindi vedremo...
 
Esatto, il mio intento era più di descrivere il saliscendi di pensieri ed esperienze che affronta una ventenne come Camilla, decisamente allegra.

Comunque, grazie a tutti per i commenti. Purtroppo di cose da raccontare vissute in prima persona, o di storie come questa che ho saputo da altri, non ne ho più.

Sono tentato di scrivere un racconto su una mia fantasia con una cliente (che resterà tale, perché io al contrario di Camilla sono fedele 😁), ma sono in dubbio perché qui i racconti con tag misto reale/di fantasia (o peggio, solo di fantasia) non vengono mai particolarmente apprezzati, quindi vedremo...
Dai non mollare:D:D:D
 
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